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Baricco chi? Leggere (note)

schlienger.jpg Immagine di Philippe Schlienger

Leggere uccide.

di
Luis de Miranda
(trad. di Irene Stelli)

Non solo leggere uccide, ma leggere assassina, elimina, massacra, mette fuori uso, azzoppa, liquida, strangola, lincia, decima.
Leggere rovina, sfianca, neutralizza. Leggere non fa bene alla salute- il problema è che ci ho messo ventotto anni ad accorgermene. Avrei dovuto dar retta a mia nonna: non avevo ancora dieci anni che già mi diceva di non stare tanto tempo a leggere che mi si rovinava la vista. Oggi, a trentatrè anni come sempre non porto gli occhiali, ma mi sono definitivamente rovinato il cervello; leggere mi ha reso pazzo, degenerato. Leggere ha fatto di me un uomo finito, del tutto inadatto ad una vita sociale e sessuale normale. Leggere mi ha reso altezzoso, disperato, disorientato, dissociato, cupo, maniaco-depressivo, solitario. Molto solitario: la persona a cui parlo di più è il mio gatto Aristotele.
Il peggio è che quando vado a lavorare non smetto di leggere: sono un editore. Insomma leggere è diventato per me una droga. Leggo ovunque. In ogni momento mi capita di prendere al volo un libro per verificare qualcosa o- più spesso- perché non sopporto i tempi morti: leggo a colazione, in metropolitana, in ascensore, al cinema (all‚ultima fila con una pila tascabile), nei bagni dei locali notturni. I tempi morti mi sono insopportabili. Ho della noia una paura metafisica, e quando leggo, mi calmo. Resta il fatto che la lettura se mi salva dall‚angoscia, sta distruggendo la mia vita. Tanti libri, invece, avrebbero potuto rendermi saggio- è successo proprio il contrario. Infatti a forza di leggere non si diventa più intelligenti, ma al contrario meno sicuri di sé e pieni di dubbi. Si diventa velleitari, fiacchi, evanescenti, vaghi, deboli, volubili, codardi, incapaci di avere un‚opinione personale- personale? Questa parola non vuol dire più niente per me, ormai ho mille identità, quei giorni che credo nelle identità, e gli altri giorni sono un caos di pensieri contradditori che riposano tutti sul principio filosofico di turno, sulle righe di un autore eminente o maledetto. Malraux diceva che il secolo a venire sarà spirituale o non sarà. Per me, non sarà.
Prima leggere era una gioia- i primi anni, quando ancora credevo che la saggezza fosse nei libri. Oggi, tutto quello che so è che se non ho con me, costantemente, qualcosa da leggere (sia pure il retro di una schedina del lotto) sono preda di vertigini e quasi svengo. Tutto ciò avrebbe davvero preso una brutta piega se non avessi scoperto, da qualche giorno, per caso, che un‚altra attività può calmare la mia angoscia: l’assassinio del lettore.

170 COMMENTS

  1. reset è compito del secolo in corso-rintracciare le forme native dal secolo chiuso-registrare dove davvero ora esercitano ruolo di matrice attiva-

  2. Bel pezzo, e molto divertente l’immagine dell’autore che legge nei bagni dei locali notturni; a me però la lettura ha salvato la vita, in un certo senso. Certo, è pur vero in un altro senso me l’ha rovinata. In termini economici, naturalmente.

  3. C’è questo lettore che da qualche tempo mi perseguita perché è convinto che abbia scritto qualcosa che lo riguarda. E proprio in questo momento, che la cosa effettivamente si sta avverando, ho la mano che mi trema sulla tastiera del computer, dato che questo individuo è enorme, ha unghie affilate e corre velociss

  4. Sì, più o meno d’accordo. Io leggo e scrivo perché non so fare altro. Da piccolo avevo una zia preside. Io vivevo in Sicilia, lei a Massa. Frequentavo la scuola elementare, a quel tempo. Questa zia mi mandava ogni mese un pacco voluminoso, pieno zeppo di libri che io dovevo leggere. Poi dovevo stilare una relazione sulle mie letture. Infine le inviavo le mie brevi recensioni. Lei mi rispondeva puntualmente, approvando o contestatando le mie analisi. Da allora la lettura è diventata un dovere-piacere a cui non riesco a sottrarmi.

