Fuoco Amico/ Antonio Ghirelli
Una linea di fuoco attraversa, come un’orrenda ferita, l’Europa ed è un fuoco amico, un fiume rovente di odio, di ottusità, di grottesco antagonismo che scava un solco sempre più profondo tra gli intellettuali, i militanti, gli amici della sinistra democratica occidentale. Sono i più vicini, i più simili, i fratelli di ieri che si detestano e si disprezzano di più, in nome di due moloch astratti, più feroci di ogni dittatore sbirro: l’intransigenza morale, travestita da vessillo rivoluzionario su una sponda; il gretto compromesso spacciato per realismo politico, sull’altra sponda. L’intransigenza acceca, il compromesso snerva. La linea di fuoco inaridisce i cuori, le intelligenze, le speranze – e intanto dilagano i nuovi mostri: il Successo, la Tecnologia, il Grande Fratello, la Multinazionale, il Girotondo, il Best-Seller, la Fiction, il Quiz, l’Analfabetismo di ritorno.
Il fuoco amico, in realtà, è la conseguenza dello smarrimento delirante che ha travolto le avanguardie della democrazia e della cultura quando sono crollate sopra di noi le strutture, che ci sembravano eterne, di un mondo nuovo, di una perfettissima società dell’eguaglianza in cui sarebbe stato agevole costruire nel laboratorio dell’ideologia, in tempi miracolosamente stretti, un uomo anch’esso nuovo, liberato dalle ossessioni dell’Egoismo, del Profitto, del Potere, e guadagnato ad una solidarietà più robusta e tenera di quella evangelica. Lo sgomento per il crollo di una così generosa illusione, il furore per una sconfitta che ci è parsa irreparabile e definitiva ci hanno impedito di cogliere i benefici che, nonostante tutto, la grande mutazione aveva prodotto intorno edentro a ciascuno di noi: la condanna senza rimedio del colonialismo, del razzismo, della discriminazione di ogni diversità; il lentissimo, contrasto, ma inarrestabile riscatto degli individui e dei popoli maledetti; l’avanzata impetuosa della scienza e della medicina, con ricadute stupefacenti sulla qualità e sull’aspettativa di vita; democratizzazione dei sogni, del sesso, delle scuole professionali, dei viaggi, di abiti e foggie; dei diritti individuali.
Lo sgomento e il furore ci hanno impedito di realizzare che, come aveva auspicato il collerico profeta di Treviri, centinaia di milioni di uomini erano usciti (anche, soprattutto grazie all’ubriacatura dell’ideologia) dalle caverne della preistoria in cui erano stati condannati a marcire per millenni. Lo smarrimento ci ha confuso le idee fino ad inibirci una limpida visione della nuova realtà che, nel bene e nel male, andava emergendo dal crollo delle illusioni rivoluzionarie e della loro contaminazione.Non abbiamo capito che non si trattava della fine di un’epoca ma di una sua imprevista, radicale, globale trasformazione che propone problemi intricatissimi ed esige soluzioni creative di enorme difficoltà. Ed è stato questo accecamento, questo naufragio della nostra superbia giacobina, a perderci. È stata la grottesca presunzione di aver combattuto (e perso) l’ultima battaglia della Storia, a scatenarci l’uno contro l’altro, a gettarci in faccia l’accusa di tradimento, a farci aprire e subire il Fuoco Amico distruggendoci reciprocamente anziché tornare ad unirci per trovare insieme quello che Montale chiamò “la formula che mondi possa aprirci”.
Eppure, se rinunciamo al Fuoco Amico, se recuperiamo serenità e razionalità, ci accorgeremo che le occasioni sono ancora infinite come è, appunto, infinita la storia dell’uomo.
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Una ventata di infinito non può che far bene a chi se ne sta chiuso al cupo ristagno del mugugno… Però – mentre ho ferma coscienza della dilagante ferocia del compromesso – non comprendo bene dove stia tutta questa intransigenza morale, e chi in particolare se ne farebbe portatore.
Dopodiché, Francesco, c’è un punto che mi inquieta, e che vorrei chiarissi meglio: quando parli di “marcire nelle caverne della preistoria”, quasi a voler riscattare il “progressismo” marxiano, la sua filosofia della storia del tutto speculare a quella borghese – laddove invece, a mio parere, l’idea di Progresso è, decisamente, un regresso.
Carissimo Marco,
scusa se prendo solo ora il tempo di risponderti. Antonio Ghirelli. l’articolo è suo, si sofferma sull’annosa conflittualità tra le diverse anime della nostra sinistra. Dal punto di vista dell’analisi storica ciascuna legge il passato a modo suo, da cui il senso della frase su cui ti sei soffermato. per il resto credo di leggere in Ghirelli la stessa tua angolazione, che mi sembra essere quella di chi senza vergognarsene può reclamarsi marxista.
effeffe