E’ giusto ribattere ai recensori?
di Carla Benedetti
Se un recensore stronca un libro con argomenti pretestuosi, con giudizi che riproducono pre-giudizi comuni, magari anche con falsificazioni tendenziose, l’autore del libro deve tacere? Ecco come la pensava Pasolini
di Carla Benedetti
Se un recensore stronca un libro con argomenti pretestuosi, con giudizi che riproducono pre-giudizi comuni, magari senza nemmeno averlo letto per intero, magari anche con falsificazioni tendenziose, l’autore del libro deve tacere?
Oppure è suo dovere ribattere?
Quale ipocrisia si cela dietro al galateo dell’ognuno al suo posto? E chi ha stabilito che il posto dell’autore non sia quello di difendere la propria opera?
Ecco come la pensava Pasolini:
“Chissà perché c’è, di fatto, una ferrea legge sul fair –play tra scrittore e critico, che vuole lo scrittore zitto, assente, volto altrove, inesistente, remoto, eremitico e muto come un pesce di fronte alle recensioni ‘sfavorevoli’ del critico, che invece è presente, attento, bene esistente, incombente e pieno di parlantina. Niente affatto: questa regola del fair-play non mi pare giusta. E’ ipocrita, prima di tutto, e poi si richiama a quella ‘dignità del doppiopetto’ che comprende in un paterno abbraccio tutta la nostra cara borghesia, dall’ ’Espresso’ a De Lorenzo… mi sembra molto più dignitoso difendere una mia opera che non difenderla.
(Il passo, inedito, è citato da Walter Siti in P. P. Pasolini, Tutte le poesie, Mondadori, 2003, t. 2, p. 1927-28)
Si crede che la letteratura sia qualcosa di serio? Che sia un impegno profondo, tale da coinvolgere nel bene e nel male tutta la persona -non un penoso gioco di società in cui ciascuno deve rispettare educatamente il suo ruolo? Allora non solo è giusto, ma necessario, indispensabile ribattere ai recensori:cioè, in fondo, cercare di dialogare con essi. Tuttavia la convenzione proibisce questo rapporto perché dal dialogo nascono sempre delle idee, e le idee sono pericolose…