Al risveglio, col caffellatte
di Franz Krauspenhaar
Jean-Claude Kaufmann, insigne sociologo. Lo intervisto a proposito del suo libro “Quando comincia l’amore”. Un libro che parla di quando ci si sveglia al mattino accanto a una sconosciuta. O a uno sconosciuto. Insomma, a scelta dell’ interessato. O dell’interessata. Insomma, a scelta e basta.
K. Professore, pare che sia cambiato tutto. Qui succede che al mattino ti svegli con una donna al fianco e non sai chi è. Come mai?
Prof.K. Con la liberazione sessuale è proprio cambiato tutto. Una notte di sesso non è più un avvenimento eccezionale. Spesso non conosciamo neppure bene il nostro partner, che iniziamo a scoprire veramente solo al risveglio. Insomma, se in passato il mattino dopo offriva certezze e risposte, oggi è un momento ricco di possibilità e di domande.
K. Ha proprio ragione, professore. A me infatti, spesso, è capitato di pensare: ma dove sono? E magari era la decima volta…
Prof.K. Vede, abbiamo trascorso una notte di passione, ma non sappiamo ancora chi sia l’altro e soprattutto quale sarà lo statuto della relazione che sta nascendo…
K. Un momento, professore. Diciamo che magari una qualche idea seppure vaga uno ce l’ha. Mettiamo il caso, per esempio, che io conosca questa donna da un po’, insomma che l’abbia corteggiata a lungo eccetera eccetera e che nel frattempo l’abbia conosciuta nel senso che ci siamo detti tante cose. Insomma, professore, non è proprio una sconosciuta, in questo caso. O no?
Prof.K. Vede, può essere una semplice avventura passeggera o l’inizio di una grande storia d’amore…
K. Ma non può essere, scusi, né l’una né l’altra cosa? Voglio dire, magari è una via di mezzo… Anzi no, niente via di mezzo, ritratto tutto… Diciamo una simpatia reciproca, ecco. No?
Prof.K. Vede, in questa situazione d’incertezza, le parole che diciamo, i gesti che facciamo ci spingono nell’una o nell’altra direzione.
K. Si, si, è vero… Ma metta che questa persona uno la conosca già da un po’. E che questo ipotetico uno abbia previsto tutto… Non so se mi spiego…
Prof.K. Vede, in questi momenti tutto ha un significato, ogni particolare dice qualcosa al partner. La scoperta dell’appartamento…
K. Un momento, scusi… E se uno ci è già stato, nell’appartamento? Magari per fare un sopralluogo? Se io sono un arredatore, ecco, e la donna è una mia cliente? La quale dopo, solo dopo, è diventata la mia amante? Io l’appartamento lo conosco già. O magari metta il caso che io sono un consulente globale della Mediolanum e sono già venuto in casa per vendere delle polizze o dei bei fondi d’investimento alla signora in questione…
Prof.K. E non dimentichi il modo di presentare il proprio corpo, le abitudini igieniche e alimentari che contribuiscono a costruire un’immagine essenziale per l’eventuale futuro della relazione. Naturalmente, vede, i messaggi che inviamo o che riceviamo non sono sempre molto chiari. Anzi, a volte il loro significato è contraddittorio.
K. In che senso?
Prof.K. Siamo sempre prigionieri di una mitologia che vorrebbe l’amore come una passione perfetta, romantica…
K. Dice?
Prof.K. Dico, dico. Senta a me, la realtà è sempre diversa dalla letteratura…
K. Questo l’ho capito anch’io. Nel senso che la letteratura non è mai abbastanza realistica…
Prof.K. E poi il partner che durante la notte ci è sembrato circondato da un’aura d’eccezione e di magia, al risveglio assume tratti consueti e prosaici, si materializza in azioni e abitudini banali…
K. Ma scusi professore: perché per forza di notte? E se magari uno si trova con una al pomeriggio in uno squallido motel? Dov’è in questo caso l’aura di cui parla lei? Non è forse lei che, putacaso, è proprio uno degli ultimi romantici?…
Prof.K. Guardi, noi stessi non sappiamo cosa vogliamo. E finisce che balbettiamo poche frasi scontate sul tempo e il caffellatte…
K. No, un momento, per me non è così. Innanzitutto il caffellatte non mi piace, secondo io sono troppo brillante per dire cose banali soprattutto in quei casi. Glielo giuro.
Prof.K. Insomma, guardi: non parliamo come nei grandi romanzi d’amore. Da qui, vede, la nostra delusione nei confronti di una realtà che non corrisponde al lirismo degli stereotipi amorosi.
K. Ma è sicuro? Quali stereotipi amorosi? Bah. Ogni persona è diversa dall’altra, o no? Una la vuole cotta, l’altra cruda… Insomma, lei le coppie al primo rapporto le vede tutte uguali, tutte a far l’amore di notte e che alla fine si addormentano fianco a fianco, e tutte con la squallida tazza di caffellatte in mano al mattino, che non sanno cosa dirsi… E invece, magari, al mattino non si dicono niente perché si sono già detti tutto prima. Non ci ha pensato?
Prof.K. Guardi, noi viviamo in un mondo dominato dalla ricerca di emozioni e sentimenti, sulla base di un’idea dell’incontro amoroso che in fondo è ancora quella che ha trionfato all’epoca del romanticismo…
K. Sotto sotto è così, già. Ma senta, secondo lei perché? E poi è una cosa tanto grave, questa storia del romanticismo? Secondo me invece…
Prof. K. Guardi, è il modello della perfezione e della rivelazione quasi divina dell’amore, secondo il quale, come se ciò fosse iscritto negli astri, al mondo esisterebbe una sola persona che ci è destinata.
