Processi virtuali. Il blogger va alla guerra.

di Gemma Gaetani 

«Ogni volta che esce un libro di Baricco escono a ruota una serie di articoli che dicono sempre le stesse cose. Che Baricco è un veltroniano. Che porta le camicie bianche con le maniche arrotolate. Che se la tira. Che piace alle ragazzine. Probabilmente è quello che si intende oggi per critica stilistica». Così scriveva Antonio D’Orrico sul Magazine del Corriere della Sera l’8 dicembre scorso recensendo l’ultimo romanzo dello scrittore. Il quale – stufo di fare la sputacchiera per i critici letterari – mercoledì ha risposto su Repubblica a Giulio Ferroni e Pietro Citati, critici imputati di (pro)ferire «frasette seminate a infarcire articoli che non hanno niente a che vedere con me».

Il sito Lipperatura ha ripreso il pezzo il giorno dopo e subito è nata una polemica poi rimbalzata dalle colonne virtuali a quelle cartacee dei quotidiani. In realtà, in questa nuova querelle tra «vecchi» critici letterari («mandarini della nostra cultura», li chiama Baricco) e scrittori la cui colpevolezza è quella in sostanza di vendere, l’unico aspetto veramente inedito è rappresentato dal nuovo personaggio che ha invaso la scena: il blogger. La recente virtualizzazione della comunicazione ha determinato una democratizzazione dell’opinione (cosa buona e giusta), che sfocia però spesso, nei blog letterari più gettonati (Nazione Indiana 2.0, Lipperatura, Vibrisse), in una contestazione che assume a volte la forma del «terrorismo», e che come quello è senza volto (cosa non tanto buona e giusta): nei commenti si prendono di petto scrittori, critici e gli stessi «gestori» dei blog, se quanto viene proposto su quelle riviste telematiche non è gradito. Siamo di fronte alla dittatura del fruitore, che travalica gli spazi deputati all’esercizio del suo ruolo (l’acquisto in libreria) per inoltrarsi in quelli istituzionalmente preposti alla discussione pubblica e mettere in atto – nei confronti di chi fino a ieri la rappresentava in via esclusiva – un processo politico. Il critico Alfonso Berardinelli è stato chiamato a rispondere della sua collaborazione con Il Foglio; Isabella Santacroce si è sentita invitare ad andare «Fuori dai coglioni! » (su Nazione Indiana); Leonardo Colombati è stato attaccato perché firma de Il Giornale (su Vibrisse). Ora è il turno di Baricco, al quale viene sì concesso che almeno «conflittua e non sta lì a fare la bella statuina!», ma al quale quelli che lui aveva preventivamente definito i fedelissimi dall’«applauso ottuso» non risparmiano il disprezzo: «È veramente scandaloso che a Baricco si dia tutto questo spazio per le sue lagnose geremiadi contro i critici che non lo capiscono più. Il fatto che lo scrittore abbia tanti lettori che lo leggono (e gli riempiono il portafoglio) non è certo un buon motivo per non stroncarlo (anche in due righe, perché no?)» (su Lipperatura). Quale scrittore accuseranno domani di essere «nazional-popolare» i nipotini di Gramsci che sembrano aver dimenticato cosa Gramsci, precisamente, scrisse, e che somigliano tanto ai radical chic di cui Tom Wolfe spiegava: «La prima regola è che la nostalgie de la boue – lo stile romantico e rudemente vitale dei primitivi che abitano nelle case popolari, per esempio – è bella, e che la borghesia – nera o bianca che sia – è brutta». Baricco doveva aver previsto tanto inutile chiacchiericcio quando scrisse, in Questa storia, «Sia clemente il castigo per tanto spreco. E accorto l’angelo che veglia sulle nostre solitudini».
 

(Pubblicato su “Il Giornale”, 3 marzo 2006, pag. 33)

 

139 COMMENTS

  1. Eccola sul Giornale, anche lei, la compagna gaetani. Il cerchio è chiuso ora. Complimenti, continua così. Magari c’è il Secolo d’Italia che cerca opinionisti.

    Vomitate gente, è sempre un esercizio più sano di questo squallido qualunquismo dissimulato e gaetanato, anche un po’ melissato.

  2. Come volevasi dimostrare, piuttosto, il livoroso commentatore anonimo strangolato dalla paranoia del complotto tessero-partitico (e)rutta (pre)giudizi evitando di riuscire a comprendere una sola sillaba del detto. Profonda noia, tutto dejà vu.

  3. L’articolo è online qui ed è firmato Redazione
    http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=69338

    Lo trovo un articolo inutile per varie ragioni.

    La recente virtualizzazione della comunicazione ha determinato una democratizzazione dell’opinione (cosa buona e giusta), che sfocia però spesso, nei blog letterari più gettonati (Nazione Indiana 2.0, Lipperatura, Vibrisse), in una contestazione che assume a volte la forma del «terrorismo», e che come quello è senza volto (cosa non tanto buona e giusta)

    Paragonare la discussione critica tra cittadini al terrorismo, anche quando essa è aspra e sopra le righe, è una forzatura inaccettabile. Associare l’anonimato a questo ragionamento fallace significa ignorare che l’anonimato è uno strumento di libertà e che le idee si valutano per quello che valgono, non per lo stato di chi le esprime.

    Siamo di fronte alla dittatura del fruitore, che travalica gli spazi deputati all’esercizio del suo ruolo (l’acquisto in libreria) per inoltrarsi in quelli istituzionalmente preposti alla discussione pubblica per mettere in atto – nei confronti di chi fino a ieri la rappresentava in via esclusiva – un processo politico.

    Il fruitore passivo, consuma e taci, che improvvisamente alza la testa, travalica e detta condizioni, non esiste. E’ un’invenzione di una
    redazione che non capisce il proprio tempo o che preferisce agganciarsi a polemiche a effetto, impostando la questione sui rapporti di forza e controllo.

    Infine, Massimo Mantellini ha colto bene altre assurdità dell’articolo de Il giornale in un suo post Un tram chiamato Nicaragua.

  4. “Siamo di fronte alla dittatura del fruitore, che travalica gli spazi deputati all’esercizio del suo ruolo (l’acquisto in libreria)”

    Ma come si può !!!

    Fruitori di tutto il mondo unitevi, e dite la vostra!

    Scrittori di tutto il mondo, se non volete essere valutati tenetevi le carte nel cassetto, sognare è sempre possibile.

  5. .. io proprio non riesco a capire perché c’è tanta gente che finge di non sapere che il problema non sta nel fatto che vendere è l’unica colpa di Baricco (e come lui di tanti altri), piuttosto l’unico pregio!
    L’unicità che fa dire alla Gaetani che i blogger e certe critiche sono terroristiche non passa per una idea unica e granitica di letteratura… non c’entra nulla: quel che si fa notare di autori come Baricco non è il fatto che vende, ma il fatto che si accontenta di vendere.
    E’ così semplice!! Nessuno pretende che un autore non venda (sarebbe assurdo!). Quel che si dice è che vendere appartiene al mondo dei libri, o magari anche dell’Arte in sè, del ‘pop’, ma non necessarriamente della letteratura.
    Tutti quelli che fanno letteratura, chi più chi meno, vende le copie del proprio libro, non tutti quelli che vendono copie (e in questo caso, milionate) di un proprio libro fanno letteratura…
    piantiamola di dipingere coloro che hanno un concetto elevato di letteratura come dei disonosauri o dei frustrati oppure inguaribilmente ideologizzati…!

  6. @ Jan

    1) L’articolo compare sul Giornale a firma “Redazione”, ma sul Giornale cartaceo a firma mia, che l’ho scritto;
    2) Evito di stil(l)are il curriculum che non fa di me una blogger, per la precisione, e che formalmente mi autorizza ad esprimere un pensiero su un mondo che per di più, diversamente da quanto sostiene Massimo Mantellini sul suo blog, non mi appare come il Nicaragua semplicemente perché seguo Nazione Indiana da quando è nata, mentre in Nicaragua non ci sono mai stata, ed è casomai alla più parte della popolazione italiana che il mondo virtuale, e in particolar modo quello dedito al dibattito culturale (e ideologico) letterario, appare sconosciuto e lontano come quella nazione;
    3) è un dato di fatto che il fruitore, cioè il lettore non specialistico, può esprimere il suo consenso nei confronti di un libro soltanto acquistandolo, e il suo dissenso soltanto non acquistandolo: la discussione virtuale permette invece di esprimere un’opinione in senso stretto, al di là dell’eventuale acquisto;
    3) la virtualizzazione permette l’occultamento dell’identità, e questo è lo scarto che fa sì che siano i sedicenti “controllati” a mettere in atto dinamiche di cui accusano i “controllori”, in nome di una libertà d’opinione che degenera in “terrorismo” dell’opinione: basta prendere un post a caso di Nazione Indiana 2.0 o anche della prima Nazione Indiana per rendersi conto che è così;
    4) ribalto i termini della questione per farti capire quanto invece la mia riflessione sulla dilagante anarchia comportamentale dei blogger (non tanto d’opinione) è più che corretta: in libreria puoi silenziosamente non comprare Zoo di Isabella Santacroce, ma se entri col viso coperto durante una presentazione e inizi ad urlare che quel libro fa schifo e in quella libreria, di cui tu sei un cliente, Isabella Santacroce non ce la vuoi, e che il libraio la mandi fuori dai coglioni, e poi continui ad accusarlo di essere colluso in dinamiche clientelari editoriali poiché non lo fa, ecco, non credo che il libraio accetti un tale tipo di contestazione nel suo negozio, meno che mai in nome di una presunta “libertà d’opinione” che così non viene onorata, ma di fatto negata;
    5) Giovanni Lindo Ferretti diceva che la libertà è una forma di disciplina, e aveva ragione. E di educazione, aggiungo io.

    E’ come per la politica. Puoi non votare Berlusconi o Buontempo, ma non puoi prenderli a treppiedate o a bottigliate, o meglio, puoi farlo, ma sei soggetto a denuncia-querela, perché hai commesso un reato, e anche in Nicaragua funziona così.

    Saluti.

  7. A me, il recente “processo” a Mozzi e l’invito a “cacciarlo” da NI sono sembrati una conferma incontrovertibile di quanto sostiene Gemma. Per non parlare della pretesa equivalenza, nel thread sulla Santacroce, del giudizio critico di Garboli e di quello di “Gino l’uccellino” (anch’egli, fra l’altro, sollecitando una sua cacciata dal blog).

  8. Gemma hai detto un’altra cazzata. In Nicaragua hanno ben altre paranoie rispetto ai treppiedi. Se tu tacessi io ti amassi, te lo giuro. E invece parli e parli e hai un blog e non sei blogger, e ti stroncano e t’arrabbi come un cane del canile, manco fossi gozzano, e ora te ne vieni fresca fre4sca dalle colonne del “giornale” della famniglia B. con questa risma di cazzate scritte qui sopra. Il bello della rete è che io ti posso dire tutto questo anonimamente e liberamente, e che gli altri lo possano leggere e giudicare se scrivo più cazzate io o tu. E se questo sistema non ti piace, il consiglio è quello famoso e marzulliano: fatti una domanda, datti una risposta, e poi via, fuori dai coglioni, torna sui bei giornali cartacei che ospitano i tuoi illuminanti pensieri che avrei preferito evitare di legger in una bella domenica mattina.

  9. “è un dato di fatto che il fruitore, cioè il lettore non specialistico, può esprimere il suo consenso nei confronti di un libro soltanto acquistandolo, e il suo dissenso soltanto non acquistandolo : la discussione virtuale permette invece di esprimere un’opinione in senso stretto, al di là dell’eventuale acquisto”

    E’ questa a mio avviso la cosa davvero ingenua. Il lettore non specialistico non dice la sua sui giornali e le riviste, ma crea quella corrente di opinione che fa di un libro un successo o meno ed esprime la sua anche dicendo alla sua cerchia, e in questo ha un notevolissimo potere di interdetto, io la maria marietti non la leggo perché fa schifo.
    Non per nulla il passaparola ha sempre creato i successi, sia grandi (Tamaro) che piccoli (Manganelli).
    Certo, in ambienti diversi e a volte non comunicanti, come i vasi.

    L’idea di élite sottesa a questo discorso è vecchia. E che debba farlo notare io, che sono vecchia, è davvero curioso.
    L’unica vera novità è che adesso non i “fruitori”, che ci sono sempre stati, ma gli esperti (anche pseudo) vengono spiazzati dal vedere scritte quelle parole che un tempo potevano fingere di ignorare, attribuendo loro ogni opinione.

    Quello che grida insulti alla Santacroce è maleducato sia in rete che in libreria. Ma, sempre per la mia decrepitezza, ricordo che questi modi smodati erano usuali un tempo anche vis-à-vis, con scazzi interminabili e odi che duravano anni. Adesso che nessuno ha più voglia di scaldarsi tanto, tutto si è trasferito in rete, con meno lividi, tutto sommato.

  10. Chiunque scriva su un blog o dà il consenso per la pubblicazione di un suo testo, sa a cosa può andare incontro, nel bene e nel male. Può sceglie di accettare le regole del gioco oppure no. Se il pezzo va in rete, non può lamentarsi di come esso viene trattato da alcuni lettori. Se non si è pronti ad accettare le contestazioni argomentate o ingiuste, allora si eviti di pubblicare in rete. Domanda: perché Gemma Gaetani ha dato il consenso per questo post? Sa che nella vita ci sono tizi invidiosi, onesti, ignoranti, maleducati, ingenui, timidi, acuti, ecc? Sì? Sa che questi potrebbero scrivere commenti? Sì? Allora perché lamentarsi? Se si è consapevoli, non si è vittime del sistema. Anzi, molti usano il web con coscienza (vedi Mozzi).
    Poi, l’idea della dittatura del fruitore… è sempre esistita, fa parte della letteratura. Io invece parlerei di dittatura del marketing, altra cosa, nociva come non mai.
    Questa è la solita ripresa su carta di stimoli nati in rete. Mi sa tanto che la cultura cartacea è un po’ avvizzita ed ha bisogno di rubacchiare stimoli da queste parti.

  11. attenzione a chi fa il gioco di chi.
    Fruitori cogliete il frutto, peccate! : commentate, downlodate, fruite delle biblioteche, delle mille forme del bookcrossing e di babelteka.org.

