Philippe Léotard, poeta, attore, chansonnier, clown
Non mi ricordo dove l’ho sentito la prima volta, ma lo riascoltai e subito cominciai a cercarlo.
Philippe Léotard, poeta, attore, e Chansonnier, un clown, una delle voci che mi hanno trafitto l’anima.
Come descrivere una voce? forse attraverso l’alito di Gitanes e Beaujolais, forse col colore scuro dalla grana spessa e vibrante, forse con quegli occhi carichi di storia e di vita, dalle borse screpolate e una bocca dal sorriso amaro di tabacco Caporal.
La sua musica spazia in modo disordinato un po’ dappertutto, come un attore girovago che prende il ruolo che offrono, a volte il meglio pagato, altre per testardaggine il più schivo.
E’ destino dei caratteristi arrivare in ritardo, scoprirsi grandi in tarda età, almeno, nel cinema ho sempre visto succedere questo, vedere Ernest Borgnine interpretare un ruolo che Marlon Brando avrebbe tartagliato in “11-8-2002”, Henry Silva grandioso in “Ghost Dog”, e altri che dall’ombra del tipico diventano attori fatti e finiti.
Così quando lo sentii cantare “Saturne” pensai che Brassens aveva cantato una canzone di Philippe Léotard, il respiro del sentimento nella sua voce supera, per quanto mi riguarda, la reiterata sincope delle filastrocche del vecchio maestro chansonnier.
Girovago, passa dal “complainte corse”, un lamento tradizionale corso ad una versione stralunata di “otchi tchornyé” strappata alla retorica sovietica e tuffata in un cuore devastato da due occhi neri infuocati. Sperimenta arrangiamenti anche segnati da orribili tastiere anni ’80, o da una delicata tromba alla Chet Baker, o un blues, con due compagni di cammino straordinari, un sassofonista generoso e potente ed un accordéoniste di rara sensibilità e radici profonde.
Vide Léo Ferrè in concerto poco prima che morisse e fu amore, disse, “é mio amico, io sono suo amico”. Incise un disco di sue canzoni; “Léotard chante Ferré”, canzoni riarrangiate, mai copie, al suo modo, nel suo mondo.
Fu come percorrere un pezzo di strada insieme, come due amici che camminano nello stesso vicolo di notte, uno prende la bionda l’altro preferisce la bruna, il Beaujolais il primo, la bière allemande l’altro, chi fuma le Gitanes chi le Celtiques, diversi ma legati allo stesso destino; “Non siamo che artisti di variété”, diceva Ferré.
L’ultimo disco è un capolavoro, come per tutti i grandi la sua carriera fu a salire, e la poesia che è capace di cantare sorridendo di sé e dei suoi dolori mi lascia uno sconfinato languore.
Avrei potuto conoscerlo, guardarlo in faccia e ricevere quel suo sorriso inesprimibile, che raccoglie tutto, la sua vita, le poesie che ha scritto, i suoi film e la sua musica, suonò a Torino al Folk club poco prima di morire, poco dopo l’uscita del suo disco, ma ancora non sapevo chi fosse.
Sono sempre in ritardo anch’io, caratterista di me stesso.
Je chante pour passer le temps.
Je chante pour passer le temps
Petit qu’il me reste de vivre
Comme on dessine sur le givre
Comme on se fait le coeur content
A lancer cailloux sur l’étang
Je chante pour passer le temps
J’ai vécu le jour des merveilles
Vous et moi souvenez-vous-en
Et j’ai franchi le mur des ans
Des miracles plein les oreilles
Notre univers n’est plus pareil
J’ai vécu le jour des merveilles
Allons que ces doigts se dénouent
Comme le front d’avec la gloire
Nos yeux furent premiers à voir
Les nuages plus bas que nous
Et l’alouette à nos genoux
Allons que ces doigts se dénouent
Nous avons fait des clairs de lune
Pour nos palais et nos statues
Qu’importe à présent qu’on nous tue
Les nuits tomberont une à une
La Chine s’est mise en Commune
Nous avons fait des clairs de lune
Et j’en dirais et j’en dirais
Tant fut cette vie aventure
Où l’homme a pris grandeur nature
Sa voix par-dessus les forèts
Les monts les mers et les secrets
Et j’en dirais et j’en dirais
Oui pour passer le temps je chante
Au violon s’use l’archet
La pierre au jeu des ricochets
Et que mon amour est touchante
PrËs de moi dans l’ombre penchante
Oui pour passer le temps je chante
Je chante pour passer le temps
Oui pour passer le temps je chante
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Dateci retta: cercate e ascoltate le canzoni di Philippe Léotard.