  5. la lettura? salva e rovina la vita.
    ach! i paradisi artificiali creati da questa sublime droga…

  6. Giusto che c’entra baricco?
    effeffe
    Note sul leggere (da leggere)
    effeffe

  7. Ma sì, dai, ha detto giusto enrico! Quanti di voi sono entrati per via di quel Baricco nel titolo? come ho già sostenuto nel mio blog… chi cita Baricco accumula visite. In questo caso devo dire del tutto superfluo lo stratagemma, se di questo si trattava. A me sarebbe bastata l’immagine di Schlienger… e giungendo a conclusione del pezzo non mi pento.
    Molto bello.

  8. Io neppure, acido, vedo cosa c’entra Baricco col testo in questione.
    Sempre acidamente noto che l’enfasi sulla lettura, come mania e tormento, nasconde neanche tanto bene un certo auto-compiascimento, del tipo: ma quanto sarò mai fico io, così tanto maniaco della lettura come sono?
    Come se la lettura in sé fosse attività migliore di altre e più qualificante per default.
    La lettura è una stronzata se lo è quello che leggi.
    Ma la comunità dei leggenti si sente élite a prescindere da ciò e si auto-compiasce.

  9. @Enrico
    Bar Sport, lo preferisco:-)
    @Rafi
    Non ho mai fatto il pubblicitario nella mia vita (forse a torto). Diciamo che nel titolo c’era ehm, una piccola provocazione? Quando ho letto che anche Moresco era intervenuto nel grave dèbat letterario italiano, mi sono detto che così com’è riuscito a clonare il suo romanzo attraverso le cinque copertine, il nostro è riuscito perfino a clonare (moltiplicandola per mille) la distratta frase di Citati. Io volevo solo fare meglio di Citati…
    Per quanto riguarda Philippe S. con cui collaboro da anni ti segnalo il suo bellissimo sito (codesto)
    http://www.philtenger.com/
    effeffe

  10. è un po’ una moda quella de dire che leggere è tremendo, che è n’vizio assurdo, che è n’ male oscuro. un po snobbistico, l’atteggiamento. il pezzo fa ridere alquanto. però la lettura fa male solo ai ciechi.

  11. Baricco e famoso
    Moresco e pauperesco
    note leggere a Sanremo
    leggere su Oggi
    cose sconosciute
    su persone note
    nate ieri.
    Poi è vero, che noi che leggiamo
    volentieri e spesso ci compiaciamo
    quanto più fuori della realtà precipitiamo.

  12. In che senso, O Tashtego?
    Giancarlo dobbiamo assolutamente organizzare un tuo reading pubblico!!!
    effeffe

  13. @effeeffe
    Solo un tentativo di sintesi per divertirmi.
    Mi stavo dando del “noi”. Ne senso che da tempo ho capito che questa ossessione e passione per la lettura e per la scrittura ha nel tempo aumentato la mia distanza dal mondo. Esaltato il mio latente autismo. Estremizzato e ipersensibilizzato ogni mia percezione.

  14. Che è poi esattamente il senso di quanto scritto da Luis. Questo testo lo abbiamo letto con lui a Galassia Gutenberg, salone del libro di Napoli, in un momento in cui era editore da Max Milo (in una città europea, dico così perchè se mi scappasse Parigi tashtego mi diventa, uno yogurth)
    Nel testo avviene uno scivolamento tra il leggere per curiosità, bisogno, desiderio, e il leggere per lavoro. La conclusione un pò surrealista resta così sospesa tra lettori scrittori e lettori tout court. Io certamente non invidio i giornalisti letterari che devono per forza leggere cose, determinate cose, e nemmeno i lettori delle case editrici, che devono non solo leggere ma anche decidere (ma poi decidono veramente?). Leggerti o Tramutoli però mi ha fatto bene. Lo sarei anch’io autistico ma come Andrea Inglese non ho la patente.
    effeffe

  15. Temp (ciaociao) vale per due?
    Io come dicevo altrove tempo fa ho fatto un corso serale di giochi di parole, ed ero molto portato, nel senso che non avendo ancora la patente, mi ci accompagnavano.