  12. Che il Giornale sia un fogliaccio vergognoso, violento, squadristico, menzognero, spero nessuno voglia negarlo (l’edicola notturna del telegiornali quando posso la seguo sempre, e ho gli occhi per vedere – se vogliamo possiamo metterci a fare uno spoglio delle ultime annate) . Scriverci sopra non qualifica “immediatamente” chi ci scrive – ma mediatamente sì. E mediatamente significa “come” ci scrive. Anzitutto in che ruolo: un conto è fare il travet delle cronache, un conto è fare l’opinionista. E infatti, guarda il caso, la Gaetani offre al lettore del Giornale esattamente quello che lui vuole farsi sentir dire. Perché bisogna averlo in mente il lettore del Giornale. Non cerca argomenti, ma stimoli pavloviani. E la Gaetani è pronta fornirglieli.
    In poche righe, la Gaetani mette insieme parole a sproposito, che però sono le classiche parole d’ordine della destra italiana (in forma vecchia e in forma nuova): “terrorismo”, “dittatura (del blogger) (del proletariato) (sempre di informe e anonima massa si tratta)”, “processo politico”, “i nipotini di Gramsci”.
    Dunque: terrorismo? è uso indiscriminato del terrore ai danni della popolazione civile. Poi ci rientra dell’altro – anche la guerriglia dei banditi partigiani, volendo. E il modo in cui la Gaetani usa la parola è di questo secondo tipo. Quello dei bloggers – come scrive Temperanza – al più è becero e incivile ressentiment – e infatti io intervengo molto poco, e al primo accenno di attacchi frontali e offensivi mi dileguo prontamente. (Io ci credo, che la gentilezza sia rivoluzionaria) Ma con il terrorismo tutto questo non c’entra. La parola terrorismo in questo caso viene usata solo per fare da richiamo per le allodole. E così ogni contestazione viene messa nel mucchio (addirittura – e ti pareva? – nei commenti la Gaetani, degna emula di Pisanu, mette in guardia dall'”anarchia” dei bloggers). Tutto è terrorismo – ed è importante che l’area semantica resti vaga e indefinita, così da farci ricadere di tutto.
    Dittatura del fruitore: la massa oscura dei consumatori che osano dire la loro al di fuori degli spazi loro assegnati. Qui sopra Temperanza e Gina hanno già fatto rilevare la questione. Non è la dittatura del mercato che fa specie, no (qualcuno l’ha chiamata Restaurazione, Caliceti no, ma insomma di quello parlano). E’ il fruitore che esercita una dittatura (che certamente è prodromo a decenni di miseria terrore e morte): è da immaginarsi il sollucchero del bibente lettore del Giornale quando gli risuonano queste immagini nemiche, risvegliando in lui persino quel senso di élite spirituale che – a giudicare da quanto afferma lo stesso Socci – non si risveglia neppure con le cannonate.
    E come viene esercitata questa dittatura delle masse fruitrici? Mediante processi politici, è evidente. C’è strutturalmente qualche affinità tra un processo esercitato da un Tribunale rivoluzionario e quanto avviene in questi spazi? La questione non sfiora la Gaetani, che se avesse scritto con onestà avrebbe certamente – essendo lei una persona intelligente – cercato un’altra immagine, trovandola senza eccessiva fatica.
    Sui nipotini di Gramsci, non c’è neanche da soffermarsi troppo: a quale lessico attinge questa espressione? Quale storia vi è incarnata? Qual è il referente specifico? Non si tratterà mica di un’espressione svalutativa? E poi, se ha un qualche senso, nipotini di Granisci non saranno mica i diessini? E allora Gino l’uccellino, non sarà mica Fassino? Cosa c’entreranno mai i nipotini di Gramsci con l’anarchia dei lettori? Dove starà mai il Comitato Centrale che ha deciso di porre in essere un processo politico? Quali i rapporti tra Comitato centrale e Tribunale rivoluzionario? (ad libitum)
    Ecco, il modo in cui è scritto questo pezzo mi pare molto più vergognoso del fatto che questo pezzo sia comparso sul Giornale.
    Sinceramente mi pare che questa nazione indiana non abbia più alcun senso, fatta in questo modo. Una nazione non c’è – e questo potrebbe essere positivo. Ma che gli indiani parlino come Berlusconi, questo è davvero troppo.

  13. Marco, siamo d’accordo, occhio però all’affermazione del non senso della “nazione indiana”, o di altri lit blog aggiungo, che se no si cade nella trappola, imo.

  14. No, ragazzi.
    Intanto una cosa che è da dire è da dire, e chi se ne fotte se è detta sul Giornale (che io non leggo: ma leggo il blog di Gemmachenonèunablogger, allora, occorre esser blogger per avere un blog?) o sul Nottale.
    Poi voi tutti “compagni” non dirò avete ma almeno mostrate il grado di lessatura della vostra tolleranza e apertura mentale più o meno al di sotto dei livelli del Giornale e limitrofie di vario tipo. (Qui non aggiungerò che ho diritto di sfottere ché son io più “compagno” di voi da extraparlamentare anarchico perché a me è già stata più volte applicata la lessatura di cui sopra e mi han detto pure fascista perché sapete che la sinistra ormai pare sia tutta dei marxisti integralisti che giocano a fare i critici di tutto, soprattutto di ciò che non conoscono.)
    E infine nessuno che si soffermi sul “come” “lavorano” i “critici” oggi in Italia. (Sul quale argomento mi limiterò, ma forse solo per ora, a un Puah.)
    E ultimissima, quale sarebbe l’unico pregio di Ale Baricco? Ma fate il piacere, leggetelo, non amatelo per forza, ma se non lo capite, è semplice, tacete. Grazie. (Perché fino a prova contraria “il fine” di queste discussioni dovrebbe essere “puramente” letterario, o no? Scusate la parolaccia “puramente”.)

  15. si parli di libri e di commenti non di dissertazioni parapolitiche su chi scrive, in quale giornale scrive..e cazzate varie
    il libro di baricco è semplicemente inutile, veicolato solo dall’essere il capofila della nuova fandango e veicolato dalle 4 copertine diverse…ovvero da tutto ciò che non ha nulla a che fare con”quella storia”!!
    baricco romanziere è finito a “oceano mare”, secondo me, quando ancora trovava una forma per le sue scenografie multiple, tuttavia adesso è la controfigura di se stesso(sempre con rispetto parlando)sembra baricco che prova a scrivere come scriveva il primo baricco…i colpi di teatro gli vengono non bene e l’affabulazione, unica sua dote pregressa, è pressochè assente,
    sempre con rispetto parlando, “questa storia” non mi è piaciuta
    PS secondo me accusare uno che scrive su taluni giornali è semplicemente un fattore non degno di analisi…la solita scappatoia di chi resta in superficie
    firmato uno che è antiberlusconiano nel midollo

  16. Ale, secondo me hai scritto prima di leggere il mio intervento. Perché allora avresti dovuto argomentare nel merito. E soprattutto perché non avresti detto che qui ci sono “marxisti integralisti” (non dico che tu debba sapere chi sono, però basta che fai un salto sul mio blog per saperlo)

  17. @ daniele greco
    Il pezzo non parla del libro di Baricco. Dunque rimani in tema, pls.
    Il punto della contestazione è il linguaggio, che su un blog come questo mi parrebbe cosa piuttosto rilevante.

  18. Gramsci, Pasolini: sono questi i referenti di questo pezzo. Che Il Giornale ha ospitato, senza chiedermi di certo chi votassi, come si va a presumere in questi commenti, facendo il solito 1 + 1 ottuso e meccanicamente deduttivo.
    Antonio Gramsci auspicava che anche l’Italia potesse vantare una letteratura nazional-popolare, che avvicinasse il grande pubblico a quella letteratura italiana che non riusciva ad avvicinarlo con lo stesso successo degli stranieri.

    I nipotini di Antonio Gramsci sono quelli che hanno dimenticato, evidentemente, questo. E che si comportano come i radical chic nei salotti newyorchesi, anche se sono vestiti da no global indiani.

    Alessandro Baricco è uno scrittore medio, è, tecnicamente, uno scrittore e un divulgatore nazional-popolare nel senso corretto, cioè gramsciano, della definizione, e non una superstar imposta dalla dittatura del marketing o dell’impegno, come alcuni compilatori di pagine che affollano la classifica della narrativa italiana o la superficie dei poster che questi radical chic devono avere affissi nella cameretta del proprio cervello che visto da qui, non appare per niente liberamente pensante.

  19. Grazie, Marco Rovelli: solo l’intelligenza e la decenza lasciano tracce, e i tuoi commenti, insieme a quelli di pochi altri, sono tra le uniche orme ancora visibili.

  20. Ah sì, Marco, ma mi spiace: è semplice: l’avrei detto lo stesso ma non per te.

    Per quanto riguarda il libro di Ale, primo qui Marco dice bene, il pezzo non parla di questo; secondo però visto che se n’è detto, dico anch’io con rispetto parlando, non diciamo cazzate: se oggi in Italia c’è un inventore di lingue narrative, è lui. Poi se non piace va benissimo, per carità. Poi sapete, è di un brutto, piacer a tutti!
    Però che c’entra Fandango? Lui ha lasciato Rizzoli.

  21. Ah.
    Non trovo mica che bisogni essere antiberlusconiani. Chi cazzo è Berlusconi per dargli quest’onore? Ognuno è (sia) se stesso, e non sempre anti- di qualcosa. No?
    Gemma,
    trovo ancora giustissimo tutto ma proprio tutto quel che dici: tranne che Ale sia uno scrittore medio; appunto a meno che tu non dicessi anche questo nel senso gramsciano.

  22. Ale, Baricco è medio nel senso che non è Céline o Borges, per me, ma non è nemmno Federico Moccia. Baricco è uno scrittore nazional-popolare, e certo in senso gramsciano, non pippobaudiano.

  23. @ Ale:
    Alessandro Baricco, insieme a Carlo Lucarelli ed Edoardo Nesi diventa socio della casa editrice Fandango, che pubblicherà anche questo autunno il suo prossimo romanzo “Questa Storia” >> (dal sito di Baricco)

  24. E allora? Allora questo significa che “il libro di baricco è semplicemente inutile, veicolato solo dall’essere il capofila della nuova fandango”…??? (copincollo)
    Cosa c’entra? Io, sapete, sono un nipotino di Bakunin e forse questi nessi son io che non li capisco bene.

    E dimenticavo una precisazione, non richiesta, per Marco. (Appunto da un “anarchico”.)
    Quando si dice (e qua aggiungo un’altra parolaccia: “stigmatizzandola”) “anarchia” dei bloggers, oppure, più volte, altrove, “se non si fa ecc ecc si degenera nell’anarchia”, dovrebbe esser chiaro che non si parla della
    Anarchia.

  25. Sono perplesso, e non dovrei, nel leggere la solita trafila di attacchi stereotipati. Si taglia il mondo a fette e lo si trasforma in fette bianche o nere, chiare o scure senza concedere alcuno spazio al confronto.
    A volte, quando leggo alcuni commenti, ho l’impressione di trovarmi di fronte o a *ragazzini* non ancora svezzati (e in parte è comprensibile l’atteggiamento) oppure a dei *falliti* che sfogano la loro acredine e il loro fallimento sulla testa del primo o della prima che sostiene qualcosa che forse non gli piace. Forse.
    Si può non essere d’accordo con tutto ciò che Gemma scrive, e la frase “Siamo di fronte alla dittatura del fruitore, che travalica gli spazi deputati all’esercizio del suo ruolo (l’acquisto in libreria) per inoltrarsi in quelli istituzionalmente preposti alla discussione pubblica e mettere in atto – nei confronti di chi fino a ieri la rappresentava in via esclusiva – un processo politico.” andrebbe secondo me approfondita e chiarita, ma credo sia comunque necessario partire dal presupposto che il nostro interlocutore debba essere sempre e comunque rispettato.
    A parte alcuni commenti (non sto a fare i nomi li potete valutare da voi) equilibrati, come loro abitudine, siamo anche qui alle solite.
    Si riuscirà mai a crescere?

    Buona domenica. Trespolo.

  26. gemma, non discuto le tue intenzioni (anche se il no global e il radicalismo newyorkese così come tu li dici son roba di destra, cara). Discuto l’effetto. Siamo in epoca triturista, neoliberisa, e sotto elezioni. Il tuo pezzo, volente o nolente, si inserisce in un meccanismo editoriale che conosco assai bene, diciamo dall’interno, e ha l’effetto indicato da marco, che tu voglia o no. PUNTO.
    Il fatto che ai lettori de il giornale si aggiungano ora quelli di NI e altro in rete pure. PUNTO. Ma va bene così, la libera espressione l’avan SPETTACOLO il dibattito e il lancio di ortaggi.
    Baricco si trova anche in libreria. Prima si legge e poi, se del caso si compra, imo.

  27. Prendo atto che Gemma Gaetani non entra nel merito. E’ sufficiente.

    @Ale
    Se questo ti basta, buon per te. Io non sono “anarchico” come te, ma credo che il Bakunin non consentirebbe. In ogni caso, non è certo questa la questione principale. La questione è quella che Gemma Gaetani si rifiuta di affrontare. Una questione di materialismo, per così dire.

  28. ops, freud:) baricco si legge anche in biblioteca. Prima si legge e poi si compra, imo.

  29. Cosa significa – mi rivolgo a chi usa qui questo aggettivo – che un romanzo, uno scrittore sono “nazional-popolari”?
    Non mi si risponda “nel senso gramsciano”, per favore.

  30. Per esempio io non credo che, qualora esistano scrittori di questo tipo e qualora l’aggettivo abbia ancora un senso ( e secondo me non ce l’ha), Baricco sia definibile così.

  31. Nel merito della mia argomentazione, Gemma. Che è articolata a sufficienza per essere considerata vera finché non viene contraddetta altrettanto articolatamente. Ciò che puoi fare rispondendo alle questioni che ti pongo. Mica sei obbligata a farlo. Ma se le ignori, quelle restano vere, tutto qui. E questo vale per chiunque altro. Ci tengo a dire (ma chi mi conosce un po’ lo sa) che non ho nulla di personale nei tuoi confronti, che sono poco incline all’attacco per indole (e del resto lo dico nel mio intervento), che ho perfino un amico che fa il travet della cultura sul Giornale. Che non c’è nulla di aprioristico, dunque niente che derivi (mi riferisco a Trespolo) da un non-svezzamento né da frustrazioni. Descrivo pràgmata, non giudico l’ousìa.