K. Eh si, anche secondo me questo accade più spesso di quello che si pensa, ancora oggi… Purtroppo… Tutto vero, tutto reale… Drammatico…
Prof.K. Guardi, il giorno in cui il fato decide di farcela incontrare, questa persona, noi, secondo questo modello, la riconosceremmo immediatamente grazie a una sorta di rivelazione. Il famoso colpo di fulmine…
K. E invece?
Prof.K. Guardi, questo modello è molto presente nel cinema e nella letteratura…
K. Forse perché sono cose che accadono veramente. O no?…
Prof.K. Guardi, la realtà è molto diversa, più complicata e più interessante. Una relazione è fatta di sensazioni contraddittorie e di continue scoperte…
K. Si, si, come quando uno c’ha improvvisamente voglia di scappare e il giorno dopo, invece, dopo che effettivamente è scappato, vorrebbe tornare. Si, è tutto vero. Ma le scoperte di cui parlava?
Prof.K. Guardi, tutto questo non è una conseguenza ineluttabile del destino, ma un percorso che si costruisce giorno dopo giorno….
K. Si, caffellatte dopo caffellatte… Ma senta, non è che lei vuole vedere la gente tutta sposata e felice e contenta? Mi sa che è lei il vero inguaribile romantico, caro professore… O no?…
Prof.K. Guardi, niente più romanticismo.
K. Ah ecco. Beh, che peccato…
Prof.K. Fa lo spiritoso?
K. Io? Ma scherza? Solo che la sua teoria non mi convince. E’ tutta teoria, appunto. Scusi, ora le farei una domanda un po’ personale, se vuole può anche non rispondermi, ovvio: lei come se la svanga, in materia?
Silenzio da brividi. Il professore mi accompagna con gentile ma ferma decisione alla porta, l’intervista è finita. Scendo nella avenue o nel boulevard o nel quai o nella rue, non ricordo. Mi metto a cercare l’anima gemella qui a Parigi, subito, per reazione. La chiacchierata col professore mi ha messo addosso una tristezza infinita, devo assolutamente reagire. Adocchio una bionda nel primo bistrot che mi capita a tiro, mi avvicino, le sorrido. “Escusez moi, voulez vous…”
“Ma va all’inferno, coglione, si vede subito che sei il solito italiano che ci prova!” mi risponde la bionda connazionale in cerca forse dell’amore eterno purché Made in France.
“Piacere, Franz” dico d’impulso, dissimulando l’imbarazzo. Deglutisco e riprendo: “Sa, sono appena stato dal professore. Kaufmann. Sociologo. Uno che la sa lunga sui rapporti amorosi”.
La bionda mi guarda come se fossi un marziano a Roma, dunque come un marziano che ha sbagliato il luogo dell’atterraggio del suo disco volante. “E allora?” mi fa con malcelato disprezzo.
“Niente. Volevo chiederle se lei al mattino beve il caffellatte”.
La bella bionda mi ride in faccia. Pare che io le abbia appena detto una scemenza siderale. “Ma chi lo beve più il caffellatte, ormai?” dice tra le risa. Poi si tuffa nell’ intruglio biberonabile che ha davanti al suo bel muso.
“Appunto, quello che dicevo io al professore. Lui dice che se per esempio io e lei facciamo l’amore stasera e domani mattina ci svegliamo assieme siamo imbarazzati mentre ci beviamo il caffellatte perché non ci conosciamo…”
“Senti Mister Provola, vedi di andare, ok?”
“Agli ordini, madame. Già fatta colazione, a proposito?”
“Sono le 5 del pomeriggio, caro. Ciao”.
“Ciao”.
(Fonte: L’Espresso, intervista al Prof. Jean-Claude Kaufmann).
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Vorrei invitare il professor Kaufmann a colazione. Ho infatti in frigo del latte di soia che risale probabilmente al pleistocene, arricchito di alghe e licheni formatisi in epoca successiva. Non ricordando bene la sua evoluzione, mi dispiace gettarlo via, se può ancora servire a nutrire un innamorato o futuro tale. Il caffè, rigorosamente liofilizzato, è stato acquistato in un famoso supermercato cinese, chiuso svariate volte dai Nas, in fase antecedente alla prima chiusura per putrefazione generalizzata e maleducata.
Il mio caffelatte ci aiuterà a superare lo scoglio delle presentazioni, dopo una notte rovente, insieme ai bigodini firmati e alla maschera di bellezza avocado e miele (lo sciame di api ed altri insetti alati è un optional che offro volentieri, insieme ai deliziosi frollini frollati, ereditati dalle mie antenate medievali. Sull’assegnazione di questa preziosa scatola di biscotti antichi, in parte, ahimé, danneggiati dai topi, si è aperto un lungo contenzioso, che ha dilaniato la mia famiglia in guerre fratricide).
Sorseggiando, circondati da ogni comfort, una gustosa tazza di caffelatte, egli si farà un’idea precisa dei miei usi e costumi, potremo colmare l’abisso che ci separa, di non detto e non conosciuto e magari vedremo una saetta attraversare la stanza e colpirci entrambi al cuore.
Oh bon, d’accord, merci! Nescafè pour moi, s’il vous plait!