La favola dell’uomo anziano e malato e del figlio di puttana sano
di Franz Krauspenhaar
C’era una volta, pochissimo tempo fa, un uomo non più giovane da molti e molti anni che da tempo ormai immemore era rinchiuso in un carcere, che si trovava in uno degli stati più ricchi e pieni di sole di una grande nazione, che nel bene e nel male era considerata e soprattutto si considerava per bocca e mente dei suoi abitanti il posto più grande e importante di tutto il pianeta delle scimmie ammaestrate, e quest’uomo anziano aveva chiesto la grazia, perché oltre ad essere anziano era anche molto malato, poiché era cieco ed immobilizzato su una sedia a rotelle e portava sul suo corpo antico, di uomo che discendeva da un popolo che era stato sterminato in gran parte dagli invasori dalla pelle chiara secoli prima, altre gravi malattie, e ciononostante la grazia richiesta per quel suo stato di salute così pietoso non venne concessa dal capo di quello stato dove fiorivano le arance,
un uomo anch’egli non più giovane ma ancora forte e in salute che veniva da un piccolo paese al di là dell’oceano nel quale si parlava una lingua che poteva essere morbida o dura a seconda delle circostanze, e da piccolo era stato cresciuto nel culto della forza bruta facendo a botte con suo fratello istigato dal padre, che era stato un uomo che a modo suo pregava, pregava a ridosso di una croce distorta che girava su se stessa come un sole nero morente, e quest’uomo, il figlio di quest’altro uomo che pregava a ridosso di quella croce nera, era andato via molto giovane da quel piccolo paese incastrato tra bellissime montagne ed era arrivato nella grande nazione al di là dell’oceano ed era diventato fortissimo grazie ad esercizi fisici che avevano dell’inumano, e poi anni dopo aveva vinto delle gare di resistenza alla fatica e di forza, e poi ancora la sua faccia da antico guerriero barbaro del nord l’aveva fatto scoprire dai guerrieri del mondo luccicante, e aveva così interpretato tanti spettacoli nei quali aveva recitato la parte dell’uomo forte violento e cinico, e dopo, ricchissimo e fumando un sigaro avana in una tenda color sabbia nella quale spirava aria freschissima da fessure di ferro, aveva conosciuto e sposato una donna che proveniva da una delle tribù più facoltose e importanti e gloriose della grande nazione, e anno dopo anno era diventato, con fredda determinazione, un uomo cosiddetto per il popolo, finché era diventato addirittura il capo di quello stato dove fiorivano e ancora fioriscono le arance e si fabbricavano e ancora si fabbricano in gran quantità sogni colorati che si vendevano e ancora si vendono dando alla gente piccoli pezzi di carta che servivano e ancora servono per entrare in sale buie dove c’era e ancora c’è uno schermo dal quale venivano e ancora vengono fuori le ombre illuminate dei sogni più vari, ebbene quest’uomo, questo capo freddo determinato e grande e grosso e intelligente, lasciò morire quell’anziano prigioniero gravemente malato in preda al dolore più fitto, e questa favola il vostro umile narratore vi dice che si è avverata, ancora si avvera, ancora si avvererà, perché così andava e ancora va il mondo cieco da entrambi gli occhi, sordo da entrambe le orecchie, e muto, perché l’urlo di dolore non è riuscito a uscire nemmeno dalla bocca del prigioniero, e nemmeno, in fin dei conti, dalle bocche di chi assisteva e ancora assiste allo spettacolo della realtà e vi si è abituato, da troppo triste tempo.
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Non si può dire che non si legga tutta d’un fiato, avendo un unico punto fermo: quello finale:-/
grazie Franz!
Franz, sei uno dei pochi, tra gli autori in circolazione, ad essere un portatore sano di scrittura etica. E l’etica, così come la capacità di scrivere, non si acquista al mercato delle lettere. O ce l’hai, o faresti bene a cambiare mestiere. Tu ne hai. In abbondanza e di buonissima qualità.
Un abbraccio.
grazie franz per la favola bella e triste, da parte di uno che ti leggeva e ancora ti legge con immutata stima.
sergio garufi
Ehi Franz, mi piace la tua favola triste che tocca argomento scottante senza scivolare nella retorica, con quel tocco di amarezza che ti contraddistingue.
E’ un testo veramente potente. A lettura ultimatai mondi che evochi con tanta leggerezza ti restano addosso per molto tempo ancora .
effeffe
sono d’accordo con fm.
un saluto, stz
Siete troppo buoni, davvero. Grazie mille a tutti.
questa volta Franz non mi hai soddisfatto fino in fondo fondo…:-)
Ciao, Franz, il fatto è brutto-brutto, la tua favola-acida è bellissima, la foto perfetta-agghiacciante.
Grazie cara Gemma; grazie a “mezzofondo”, cara Mag:-)
Sono arrivata per caso, ho digitato nel motore di ricerca..”fabbrica dei sogni”….mi è comparso il link cliccabile della tua “favola”……..ho letto. Non ti conosco Sig. Franz ma hai catturato la mia attenzione, con sottile e pungente ironia, hai reso definitiva la mia non cercar più la fabbrica dei sogni.