  32. Non per essere ripetitivo, ma “Il Giornale” – non chiamo in causa la famiglia che lo possiede, ma solo i contenuti che veicola – è un organo di stampa razzista
    xenofobo
    islamofobo
    bellicista
    anti-antimafia (visto che perifrasi?)
    impegnato in operazioni di sistematica rivalutazione del fascismo
    (tanto da ripubblicare nel 2003 articoli di propaganda fascista sul confino politico come villeggiatura, risalenti al ’29 e riproposti *senza alcun apparato critico*, come fossero oro colato).
    Mi frega relativamente che sia di proprietà di Berlusconi: anche se fosse di qualcun altro, mi farebbe RIBREZZO. Lo trovo un fogliaccio talmente sozzo da non poterlo toccare con le mani, e giudico profondamente sbagliato collaborarvi. Se uno non è razzista, non è xenofobo, non è fascisteggiante, non vedo PER QUALE MOTIVO debba scriverci sopra, e se lo fa non deve sorprendersi che glielo facciano notare.

  33. Gramsi scriveva questo: “manca un’identità di concezione del mondo tra “scrittori” e “popolo”; cioè i sentimenti popolari non sono vissuti come propri dagli scrittori, né gli scrittori hanno una funzione “educatrice nazionale”, cioè non si sono posti e non si pongono il problema di elaborare i sentimenti popolari dopo averli rivissuti e fatti propri”. Ancora: “In Italia, il termine “nazionale” ha un significato molto ristretto ideologicamente, e in ogni caso non coincide con “popolare”, perché in Italia gli intellettuali sono lontani dal popolo, cioè dalla “nazione”, e sono invece legati a una tradizione di casta, che non è mai stata rotta da un forte movimento politico popolare o nazionale dal basso: la tradizione è “libresca” e astratta, e l’intellettuale tipico moderno si sente più legato ad Annibal Caro o a Ippolito Pindemonte che a un contadino pugliese o siciliano”.
    Baricco, rivendicando l’autorevolezza che gli proviene dalle vendite (sintomo di un plebiscito popolare) e da un impegno pluriennale, come scrittore e divulgatore, in realtà voleva ribadire di aver svolto un ruolo in qualche modo attivo per la letteratura e la cultura italiane. A mio avviso. E ne aveva tutto il diritto.
    Per quanto riguarda me, da lettrice di blogger come Nazione Indiana, e non solo, negli anni ho notato che l’idea di una letteratura che rappresenti veramente il mondo e che quindi sia “popolare”, cozza, interiormente, ideologicamente, con i metodi che vengono utilizzati da alcuni, da molti, su questi blog, per reclamarla, metodi che trasformano la democrazia prima in un’anarchia e poi in una (desiderata) “dittatura del fruitore”. Non smetterò di sostenere che è un dato di fatto oggettivo che soltanto da pochi anni, grazie ad Internet, tra scrittore e critico è comparso un terzo interlocutore del dibattito letterario: ha preso la parola, ha acquisito la patente di “opinionista”, di “pubblico parlante” più che pagante. Notiziando di questo, volevo far notare la contraddizione, il corto circuito, in cui incappa però lo scostumato commentatore anonimo ingiurioso e ideologizzato, chiaramente a sinistra, o anche l’educato commentatore o blogger, talvolta, se messo a confronto con Gramsci, per esempio.

  34. Alessandro e Marco, mi rifiuto di partecipare a un dialogo del quale non condivido le premesse. Punto. Non mi chiedo, quando leggo le pagine culturali della maggior parte dei quotidiani italiani, se chi ci scrive sopra condivide l’orientamento politico della testata che ospita il suo pensiero. Non lo chiedo e non rispondo se mi viene chiesto. Perché è una domanda idiota. E’ una schedatura, non una domanda.

  35. @ Gemma: “la virtualizzazione permette l’occultamento dell’identità, e questo è lo scarto che fa sì che siano i sedicenti “controllati” a mettere in atto dinamiche di cui accusano i “controllori”, in nome di una libertà d’opinione che degenera in “terrorismo” dell’opinione: basta prendere un post a caso di Nazione Indiana 2.0 o anche della prima Nazione Indiana per rendersi conto che è così;”

    Gemma, il problema non è la virtualizzazione né l’occultamento di identità, perché un’argomentazione vale per ciò che sostiene, e non sono meno stronzo se, insultando qualcuno, metto in bella vista la mia firma (lasciamo da parte le questioni legali): il problema è la “responsabilità”. Ma responsabilità e virtualizzazione non sono così legate come sembra. Ci sono mille modi di non assumersi in prima persona una responsabilità, il “monto virtuale” offre una variante tra le tante. Se vuoi restare a Nazione Indiana, guarda che qui c’è chi ha sostenuto in maniera francamente discutibile il legame tra nome, identità e responsabilità, firmandosi con nome e cognome; una settimana dopo è passato da Lipperatura con pseudonimo un po’ comico per insultare e mezz’ora dopo, suppongo per distrazione, ha proseguito in privato sotto vero nome. Come la mettiamo?
    Non è il caso di attribuire al mezzo alcuna responsabilità, è l’uso del mezzo che conta, e dell’uso decide ogni individuo, in prima persona. La libertà è innanzitutto una questione di scelte individuali (compiute, certo, in un universo sociale).

    Per inciso, parlando di libertà:
    l’alternativa tra la libertà e l’asservimento al potere (e qui non c’è davvero bisogno di precisare “a quale potere”) esiste davvero ed è sempre esistita, e non è solo l’invenzione dell’ultimo critico uscito di senno. Camus non fece la scelta di Sartre per motivi ben precisi.

  36. Ha senso citare Gramsci come pezza d’appoggio sulle pagine di un giornale che ha fatto di tutto per ridimensionare e sminuire la tragedia del confino politico degli antifascisti? Quando Gramsci fu portato “in villeggiatura” a Ustica, partì con le catene ai polsi il 25 novembre 1926, sul treno-cellulare, senza mangiare né bere per tredici ore. Giunto a Napoli, fu rinchiuso in carcere per 2 notti e poi fatto imbarcare, la sera del 27, alla volta di Palermo. A Palermo l’imbarco per Ustica fu rimandato tre volte per mare mosso, e Gramsci fu costretto a una continua trafila che descrive in una lettera: “Sveglia alle quattro del mattino, formalità per la consegna dei denari e delle cose diverse depositate, manette e catena, vettura cellulare fino al porto, discesa in barca per raggiungere il vaporetto, ascesa della scaletta per salire a bordo, salita d’una scaltetta per salire sul ponte, discesa di una scaletta per andare nel reparto di terza classe; tutto ciò avendo i polsi legati ed essendo legato a una catena con altri tre. Alle sette il vaporetto parte, viaggia un’ora e mezzo ballando e dimenandosi come un delfino, poi si ritorna indietro perché il capitano riconosce impossibile la traversata ulteriore. Si rifà all’inverso la serie delle scalette ecc., si ritorna in carcere, si viene nuovamente perquisiti e si ritorna in cella; intanto è già mezzogiorno, non si è fatto in tempo a comandare il pranzo; fino alle 5 non si mangia, e al mattino non si era mangiato. Tutto ciò quattro volte con l’intervallo di un giorno.” L’imbarco avvenne il 7 dicembre. Roma-Ustica in tredici giorni, in catene, tra abusi psicofisici e umiliazioni. Su come fosse la vita quotidiana dei confinati a Ustica (sorvegliati a vista e pedinati da militi a un metro di distanza, chiusi in un recinto e impediti di visitare il resto dell’isola, condannati alla sopravvivenza con una diaria di cinque lire al giorno che è più o meno l’equivalente di due euro di oggi), meglio non spendere ulteriori parole perché sono già andato di lungo. Ecco, scrivere sul “Giornale” (per giunta tirando in ballo Gramsci) significa fare collaborazionismo con gente che riduce tutto questo a barzelletta, che mena il torrone all’infinito sui “crimini” dei partigiani, che rivaluta il fascismo in ogni modo rozzo o subdolo che sia ecc.

  37. Io non ho altro da dire, Alessandro e Marco. Nelle dittature fanno così. Nel Settantasette facevano così.

    La risposta è nelle vostre domande: “Ha senso citare Gramsci come pezza d’appoggio sulle pagine di un giornale che ha fatto di tutto per ridimensionare e sminuire la tragedia del confino politico degli antifascisti?”. Ecco, se per quella testata ha avuto senso questo dimostra che le pagine di politica sono di politica e quelle di cultura sono di cultura, per quella testata e non solo, e le collaborazioni sono collaborazioni, e non collaborazionismo. Diversamente da quanto accade spesso invece in altri quotidiani nazionali.

    Buon pomeriggio.

  38. Tu dici che il contesto non determina il testo, e dovresti argomentarlo. Dopodiché, io non ti accusavo per il fatto in sé di aver scritto sul Giornale, te lo ripeto ancora una volta – ma per il “come” l’hai fatto, utilizzando un linguaggio e dei concetti ben precisi. E’ così strano chiedere a uno scrittore di entrare nel merito del linguaggio?
    Vabbè, la mia esperienza scolastica mi ha fatto comprendere a sufficienza che è inutile continuare a parlare a chi non ascolta.
    Saluti.

  39. Ma ci deve pur essere una linea, un limite dettato dal buon senso oltre il quale ci si ferma! Va bene, non vale più la discriminante antifascista e antirazzista, nemmeno a sinistra. Ne prendo atto, domina il “terzismo”. Ma di questo passo dove si finirà a scrivere? Forse su “Foglio di lotta”, organo ufficiale di Forza Nuova? A condizione che “le pagine culturali siano una cosa e le pagine politiche un’altra”? E’ sufficiente dire, per lavarsi la coscienza, che non si condivide la linea politica del giornale su cui si scrive, quando quella linea politica è tutto ciò per cui quel giornale è visibile, ed è improntata a una sorta di squadrismo intellettuale (dove l’accento non va sull’aggettivo ma sul sostantivo)? A me sembra, sinceramente, una posizione insostenibile.

  40. (Marco, ho usato con cognizione di causa ogni parola e concetto usati nel testo del pezzo. Ho argomentato in maniera più estesa in ogni commento che poi ho apposto qui. Non credo di aver fornito solo spunti. A voi leggere, condividere. Non so che dire più).

  41. @ Alessandro: “Ecco, scrivere sul “Giornale” (per giunta tirando in ballo Gramsci) significa fare collaborazionismo con gente che riduce tutto questo a barzelletta, che mena il torrone all’infinito sui “crimini” dei partigiani, che rivaluta il fascismo in ogni modo rozzo o subdolo che sia ecc.”

    Occhio, stai parlando di contesto. Citi una storia. Quanto questa storia debba pesare nella decisione di pronunciarsi attraverso le pagine di un giornale ha sicuramente significato. Può darsi, personalmente (avendo fatto scelte del tutto in linea con quello che scrivi) che io eviterei. Ciò non toglie che il contesto storico non è “tutto il contesto”. Il contesto è riferimento a un universo di significati. Ora, se io scrivo in piena libertà, se nessuna censura mi vieta di dire ciò che penso, se riesco, con la forza delle parole o delle idee, a far passare in secondo piano il mero “contesto fisico”, se lo trasformo in semplice substrato, allora non c’è alcuna forma di “collaborazionismo”: lo si piò fare, ammetterai.
    Esempio: se inviassi al giornale un frammento non pubblicato de “l’ontologia dell’essere sociale”, se venisse pubblicato da “il Giornale”, LUkacs diventerebbe collaborazionista?

  42. Ivan, in questo caso il contesto non è la storia. Non è un pregresso. Le operazioni di rivalutazione del fascismo “Il Giornale” le fa oggi.

  43. Grazie, Alessandro Canzian, ma eri già iscritto d’ufficio alla categoria di Marco Rovelli.

    Ragazzi, ma lasciateli discutere pure da soli: state perdendo tempo. Questi sono già tutti trespolizzati e con la barra tutta a destra.
    Stupefacente, comunque, l’affermazione tipo “non mi hanno chiesto tessere di partito, prima di pubblicarmi”: fantastico, principessa, è proprio quello che vogliono: farsi una reputazione da veri democratici, mentre invece sono, e saranno sempre, quello di cui parla Canzian nel suo primo intervento.

    Brava, Gemma, continua così: vedrai che prima o poi ti affidano una trasmissione “culturale” sulle reti del padrone, e sarà bello vederti discutere da pari a pari di “nazionalpopolare” coi tanti baricchi che ultimamente spuntano come funghi anche su NI. Complimenti.

  44. Volevo precisare che io su Baricco non ho espresso opinioni semplicemente perché non ho letto i suoi libri e non saprei che dirne.
    Non so se “un terrorista” abbia partecipato alle discussioni di qualche tempo fa qui su NI, sulla questione Mondadori, Einaudi etc. Io ho sempre sostenuto che non è tanto una questione di proprietà (che può essere qualcosa di accidentale o di remoto, di complicato, di pertinente a un sistema di scatole cinesi, di non scelto del tutto, anche se non certo nel caso del “Giornale”), ma più che altro di contesto comunicativo specifico, che invece è facilmente discernibile e lo è sempre. A quali discorsi ci si lascia accostare, consenzienti, scrivendo su “Il Giornale”? Se pubblicando per Einaudi si finisce accanto a Vittorio Foa o Moni Ovadia, pubblicando per Belpietro si finisce accanto ai razzisti e ai rivalutatori di Salò. Se Einaudi pubblica il Dizionario dell’antifascismo e della Resistenza, sul “Giornale” scrive (o ha scritto, perché mi sembra sia morto da poco) il nazista Pio Filippani Ronconi, ex-SS non pentito. Mi sembra una differenza non da poco. Se sulla questione Mondadori si può discutere anche duramente e infatti si discute ed è normale una varietà di posizioni, io credo che la questione “Giornale” sia talmente evidente… Non capisco come si possa negarla.
    Ma per curiosità, che significa “trespolizzati”?

  45. “Le pagine di politica sono di politica e quelle di cultura sono di cultura”! Sul “giornale”? E tu saresti una di sinistra? Fatti assumere piuttosto in pianta stabile, visto che non riesci nemmeno ad avere sentore delle enormi cazzate che stai sparando. E ti credo anche che rifiuti di rispondere a Canzian: cos’altro avresti da aggiungere dopo queste “perle” di saggezza arcoriana? Biondi e Schifati, Mucciolo e Adombrato, secondo te, direbbero qualcosa di diverso?.
    Rilassati, figliola, stai toppando alla grande, ammesso che non ci sei.