  16. Mi metto lì e osservo esattamente cosa succede, non vorrai mica che nel momento della morte certa si possa perder tempo a cercare di salvar la pelle. Muori lo stesso e per di più con l’incazzatura di morire, e magari facendoti largo a fatica tra la folla degli altri senza patente che cercano di scansarti e correre più in fretta di te, o peggio ancora, tra tutti quelli con patente che si sono tamponati e usciti di strada e sono già morti ostrunedo le poche strade utili. No, nel momento della nube piroclastica o si è già via o tanto vale guardare.

    Io e un mio amico, siamo già tre+due=cinque

  17. Ma ci è preclusa la vita solitaria in un eremo senza giornalaio né panettiere, raggiunti solo dai corrieri ibs, un orto con qualche verdura, un poco di cicoria, un cavolfiore, un pollo, se riusciamo a beccarlo mentre scappa per il cortile e una volta preso ce la sentiamo anche di tirargli il collo, o una gallina che ci faccia un uovo, pane niente, riso però, che in primavera comincia ad animarsi, fagioli, forse, e scatolette portate a dorso di mulo (perché naturalmente serve un mulo, se si è senza patente in un eremo). E se uno ha uno scazzo può solo girare intorno all’eremo, anche in cerchi larghi, volendo, ma a portata di gambe. Niente casino metropolitano che ci consoli mensilmente della solitudine, solo silenzio interminabile, cinguetii, ululati di lupo nella notte, magari, e noi chiusi in casa con il tizzone deterrente in mano a sentire i ragli disperati del mulo che ha memoria atavica di avi divorati. E se si vuole andare in paese, sempre che ce ne sia uno nei dintorni, zaino in spalla, con la neve e col sole.
    No, essere senza patente se si è di animo solitario è una iattura.
    Per fortuna io sono di città.

  18. ale:
    “Io come dicevo altrove tempo fa ho fatto un corso serale di giochi di parole, ed ero molto portato, nel senso che non avendo ancora la patente, mi ci accompagnavano.”

    Veramente carina ale… :-)

    tashtego:
    “La lettura è una stronzata se lo è quello che leggi.
    Ma la comunità dei leggenti si sente élite a prescindere da ciò e si auto-compiace.”

    Giusto. La retorica del libro come bene supremo è un’idiozia conquistata a fatica. Dipende da quali libri leggiamo e da cosa hanno da dire quelli che li scrivono. Nessuno ha il diritto di giudicare se mandare al rogo o salvare un libro, ma abbiamo il diritto di scegliere cosa leggere. La lettura “tanto per fare” non serve a nulla.

    Tutti gli uomini sono mortali. Baricco è mortale. Tutti gli uomini sono Baricco.

  19. @temperanza
    Si potrebbe, in questo posto solitario, per ravvivare un po’ l’ambiente, organizzare un festival di canzoni. Con un solo cantante. Autistico. Fare il festival di Sant’Eremo.

  20. @ sì, Tramutoli, si potrebbe, ma quanto dura? una settimana? e gli altri trecentocinquantotto giorni? il cd di @effeffe, era già compreso nel corredo dell’eremo tra i gadget vari.
    Ma restano i problemi di cui sopra.
    E poi un eremo in quanti?
    Si può essere anche tutto il gruppo dei non auto-referenziali. ma nelle comunità ristrette, a meno che non ci sia un abate a tener l’ordine dopo un poco si litiga, chi vuol cicoria la sera e chi zampone, chi ha lavato i piatti ieri quando si è mangiato dalla minestra al dolce guarda la pila più piccola di oggi che s’è mangiato un piatto unico. E non è tutto, uno legge B e l’altro lo svlisce, allora il lettore di B se la prende perché a lui è piaciuto e fa un commento su M e lo invita alla sintesi, i due si incazzano, ma per il momento tacciono e ognuno si porta il libro nel suo angolo. Ma la sera, eh la sera uno deve cucinare e l’altro apparecchiare…
    Come vedi non è semplice, e sempre tutto a piedi o a dorso di mulo. Io a dorso di mulo non sono mai andata, ma non mi sembra così semplice come appare al cinema, si cavalca o ci si monta di lato? E se come sembrerebbe ci si monta di lato, non è che si potrebbe cader di schiena? magari nella salitella che costeggia il ruscello?
    Come vedi noi non auto-referenziali siamo dei poveracci

  21. @Temperanza
    Si potrebbe fare un reality di vecchie glorie in declino:
    Eremo famosi.