Franz, mi fido di te, di Pandiani e del mio amore smisurato per Ferré. Non conosco Léotard, ma cercherò i suoi dischi e lo ascolterò con rispetto ed attenzione. Chi dice: “Ferré è amico mio”, è già un mio amico. A prescindere. Grazie per la preziosa segnalazione. Sperando che “les nuits tomberont une à une”.
Léotard fece la parte di Socrate nel film di Ferreri Il banchetto di Platone (1991), tratto dal “Simposio” di Platone, appunto.
Film molto bello, anche a causa della faccia di Léotard, di quei suoi occhi ilari tra le rughe amare.
E come si può non darvi retta?
Il testo della canzone riportato è una poesia di Aragon, che Ferré mise in musica e cantò e Léotard ripese con grande efficacia nel disco dedicato al grande Léo.
Ferrè è sconfinato, il clown Léotard ha saputo avvicinarlo in modo personalissimo rimanendo nello stesso spirito, diversi hanno cantato le canzoni di Ferré, lui ci è entrato e le ha abitate.
Ci vuole talento per diventare vecchi senza diventare adulti
(Leo Ferrè)
Gli anarchici
(di Léo Ferré)
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
In gran parte spagnoli chi lo sa mai perché
Penseresti che in Spagna proprio non li capiscono
Sono gli anarchici
Han raccolto già tutto di insulti e battute
E più hanno gridato più hanno ancora fiato
Hanno al posto del cuore un sogno disperato
E le anime corrose da idee favolose
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
Figli di troppo poco o di origine oscura
Non li si vede mai che quando fan paura
Sono gli anarchici
Mille volte son morti con me indifferente
Con l’amore nel pugno per troppo e per niente
Han gettato testardi la vita alla malora
Ma hanno tanto colpito che colpiranno ancora
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
E se dai calci in culo c’è da incominciare
Chi è che scende per strada non lo dimenticare
Sono gli anarchici
Hanno bandiere nere sulla loro speranza
E la malinconia per compagna di danza
Coltelli per tagliare il pane dell’amicizia
E del sangue pulito per lavar la sporcizia
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
Stretti l’uno con l’altro e se in loro non credi
Li puoi sbattere in terra ma sono sempre in piedi
Sono gli anarchici
“Ferré è amico mio”. Anche. Ad esempio.
L’unico vero cantautore anarchico.
@mag
Non per pedanteria, ma per dare a cesare ciò che gli spetta, la frase che citi non è di Ferré, ma di Brel, dalla chanson des vieux amants.
grazie…io la sentivo cantare da lui e ingenuamente l’ho attribuita al cantante.
..hei..e la traduzione..per un’ignorante che non conosceil francese….?!…almeno ora in periodo di PAR CONDICIO..e’ d’obligo!!!