  46. @ Alessandro: ok. Ma quanto al resto del discorso sei d’accordo o ti pare aria fritta? (ti ho già detto, non voglio scendere sul piano personale, può darsi che io preferisca di gran lunga un’idea di “compromesso zero”, a scanso di qualunque genere di equivoco: se ho un’dea della “responsabiità” conseguente so bene di essere pienamente responsabile dei malintesi che possono derivare dalle mie parole, compresi quelli che riguardano il contesto; come saprai, Chomsky non la pensa diversamente)

  47. Se hai usato con cognizione di causa parole e concetti dovresti saper rispondere facilmente ai miei interrogativi. Finora non l’hai fatto. Dunque, se la tua non è disonestà (e non lo voglio credere, di regola non mi piacciono i tribunali della coscienza), quella espressa nell’articolo è un’ideologia (nel senso di falsa coscienza) assolutamente organica al Giornale su cui hai scritto. Dunque non ti lamentare se qualcuno ti accusa d collaborazionismo.

    Terrorista, lo so, sono troppo testardo, e credo troppo nelle virtù del dialogo. E’ un vizio che non riesco a togliermi.

  48. Ivan: “se riesco, con la forza delle parole o delle idee, a far passare in secondo piano il mero “contesto fisico”, se lo trasformo in semplice substrato, allora non c’è alcuna forma di “collaborazionismo”: lo si piò fare, ammetterai”.
    Ecco, io ritengo che non si possa fare su un organo di informazione iper-caratterizzato com’è il “Giornale”. L’identità destrorsa e razzista di quel foglio è un’identità forte e ostentata con titolazione-killer e operazioni revisioniste talmente smaccate da sembrare finte e invece purtroppo sono vere. Non basta la forza delle parole a far passare in secondo piano QUEL contesto fisico. Non può diventare un semplice substrato, come invece può accadere altrove. Prova ne sia che basta anteporre a un articolo l’avvertimento: “Pubblicato su Il Giornale” perché questa dimensione appaia stridente e venga trascinata al centro del dibattito.

  49. “Ecco, io ritengo che non si possa fare su un organo di informazione iper-caratterizzato com’è il “Giornale”. L’identità destrorsa e razzista di quel foglio è un’identità forte e ostentata con titolazione-killer e operazioni revisioniste talmente smaccate da sembrare finte e invece purtroppo sono vere.”

    Bene, così mi eviti di scendere sul piano personale. Io sono d’accordo sull’identità destrorsa del giornale, ritengo la tua osservazione persino “delicata”. Osserva: è una nostra convinzione, non è una convinzione universale. In nome della mia idea di compromesso zero non ho ancora nessuna autorità per presumere che questa evidenza sia così “sfacciata”. Sono tenuto a sospendere il giudizio. Perché tanta indulgenza intellettuale? (“indulgenza” leggilo con un po’ di ironia). Perché nello stesso momento sto leggendo Gemma su Lipperatura e non posso dire che stia sostenendo un’idea di destra.

    Riporto uno scambio di battute:


    @ Gemma: “Ivan, per attività parassitaria intendevo un’attività che per esistere dipende di fatto dall’esistenza precedente di un’altra. Non c’era connotazione negativa. Lo stato dei rapporti tra letteratura e critica letteraria, storicamente, è di tipo simbiotico.”

    Giusto e chiarissimo.

    Riguardo la letteratura senza critica letteraria, non saprei cosa dire: ho qualche dubbio, Gemma. In fondo, se non leggi un libro come se fosse una lista della spesa, intendo dire con altrettanta noncuranza, il giudizio è automatico, e la critica è la messa in opera di un giudizio, in maniera più o meno articolata, più o meno onesta. L’inverso è indiscutibile (nessuna critica senza letteratura: per quanto io abbia letto testi di critica letteraria che davvero non parlano di letteratura, ma sulle eccezioni non si costruisce nulla).

    Riguardo il giudizio e l’oggettività del giudizio: il giudizio è un automatismo dell’intelligenza, ma se ci si ferma a quello è troppo poco. Non ogni parere di gusto, a mio avviso, è critica letteraria: ricadremmo nelle dispute tra sordi a colpi di superlativi e niente più (bello bellissimo, disgustoso ignobile, etc.)

    Una nota: Gemma, il “mi piace perché mi rispecchia” è il giudizio più pericoloso di tutti, sebbene l’evocare qualcosa sia ovvio in ogni testo letterario. “Mi piace perché mi rispecchia”, usato come argomentazione, sarebbe davvero il sintomo di una volontà di pacificazione sociale di stampo qualunquista: pensa ad un mondo di rispecchiati e vedrai l’orrore che l’accompagna.

    “il critico è un lettore specialistico”

    Se ammettiamo che la specializzazione può essere anche provvisoria, e che consista nella serietà con cui ci si rapporta a un testo, sono d’accordo (mi guarderei bene dal sottovalutare Pirandello come critico, sebbene non avesse il “titolo ufficiale”, per spiegarmi meglio).

    “tenuto a problematizzare, sviscerare, spiegare, anche in nome di un’idea o di un’ideologia di letteratura”

    soprattutto in nome di un’ideologia, direi: la scrittura è ideologia di un’epoca (breve, lunga, non importa). Se la critica evita l’ideologia si infligge una bella mutilazione.

    “deve fare questo, mettere in rapporto il libro con il mondo dei lettori e con tutti gli altri mondi possibili.”

    Già (peraltro, credo di aver sostenuto la stessa identica cosa, e non ho intenzione di cambiare idea). Stiamo parlando del come “dovrebbe essere”, di un requisito minimo. Forse vado OT, ma questo requisito minimo spesso è ignorato: c’è (ora, adesso, in questi anni) una pratica di furfanteria intellettuale che consiste nel trasformare l’opera di mediazione nell’impresa di costituire elite. In parole povere, e capirai subito cosa intendo, se esiste la figura dello scrittore maledetto (ma purtroppo è maledettismo di maniera), è necessario creare una classe di “lettori maledetti”. Per turlupinare bene bisogna fabbricare simmetrie…

    Tutto qui…

  50. P.S.:

    “Ma per curiosità, che significa “trespolizzati”?”

    Suppongo si tratti di una battuta (mi è sfuggita) riferita a Vincenzo Trespolo

  51. Infatti io non credo che Gemma sia “di destra”. Ma credo che anche “a sinistra” si stia facendo strada un lassismo “terzista” e cerchiobottista, che non fa differenza tra i contesti in cui va a finire il messaggio e si muove con leggerezza e irresponsabilità a mio parere molto, molto pericolose.

  52. “trespolizzare-trespolizzarsi”: innalzarsi in punta di piedi sul proprio scranno e, dall’alto del proprio qualunquismo finto-democratico, sparare a raffica benedizioni o scomuniche, tenendo come punto fermo, sempre e comunque, la forma patinata del dettato e la cura ammiccante della confezione.

    “baricchi”: sostantivo maschile e femminile che difetta del singolare: dicesi di intellettualini che intervengono sempre almeno in numero di due ad illustrare gli stessi non-concetti, capaci di parlare per ore e ore, o di scrivere mille pagine, senza dire niente; fauna tipica di mondi fantasmatici (ad esempio, abitatori di veri paesaggi da ossimori viventi come il paese della “cultura di destra”), oggi facilmente rintracciabili anche nella cult-orina della “sinistra/centro con puzzetta sotto il naso”; si cibano di tutto, e tutto digeriscono, anche scrivere su fogliacci che fanno del negazionismo, del revisionismo storico e del razzismo più becero le loro bandiere e le loro insegne.

  53. Alle solite, su questo concordo con Trespolo.
    I soliti polveroni nostri. Vabbé, magari divertenti, per un po’. Poi ci si trasferisce di post, e si ricomincia. E’ bello.

    Marco,
    non è che mi basta, è che non mi riguarda, capisci? Si diceva di modi di esprimersi ormai largamente in uso che non toccano proprio la sostanza dell’essere ecc ecc.

    Ultima, a scanso di chissà che, e sempre come precisazione non richiesta,
    NON credo, in letteratura, nel “realismo socialista”.
    (Il mio dire a Gemma “Ale Baricco non è uno scrittore medio a meno che non intendiamo in senso gramsciano”, non vuol dire, ne converrete, che io abbracci tale “senso gramsciano”!)

  54. Mammamia!
    [[[“Le pagine di politica sono di politica e quelle di cultura sono di cultura”! Sul “giornale”? E tu saresti una di sinistra?]]]
    E sei tu di sinistra, che usi queste logiche?
    Perché, chi è di sinistra? Chi pretende che Fini si metta quel ridicolo fez? (Ridicolo solo sulla sua testa, naturalmente!) Chi dunque prima di scrivere sul Giornale un pezzo dove si fa riferimento a Gramsci deve pretendere che il direttore e l’editore chiedano scusa per la prigionia di Gramsci?
    Ecco, Marco, cosa dicevo “integralismo marxista”.

  55. Non dico chiedere scusa per la prigionia di Gramsci, ma almeno avere la decenza di non definirla “villeggiatura”.

  56. Ma certo, siam d’accordo, ma per questo tu non scriverai mai un pezzo “non politico” sul Giornale?
    O, peggio, molto peggio, pensi che tutto sia politico? Che la letteratura sia sempre, anche, politica?

  57. Ci deve esser qualcosa di perversamente macchinoso nella mente di chi guarda i blogger così come descritti dalla Gaetani.
    Un minimo di coerenza con la realtà farebbe capire che chi tiene un blog è senz’altro qualcuno che vuole comunicare tramite immagini, suoni, parole, è una persona e in quanto tale “pensa”, può avere molti hobbies (dalla fica all’astrofisica) e sicuramente esprime le proprie opinioni come vuole.
    La signora Gaetani mi inquieta anche per quella definizone di “lettore non specialistico”. A parte che bisognerebbe scrivere “specialista”, vorrei sapere due cose:
    1. vi fa schifo un lettore non specialista che compra un vostro libro?
    2. specialista de che?… di saper leggere un Baricco? Ma va la’ Signora, torni a scuola!

  58. Ale, io credo che anarchia significhi soprattutto una cosa. Non che tutto è politica. Ma che tutto è etica. E questo non mi fa prendere nemmeno in considerazione l’ipotesi di una collaborazione a una latrina come il Giornale (scusa ma il tuo vittorinismo spinto – peraltro Vittorini con Togliatti aveva delle buone ragioni – mi pare cosa molto “astratta”). E ripeto: parlo per me.

  59. Lettore non specialistico, o specialista, non è mica un’offesa. Anzi, quasi quasi… Almeno per me che da uno a dieci considero da sempre il parere dei “critici” esattamente pari a zero.
    Saper leggere un Baricco è poi così facile? A quanto pare invece non troppi dei suoi “acquirenti” (ché quella è la vera questione) hanno capito chi è Baricco, intendo letterariamente.

  60. Oh ma infatti io neanche l’ho mai letto il Giornale, né ci scriverò (io il giornalista lo faccio pure ma è certo che non aspettano me, lì né altrove per carità). Difenderei solo il diritto di chiunque a scriverci (lì e altrove e ovunque).

  61. Il diritto di fare qualcosa è la premessa teorica. Decidere di farla è l’entrata nella realtà, e nella responsabilità. Chi collabora con un giornale razzista, negazionista e cripto-fascista dovrebbe anche assumersi la responsabilità di averlo fatto, mettere in conto che ci saranno critiche durissime, non sfuggire alle conseguenze delle proprie decisioni, e al dibattito che ne nasce. Soprattutto se si è “di sinistra”. Sarebbe grave, se “a sinistra” la scelta di scrivere su un giornale razzista non desse luogo a critiche durissime, e se non nascesse un dibattito in merito. Quindi, un conto è il diritto di scegliere, un conto è quale scelta si fa e come ci si attrezza a difenderla. Dire, nemmeno troppo tra le righe, che “sono affari miei e non intendo discuterne” non è la mia idea di responsabilità e di confronto.

  62. Ah, Marco, ecco chi sei. Ho fatto un saltino lì al tuo blog.
    Hai avuto però il coraggio di dire qui che non sei anarchico!?!
    Siam forse d’accordo nel senso che io non lo dico mai: ma sempre solo qui, chissà perché, ma soprattutto, ripeto, per semplificare. (“Anarchico”, nel senso di dirlo, magari anche solo a parole ma mi pare già un’appartenenza di troppo.)
    Per il resto una nostra conversazione è probabile possa seguire altrove, se ti va.
    Qui ho già detto la mia, o le mie, anche troppo.

  63. Certo, Canzian, il dibattito è sacrosanto, e chi ha detto di no? Qui, mi pare, nessuno. Io, comunque, no.

  64. Chi ha detto di no? Gemma Gaetani. Ha detto che io non stavo ponendo una questione bensì intendevo “schedarla”, e ha concluso dicendo che non intende discutere di questa cosa. Per me è già sufficiente, i commenti successivi li ho scritti in risposta ad altri.

  65. Sottoscrivo in pieno gli ultimi due interventi di Alessandro. Che, visto che ormai g.g. è presente in effigie, per quanto mi riguarda chiude il discorso.

    Quanto all’essere anarchico, Ale, io parlo di anarchia (e la canto pure). Questo non significa essere anarchici. Se vuoi ne parliamo (magari è meglio da me, qui andiamo ot).

  66. Ale, non hai capito niente, ma non è un problema, anch’io navigo in un mare di cose che non capisco (sarà a causa del mio infantilismo terroristico?). Una, ad esempio: cosa ci fa gemma gaetani sul giornale?
    Non si rende conto che qualunque cosa scriva lì, per riflesso naturale, passa dal campo delle sue intenzioni a quello della propaganda e della strumentalizzazione? Ho letto che a un convegno di forza itaglia a firenze, nei giorni scorsi, all’apparire in sala di quel grand’uomo (cfr. il vostro devoto-olio) che ha voluto l’onorificenza della città per la pallaci si sono alzati tutti in piedi e l’ovazione è salita fino al cielo: ti dice niente? Quanti chicchitti e ostieconsacrate hanno applaudito stamani, dopo le funzioni di risciacquo, l’uscita della nostra eroina, secondo te?