  22. Si potrebbe, ma adesso, for example, io esco e vado a mangiarmi un croissant vuoto e cappuccino tiepido e con poca schiuma alla cremeria Buonarroti, poi passo alla Feltrinelli e vedo se c’è qualcuno degli scrittori citati da Canzian che ancora non ho letto.
    Potrei, nell’eremo senza auto?
    No, il non-auto-referenziale è un cittadino di serie B, fuori città.

  23. se le mie metromorphoses fossero state pubblicate in italia te le avrei rese disponibili in quella libreria. un puro atto d’amore verso la metropoli.
    effeffe
    ps
    il mio sogno però sarebbe quello di guidare l’ape. Le api operaie, le api regine, le api-lettrici (api elettriche) Credo non ci voglia la patente…

  24. L’ape-ricolosa…

    Dario, NAZIONE INDIANA sarà un ossimoro e sarà anche LEGGERMENTE PESANTE, o dicono alcuni PROFONDAMENTE SUPERFICIALE. Però almeno qui tutti siam LIBERI di OCCUPARCI di quel che ci pare. No?

  25. … a nusco conosco un deremita che fa dei bei ragggionamenti… altro che libri… l’apecultura sì… piuttosto… ah que la vie est quotidienne…

  26. Ale,
    non tutto il miele viene per nuocere,
    direbbe l’Ape Nsante.
    (o tutto il miAle?)

  27. È vero @ff: per l’ape non ci vuole la patente. Mi sono informata in quanto (sesta?) non auto-referenziale e amante della campagna. Inoltre ci sarebbero da considerare le auto da città, ma costano una fortuna, e se per caso hai un incidente ti trovi un motore di 200 kg confitto nello stomaco… insomma, il problema è serio. L’unica soluzione, al momento, è vivere nel centro di una città.

  28. OK per l’aperitivo chez moi.

    Ma voglio raccontarvi questo fatto vero.
    Qualche anno fa fui abbandonata una notte in una casa del bosco, da mia madre, per di più, che è patentemunita. Se non fosse stata mia madre mi sarei rifiutata, ma passare per fifona davanti alla propria madre, non si può, e rimasi.
    Col cane, però, un bassotto ringhioso.
    Scese la sera, mi preparai la cena, in giardino ma con le spalle al muro, fumai una sigaretta mi dedicai alla lettura (non di Poe), e mentre un occhio guardava la pagina trascinandosi anche metà del cervello, l’altro, collegato alla sua parte primordiale, guardava il cane per vedere se andava tutto bene e non c’erano da temere invasioni umane o animali.
    Finché si è in piedi la situazione è sottocontrollo, ma prima o poi, anche per un senso di dignità, si finge di andare a dormire come sempre. E così feci.
    Ora, io non lo sapevo, ma di notte, soprattutto quando si è soli, il bosco scricchiola e fruscia. E ci sono animali che strisciano e soffiano e altri che gemono piano e altri ancora che corrono sul tetto all’impazzata. In teoria dovrebbero essere ghiri, ma ogni passo nel silenzio è così pesante che sembrano yeti.
    Dopo un’ora a occhi sbarrati scesi in cucina, sempre con l’occhio al cane, che mi sembrava rilassato, e presi un coltello da caccia di mio padre con venti centimetri di lama dentellata e me lo misi sotto il cuscino.
    Ma i rumori aumentavano.
    Anche il cane dava segni di inquietudine, o almeno di solitudine, e così, per consolarlo, scesi a prenderlo col coltellaccio in mano (lì ho imparato che anche i cani baciano) e restammo tutta la notte svegli, lui e io, lui a spiare me che il ero il capo in seconda e a chiedersi se andava tutto bene e che cosa intendevo fare col coltello, io a tendere l’orecchio al cane che lo ha più fino e distingue i rumori usuali da quelli forieri di pericolo, sgozzamento e morte.
    Passò la notte, so tutto sulle sfumature della luce, dal livido al rosa, e
    finalmente arrivò mattina.