Col tempo
(Léo Ferré)
Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
Non ricordi più il viso, non ricordi la voce
Quando il cuore ormai tace a che serve cercare
Ti lasci andare, e forse è meglio così
Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
L’altro che adoravi, che cercavi nel buio
L’altro che indovinavi in un batter di ciglia
Tra le frasi e le righe e il fondotinta
Di promesse agghindate per uscire a ballare
Col tempo lo sai, tutto scompare
Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
Ogni cosa appassisce e io mi scopro a frugare
In vetrine di morte, quando il sabato sera
La tenerezza rimane senza compagnia
Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
L’altro a cui tu credevi, anche a un colpo di tosse
L’altro che ricoprivi di gioielli e di vento
Ed avresti impegnato anche l’anima al monte
A cui ti trascinavi alla pari di un cane
Col tempo sai, tutto va bene
Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
Non ricordi più il fuoco, non ricordi le voci
Della gente da poco e il loro sussurrare
“Non ritardare, copriti col freddo che fa”
Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
E ti senti il biancore di un cavallo sfiancato
In un letto straniero ti senti gelare
Solitario, ma in fondo in pace col mondo
E ti senti tradito degli anni perduti
Allora tu, col tempo sai, non ami più
Ah, pensavo che in un moto di generosità tu avessi tradotto la chanson del post… e invece questa è un’altra ancora. Malinconia e tristezza nella sera.
@ Gabriella
“Gli anarchici” e “Col tempo” le ho postate canticchiandole tra me e me, perché le ricordo, parola per parola (credo di averne alterate poche) nella versione italiana cantata dallo stesso Léo in un disco del 1970, o giù di lì, che non ho sotto mano. Della bellissima “Chanson des vieux amants”, invece, ricordo solo qualche strofa in francese. Se la recupero, ve la traduco. Grazie per la lettura. :-)
E’ la piu’ belle canzone d’amore che io conosca……difficile da cantare ma stupenda e struggente.
Grazie
Concordo Mag. Ce n’è solo un’altra che le sta alla pari (almeno per quanto mi riguarda): “Tu no” di Piero Ciampi. Provare per credere. Nella canzone italiana non c’è nient’altro di simile (nonostante altri esempi autorevoli si possano fare). Che sia un effetto (splendido) della vocazione anarchica di questi due poeti e musicisti?
Forse sì.
l’anarchia puo’ essere liberatoria di sentimenti autentici.
Tolta l’autorità, i dogmi inutili, gli altari balsfemi, che rimane se non la purezza del Sentimento e la possibilità di esprimerlo limpidamente——-
Conte non ti piace? Battiato troppo commerciale?
La canzone dei vecchi amanti
(La chanson des vieux amants)
(Jacques Brel)
Certo ci fu qualche tempesta
anni d’amore alla follia.
Mille volte tu dicesti basta
mille volte io me ne andai via.
Ed ogni mobile ricorda
in questa stanza senza culla
i lampi dei vecchi contrasti
non c’era più una cosa giusta
avevi perso il tuo calore
ed io la febbre di conquista.
Mio amore mio dolce meraviglioso amore
dall’alba chiara finché il giorno muore
ti amo ancora sai ti amo.
So tutto delle tue magie
e tu della mia intimità
sapevo delle tue bugie
tu delle mie tristi viltà.
So che hai avuto degli amanti
bisogna pur passare il tempo
bisogna pur che il corpo esulti
ma c’é voluto del talento
per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti.
Mio amore mio dolce mio meraviglioso amore
dall’alba chiara finché il giorno muore
ti amo ancora sai ti amo.
Il tempo passa e ci scoraggia
tormenti sulla nostra via
ma dimmi c’é peggior insidia
che amarsi con monotonia.
Adesso piangi molto dopo
io mi dispero con ritardo
non abbiamo più misteri
si lascia meno fare al caso
scendiamo a patti con la terra
però é la stessa dolce guerra.
Mon amour
mon doux, mon tendre, mon merveilleux amour
de l’aube claire jusqu’à la fin du jour
je t’aime encore, tu sais, je t’ame.