    Poi inorridisci, da buon “giovin signore” pariniano e trespolizzi sul vecchio marxismo integralista: “politica e cultura”? giammai!
    Ma secondo te, se tu e culdipietra sfogliate l’Antigone di Sofocle, ne viene fuori la stessa lettura? Se tu e il feltro commentate il Corano, ci troveremo di fronte alle stesse analisi? Ti prego, non rispondermi di sì: saremmo davvero alla frutta. Indigeribile, per giunta.

  67. Per ulteriori precisazioni, o aggiunte, ti rimando a un testo fondamentale, nel quale mi ritrovo pienamente: il Rovelli delle 17.33. Ce l’hai sopra la testa, dagli un’occhiata, Michelino.

  68. Forse sei tu che non hai capito niente, Celestino.
    Io ho capito più del tutto che ti pare e ho capito pure che te sei sempre il solito anche se cambi nomi.
    Politica e cultura giammai chi cazzo l’avrebbe detto?
    Ora mi dirai ah son contento d’averti provocato bla bla bla,
    bla.

  69. “Dire, nemmeno troppo tra le righe, che “sono affari miei e non intendo discuterne” non è la mia idea di responsabilità e di confronto.”

    Non rientra in alcun concetto di responsabilità, Alessandro.

    Come sopra, ma non avevo letto l’epilogo (ma non è la prima volta che mi appaiono commenti in ritardo). Si è responsabili anche dei fraintendimenti, e scrivere non è, esattamente, sporcarsi di inchiostro.

  70. la cultura di sinistra, negli ultimi vent’anni, lavora prevalentemente per tenere a galla la destra.
    questo accade per via diretta e consapevole, oppure per via indiretta, ma raramente inconsapevole.
    non so se gemma sia di sinistra.
    se lo è, fa solo quello che fanno in molti, anzi quasi tutti.

  71. Ale, visto che hai capito tutto (beato te), perché non aiuti anche me a capire qualcosa, magari rispondendo alle domande che ti avevo fatto? Così, proprio perché a me piacciono tanto coloro che sono sempre un po’ più avanti degli altri: magari sono in gioco le strategie cultural-politiche del futuro, chi sa, e mi piacerebbe proprio non rimanere escluso da questa conoscenza.

    Per il resto (tranne l’accenno al Rovelli delle 17.33, del quale sono felice per te), io non ti sto provocando, sto solo esprimendo dei pareri, esattamente come fai tu; quindi, se hai dei problemi con qualcuno, risolveteveli da soli, io posso solo consigliarti/vi una cura facile facile, basta solo turarsi qualche buco (ad iniziare dalla coscienza): scrivete un bell’articolo sul giornale, magari sul terrorismo dei nick. Sarebbe un nuovo capitolo da aggiungere ad una già ben lunga lista: il volume sarà poi pubblicato dalla montatori, con prefazione di macello dell’uscio.

  72. S. Garufi: *il recente “processo” a Mozzi e l’invito a “cacciarlo” da NI sono sembrati una conferma incontrovertibile di quanto sostiene Gemma.*
    La frase è sintomatica dello stato grave in cui versa un blog aperto ai commenti come NI. C’è alla base insofferenza per le irruzioni varie, e se non si comprende e supera questa insofferenza, si virerà prima o poi verso la restaurazione (tipo IPA = chiudere i commenti). L’insofferenza poi fa facilmente blocco con la confusione mentale (ad es. Gaetani che dice: non sono una blogger, mentre ha un blog suo e su NI un mese fa, quando io ci entrai, dilagava con commenti km).
    Ora, Garufi è un redattore di NI. Mozzi pure. Gente cioè che può mettere i post. Mozzi ha messo “Amore”, ha tenuto aperti i commenti, che dato il tema-pedofilia hanno preso vie sempre più divergenti ecc. Beh, Mozzi non è mai intervenuto per correggere, chiarire, orientare ecc. Solo alla fine ha dato un link di Letturalenta per segnalare che lì si sarebbe tenuto un processo a lui nstesso (non su NI cioè). Per l’idea che ho io di dibattito, se uno propone il tema, costui è l’unico che ha il dovere morale di starci nel dibattito, mentre Mozzi invece si bea del fatto che il racconto è così e basta, che l’autore ha detto tutto ecc.
    A questo punto mi sono permesso di dire: Se io fossi un redattore di NI non accetterei un comportamento così da parte di un altro redattore, anzi direi: O via io, o via Mozzi, a meno che non si ravveda. Ora Garufi scrive che il processo si è svolto su NI e non su Letturalenta, e che io da utente e non da ipotetico redattore ho invitato la redazione a cacciarlo. No, Garufi non vuol capire. Se io fossi redattore di NI, alla prossima riunione direi: O via io, o via Mozzi e Garufi, se non si ravvedono.
    Tra l’altro, sotto il post “Amore” il dibattito è tuttora in corso, e sbolliti gli animi e sta affrontando nodi cruciali, con o senza Mozzi.

    Dario Borso

  73. Quali sono le domande? Tu mi fai domande mica su me o su quel che penso su, ma su Gemma, che senz’altro è una mia amica, ma scusa falle pure a lei.

    Detto questo ti rispondo lo stesso.

    Cosa ci fa Gemma Gaetani sul giornale?
    Semplicemente, mi pare, dice la sua. Ma, pare, non la può dire.

    Non si rende conto che qualunque cosa scriva lì, per riflesso naturale, passa dal campo delle sue intenzioni a quello della propaganda e della strumentalizzazione?
    Sì, tu fra i primi e nei modi peggiori la strumentalizzi. Da “sinistra”. (Diciamo. Boh.)

    Quanti chicchitti e ostieconsacrate applaudono ecc ecc e potenzialmente, tu vuoi dire, son pronti ad applaudire Gemma contro le sue intenzioni?
    Echissenefrega! Solo per questo una non può dire quel che le pare? Per la paura di farsi appiccicare un adesivo, o di farsi eventualmente applaudire (orrore!!!) da uno di destra?
    Questo perché, invece di guardare i problemi, il marxista integralista si chiede: ma è un problema di destra o di sinistra?

    Ma per piacere, terrorista, o droghiere, o quel che ti pare!

    Se poi la mettiam sul piano che dice Dario (che è un altro mio amico, se vuole ma anche se non vuole ma non è questo che conta), beh quello, esser d’accordo o no (o qui sì e lì no), è almeno un modo serio di affrontare le questioni.

  74. Scusi, Ale, ma che senso ha esortare a porre le domande direttamente alla signora Gaetani, se quando lo si è fatto lei ha detto che non intende rispondere né discuterne? E poi, mi perdoni, a me non sembra di essere stato poco serio o di avere ragionato da “integralista”. Anzi, a me sembra di aver posto un problema in modo tranquillo, svolgendo argomenti, portando esempi e non insultando nessuno. Eppure mi sono sentito dire che volevo attuare una “schedatura”. Ho esposto i motivi per cui ritengo sbagliato supportare attivamente “Il Giornale” (e scriverci sopra è un supporto attivo). Ho detto che non mi bastano affermazioni semplicistiche come “una cosa sono le pagine politiche e un’altra sono le pagine culturali”. Ho detto che secondo me dovrebbe esserci un limite oltre il quale non andare, un solco tracciato nel terreno, e ho individuato quel limite nella discriminante antifascista e antirazzista. Ho portato esempi (pochi, scelti a caso tra le tante nefandezze apparse su quelle pagine) di come “Il Giornale” sia al di là di quel solco. Aggiungo che mi fa paura pensare a quali saranno i prossimi “sfondamenti” “terzisti”, perché con questo tipo di giustificazioni (“non mi hanno chiesto la tessera”, “le pagine culturali sono un’altra cosa”) si può veramente spalancare uno scenario dove tutto diventa uguale a tutto e si può arrivare a giustificare qualunque collaborazione o collaborazionismo, anche con Tilgher o Boccacci (o meglio: con chi si occupa di cultura per conto di Tilgher e Boccacci).

  75. Gemma Gaetani “è un dato di fatto che il fruitore, cioè il lettore non specialistico, può esprimere il suo consenso nei confronti di un libro soltanto acquistandolo, e il suo dissenso soltanto non acquistandolo: la discussione virtuale permette invece di esprimere un’opinione in senso stretto, al di là dell’eventuale acquisto”.

    E’ stupefacente ascoltare un’affermazione così ingenua ed errata, oltretutto su un blog aperto come quello di NI che, in qualche modo, ne costituisce la negazione.
    Il lettore non “specialista” ha sempre avuto diversi modi di esternare il suo consenso o il suo dissenso nei confronti di un libro, partecipando a presentazioni, parlandone con amici o conoscenti, inviando lettere a riviste e quotidiani.
    La rete ha aperto enormemente la possibilità di un contatto tra i fruitori e tra questi e gli autori tramite un numero sterminato di forum, newsgroup, siti dedicati, portali, blog.
    Credo che questo processo sia stato eccezionalmente positivo, sia per i fruitori, sia per gli autori (almeno per quelli che accettano il rapporto con la comunità dei fruitori senza trincerarsi dietro la querelle semicomica dell’anonimato).
    A fronte di un piccolo numero di attacchi preconcetti, magari motivati da antipatie personali, la grande maggioranza delle valutazioni espresse in rete costituisce un allargamento del sistema di interazioni e costituisce un ritorno prezioso soprattutto per gli autori cosidetti emergenti.
    Più in generale, tutto l’articolo della Gaetani, appare dilettantesco e sconfortante: ma come si fa a parlare di terrorismo (anche se fra virgolette) in merito a opinioni espresse su alcuni blog? Opinioni su cui si può dissentire in modo radicale, ma che rimangono esternazioni di pensiero, non apologie della lotta armata.
    Leggendo articoli di questo tipo, mi vengono in mente alcuni interventi di quella nuova classe di “intellettuali” che usano la parola “no global” come sinonimo di “simpatizzanti del terrorismo” e che usano la parola “terrorismo” per giustificare strumentalmente politiche che non hanno nulla a che vedere con il mantenimento della pace.
    Un’ultima nota sul “giornale”: evidentemente credo alla Gaetani quando dice che non le hanno chiesto per chi votava (e ci mancherebbe), ma è anche vero che il suo articolo sembra scritto su misura per quel giornale, pieno com’è di riferimenti involontariamente comici alla “dittatura dei fruitori”, “ai nipotini di Gramsci” , ai “radical chic” e al terrorismo dei bloggers anonimi”.
    A Baricco ha risposto Ferroni, sostenendo che lui lo ha recensito, ma che Baricco non ha letto le sue recensioni. Temo che questa dinamica sia piuttosto estesa nelle comunità dei letterati. Ma almeno la Gaetani avrebbe potuto leggere con attenzione i blog e le discussioni che ne sono seguite, invece di liquidarli sulla base di due o tre commenti che non ha apprezzato… :-)

  76. Ale, due precisazioni e un consiglio, prima di chiudere definitivamente la parentesi con te (non con l’anarchia, s’intende: infatti tu sei anarchico esattamente come io sono un redattore o un lettore del giornale).

    1) Le domande a cui ti chiedevo di rispondere erano quelle alla fine del post (poi, per quanto mi riguarda, tu, la gemma o chi per voi, potete andarlo a dare via dove vi pare: cazzi vostri).

    2) Droghiere (con tutto il rispetto per la categoria) te lo tieni per te o lo appiccichi a tuo fratello o a qualche altro anarchico del tuo stampo.

    Il consiglio. Come disse un famoso saggio (anche se in quell’occasione sbagliò completamente bersaglio): fatti vedere da uno bravo.

  77. La mia formazione è critico-letteraria, adusa, quindi all’osservazione e all’approfondimento, oltre che, infine, alla sintesi. (Questo intendevo dire affermando che non sono, per la precisione, una blogger, dato che sono innanzitutto: 1) una laureata in Storia della Critica Letteraria; 2) una che scrive di critica letteraria, in particolar modo di poesia, sulla rivista “Poesia”; 3) una che scrive tout court, avendo pubblicato un libro 4 mesi fa. Dopo, ho aperto un mio blog. E da anni, LO RIPETO, se-guo-Na-zio-ne-In-dia-na).

    Il mio approccio, diversamente da quello di molti di voi, è di osservazione neutrale.
    Diffido della lottizzazione del pensiero culturale, quando proviene da destra e quando proviene da sinistra, e a maggior ragione quando è messa in atto dai fruitori e non dagli autori, e quando è massimalista e conformista. Non sono una che comprerà, per intenderci, la Summa Antologia del pensiero di Beppe Grillo. Né sono una che rimprovera a Piperno di aver scritto un romanzo “borghese”, a Muccino di girare film “borghesi”, a Baricco di essere uno scrittore “borghese”. Né sono una che riconosce ai Wu Ming di pubblicare sì per Einaudi che è praticamente Mondadori, ma di esercitare una critica, almeno, al sistema che Mondadori rappresenterebbe.
    Credo nelle idee, non nelle etichette.
    Non sopporto i pregiudizi.
    Credo PROFONDAMENTE nella libertà di espressione e di pensiero, sono spaventata e irritata PROFONDAMENTE dalla paranoia del complotto politico-culturale, non confondo il concetto, né il lemma, ‘collaborazione’ con ‘collaborazionismo’.
    Infine, per rendersi conto che l’espressione di un’opinione assume forme terroristiche basta leggere alcuni commenti a questo post, altri su altri post di questo blog.
    Non ho molto altro da dire. Basta rileggere tutti i commenti che ho scritto per capire le mie intenzioni, e giudicarle, come è diritto di chiunque voglia, ancora prima che dovere, forse.

  78. Va bene, prendo atto che non si vuole rispondere alle questioni poste, e poste in modo chiaro e concreto. Prendo atto che si preferisce dissertare d’altro. “Paranoia del complotto politico-culturale”, “Pregiudizi”, Piperno e il romanzo borghese… Prendo atto che, in nome della “osservazione neutrale” e della sfida al “conformismo”, si collabora senza problemi con un giornale che fa vero e proprio teppismo culturale, rivaluta il fascismo e irride le sofferenze delle sue vittime, rimpiange con nostalgia il nostro passato coloniale (100.000 morti in Libia, guerra chimica con l’iprite in Abissinia), fa scrivere personaggi di provata fede nazista, incita al linciaggio contro nomadi e migranti, censura le notizie sugli abusi e le violenze nei CPT, appoggia entusiasticamente la guerra e lo scontro tra civiltà, pubblica articoli omofobi e chi più ne ha più ne metta.