    Li capii che non avrei mai potuto essere Conrad. E che se ero una persona sedentaria e riflessiva una ragione c’era, capii di essere vigliacca. Se fossi stata automunita non lo avrei scoperto perché mi sarei messa subito in macchina. Noi non-auto-referenziali siamo gente tutto sommato più onesta intellettualmente.

  29. Scusate l’OT: cara @temp, grazie per il racconto (bello). Mi permetto di suggerire una soluzione alternativa (al mettersi subito in macchina). Invece di un bassotto ringhioso, un bel pastore tedesco non ringhioso, e dormi tranquilla.
    Un giorno mia madre (automunita) mi lasciò per cinque giorni in una casa di montagna con il lupo. primo paese a due km: i ghiri scricchiolano e tonfano, i cinghiali grufolano fin sotto casa, i lupi ululano, come nelle migliori tradizioni. La lupa mia, però, abbaia solo agli uomini cattivi. Passai i giorni a leggere Don Chisciotte e furono tra i più belli che mi ricordi :-)
    Leggere Don Chisciotte salva la vita.

  30. Cara Giardy, tua madre è più cattiva della mia, non c’è dubbio, ma ha un cane più grosso. Non solo, è un cane LUPO, il bassotto di mia madre credeva di essere un umano e aveva paura dei gatti. Non so se mi spiego.

    E anch’io mi scuso per l’OT

  31. Il giorno anzi la notte che la mia padrona mi lasciò con la figlia autodemunita non avrei mai immaginato di vedermela scendere le scale armata di coltellaccio e con lo sguardo assente (gli occhi sbarrati) di chi ha fatto a botte con il dormiveglia. Povera lei- pensai- poi- povero me, le mormorai e comfondendo la mia paura con un gesto di affezione mi baciò. Come se non avesse mai saputo che i cani non baciano. ça alors!
    effeffe

  32. @Juliette
    non l’ho letto. Comunque come persona mi è piaciuta molto(l’avevo intervistata) e la sua follia è autentica. Al pari de la metaphysique des tubes.
    effeffe

  33. E quella che ha aperto uno spaccio ittico a Napoli?

    Ape scheria.

    E quella che è tornata a Napoli, aprendo lo spaccio di cui sopra, solo per stare vicino alla sua creatura?

    Ape zz’ ‘e core.

  34. Visto che in itaglia anche gli insetti sono religiosi, soprattutto in periodo elettorale, qual è la loro preghiera alla vergine?
    L’ape maria.

    Buona notte a tutti. Io
    l’ape nso così.

  35. l’ape svizzera: l’apenzeller.
    l’ape del mio omonimo gaucci: l’aperugia
    l’ape car: l’ape piaggio
    l’ape in usa: the ape
    l’ape a milano: l’ a-pecolla
    l’ape da bere con il mago: l’ape- rol
    l’ape sceneggiatori: ape & scarpelli
    saluto romano: ape cesare!

  36. commento del mio amico egidio lanzone, che esendo mio coetaneo e avendo lavorato una vita al ministero senza computer manco alla fine è nuovo del sito, gliel’ho fatto vedere io quando è venuto ieri a farme visita dopo sei mesi che non ce vedevamo:

    a – però!

  37. Quella che svolazza ai margini:
    L’Ape Riferica.
    Quella che sifa rispettare:
    L’Ape Rentoria.
    Quella da evitare:
    L’Ape Stebubbonica.

  38. Quella che ti ronza fastidiosa davanti alle patatine e ai pistacchi:
    L’Ape Ritivo.
    Quella che ogni tanto ti viene a trovare:
    L’Ape Riodica.

