Alla ricerca della perla nera (#2)
di Mariolina Bongiovanni Bertini
[Seconda puntata del racconto per le criature. Potete stampare il delfinotto qui di fianco e occupare la criatura con i pennarelli per un paio di minuti, giusto il tempo di fare quella benedetta telefonata che rimandate da stamattina. Nota del curatore: avevo scritto una canzone di argomento delfinesco. Credo che la si possa ascoltare cliccando qui. Alla prossima. DV.]
1. La Baia dei Delfini.
“ Sino a un paio di secoli fa – cominciò Guglielmo – al porto dei Saraceni, allora totalmente disabitato, viveva in buona armonia un branco di delfini; delfini con il rostro lungo, come quelli che più facilmente si trovano vicino alle coste, con gli occhi ben cerchiati di nero e il petto bianchissimo. La nostra storia comincia nel 1802, in una mattina d’estate, e ha come personaggi principali una simpatica delfina di nome Espiègle (che in francese significa monella, sfacciata, giocherellona) e il suo cucciolo, un vivace delfinotto chiamato invece Yessèr.”
-Yessèr? E che razza di nome è? – interruppe il Tigrotto, sempre petulante e polemico, – Come fa uno a chiamarsi Yessèr?
“ Ora ve lo spiego – riprese paziente Guglielmo – ma dovete promettere di non interrompermi più, altrimenti finiamo domani mattina. Dunque, dovete sapere che quando Espiègle aspettava il suo cucciolo – che sarebbe nato, come tutti i delfini, tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate- non c’era delfino del branco né animaletto del mare che non avesse qualche consiglio da darle su come battezzarlo. Mentre facevano i loro balzi e le loro capriole all’indietro nel tranquillo specchio d’acqua davanti al porto, che allora si chiamava Baia dei Delfini, amici e parenti non stavano zitti un solo minuto:
– Espiègle, mi è venuto in mente un nome originalissimo: Princisbecco!
– Espiègle, è più bello quello che ho pensato io: Scilinguagnolo!
– Macché Scilinguagnolo, ci vuole un nome corto: Flip!
– Flip, Flip… non è mica un cane! Fulmine, piuttosto.
– Fulmine? Ma è un nome da cavallo, Fulmine!
Ci si mettevano anche i gabbiani:
– Espiègle, Espiègle, perché non lo chiami Volapuk?
Quanto alla medusa Carlotta, forse la più vecchia amica di Espiègle, non rinunciava certo a dire la sua:
– Che cosa se ne fa di un nome senza il cognome? Io ho l’idea migliore di tutte, la più completa: lo chiameremo Polifemo Piccantini!
Espiègle, che già per carattere faceva sempre tutto di testa sua , dei consigli di amici e parenti non ne voleva proprio sapere. Prese allora una decisione che risolveva la faccenda senza offendere nessuno. Se ne sarebbe andata al largo a fare una bella nuotata; e il primo nome che le fosse capitato di sentire quella mattina, sarebbe diventato il nome del suo cucciolo. Mentre nuotava nel mare limpido e calmo, vide d’un tratto un piccolo, elegantissimo veliero con la bandiera inglese. Quella fatta così:
Ai delfini piace molto seguire le imbarcazioni, o saltarci intorno: sono animali socievoli, amanti della compagnia. Così anche Espiègle cominciò a fare qualche garbata evoluzione intorno alla piccola nave, osservando curiosa l’unico passeggero seduto sul ponte. Era un signore alto con i capelli grigi, vestito di velluto color nocciola; i bottoni d’argento della sua lunga giacca scintillavano al sole. D’un tratto, da sottocoperta, salì un altro signore, vestito di nero ma con la camicia bianca, e si mise sull’attenti davanti al signore seduto, come per ascoltarne gli ordini. Allora il signore seduto cominciò a fargli la lista di tutto quello che voleva per colazione (in inglese, naturalmente): uova fritte con la pancetta, salamini in salsa, patate, pesce fritto, budino, té bollente, toasts con la marmellata d’arancia… E a ogni piatto o cibo che nominava, l’altro sull’attenti rispondeva:
-Yes, Sir! –
-Yessèr, Yessèr… eccolo il nome che cercavo! Così si chiamerà il mio cucciolo!- pensò Espiègle soddisfatta. E quando una settimana dopo nacque il suo piccolo, spingendolo pian piano verso il pelo dell’acqua perché respirasse, gli sussurrò gentilmente:
-Benvenuto, Yessèr! Benvenuto a questo mondo, benvenuto nel mare di Varigotti!
Era passato soltanto un anno dalla nascita di Yessèr e già il piccolo delfino aveva esplorato, seguendo Espiègle, tutto il tratto di mare che va da Noli a Finalmarina. Espiègle filava velocissima tra le onde, e lui dietro; saltava verso l’alto ricadendo sulla pancia, e così faceva anche lui; saltava un’altra volta, lasciandosi cadere sul dorso o sul fianco, e lui la imitava alla perfezione, prendendo a schiaffi la superficie dell’acqua con la pinna della coda. La mattina d’estate nella quale comincia questa storia, il mare era piuttosto grosso. Espiègle aveva voglia di nuotare molto ma molto al largo, fino a quel punto lontanissimo da cui la costa diventa una righina quasi invisibile; e Yessèr, come al solito, non domandava di meglio che andarle dietro, ripetendone salti e capriole nella speranza di diventare disinvolto e sicuro come lei. Stavano per partire , quando il più anziano delfino del branco, nonno Cutberto, fece qualche balzo verso di loro, guardandoli con aria di disapprovazione, e cominciò ad ammonirli:
– Espiègle, Yessèr, dovete smetterla di andare in giro da soli! E soprattutto, non vi dovete allontanare troppo! Sapete che cosa succede ai delfini e alle balene che finiscono sulla spiaggia, e non riescono più a tornare in acqua? E le reti dei pescatori, sapete quanto sono pericolose le reti dei pescatori? Ai miei tempi…
Quando nonno Cutberto cominciava a spiegare quanto i suoi tempi fossero più tranquilli , pacifici e sicuri dei tempi attuali , il rischio era che si facesse notte ben prima che avesse finito.
– Uffa- pensava Espiègle – io queste storie le ho già sentite mille volte !
– Uffa- pensava Yessèr – non se ne può proprio più!
Nei primi anni di vita, i delfinotti leggono nel pensiero della loro mamma, e sono sempre d’accordo con lei. E’ così che imparano a pensare, proprio come imitando i suoi tuffi imparano a fare quelle capriole spettacolari che lasciano a bocca aperta i marinai . Nonno Cutberto non aveva ancora finito di predicare, e già Espiègle filava verso l’orizzonte, uscendo dall’acqua ogni due o tre metri, per respirare. Yessèr le teneva dietro, cercando di nuotare il più veloce possibile. A ogni balzo fuori dall’acqua, si sentiva più leggero e felice. – Andremo così lontano- pensava- che nessuno riuscirà a raggiungerci, tanto meno nonno Cutberto! Andremo dove nessun delfino di Varigotti è mai riuscito ad arrivare!- E mentre uscendo dall’acqua si avvitava su se stesso, dritto sulla coda, era proprio contento; come un bambino che si tuffi in un grande mucchio di foglie secche, mentre la mamma lo guarda sorridendo , o come un piccolo pipistrello , guidato anche lui dalla sua mamma, che impari a farsi portare dal vento ad ali aperte, nel cielo pallido dove si accendono, sopra le colline nere, le prime stelle.
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2 – continua