Guarigione
di Franco Arminio
ti voglio guardare mentre hai gli occhi chiusi
guardare il sole che ti passa sulla fronte
le mani che toccano la rosa sul tappeto
diventare così teneri amici
e poi divampare
in altri luoghi
incollare le tue spalle alla parete
baciarti tra le gambe
là in mezzo l’universo è un punto fermo
e la casa diventa una foresta di anguille
non ci sono più chiavi né finestre
la tua voce raccoglie il mio naufragio
il seme è sui tuoi denti
il mondo è immacolato e leggero.
Nella foto: Die Windsbraut di Oskar Kokoschka (1914) – particolare.
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Scrive Arminio: “Voglio baciarti tra le gambe”. Ma certe cose non sarebbe meglio dirsele in privato? A che pro ostinarsi a sublimarle in poesia?
L’estetica linguistica e letteraria fa un uso ILLIMITATO delle cose che “sarebbe meglio dirsi in privato”. La poesia è un sistema di segni che convoglia i baci tra le gambe in versi meravigliosi come questi di Arminio. “Certe cose” di cui racconta Arminio sembrano ostinarsi solo agli occhi di chi, in privato, e mi spiace davvero, ha evidentemente gravi problemi e imbarazzi con quelle stesse cose.
Ma no, sei tu che sei ancora troppo giovane e di bocca ancora troppo buona. La fica come origine del mondo (in questo caso “là in mezzo l’universo è un punto fermo”) era anche di recente su Nazione Indiana (Immagine, “L’origine del mondo” di Gustave Coubert).
Io non mi lascio certo impressionare da neruderie del tipo “la tua voce raccoglie il mio naufragio”.
Diciamo che i versi di Arminio meritano un bel 6 e mezzo, o la sufficienza piena.
Eh eh, ci vuole ben altro per accontentare un raffinato come me.
A parte che è Courbet, e vabbè, non importa… ma il fatto che tu conosca la mia età mi lascia indovinare, dietro questo nick, interi mondi di perversione trollesca già conosciuta, subita e a volte (poche volte) sinceramente, tanto per restare in tema, goduta :-)
Poche volte goduta? Certe perversioni, evidentemente, sembrano ostinarsi solo agli occhi di chi, in privato, e mi spiace davvero, ha evidentemente gravi problemi e imbarazzi con quelle stesse perversioni. (A’nvedi che prosa!)
io dico che bisognerebbe chiaramente percepire, da buoni e onesti lettori di poesia, che questi versi sono mediocrissimi, e ben fa l’irriverente a bacchettare tali giovanotti che non sanno nemmeno che cos’è un endecasillabo e, sia lettori che scrittori, già pensano di giudicare o riscrivere i poemi… o addirittura di attribuire patenti di grandezza meravigliosa con citazioni da studente universitario fuori corso… un po’ di umiltà, please, e, se possibile, un po’ più di competenza.
Yawn…
Tutti hanno velleità poetiche…Ma la poesia è il segno di una fiducia – non la fiducia sociale, fatta di serietà e patto, psichismo e compostezza…quindi ipocrisia -.
Voglio dire che poeti si è, non si diventa.