  79. Perdonami, Alessandro Canzian, ma lo avevo detto che stavi/stavate/stavamo perdendo solo tempo.
    Saluti.

  80. Posso fare un esempio a caso? E’ bastato digitare “omosessualità” sul motore di ricerca del Giornale per trovare all’istante questa sconcia menzogna:
    “Durante il Ventennio vigeva un codice penale in cui l’omosessualità, come tale, non essendovi nemmeno nominata, non era pertanto considerata un reato. E agli omosessuali, salvo qualche caso motivato da ragioni politiche, non fu mai torto un capello.” (R. Guarini, 24-09-2005)
    E’ invece notorio che il fascismo perseguitò, mandò al confino e fece deportare nei lager tedeschi gli omosessuali.
    Un’altra chicca trovata senza sforzo: a proposito del passato coloniale dell’Italia, il 3 novembre 2005 Beatrice Buscaroli scrive che “gli Africani furono fieri di essere amici dell’Italia” (Titolo del pezzo: “Parola di Ascaro. Quando l’Africa gridava ‘Savoia!'”). Ripeto: centomila morti in Libia, stragi, bombardamenti coi gas.
    Due giorni dopo, un lettore scrive: “A sessanta anni dalla fine della guerra gli ormai ottantenni reduci della Rsi attendono dal nostro Governo la qualifica di combattenti loro riconosciuta dai vincitori.” e Granzotto risponde che è colpa “dell’ideologia, della propaganda e dei dogmi della vulgata”. E’ colpa della vulgata se la Repubblica non ha dato pensione e onorificenze a chi combatteva al fianco delle SS, fucilava i renitenti alla leva e aiutava a rastrellare gli ultimi ebrei per mandarli nei lager!
    Ecco, questo è “Il Giornale”.

  81. Gaetani. “Infine, per rendersi conto che l’espressione di un’opinione assume forme terroristiche basta leggere alcuni commenti a questo post, altri su altri post di questo blog.”

    Credo che tu non abbia neanche una vaga nozione di ciò che significa “forme terroristiche”. Neanche negare la realtà dell’olocausto è terrorismo, solo una miserabile (e interessata) distorsione della realtà storica.
    Ma tu vieni qui a parlarci di “terrorismo”.
    Sarebbe comico, se non fosse imbarazzante.

    Passo e chiudo.

  82. Il 2 aprile 1976 un gruppo di contestatori salì sul palco del concerto di Francesco De Gregori a Milano (concerto al quale furono fatti entrare i non paganti che poi lo contestarono) per sottoporlo a un vero e proprio “processo politico”, a suon di “Se sei un compagno, non a parole, ma a fatti, lascia qui l’incasso”, e “La rivoluzione non si fa con la musica. Prima si fa la rivoluzione, poi si potrà pensare alle arti o alla musica”.
    Ecco, siete davvero sicuri che sia esagerato il concetto di “blogger-terrorista”?
    Non ho altro da dire, ma sul serio. (Mi) faccio domande, fatele anche voi.

  83. I blogger sensati possono spostarsi sotto il post “Amore” di Mozzi: lì c’è ragione, serietà, importanza. Ovviamente secondo me, Dario Borso (ma chiamatemi pure Lacombe Lucien).

  84. Gemma Gaetani
    Diffido della lottizzazione del pensiero culturale, quando proviene da destra e quando proviene da sinistra, e a maggior ragione quando è messa in atto dai fruitori e non dagli autori, e quando è massimalista e conformista

    Scusate, ma quando si discute del pensiero culturale è come se si parlasse del sesso degli angeli? dove, di che, come vive il pensiero culturale? qual’è il suo humus?
    Abbiamo operato anche su tale pensiero la separazione tra funzioni alte (intellettuali) e basse (carnali)?
    ma può un pensiero culturale vivere in un corpo in cui il c.lo non fa il suo dovere e il pancres è in necrosi?
    la cosa può anche essere intesa in senso metaforico.
    Siccome non mi sento sicur* su questipunti (ovverossia ho una certa confuzione dopo aver compreso che il razzismo e il peggio non ostacolano un amore a sinistra) chiedo lumi alla luminiscente Gemma.
    Con tutti i ringraziamenti del caso

    ringraziamenti pure a Rovelli e Canzian, ma per altri motivi

  85. Gemma,
    visto che hai estrema sensibilità rispetto al terrorismo, ti chiedo cortesemente, qualora ravvisassi qualcosa di terroristico (nei tuoi confronti o nei confronti del mondo) nei miei interventi a farmelo presente dicendomi come e perchè. Ho un carissimo amico psichiatra che mi assiste nel capire le mie e altrui paranoie, provvederò sicuramente, con il suo aiuto, a trovare il linguaggio adatto e a calmare le tue paure.
    sempre con affetto s.

  86. ci saranno anche state critiche ingiuste e immotivate verso Baricco, ma si nota abbastanza bene, specie guardando un po’ da lontano, che non appena qualcuno critica Baricco si solleva subito un polverone. assumiamo quindi che nel migliore dei mondi possibili, in cui gioiosamente abitiamo e sempre ossequiosamente baciando le mani a tutti gli opinion-leader da Mieli a Mughini passando per Ferrara, non si può quindi criticare Baricco. in secondo luogo, a uno Baricco può, fra le varie gradazioni di simpatia, non stare affatto simpatico. per cui, siccome siamo ancora in un regime di libertà di espressione, se dico “le pose di Baricco non mi piacciono e lui mi sta antipatico” non penso di aver fatto niente di illegittimo – nemmeno se sto “parlando d’altro” come dice Baricco (per esempio definendo alcuni sottoinsiemi delle persone antipatiche) – e Baricco non mi può rispondere dicendo: “non sei serio e non hai letto il mio romanzo”, perché non c’è relazione logica fra questi due fatti. ci stanno anche al mondo persone che non hanno alcun interesse per Baricco e quando lo sentono nominare alzano le spalle del tutto genuinamente: cioè non per “livore” o per “invidia delle vendite”. ma che proprio non gliene frega niente. embe’? che siamo marziani? si potrà dire o si riceve per questo automaticamente manganello e olio di ricino?

  87. voglio intervenire su questa cosa dell’anonimato. che continua sempre a essere letto all’incontrario. solo raramente, in via eccezionale, l’anonimato protegge l’anonimo. ma in generale è il contrario: l’anonimato (cioè il pseudo-anonimato poiché si può quasi sempre risalire eccetera), l’anonimato degli anonimi o degli pseudonimi serve a proteggere i non anonimi, tutte le gemme gaetani i baricchi e i piperni di questo mondo per intenderci, dall’essere cancellati dalla scena per manifesta inferiorità rispetto a certe opinioni più meditate delle loro e a certa cultura talvolta e spesso di livello superiore espressi da certi anonimi competenti che si imbattono nella rete e intervengono disinteressatamente. dico, disinteressatamente: e qui sta il salto fra certi anonimi e le gemme gaetani. se le opinioni disinteressate degli “anonimi terroristi” salissero agli onori delle colonne dei principali quotidiani le gemme gaetani rimarrebbero senza lavoro. e certi post di Beppe Grillo, il capo non anonimo degli anonimi, non c’è dubbio, passeranno alla storia, mentre il Baricco sarà cancellato (se non ricordato come esempio di antipatico).

  88. Ma alla fine lo vogliamo dire che questa per Baricco è solo pubblicità gratuita? Ho il suo libro sulla scrivania, me lo hanno regalato e non avevo gran voglia di leggerlo, ma ora con tutte queste polemiche quasi quasi….

  89. Se non lo dice nessun altro, lo dirò io: lo spettacolo è deprimente.
    I blog aperti hanno già in sé stessi la possibilità/realtà dell’anonimato, pseudoanonimato ecc. La scommessa è che contino più le idee dei nomi, tutto qui. Ora, che dopo anni si continui la solfa del: chi sei? ma sei quello di prima? ma hai il coraggio? ecc., dimostra solo che il blog vive in agonia: magari vivrà 100 anni, ma saranno 100 anni di agonia. Il difetto deve stare nel manico, ossia in chi gestisce il blog. Non hanno il coraggio/forza di affrontare la questione (e sì che è la questione delle questioni!). Qui ho sentito dire che 4 idee in croce dette 4 anni fa da uno Scarpa fuori parte (né lui né Moresco saranno mai Pasolini, e neanche Pasolinini) sono il vangelo. Bene, e così adesso delegate la questione alla Gaetani, che come scrittrice avrà qualcosa da dire, ma qui quello che sa dire è che non è una blogger perché è laureata. Andiamo bene, e cioé andate alla rovina.
    L’unico motore della faccenda puà essere il masochismo, gente che si fa del male e che almeno si sfoga. Complimenti! ( e intanto, insisto, sotto il post “Amore” si parla seriamente di cose serie).

  90. Aggiungo che un effetto non irrilevante della confusione su cosa è un blog vi porta ad arroccarvi su posizioni che alla fine non sono più di destra né di sinistra, a essere cioé un sintomo dei tempi, invece che un antidoto.
    Sbaglio a dire genericamente “voi”, perché per un Mozzi che provoca snobbando il dibattito c’è un Biondillo che lo segue amorevolmente, e se per forza maggiore non può, si scusa. Ma questo è il punto: voi non siete un’entità definita, nel postare agite ognuno per conto vostro, ossia NI è un finto blog, ma in realtà un agglomerato di miniblog – giusto per complicare una situazione tendente al disperato, perché è evidente come un manipolo di nick vi potrà sempre con poco sforzo ridurre al Primo Amore (quello delle seghe, non del Leopardi).

  91. Sai, Dario Borso, cos’è deprimente? Chi non sa fare autocritica. Questo è da sempre il vero problema della sinistra. Un eccesso di eterodirezionalità della critica, quello sì, molto partigiano.
    Tu credi davvero che l’anonimato sia l’unica possibilità di essere liberi di esprimere un pensiero, anche quando il “pensiero” sarebbe un’ingiuria? Che non sia una finta e autocompiacente giustificazione quella che contano le idee e non le facce? Criterio che vale (quello del contenuto a prescindere dall’etichetta) per le vostre opinioni, ma non per i pezzi culturali (in senso stretto) del Giornale, per dire. E siamo a un’altra contraddizione.
    E’ dignitoso avere il coraggio di apporre una firma sotto il proprio pensiero, è un’idea dignitosa, oltre che un gesto dignitoso, assumersi la responsabilità di quanto si dice, non sottrarsi alla visione dell’interlocutore, alla parità reale delle condizioni.
    (E continuo a venire qui a leggere commenti e a dire la mia, ogni tanto, perché credo nel confronto delle idee, non per altro).

  92. Dario, ho appena letto il tuo ultimo commento. Ma che dici? Non ti viene in mente che il Primo Amore abbia chiuso i commenti perché fossero esasperati da quanto su NI avveniva e continua ad avvenire?
    Un blog collettivo è una specie di miracolo. E’ comunismo reale. E’ una comune. E gli ospiti della comune devono avere rispetto. Devono, averlo. Devono capirlo, che devono averlo.

  93. Senta, Gaetani, ultima cosa e poi lascio perdere anch’io come hanno fatto altri. Fino a pochissimo tempo fa non sapevo nemmeno che lei esistesse, e a tutt’oggi non ho niente di personale contro di lei. Ho visto che ha fatto una scelta che io trovo errata, e ho espresso la mia critica, come hanno fatto altri. Non si può certo dire che io e Marco Rovelli ci siamo espressi in modo “terroristico”. Eppure lei ha rifuggito il confronto, ha evitato scientemente tutte le questioni sollevate, non si è espressa nel merito di quel che avevamo scritto, non ha risposto a nessuna obiezione. Ha invece parlato di “schedatura”, di “terrorismo” e altre amenità. A questo punto, trovo ironico leggere nei suoi commenti espressioni come “assumersi la responsabilità” o “credo nel confronto delle idee”. Lei ha fatto una scelta, aveva il diritto di farla come altri hanno il diritto di ritenerla grave. Lei sapeva bene che avrebbe suscitato reazioni, eppure, sollecitata, non ha inteso spiegarla né difenderla se non con qualche frasetta come “le pagine culturali sono una cosa, le pagine politiche un’altra”. Che idea di “cultura” possa mai esserci dietro affermazioni del genere è un bel mistero. Anzi, non lo è. In ogni caso , le porcherie negazioniste che ho citato poco sopra (in tema di omosessualità e colonialismo) venivano proprio da queste tanto decantate “pagine culturali” di questo foglio di razzisti che pare sia tanto “conformista” disprezzare. Contenta lei: evidentemente il terzismo “neutrale” porta a revisionare anche i proverbi. Meglio male accompagnati che soli.

  94. Senti, Canzian, te lo ripeto in forma più chiara. Io non sono né fascista, né xenofoba, né razzista. Ho scritto un pezzo che ha trovato ospitalità sul Giornale, un pezzo che parla dell’eco della polemica Baricco sui blog. Ho espresso un mio pensiero finale, citando Gramsci. Nessuno ha toccato quel pezzo. Né mi ha detto che non andava bene perché citavo Gramsci. La mia esperienza personale è che Il Giornale lascia libero di scrivere chi ci scriva. Come accade in molte altre testate che probabilmente non vi piacciono.
    Parlavo di neutralità del punto di vista sui blog, poi.
    Santo Dio, leggile le parole che perdo tempo a scrivere, se smetti di sovrapporci le tue – pregiudizievoli – forse riesci a capire!
    Non c’è dialogo, evidentemente: io non mi sogno di delegittimare Berardinelli perché scrive sul Foglio. Le equazioni che fai tu non mi appartengono. Il mondo non è suddiviso in dicotomie ottuse, è un po’ più complesso, un bel po’ più complesso.
    Buonanotte.

  95. Guardi, ho detto che lascio perdere, e perdere lascio. E’ assolutamente inutile, e a parlare di responsabilità oggi si diventa odiosi (e si risulta tediosi). Mi limito a dire che, evidentemente, esiste un mondo parallelo in cui un Alessandro Canzian ha chiamato “fascista”, “xenofoba” e “razzista” una Gemma Gaetani. In questo mondo, non mi pare sia successo.

