Da “Vera vita di Gesù”
Di Guido Caserza
Il cenone pasquale
Angioletti barocchi con gli occhi rivolti verso l’intenerimento doloroso della Maddalena ai piedi del crocifisso ornavano gli angoli del tavolone cui si apparecchiavano le 12 bocche affamate, 12 bocche consustanziali, 12 bocche pronte all’eucaristia, ai salvifici milzoni, agli orgasmari sgarbolizzanti dei membri, 12 mascelle eruttive pronte alla stomacazione dell’agnello, alla macellazione del tacchino, 12 libbre esofagali pronte alla vomitazione del vitello e all’orinazione del brodo, 12 arrendevoli lingue pronte alla venializzazione dei testicollini del coniglio, all’alacrità faringea e alla raffinatezza del titillamento del capezzolo, millanta denti pronti alla laboriosità della castrazione del bue
gesù
nell’ambizione di comprendere la scienza profonda del linguaggio mangiando e bevendo cantando e amoreggiando morituro morituro nel desiderio di vedere le parole che volano e nella gioia di rompere la vagina dell’agnello mistico le vertebre del toro e il membro del bue per succhiarne il primordiale midollo nella felicità aerea di boccheggiare fra gli angioli brandenti diafane mannaie tra i cherubini giocosi con i coltellacci azzurrini tra le madonne taurine squartate agganciate al trono absidèo nella delizia liturgica di frizzare esultante tra gli arrosti i grassi le anatomie fluvide delle lombatine nel tripudio genitale di profanare le carni gelatinose dell’addolorata saltava a groppo di un basilisco eccomi eccomi madonnaccia linguacciaia natus est natus est vecchia stronza ogni atto e parola verrà registrato crocidò Madonna calmata dal bruzzo che il Cireneo le substanziò nella gola vorace e lei succhiò con ingordigia claustrale claustroficando il senile padre Zaccaria magro ottuagenario divorava l’utero della grande madre rompettava le cosce la vaginaia i senacci massosi le naticozze dolenti sprimettava il gnegnero e i polpacci ingravidabili endesofagava endesofagava le sue figlie le sue figlie l’Ugolotta apostolica se le fagociliava le sue figlie le sue figlie se le grufolava se le ingoiava se le ruttava in articulo mortis da granfe nictalopi angelicanti necrofori navicellai straghetazzano tra bevandai troiacce umoracci la gràcola di nonna Anna membrettata e tracimata eccomi eccomi squittisce gesù incrapulato a cavallo della sua ava eccomi eccomi animula periferica degli dei baraccanti e traballoni eccomi io umile psichiatra allucinato sacerdote letterato vilissimo eccomi eccomi vecchiaccia inchiostrosa amena cloaca maga intrapanata ecco son io celebrato mangione amante tellurico son io che ne ho tanto per settantasette vacche e sette volte sette per sempre sette recluse scrofette e orgasmava la fila dei chierici masturbicchiava la vecchia coitale coiteggiava il protomartire imbandiva il profeta volava l’assemblea volava e strombettava strombettava e cantava mangiando e bevendo bevendo e inchiappettando spregazzava l’assemblea mortus est mortus est motticchiava e macellava antropocaccava e antropofiliava il clericazzo bordellone troieggiavano e gozzovigliavano le barocche madonnuzze e la vecchia trascinava le sue infinite varici e la sua merda scendeva dai condotti del cielo sui comatosi che daran fuoco al dio drammatico nel culo dell’anima canticchiava e naticava caronteggiava e corneggiava gesù e il membraccio si inabsidava su in alto alla macchina da cui pendono le oscene ovaie della Madonna frollo pasto degli empi Madona vecchia cavalla incinta Maria squartata dai quattro muli dell’apocalisse Maria senza morte appesa all’uncino del diavolo Madonna gambe aperte sopra il membro del toro che esce turgido dal suo cappuccio Maria la fica eccitata dalla lingua del bue Maria latrina di dio su in alto la cloaca mostra l’ano baldoria di cazzi ed escrementi la gigantessa piscia su in alto Madonna si lava nelle sue urine su in alto la vulva infinita posata nel lavabo del mondo su in alto la vacca muggiva su in alto plaudiva l’assemblea strabuzzavano le francescane osannava la gran