Io slave to love (mi prostro a Berlusconi)
di Gemma Gaetani
Solo il dittatore parla d’amore.
Jacques Lacan
Ti amo, Berlusconi,
ce l’hai fatta.
Troppi anni di governo resistendo,
non gettando la spugna invero mai,
tu come noi, senza mollare mai,
da governata odianteti vieppiù
man mano che passavano le leggi,
i tuoi pensieri, le dichiarazioni,
gli show oltre frontiera, le intenzioni
– fantascienza pensavo, e poi realtà;
così sfiancata da godere un po’
(sai quando la pazienza perde essenza?)
da sporca (ed) anarchista
più che real pacifista
(che infine la pazienza perde essenza)
quando il treppiede ti ferì dal popolo.
Come una cameriera affaticata
che sputa dentro al piatto da portata
prima, in segreto, di servirlo a tavola;
come una serva e per di più infedele:
così, io mi cullavo nel mio odio,
politico, nient’altro che politico,
ridendo però molto del cerotto
che ti copriva la ferita inferta
da un altro insofferente come me,
e anzi ricordando
raccontando agli amici
di quando un falegname
vicino casa mia
(io non sono cresciuta
a Milano + n)
che s’era rotto il cazzo
trovando ogni mattina
una cacca di cane
sopra la sua serranda
aspettò il proprietario
(arrivando in anticipo)
che poi non fece a tempo
a chiedersi perché
la serranda più cara
al suo cane era su
che ne uscì lui e con
con una cacca in mano
(raccolta la mattina precedente
e conservata in un pezzo di carta)
scagliandola in faccia al proprietario
del cane. Che cambiò,
le sue abitudini.
Ma tra di loro odio fu, e per sempre.
Ma tu.
L’hai perdonato e tu, mi hai colpito.
E poi.
Un giorno vedo questo accendino.
E l’odio mio s’è sciolto come neve.
Tu,
macchietta
di politica,
sempre più gocciolante
infine mare aperto,
tu e solo vero tecnico
della costanza tecnica
del manager del marketing
nella scena politica,
in quest’Italia stitica,
che tutti ti querelano
anche se dici “A”,
tutti così seriosi
severi, anche a Natale,
tu sai cos’è il perdono
e sai cos’è capire
chi di te non si fida
chi ti scherza o aggredisce:
tu sei un vero padrone.
Io depongo la falce,
ché grazie a te l’Italia
che mio malgrado amo
così mi riconferma
ch’è paese del riso
del volemose bene
e io sono pentita,
davvero, io lo sono.
E a te mi sottometto,
ma stavolta per scelta.
E tu, mio dittatore,
tu mio mentale binder .
Il binder è un talentuoso master che nella pratica del bondage raggiunge, col suo slave, livelli di scultura umana, tramite tecniche che prevedono una costrizione psicofisica variamente realizzata (dalle corde, alla deprivazione sensoriale, fino ai livelli più assoluti del casting – ingessatura – o della mummificazione). Nel teatro del BDSM tutto questo è voluto dai due partner; in quello della vita a volte no.