Mosche, ranuncoli e altre scritture immaginate

di Aida Maria Zoppetti

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Pubblico su nazione indiana quattro poesie (ma in realtà sono sei) di Aida Maria Zoppetti. Sono poesie da leggere e da guardare, scrittura e grafismi (come quello qui a fianco), giochi, guizzi, pasticci, impercettibili ed evanescenti, in fuga leggera e saltellante dalla percezione.
Aida sta raccogliendo i suoi lavori nel suo blog, Ricreazione.
Suggerisco di andare a dare un’occhiata.

Pre-posizione
Transita fra tela e trama
tra il fare e il dire. Tra il sì e il no un po’
s’arresta, indugia, procede, sosta.
Si ferma travolto e svolto, trapunta e punto,
trascorso e tolto, trasmesso e aggiunto,
resta traballo e danza, trascritto e letto,
trafitto e stanza, trabocca e detto,
tratta una riga traccia, tra nuvole da fumetto,
tutto tranne un tramonto e il suo: “Aspetto”.

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Ma
Seguendo l’indicazione del percorso
ma dubitando della congiunzione
arrivò mano a mano alla palude
Mai esprimeva dubbio o negazione
tra due elementi della stessa frase
“mai arrivava ma mai a destinazione”
Era giunta, ma per rafforzare l’espressione
usò “ma certo, però, bensì, oppure”
Fu l’inizio del periodo, ne fu la conclusione:
lei si affrettò ad inghiottire il rospo
e ma divenne soltanto un’obiezione.

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Ranuncoli

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Appendice
Luce è un gran pezzo di lucertola:
a pas de deux danza lungo il muro.
Mezzo corpo di ballo un po’ insicuro
-luce sul far di questo giorno-
fa un passo avanti e un altro di ritorno.

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“Che il tempo passi!”. L’avesse trattenuto
non sarebbe passato un singolo minuto
non un istante, un lampo; il roditore
alzò la testa, sorrise compiaciuto.
Rose le ore, bianco il silenzio, muto.

3 COMMENTS

  1. E’, come suggerisce Giorgio, una fuga dalla percezione, ma per recuperarne il senso originale.
    Nella sinestesia fiabesca delle sue poesie visive, nel verseggiare colto e leggero, nella giocosa alfabetizzazione grafica, si realizza un viaggio a ritroso verso il punto di frattura creativo, l’unico in cui una ricomposizione diviene possibile.
    E’ lì che Aida riscopre la funzionalità nascosta di un Man Ray, la familiarità di un Mirò; è lì che la parola si fonde, nei suoi versi, coi fonemi che la compongono.
    Sembra un gioco (e del gioco conserva la piacevolezza), ma condotto con tale grazia da trascendere la sola dimensione ludica.
    E’, in fondo, il regalo di un rapporto più immediato con la realtà poetica che ci comprende.
    Di questo dono non posso che ringraziare (all’infinito) Aida e la sua incessante ricerca d’artista.

  2. La ricerca poetica sembra, a me profana, un ossimoro. Mi sembra un posto dove arrivi per caso, se mai esiste, il caso, e dove ti senti inspiegabilmente a casa. Spiegarlo poi, se mai fosse possibile farlo oggettivamente, non mi interessa. Quei ranuncoli, io, li ho “riconosciuti”. Ah! Piaciuto:)

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