meretrice strepitavano le laringi festeggiavano i fegati su in alto si volgevano gli occhi dell’asino su al volo dell’angelo gli occhi dei cherubini su si fissavano sugli occhi di gesù su in alto e ridde membrose fluide corregge fratacci e suoratte scacchiavano paonazzi i rudi membretti i soavi uccelletti su in alto su in alto miravano le bocche golose e tutta la ricchezza mangereccia del mondo e tutte le stoffe e tutti i colori del cosmo e tutte le delizie genitali e l’unanimità dell’utopia e della cuccagna dove ogni madonna è stuprata tutti i liquori bevuti godute tutte le lingue tutti i coiti tutti gli umori volgevano al cristo su in alto baccante le furenti mènadi gli occhi di lucifero le pupille dei centurioni le feci dello spirito santo il cadavere della madonna su su guardavano i defunti di Galilea su su i culi enormi dei morti su cantava il nazareno il salmo della gola fastosa festosi ammiravano lavati nel pianto di Pietro gli occhi di Giuda “Gesù siamo pronti per impiccarti”
Postludio
Ma ora entro io che entro con il vago sospetto della morte e cammino dunque in punta dei piedi, ho i piedi sopra le acque ed è meglio che faccia attenzione, i ragazzi sono sazi delle mie membra, mi metto sulle quattro zampe, al tatto riconosco il membro di Marco, forse è il mio, mio il gluteo che stringo nella mano destra o è quello familiare di Pietro? Non è che si lavino molto, fanno odori tipici, semplicemente puzzano, dico loro di vegliare, veglia tu merdoso fratello, ma Gesù dov’è? Mi metto in ascolto, procedo nel cammino, un topo, avete visto? Un topo è sgusciato dalla bocca del decollato. È il topo della morte. O era un elefante? Vermicoli s’addensano, la morte, sento, è vicina. Pure procedo; puzza di cadavere dietro l’angolo; fai ancora un passo, lì è il tanfo. C’è una ragazza addormentata. Ma questo cos’è? È il vomito di Giuda. Non ti fermare. Respira come un poro. Pochi centimetri ancora. Supera i corpi. Dormono? Sì, dormono. Ora c’è solo lei, la dormiente. Nessuno ti vede, toccala, alza il velo, naso al vento, riconosci l’odore? Sì, riconosco l’odore, alzo il velo, donne velate intorno, ceri ardenti, cuscini di viole. Chi riconosci nella bara? Nella bara, in questa bara aperta? In questa bara aperta e imbottita di raso riconosco il bel volto di Maria, il tuo bel volto mamma, mamma del desiderio, mammissima doppi servizi, mamma del portafoglio, mamma morta, mamma bella e ruffiana, mammina disinvolta, la mamma! mamma di mutande, mamma di dio, mamma di mestrui, mamma inferi, la mamma! mamma volpe, mamma capretto, mamma perizoma, Alfa puttana, mio madonnino di gomma!
Maria muore
Ristagna Maria nella bara, bianco corpo ineffabile, mio riccio e dolce pubico, palloncino tombale e borotalco del seno. Tutti ricordiamo di avere avuto una mamma, del forcipe lasciato sulla porta dell’utero, viàcolo di morte oscura: chi ha ucciso chi? Il cenone ha il suo momento di contrizione: Maria, la mediatrice, è morta, l’immobile, il governo del mondo, la fonda ombra, l’anima subdola e vendicativa, l’anima mite: colla che unisci gli animali e poi uccidi, sei tu l’empia che ha pagato Giuda? Rivolevi il tuo maschio, vero? Ma Gesù ora dov’è?
Gesù muore
AL TRAMONTO IL MORTO C’E’. Gloria all’eterno sommo Dio padre figlio e spirito, gloria, onore e lode piena.
Il morto c’è: sotto una nuvola di palloncini che portano in alto la scritta gatta ci cova, sopra una folla urlante un dito in culo al re dei giudei. Il morto c’è, non sta bene, le donne caritatevoli gli porgono un flaconcino inebriante, Gesù ride e chiede di tutti, però nessuno lo cerca, nessuno lo reclama: il morto è solo, venite adoriamo. A proposito, non avete sentito neppure l’urlo del padre? No. Un richiamo improrogabile che ha spiumato l’ala dell’arcangelo? Nessuno ha udito niente, tutto è nella testa di Gesù.
“E’ stata una liberazione per tutti”, commentano i dodici, “un sollievo per le nostre famiglie”, mentre avvolgono uno straccio imbevuto d’aceto intorno alla testa di Gesù, “ma cosa credevi idiota?”