La chanson des vieux amants
Bien sûr nous eûmes des orages
Vingt ans d’amour c’est l’amour fol
Mille fois tu pris ton bagage
Mille fois je pris mon envol
Et chaque meuble se souvient
Dans cette chambre sans berceau
Des éclats des vieilles tempêts
Plus rien ne ressemblait à rien
Tu avais perdu le gout de l’eau
Et moi celui de la conquête
Mais mon amour
Mon doux mon tendre mon merveilleux amour
De l’aube jusqu’à la fin du jour
Je t’aime ancore tu sais je t’aime
Moi je sais tous les sortilèges
Tu sais tous mes enroûtements
Tu m’as gardé de piège en piège
Je t’ai perdue de temps en temps
Bien sûr tu pris quelques amants
Il fallait bien passer le temps
Il faut bien que le corps exulte
Finalement finalement
Il nous fallut bien du talent
Pour être vieux sans être adultes
Oh mon amour
Mon doux mon tendre mon merveilleux amour
De l’aube jusqu’à la fin du jour
Je t’aime ancore tu sais je t’aime
Et plus le temps nous fait cortège
Et plus le temps nous fait tourment
Mais n’est-ce pas le pire piège
Que vivre en paix pour des amants
Bien sûr tu pleures un peux moins tôt
Je me déchire un peux plus tard
Nous protégeon moins nos mystères
On laisse moins faire le hazard
On se méfie du fil de l’eau
Mais c’est toujours la tendre guerre
Oh mon amour
Mon doux mon tendre mon merveilleux amour
De l’aube jusqu’à la fin du jour
Je t’aime ancore tu sais je t’aime
@ Mag
Conte è uno dei pochi artisti italiani che ascolto (e amo).
Di Battiato salverei non più di cinque sei canzoni, tra cui una stupefacente versione in arabo de “L’ombra della luce” (l’unica sua che porterei sull’isola deserta). Ma forse è un mio limite. O forse, invecchiando, mi piace sapere non solo “cosa” cantano, ma anche “per chi”. :-)
Intendi il “chi” politico-sociale o il “chi” emotivo-individuale?
il link delle cover di Battiato in cui trovi anche quelle citate
http://www.battiato.it/discografia/anni90/fleurs.htm
@ Franz e Mario
Avevate proprio ragione: è un disco talmente bello che ti strappa le viscere e te le attorciglia all’anima in nodi inestricabili. Le canzoni di Ferrè risplendono di sfumature e bagliori impensabili, di una profondità e levità smisurate. Grazie davvero.
@ Mag
Sì, Magda, proprio il “chi” politico-sociale. Se Léo è amico mio, e lo è da sempre, il patetico duo franco&manlio che sculetta alle feste dei fascisti non può interessarmi in nessun modo.
Comunque la versione araba de L’ombra della luce l’ho trovata su un disco edito dal Manifesto che si chiama Racconti d’oriente.
bene, tu vuoi dire che fanno marchette alle spalle dell’idealità, che diventa solo di maniera, solo di facciata.
“grottesco”….
Alla notte bianca di Modena, dove presentava il suo film assurdo, ha avuto atteggiamenti da Star del tutto fuoriluogo.
BARBARA
L’aigle noir
(dédié à Laurence)
Un beau jour, ou peut-être une nuit,
Près d’un lac, je m’étais endormie,
Quand soudain, semblant crever le ciel,
Et venant de nulle part,
Surgit un aigle noir
Lentement, les ailes déployées,
Lentement, je le vis tournoyer,
Près de moi, dans un bruissement d’ailes,
Comme tombé du ciel,
L’oiseau vint de poser,
Il avait, les yeux couleur rubis,
Et des plumes, couleur de la nuit,
A son front, brillant de mille feux,
L’oiseau roi couronné,
Portait un diamond bleu,
De son bec, il a touché ma joue,
Dans ma main, il a glissé son cou,
C’est alors que je l’ai reconnu,
Surgissant du passé,
Il m’était revenu,
Dis l’oiseau, ô dis, emmène-moi,
Retournons au pays d’autrefois,
Comme avant, dans mes rêves d’enfant,
Pour cueillir, en tremblant,
Des étoiles, des &eaacute;toiles,
Comme avant, dans mes rêves d’enfant,
Comme avant, sur un nuage blanc,
Comme avant, allumer le soleil,
Etre faiseur de pluie,
Et faire des merveilles,
L’aigle noir, dans un bruissement d’ailes,
Prit son vol, pour regagner le ciel,
Un beau jour, ou peut-être une nuit,
Près d’un lac, je m’étais endormie,
Quand soudain, semblant crever le ciel,
Et venant de nulle part,
Il surgit, l’aigle noir,
Un beau jour, une nuit,
Près d’un lac, endormie,
Quand soudain,
Il venait de nulle part,
Il surgit, l’aigle noir,
Un beau jour, une nuit,
Près d’un lac, endormie,
Quand soudain,
Il venait de nulle part,
Surgit un aigle noir…
(Barbara/Barbara, Éditions L.E.M.)