  96. Leggendo il suo sito/blog, le info sul suo libro, questo post e i suoi commenti (come da lei suggerito) mi sono fatto un’idea su Gemma Gaetani.
    Io non credo sia fascista o xenofoba o razzista.
    Io credo sia semplicemente una disposta a scendere a compromessi nel tentativo di emergere. Una delle/dei tanti.
    Questo suo post ha chiari intenti pubblicitari, la solita provocazione che ormai in Italia va tanto di moda e cavalca il motto ” che se ne parli bene o male non importa, basta che se ne parli”.
    In fondo anche lei ha da vendere un libro…

  97. Cari lettori e commentatori, io direi che sarebbe il caso di tornare nel “topic”, lasciando perdere i ritratti, più o meno impressionistici, di Gemma Gaetani.
    Spero di non dover essere costretto a intervenire, nel caso avvenisse una degenerazione della discussione. Ciò che più mi preme è il pluralismo e l’espressione delle proprie idee. Nondimeno, mi preme che ci sia anche il RISPETTO per il idee altrui, anche se sono o discutibili o comunque vengono da un organo di stampa non gradito a una certa parte.

  98. Quello che mi chiedo è: cosa ne penseranno gli indiani di quest’articolo e delle sue evidenti forzature (vedi terrorbloggherismo) ? Perchè solo Jan è intervenuto? Franz, tu che lo hai pubblicato, ad esempio, potevi anche dire come la pensi al riguardo.
    Poi mi sembra plausibile e in-topic, anche se non condivido quest’ipotesi, pensare che la Gaetani si sia inserita nella querelle Baricco-critici per farsi pubblicità. Sarebbero anche più comprensibili certi toni forti che usa e l’indiffernza nei confronti della linea editoriale del giornale che l’ha ospitata. L’articolo stesso di Baricco è apparso a molti come una mossa pubblicitaria, anche perchè Ferroni in realtà lo aveva recensito.

    Mal

  99. Caro Franz, purtroppo devo darti torto, TUTTI i commenti qui sono stati “topic”, tutti coerenti all’intenzione del pezzo, tutti nati dal suo spirito, che non era una critica della cultura alla Gramsci e neppure alla Kraus, tutti hanno girato intorno a un pezzo dove la citazione di Gramsci era di maniera e fuoviante.
    Come al post di Mozzi, che non poteva non far scandalo e che dunque ha attirato eminentemente gli scandalizzati, sono seguiti più di 300 commenti, per lo più ripetitivi, per non dire altro, ma non off topic, così è accaduto qui.
    Perché c’è uno stare topic meno evidente, fratello germano di quel detto che dice” chi la fa l’aspetti”, tradotto: se il post è di una certa qualità e si rivolge a una certa sensibilità, quello che avrà in cambio non può sorprendere nessuno.

  100. La mia non è, ovviamente, una curiosità morbosa. Sarebbe importante per me capire se tra chi gestisce questo posto c’è qualcuno che grida al terrorismo e considera i normali effetti collaterali della “democratizzazione dell’opinione” un fenomeno pericoloso e crede che siamo arrivati alla “dittatura del fruitore”.

  101. Io, molto semplicemente, penso che, se c’è mancanza di rispetto della idee altrui (da qualunque parte questa mancanza di rispetto arrivi, non faccio differenze tra blogger, lettori, scrittori, nick, nomi e cognomi ecc.) allora c’è qualcosa che non va. E’ palmare che la comunicazione in rete è ancora agli albori, che molte cose devono essere capite, che questo mezzo è potente e non sempre c’è, in chi lo usa, il necessario senso di responsabilità, la necessaria fermezza, la necessaria maturità, la necessaria onestà. Dunque, a a mio avviso, l’articolo di Gemma mette il dito sulla piaga ma in modo parziale, come se nello spazio delle poche battute di un articolo si potesse spiegare il fenomeno, o per meglio dire una parte significativa del fenomeno. Impossibile. Semmai, un articolo come questo puo’ aprire uno spazio di discussione che puo’ anche servire a chiarirci le idee. Ho pubblicato questo pezzo prima di tutto perchè credo nel pluralismo e, nonostante tutto, mi illudo ancora (proprio perché ho capito che molto deve essere fatto e ho una certa esperienza, avendo tenuto un blog di un certo successo per un anno, un’esperienza che considero importante) che tramite questo mezzo si possa arrivare (come diceva Temperanza in un commento qui su Ni) perlomeno a chiarirsi le proprie idee tramite lo scambio con quelle altrui.
    Stando in topic, a proposito dell’amica Temp; perché a mio avviso c’è modo e modo di starci, in topic. Se ci stai in modo convulso ci stai per modo di dire, diciamo così.
    Se l’articolo di Gemma fosse esso stesso “off topic” (dico per assurdo) persino questa non è una ragione sufficiente, a mio avviso, per scalciare di rimando da tutte le parti.

  102. E èoi le risse virtuali (in topic o off topic) sono antiestetiche. E’ vero che fanno meno male di quelle vere, ma il pugilato è una cosa seria.

  103. La Gaetani, se volesse scendere a compromessi nel tentativo di emergere, non starebbe qui a permettere la discussione pubblica delle sue idee.

    La Gaetani, se volesse farsi pubblicità, invierebbe a Nazione Indiana le date di presentazione del suo libro, per dire; le recensioni del suo libro, per dire; stralci del suo libro, per dire.

    La Gaetani, se volesse farsi pubblicità, compilerebbe appelli in calce ai quali apporrebbe, bene in evidenza, nome cognome e organo di stampa gradito alla più parte dei commentatori di NI che patrocina l’appello, per dire.

    La Gaetani, non deve vendere il suo libro, perché il suo libro si sta vendendo da solo.

    La Gaetani ha messo il dito nella piaga, questo è il punto. E si stupirebbe se i gestori di NI affermassero di non ritrovarsi nemmeno arrotondando per eccesso nel fenomeno (altro che “effetti collaterali”) che ha sinteticamente evidenziato parlando di Baricco, di non aver pensato nemmeno una volta di essere stati oggetto di “processi politici” (non fosse altro che perché ora lo sono anche loro) o di abuso dello spazio che di fatto pagano oltre a curare e gestire.

  104. Franz, molto saggio.
    La saggezza si sarebbe dovuta manifestare anche prima e sollecito in tal senso tutti gli avventori di questo blog, anche quelli che hanno scritto cose su cui sono d’accordo. Si sarebbe dovuto commentare solo lo scritto senza pensare a chi lo aveva materialmente partorito. Partendo da questo, per quanto mi è concesso, ragiono in questo modo: Il Giornale (noto organo del becero mondo razzista, revisionista, neof….ecc….italiano) ha pubblicato un redazionale interessante che si conclude citando addirittura Gramsci (pensavamo tutti, sino a oggi, che ogni volta che compariva codesto nome si facessero il segno della croce, evidentemente non è così e dobbiamo forse valutare in che modo viene usato, credo che giovi alla nostra apertura mentale). Bene, dicevo, su un Giornale in cui non te lo aspetteresti compare un articolo in cui si parla di blog e di vizi intrinseci alle discussioni in atto, soprattutto su quest’ultima di Baricco che ci sta ammorbando come l’aviaria (la polemica, non Baricco o i critici, quelli mai!!!). Si scopre così che i blog hanno allargato, democraticamente gli spazi di critica ai lettori, ma che poi questi non si comportano bene. Stanno sempre a criticare, anche i blogger, che due maroni. Non appena gli si da la possibilità di critica, la usano, gli ingrati. Da quì una veloce chiusura con tanto di accuse di terrorismo (tutti fantomatici anarchici insurrezionalisti i blogger?) e il ripristino dell’ordine quasi littorio (ma non solo): che i consumatori (notare il passaggio da lettori a tossicodipendenti della catena pubblicitaria) facciano i consumatori, gli scrittori il loro mestiere e i critici anche. Qualcuno pure a sinistra qualche tempo fa aveva già avvertito che è tempo che gli elettori votino e basta e che la politica sia lasciata ai politici (stessa parrocchia?). Chiaro che siamo umani e la cosa ci ricorda tempi duri. Se per un attimo ci eravamo illusi che al Giornale stessero inaugurando tempi migliori subito ci ravvediamo, con qualche brontolio. Sembra però che per persone sensibili di orecchie i brontolii siano quasi tuoni, anzi, visti i tempi in cui la Natura non è più sovrana, attentati terroristici. Cosa posso dire se non che mi sento di confermare in pieno che il Giornale è organo di bieca destra e che i suoi articoli sono in linea? niente di male, credo che questo sia quello che vogliono, perseguono e ottengono e che sentire che un utente (un consumatore) conferma la loro linearità di pensiero non possa che confortarli.
    Sono un utente di giornali, vedo l’articolo riportato su NI, mi chiedo come mai ci è finito, lo commento e mi auguro solamente di averlo fatto nei toni e nei modi giusti, riconoscendo al Giornale tutti i meriti che ha nella diffusione delle idee che gli sono proprie. Non le condivido, non le condivederò mai, ma a qualsiasi terrorismo preferisco una nuotata in piscina. Grazie.

  105. [La Gaetani aggiunge questa postilla al secondo periodo con incipit anaforico del suo commento precedente: “sperando di suscitare interesse da parte di NI”.

    La Gaetani aggiunge a tutto quanto ha scritto in questi commenti (commenti che ha scritto per argomentare in modo più esteso la teoria che ha esposto nel pezzo) che ‘fruitore’ e ‘lettore specialistico’ sono termini tecnici rintracciabili in qualunque manuale di storia della critica letteraria o di sociologia letteraria.

    La Gaetani, non ha davvero più niente da dire, anche perché non ama esercitare a lungo la funzione fàtica, né quella metalinguistica, del linguaggio. Di conseguenza vi saluta, ringraziando altresì Nazione Indiana 2.0, nella figura di Franz, per aver ritenuto degno di ospitalità il suo pezzo.]

  106. @Franz

    “Se l’articolo di Gemma fosse esso stesso “off topic” (dico per assurdo) persino questa non è una ragione sufficiente, a mio avviso, per scalciare di rimando da tutte le parti. ”

    Hai perfettamente ragione, quello che voglio dire è che c’è un legame stretto tra i post e i commenti che attira, una volta che si innesta questa spirale non c’è niente da fare, in questo senso tutto si tiene e sia pure per vie traverse è topic.

    Dell’OT in sé io non ho cattiva opinione, anzi, gli “a parte” a volte sono spiritosi, intelligenti e aprono vie che solo in apparenza non c’entrano, collegano sinapsi eccentriche, se posso dir così, e dunque più che invitare al topic direi, cercate di essere spiritosi, intelligenti, non maniacali, generosi verso chi vi legge, rendetevi conto che quando avete detto una cosa in venti righe non ha molto senso ridirla in trenta, ma si possono solo fare inviti, un mio amico invocava un giorno di fronte alla non eccelsa qualità della politica un tiranno buono e intelligente; ma non si può:–))

  107. D’accordissimo, gli OT possono essere il pepe, il glutammato, il peperoncino di una discussione. Ma tu sei un’inguaribile ottimista:-) E però lo voglio essere anch’io, perchè il tuo ottimismo, per me, è contagioso.

  108. Ma chi cazzo è questa Gemma Gaetani che sta intasando tutti i blog? Voi la conoscete? Chi le dà questa sicumera?

  109. Ah, bei tempi, i tempi di FK…quello sì che era un parco giochi pieno di OT fantastici. E quando spuntavano figure stizzite, ce le mangiavamo a colazione…

  110. In pieno offtopicfestival, vi dò il mio vecchio sempre utile (a me) “Manifesto”. Così mi faccio pubblicità anch’io, ed anche editoriale (io di libri ne ho tre anche se non “da vendere”).
    Avvertimento one,
    se sto troppo sopra le righe avvertite voi me, che mi sposto.
    Avvertimento two,
    se mi si offendono i miei cari soliti marxisti integralisti che pensavo usurpatori solo di “sinistre” e ora ho scoperto pure di anarchismo, non è che proprio mi spiace anzi lo sfottò del marxengels fu ed è una delle intenzioni del “pezzo”.
    Saluti.

    MANIFESTO

    I critici,
    operai delle raccolte differenziate frugano tra forse utili macerie e scorie di grammatiche inutilizzate le scatolette di latta di sarahkey se ci trovano due mezze candies scartate appiccicate dimenticate lì dal diciannovesimo, e meglio magari preleccate, come le buste del postalmarket o come un dongiovanni direbbe una predilezione per le famigliole perché il frutto vero o spurio della passione letteraria cade (cada) per gli occhi tanto e comunque sempre all’ombra del ramo.
    Gli acritici,
    frequentatori del topos dietrologico inconsapevole di una fenomenologia mitografia dell’appartamento / figurazione di un appartarsi fra le righe (e che spesso o nei meno avvezzi è pure da loro!) ti ricercano una comunanza se non una comunione; trovano, c’è da giurare, sulla tua caramella, la loro saliva; il loro mestiere se è lodevole lo è per quello spirito religioso=religatore con cui ambiscono al tuo misocosmico impossibile bagnoriscatto.
    I critici,
    manidiforbice gabellieri ti passano a sinistra il verso chiropratico dietro la schiena mentre ti alzano a destra sottane, se per sbaglio non stai in giro messo di taglio buono e prescritto da palandrana a ghette, senza curare poi e sapere la tua faccia vera e fintamente scoperta.
    Gli acritici,
    lasciano la fila di checkin e la novellatremila e le “sudate carte”, e fanno a scagliar giù controfigure di ventiquattrore dalle porte Scee per venirti invece a leggere proprio proprio in quella stessa faccia, ma anzi se glielo chiedi son disposti a dire giusto fra i denti: scansando le parole.
    I critici,
    gialloneriti antennuti ingegneri di cellette a schiera sommelierizzano umori colori livori scrittorii, incartano aggruppano affiliano e montacaricano in gruppi divisi a tinta di nastrino verso il centrodati dove però infine a nessuno, e seppur incredibile giova ripetere a nessuno, sarà negato un quarto di metro quadro di stand.
    Gli acritici,
    alzati presto dalla loro nottata breve di damasco han preso al volo il genio senz’ali della lampadina lasciato incustodito e vogliono sparartelo acceso in faccia pure se non pagano l’enel, e partoriscono come Maia in piedi cantando, e dove passano coi loro piedini fioriscono ninfee bianche.
    Times have changed?
    Poeti di tutto il mondo disunitevi: riprendetevi ciascuno la propria illeggibile voce. Uno spettro s’aggira da tempo tra le vostre pagine: l’assenza del Lettore.

