PICTA XXII

di Tiziano Fratus

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in africa gli elefanti sopravvivono agli umani (con o senza gonna)
nonostante il nobile bracconaggio

oramai una tradizione che si trasmette di padre in figlio e da questi ai nuovi giunti
nonostante la putrescenza dei laghi e dei corsi dei fiumi
invasi dalle discariche e dai depositi di scorie nucleari
nonostante gli ammassi di cadaveri
in africa gli elefanti migrano sotto lo sguardo dinamico dei predatori
amici per finta (un sussurro governa il fruscìo del vento sulla savana)
i fagoceri che brucano in ginocchio
mentre ancora prosegue la conta e la catalogazione degli ungulati artiodattili dalle dita pari e degli esemplari dalle dita dispari
le giraffe che riflettono sulle valvole dislocate nel collo per sospingere il sangue verso
il cervello (ma quanta fatica per bere pochi sorsi d’acqua!)
gli gnu che tirano indietro il mento scalciando gli zoccoli sulla terra
e gli impala che si lanciano in lunghe cavalcate col pelo che si scurisce grazie a secrezioni oleose
il pesante passo che anima lo strato polveroso della crosta terrestre come i bisonti nel passaggio lasciano un segno
la natura solìva non vive mai di pura apparenza
la vita che scorre deve segnare e incidere lettere poemi
l’eleganza sopravvive nella corsa bruciante dei ghepardi
nelle spalle e nel giogo dei legamenti che sembrano consumarsi in movimenti troppo rapidi per gli occhi troppo fugaci troppo innaturali
in africa le radici degli alti alberi senza foglie
per secoli si nutriranno d’umori e di cadaveri d’un’umanità estinta
e forse di lontano nelle giornate più limpide
o la notte con il favore della luna
le luci delle alte torri delle metropoli si vedranno
cancellate le stelle in cielo
le bestie della natura troveranno pace in un mondo irraggiungibile

(da L’Inquisizione, Poema di Tiziano Fratus, Editoria e Spettacolo, 2004)

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