*
(immagine di
Comments are closed.
Noiosissimo e nato vecchio.
con molta – ma decrescente – buona volontà non sono neanche riuscito a leggerlo tutto.
Non ogni accozzaglia di parole furbescamente coniugate rappresenta qualcosa. Men che meno questa.
Anche se vecchia, rimane sempre una storia intramontabile e dilettevole, quella di nostro signore.
e allora continuiamo a leggerci le storielline minime e mediamente scritte del giuliozzi, che invece quello è divertente e con i fuochi artificiali.
che gioia leggere su quattro commenti due molto negativi, uno vagamente simpatizzante e uno tutto dalla mia parte: che gioia vedere che l’ultimo, l’unico dalla mia parte (ovvero del testo) e del mio caro amichetto Calvisi!
In ogni modo, scherzi a parte, condivido questa osservazione: “accozzaglia di parole furbescamente coniugate”: in effetti si tratta di questo, si tratta solo di un’operazione furbesca, come tutta la mia scrittura: so di non essere altro che un ciarlatano
Caserza sei una forza della malanatura
beati voi! beati voi che la mettete sul ridere! a me invece queste cose mi fanno incazzare come una bestia. mi fa incazzare pensare che ormai è passato il principio che vale solo quello che si capisce, quello in cui “ci si ritrova”, quello che è chiaro, nitido, comprensibile agli occhi e al cuore! siete ammiratori di battisti, suppongo. e cosa ne pensate del nuovo corso di jovanotti? ora io capisco se uno commenta che non è il suo tipo di letteratura, che non gli piace, che non gli si confà, ma tranciare giudizi così trancianti (“nato vecchio”, perdio, mi viene un’ischemia!) significa ignorare, significa palesemente non aver nemmeno mai preso in mano rabelais o gadda o (guarda, voglio proprio esagerare) joyce. ce ne fossero di cialtroni come caserza, oggi. oggi, che al posto dei Calvino ci sono i giuliozzi.
1) chi sono i giuliozzi?
2) calvisi, lascia tranciare i giudizi… se poi vengono da certi “uomini di qualità e gusto”, va tutto a favore di Caserza; significa che il testo resiste al facile ingollo; noi possiamo parlare d’altro, volendo; appunto del “grottesco” in Caserza, e della linea gaddiana…
eugenio serbeni ha detto una cosa molto profonda riguardo al mio devastato e povero bambinello gesù: ha detto che qui, nel testo, c’è una sofferenza continua, non dell’uomo, è ovvio, ma della sintassi: “la sintassi soffre, perché non ha nulla cui correr dietro, se non il grottesco di una parola che fa il verso a se stessa, non avendo più nulla da dire. Il buon filologo riconoscerà scopiazzature a piene mani, che non sono rifacimenti intertestuali e menate del genere, ma solo trucchetti da rigattiere. “
chi sono i giuliozzi? è presto detto! giulio mozzi e la linea da esso discendente (discendente: mi piace!): le laure pugno, ad esempio, i governatori e tanta parte dei fernandelliani, finanche un nome importante come covacich con tutti i sifoni, pardon, sironi che asfitticamente soffiano, i blogghisti, gli aspiranti, gli scherani, e ancora i pretoriani, i gavazzi, i falchi… può bastare?
Puo’ bastare, si’. Un bicchier d’acqua?
Dimenticavo : complimenti a Caserza.
Però sono divertenti, questi autori che non sopportano i critici e, per non dare questa brutta impressione – e piccolo borghese, avrebbe magari aggiunto il Pasolini buonanima – si travestono da artiste en saltimbanque. Ammirevoli, neppure il beato Angelico Aprosio avrebbe osato tanto; e complimenti per l’estrattino, va senza dire.
scusa Giovanni chi sono gli autori che non sopportano i critici? quelli che si travestono saltimbanchescamente? chi sono? io francamente sono un ragazzotto anzi un ragazzetto di campagna e se non si fanno i nomi, essendo un po’ abituato a spaccare legna e cose del genere, non capisco: ma alludi a me? azzo non capisco davvero: non potete stare più calmi, soprattutto tu Calvisi? che bisogno c’era di arrabbiarsi?
ah grazie Raos dei complimenti…ciao andrea inglisc
Bè, direi che dal canto loro siano piuttosto divertenti anche quei figuri che si travestono (molto poco saltimbanchescamente) da critici, e che attraverso giudizi sommari sull’operato degli autori si lasciano andare a quelli che in realtà sono attacchi personali nei confronti di questi ultimi.