  111. @ DB

    Mi cominci ad esser molto simpatico, ma dove ti rintraccio fuori dall’immaterialità di blog? Hai un indirizzo?

  112. La verità è che spesso i gestori di NI sono imbarazzati dal fatto di attirare alcuni commentatori. Solo credo che non abbiano il coraggio di dirlo.

  113. Ale,
    bel pezzo, molto daidaista, no, pardon dailapista, no, pardon, dodivista, no, pardon, dormonisba, no, pardon, dormoebasta, no, pardon, dopobasta, no, pardon, daimipassa, no, pardon, dammilasta, no, pardon dadaista, maninpasta, fermosta.

    sì, bellassai, ma non ho capito se hai copincollato, mutuato, mutato, trasandato o travisato.
    Tutto si tiene a grandi disordini sotto i cieli (indiani e non) situazioni eccellenti.

  114. comunque a me questa nazione indiana sembra parecchio normalizzata. insomma si contesta un pochino il sistema, ma senza esagerare. alla Bertinotti. il fatto non sono i blog coi loro più e coi loro meno ma è l’internet nel suo insieme che è pericoloso per il potere. infatti quando arriva un commento non dal blog-world ma dal profondo internet, di quelli che volano basso e colpiscono nel segno, viene del tutto ignorato: oddio ma chi sarà questo? un collega molto cativo? un ambissioso sfrustrato? meglio girarci attorno e fare finta di niente.

  115. insomma c’è moltissima attenzione per il “pezzo ben confezionato”, che riscuote sempre una ridda di complimenti incrociati, piuttosto che per l’autenticità dei contenuti (da cui segue la forma, mai la confezione). cioè vale a dire che i contestatori di Baricco bariccheggiano pure loro. per questo poi esce il libro della Rossanda scritto “male, alla Svevo”, e li manda tutti KO. p.s. ma sarà quel libro lì della giovane comunista a passare alla storia! non i baricchi ne’ gli antibaricchi!

  116. Grazie S.
    Travisato e travisatore sì sempre come ogni giocoliere che finge di dire una cosa seria e poi finisce sempre che a furia di dissacrare la dice davvero.
    No, il pezzo è miissimo anche se era un pezzo di anni fa, che uso però sempre e amerei un giorno non usare. Forse, boh.

  117. Pippo,
    Rossanda è un grandissimo personaggio! (Esser d’accordo o no. Io no ma non conta davvero.) E Rossanda passa alla storia della politica italiana. Ma alla storia letteraria ci passa solo la storia delle forme, certo, eccome.

  118. è assurdo. se nel Leopardi ci fosse solo la forma, sarebbe inservibile. a Nietsche il Leopardi era noto come filosofo pessimista e probabilmente la forma gli era in parte di ostacolo. quasi nessuno legge Annibal Caro, riconoscendogli tutto il dovuto, evidentemente manca il software di Leopardi. quello che non comprendete è che quello di Rossanda et similia è istinto ammaestrato e non puro istinto, entra dentro le lettere a pieno titolo e in posizioni elevate. tutto il resto è bella confezione letteraria ma non letteratura, i rottamai sono pieni di pezzi molto utili ma se giri la chiave novantanove su cento non si accende niente.

  119. Non sono d’accordo, sono un anarchico formalista checché ne voglian tutti ma mi astengo dall’argomentare per non rompere i coglioni agli altri e perché questo è davvero offtopic.
    Ma sempre disponibile alla prima occasione.
    Con simpatia. (Discutere come fai tu è interessante, civile e produttivo.)
    Scusa la parolaccia. (“Checché”.)

  120. Ognuno parla per sé, ergo io parlo per io. Anzi, parlo per punti.
    1- FK ha postato quello che aveva sottomano perché avverte un problema reale, che non è Barrique, ma NI.
    2- I problemi di NI (dal rapporto tra i redattori al ritmo dei post, dai nick agli OT) non possono però essere trattati in un post quale che sia, poiché un post brucia in un giorno. Ci vorrebbe un metapost sempre attivo, una specie di piccoli stati generali dei blogger, coordinato da un redattore di polso (ho toccato quello di Bondillo, notevole).
    Ora sul personale, ma penso generalizzabile. Sono Dario Borso, ho dato subito l’e-mail dario.borso@unimi.it, ho un nick db, e con altri un blog http://www.ubicue.splinder.com. (contento, elogiodelleccedenza?). Sono cioè “in regola”, sempre che non finisca OT. Ed ecco cosa mi sta succedendo proprio adesso. Mozzi ha postato “Amore”, un racconto sulla pedofilia. IT stretto è dunque intervenire sul racconto (se è bello, se tiene ecc.), e IT largo intervenire sul contenuto, ossia la pedofilia. Ho sostenuto dall’inizio che il racconto è infelice, e grazie alla rete ho raccolto parecchi elementi su Mozzi-autore. Una ricerchina insomma, i cui risultati espongo via via in qualche commento assai stringato. Be’, non sono anonimo, sono super IT, eppure mi sollecitano a “fare il bravo” e smettere. Ma dico io, a chi do fastidio? Basta non leggermi, non occupo spazi altrui ecc. Domando: la democrazia come spirito è un dato acquisito, o una conquista ogni volta?
    Pace e pene

    db

  121. Sì. Anch’io penso generalizzabile.
    E penso anche che Dario faccia in fine una domanda che magari, lancio lì, ogni giorno su ogni post qui uno qualsiasi dovrebbe OTfare. Sarebbe un’ottima azione di politica culturale.
    Beh magari dicendo “la tolleranza”, o aspettate che dico meglio: il rispetto sempre e comunque dell’idea altrui, anche per assurdo o voltairianamente dell’idea di chi pensa che non siano da rispettare le idee altrui ma va difeso il diritto a esprimerle.
    Tutto questo intendo al posto di “democrazia” ma solo perché purtroppo quella non è parola che commuova me particolarmente.
    Eppoi dicevo bene (ma anche ora devo dire bene cos’è dire bene: bene rispetto a ciò che del mio pensiero intendevo ridurre in parole) “azione di politica culturale”, non tout court “di politica”.
    E mi permetto di dire che questo era un senso della distinzione anche di Gemma quando si parlava del Giornale.

  122. …Non so perche’ ma dalla lettura dei commenti mi nasce questo pensiero..
    Cara Gemma perche’ TU e il bravo Rovelli possiate continuare ad esprimere le vostre opinioni..darei il GiroVita..poco importa siate di parte o faziosi..l’importante siate liberi di farlo..questo mi ha insegnato..La Sig.ra Macchioni Piera..mia maestra elementare..questo ha contribuito poter far si che sia.. PIERO ALDO MOSCHETTO GINA e tanti altri Partigiani..la lettura nel mio caso..porta ad essere, a volte,, obesi, (anche nella critica)..immaginate quindi con che circonferenza ..vi abbraccio..!….

  123. incredibile la potenza di internet , ha finalmente permesso hai lettori di poter tirare uova marce su scrittori e critici

  124. La Sindrome di Frankenstein
    Da piccolo, nell’elenco dei mostri che terrorizzano e insieme eccitano da morire i ragazzini (o almeno questo particolare ragazzino) c’erano la Mummia, l’Uomo Lupo, Dracula e Frankenstein. Proprio così: non so a quanti altri sia capitato questo qui pro quo, però devo dire che quando (appena un po’ meno ragazzino) ho preso in mano il romanzo di Mary Wollstonecraft Shelley e ho scoperto che “Frankenstein” non era la Creatura (che naturalmente nella mia mente aveva il testone quadrato, le viti che sporgevano, le cicatrici dei rammendi ecc…) ma il Creatore, sono rimasto un po’ deluso.
    Rileggendo più tardi il romanzo e ripensandoci bene, mi sono reso conto che chi doveva essere davvero deluso era proprio il povero Barone Victor. Lui è il Prometeo Moderno, lui l’eroe eponimo e quel mostraccio brutto -ma infinitamente tenero- gli ruba la scena e fa tanto parlare di sé da rubargli persino il nome?!? Che ingiustizia!!

    Da allora nella mia testa la Sindrome di Frankenstein (altri direbbe “del Dito e della Luna” perdendo però la componente orrifica) è quella per cui in una discussione, un giudizio, un ragionamento, l’oggetto principale si fa evanescente e ne sale alla ribalta, prima gradualmente poi sempre più vigorosamente, un altro di molto minor interesse o pregio, (quando non francamente mostruoso) che tutti però, per una sorta di entropia innescata dalla discussione stessa, si sentono in dovere di commentare o a cui sentono la necessità di reagire.
    Finché il povero Barone scompare del tutto ed è la mostruosa Creatura a dominare l’orizzonte.

    Tutta questa laboriosa premessa ha uno scopo e si collega (era ora!) al lunghissimo thread soprastante.
    Oggi avevo un po’ di tempo, me li sono letti e mi sono ben presto accorto che mentre Baricco e le sue (peraltro legittime) recriminazioni hanno ben presto fatto le veci (e la fine) del Barone Victor, la scena veniva rumorosamente invasa dalla Creatura, che in questo caso aveva le (suppongo) gradevoli fattezze di Gemma Gaetani e che si è dimostrata davvero degna del suo editore. Proprio come il proprietario del Giornale con cui lei collabora, GG pare possedere un innato fiuto per i gesti, o le uscite, che le assicurino immediata risonanza e che reclamino l’attenzione. Anche in questa occasione infatti è riuscita con straordinario talento a far parlare di sé, come per il suo libro di cui mi era già capitato di parlare con Andrea Barbieri e Marco Rossari sul blog di Fernandel, con l’effetto immediato di incuriosire, di spingere alcuni a leggerlo, al di là del suo valore intrinseco.
    Tanto di cappello allora alla capacità di autopromozione di GG.
    Però adesso io proporrei di chiudere (o di riportare a Baricco) questa discussione. E mi permetterei pure di esortare anche Andrea, Alberto Giorgi, Alessandro Canzian, Dario Borso, Marco Rovelli e quanti altri, con nick o meno, con argomentazioni dettagliate o stizzite, si sono visti respingere i vari tentativi di argomentare a lasciar perdere.
    Lasciare semplicemente cadere. Ignorare. Passare oltre.
    Nei miei sogni più bagnati, sarebbe bello che questo semplice stratagemma funzionasse con la Creatura numero 1 (quella bassotta con gli impianti tricologici e la barzelletta sempre pronta sul cui Giornale scrive GG), ma questo -è evidente- è utopia. Sarebbe già un bel risultato fermare la Sindrome prima che GG si trasformi in un’altra Santacroce (splendida tra l’altro oggi la sua intervista sul Corriere con la mascherina in latex). Secondo me GG non lo merita, perché ha troppo più talento.
    Magari un po’ indisciplinato, certo bisognoso di un editor severo, ma un talento ce l’ha, su questo sono d’accordo con Marco Rossari.
    Ciao a tutti
    Teo

  125. Ora, ora, ora sì che siamo fuoritema, Teo: con quel che tu dici.
    Alessandro Mazzà, piacere.
    E sì che Frankenstein era “la creatura”: la vera creatura affascinante e tragica del romanzo di Mary Shelley. Ma è questione di punti di vista. Anche qua.

  126. “incredibile la potenza di internet , ha finalmente permesso ai lettori di poter tirare uova marce su scrittori e critici”

    Beh, se deve servire a questo che imploda pure, mi aspettavo di meglio.

  127. Dai, su, ragazzi, tirare uova marce è invece sacrosanto! (Metaforicamente, e se si è disposti anche ad attenderle.)
    Che poi ci aspettiamo (non diciamo ancora -àssimo, però!) di più è un altro (giustissimo) discorso.

  128. Purché sia reciproco e gli scrittori possano fare una battaglia a uova marce con i lettori, cos’hanno i lettori, sono una categoria privilegiata?
    Avesse detto almeno gli scrittori scemi e i critici imbecilli, no, proprio le due categorie in sé, ma che gusto c’è, dico io, a fare delle microsparate come queste?

  129. Appunto, se si è disposti pure a prendersele.
    Inoltre non si scrive mica per i lettori.
    Boh, ma forse (aspetta che vado a controllare chi lo diceva e torno: ecco) Mario voleva essere ironico. Boh.

  130. poche balle, se uno mette le sue cose su internet con i commenti aperti si deve aspettare anche lo sberleffo. se il Baricco per esempio lo facesse intervenendo direttamente, immediatamente andrebbe fuori di se’ per certi commenti. il fatto è che non può permettersi, lui come altri, di scendere dal piedistallo. uno invece potrebbe anche dire: boh, non è che posso piacere a tutti, mi becco qualche insulto, era normale per Cesare durante il trionfo, e io perché mi devo prendere così sul serio. l’Umberto Eco nella sua rubrichina su espressonline si prende tutti gli elogi e le uova marce, e che male c’è. il fatto è che tutti i baricchi del mondo si prendono davvero molto sul serio. ripeto, era Cesare durante il trionfo a beccarsi gli improperi rituali, non si sarebbe mai permesso di rispondere. non facciamo finta che la cosa sia bidirezionale: questo politically correct è veramente un raggiro. nessuno prenda in giro il baricchino, mi raccomando, perché il signorino è suscettibile.

Comments are closed.

articoli correlati

“STAFFETTA PARTIGIANA” concorso letterario

Nazione Indiana promuove un concorso per racconti e scritture brevi inedite sulla Resistenza e la Liberazione.

Il ginkgo di Tienanmen

di Romano A. Fiocchi Da sedici anni ((test nota)) me ne sto buono buono sul davanzale di una finestra in...

Partigiani d’Italia

E' online e consultabile dal 15 dicembre 2020 lo schedario delle commissioni per il riconoscimento degli uomini e delle...

Intellettuali in fuga dal fascismo

Patrizia Guarnieri, storica, ha ricostruito la vicenda dell'emigrazione forzata a causa del fascismo di intellettuali e scienziati, soprattutto ebrei:...

Mots-clés__

di Ornella Tajani Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore...

Mots-clés__S.P.Q.R.

S.P.Q.R. di Luigi Di Cicco This Heat, S.P.Q.R. -> play ___ ___ James Joyce - Lettera al fratello Stanislaus (25 settembre 1906. Da Lettere, a cura di...