effeffe
Dev’essere la loro lingua che anima l’amare in questo modo, in uno modo francese, in lingua francese, con anima francese….voi che siete un po’ italo-francesi dite ad un apolide cos’è che produce queste infinite sfumature tanto evanescenti e pregnanti…..
Effeffe: “facitore di pioggia”: da solo vale un poème: c’est merveilleux!
Mag, non lo so: forse quella goccia di libertà che si riserva essenzialmente per la sete dei propri giorni; o fose il gusto di vivere come se l’unica dimensione possibile dei propri giorni, quella più vera, fosse proprio la ricerca silenziosa di quel grumo di umori e di linfa.
Esattamente tutto ciò che (buona parte del) la cultura italiana ha dimenticato. Non sa più nemmeno dove abita. E lo dico con dolore.
Il tuo è un dolore francese….esistenzialista nauseato sartriano
a fm e mag vi prego ascoltatela quella canzone perchè è da brividi.
effeffe
@ effeffe
Grazie, Francesco. Ascoltata almeno quaranta volte negli ultimi due giorni. Le emozioni che produce, ascolto dopo ascolto, appartengono alla dimensione dove la parola che vuole esprimerle può parlare solo nella lingua del silenzio. E non sto esagerando. E non me ne frega niente se esagero. E’ proprio quello che si prova. E che ho provato. Sublime.
@ fm
Un’altra perla è Gottingen. Il testo è quello che segue et c’est une pure merveille.
Göttingen
(Barbara)
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Bien sûr, ce n’est pas la Seine,
Ce n’est pas le bois de Vincennes,
Mais c’est bien joli, tout de même,
A Göttingen, à Göttingen,
Pas de quais et pas de rengaines,
Qui se lamentent et qui se traînent,
Mais l’amour y fleurit quand même,
A Göttingen, à Göttingen,
Ils savent mieux que nous, je pense,
L’histoire de nos rois de France,
Hermann, Peter, Helga et Hans,
A Göttingen,
Et que personne ne s’offense,
Mais les contes de notre enfance,
“Il était une fois”, commencent,
A Göttingen
Bien sûr, nous, nous avons la Seine,
Et puis notre bois de Vincennes,
Mais, Dieu, que les roses sont belles,
A Göttingen, à Göttingen,
Nous, nous avons nos matins blêmes,
Et l’âme grise de Verlaine,
Eux, c’est la mélancolie même,
A Göttingen, à Göttingen,
Quand ils ne savent rien nous dire,
Ils restent là, à nous sourire,
Mais nous les comprenons quand même,
Les enfants blonds de Göttingen,
Et tant pis pour ceux qui s’étonnent,
Et que les autres me pardonnent,
Mais les enfants, ce sont les mêmes,
A Paris ou à Göttingen,
O, faites que jamais ne revienne,
Le temps du sang et de la haine,
Car il y a des gens que j’aime,
A Göttingen, à Göttingen,
Et lorsque sonnerait l’alarme,
S’il fallait reprendre les armes,
Mon coeur verserait une larme,
Pour Göttingen, pour Göttingen…
effe perchè non ce la suoni tu?
al limite ve la canto :-)
effeffe
io conosco da 42 anni solo una di persona che, da un po’, se la canta e se la suona…
@ effeffe
Ascoltato, Francesco: stupefacente: ancora più bello di quello che è, se penso che in Italia, attualmente, c’è ben poco di paragonabile. Grazie per le preziose dritte e a buon rendere. :-)