Personalmente non sono un estimatore di questo tipo di letteratura, ma mi pongo il ragionevole dubbio che questo sia per un mio limite, e comunque, a prescindere da gusti personali, riesco a coglierne il valore. Ma è possibile che anche quest’ultimo sia un problema mio. Magari nella mia ignoranza vengo impressionato favorevolmente da ciò che non capisco. Ci rifletterò.
Ad ogni modo non vedo l’esigenza di tenere un atteggiamento sprezzante nei confronti di qualcosa che non si condivide o non si comprende. E a maggior ragione non sarebbe il caso di farlo per reazione o a difesa di qualcosa che si condivide e si comprende.
Quindi in effetti Calvisi potrebbe anche stare più calmo. Anche se a me piace così…
Ho equivocato, e porgo le scuse più sincere a Caserza: le 5 righe un po’ sarcastiche erano rivolte a Calvisi, che mi pareva adontarsi per un nonnulla. L’estratto di Caserza, cui peraltro erano già stati rivolti complimenti inequivoci, è interessante. Meno le erbe ridotte a un fascio, per cui Covacich discenderebbe da Mozzi e pure Laura Pugno (sono amici, difficile dimostrare che scrivano la stessa roba o allo stesso modo).
In quanto al resto, ogni artista è saltimbanco, secondo la lezione di Starobinski – e ogni critico inutile, come hanno asserito, fra gli ultimi, i due Pieri: Boitani e Citati.
che strano. si deve accettare senza battere ciglio un serioso “noiosissimo e nato vecchio” e si risponde con “5 righe un po’ sarcastiche” all’evidente provocazione di un idiota? qui gatta cicoria.
Non tutto che pare evidente lo è in fatto. In quanto alla riga seriosa, se ne conosce da lunga pezza il mittente e non si può nemmeno passare la giornata commentando blog, non è vero?
giovanni, non sono mai intervenuto su nazioneindiana né in nessun altro sito (sito?) analogo. pertanto non conosco angelini. ad ogni modo, per tagliare la testa al tordo, chiedo scusa se ho urtato la suscettibilità di qualcuno, anche se, lo ripeto in modo meno fastidioso, come lettore preferisco il “ridondo” di caserza alla stucchevole medietà di molta parte dei nostri narratori. e adesso posso finalmente tornare nelle mie tenebre.
scheda diagnostica su Calvisi:
persona facilmente irritabili, ambiguamente ma rotondamente antiberlusconiano, ha il fegato gonfio di bile fielosa, di cui si giova peraltro adamantinamente il suo romanzo di prossima uscita “la maledizione del sommo poeta”, costato peraltro a me 14 mesi di faticata pazienza cristologica (“Hai letto? hai letto? cosa ne pensi? devo riscrivere? mi angustiava il maledetto). La bile giova da sempre alla letteratura, ma nel caso casto di Calvisi, non giova alla sua psiche: guardatevi da costui, egli è una maledettissima canaglia!
ma perché qui ora si sparano canagliate e non si parla seriamente di letteratura? viva gesù
di tutto avete parlato, meno che del pezzo di caserza qui sopra.
e se davvero fosse “noiosissimo e nato vecchio”?
e se parlare di gadda eccetera fosse una cazzata?
E’ un pezzo non privo di interesse, pareva d’averlo scritto. Parlare di Gadda è eccessivo nei riguardi di chiunque non sia appunto l’ing. Carlo E. Gadda. Noiosissimo e nato vecchio è il tipo di giudizio che, ove non motivato ammodino, è destinato a rimanere lettera morta.
Genovese CAmpione
Estremo di SEriale
Simpatia e Ragione
Unica forZA astrale!
– XX.XI.MMV – T.L.
Ambasciata di Marte
Anche Caserza è nato vecchio, è noiosissimo anche di persona, e per di più non ha nemmeno tanti capelli in testa.
Però è molto credente, e forse è proprio grazie alla sua fede che riesce a sopportare con pazienza le tribolazioni e le avversità di questo mondo.
E, bisogna riconoscerglielo, questo è un suo lato positivo
p. Eugenio Serbeni