  39. e quella estroversa
    ape-rtura
    quella a rimorchio
    ap pesa
    quella librica-chirurgica
    appendice
    effeffe

  40. E quella che ha un carattere difficile,
    l’ape Perina.
    Quella che ispira compassione,
    l’ape Na.
    Quella sexy,
    l’ape Rizoma.

  41. La formula per il congedo immediato dall’intelligenza (praticamente il visto per diventare leghista):
    v’ape nsiero.

  42. L’unico modo per cercare di mettersi in salvo quando si è inseguiti dall’ “ape mozza”, incazzata nera non solo perché non avrà mai l’ “ape nsione”, visto il lavoro precario che svolge, ma anche perché si è appena vista rifiutare l’ “ape rmuta” dell’appartamento in cui vive: correre

    ape rtamente

    ape rdifiato.

  43. @ Temperanza e Lucianone

    Beh, cari ragazzi, così è troppo facile…non vale: l’ape rtura deve essere al nuovo.

  44. Ape na finisco di lavorare, posterò qualcosa di sensazionale: aspettatevi rivelazioni che sconvolgeranno le vostre vite.

  45. ape di strada
    aperpendicolare
    ape di strada due
    aperallela
    ape calciatrice
    apelè
    ape parca (torinese)
    apellerina
    ape funerea
    aperelachaise
    effeffe
    @lello
    bruno vespa?

  46. L’Ape Relachaise…
    (pètite divagation):
    Il Padre della sedia (Geppetto?)
    sepolto al cimitero degli artisti
    presso la tomba di suo figlio (Pinocchiò?).

  47. @f:–))

    Era un omaggio alla Francia!
    va bene, mettiamola così:

    un’ape francese con l’incognita in Italia è un’ap(ic)e

  48. Lo sapete cosa c’entra Baricco? molto più di quanto crediate. Se il titolo non fosse stato ” Baricco chi? ” chi avrebbe letto questo pezzo delirante? Invece l’aspettativa che si parlasse nel bene o nel male del suddetto, ci ha convinti a leggere un brano di cui non sentivamo certo la mancanza.

  49. Si racconta che in quei tempi lontani gli abitanti della grande riserva fossero soliti trascorrere le lunghe serate estive dedicandosi essenzialmente alle cure dello spirito. Di generazione in generazione avevano lentamente selezionato, dalla messe di esercizi lungamente praticati, due soluzioni teorico-pratiche non alternative ma complementari: affittare un chilo d’erba ai contadini in pensione, oppure raccontare storie mirabolanti racchiuse nello spazio di poche succinte frasi. Quando la prima modalità esaurì la sua carica rivoluzionaria di sovversione apotropaica – non che mancasse l’erba da affittare, ma ormai non c’erano più contadini in pensione –, l’arte del narrare si affinò a un tale livello espressivo da produrre vere e proprie perle di bellezza e verità: i microracconti. Gli indigeni avevano trovato finalmente la loro vera vocazione: sapevano ormai creare delle strutture sapienziali che, tramandate in forma scritta, hanno educato nel corso del tempo, e ancora potrebbero contribuire a questo elementare umano bisogno, intere generazioni di cultores, di cui sono epigoni i pochi uomini che oggi si distinguono nei fatti per altezza d’ingegno e lungimiranza di sguardo. Poi il progresso, come spesso è avvenuto nella storia dell’evoluzione antropologica, ha quasi cancellato quella memoria, anche se i più vecchi, di tanto in tanto, col pudore di chi un po’ si vergogna di possedere ancora tracce di quel frutto proibito, parlano con nostalgia di quella felix aetas, e, per quello che il ricordo declinante consente, narrano ai loro nipoti storie senza tempo, coltivando in segreto il sogno che il domani non possa fare a meno di quel mondo, di quei valori perenni, di quelle sublimi forme di comunicazione. Volete che vi rammemori qualcuno di quei capolavori? Siete sicuri di poter reggere alla nostalgia che sicuramente vi assalirà di fronte a quei parti senza limiti dell’intelletto umano? Ricordate il racconto di Cane-Che-Fugge da cui scaturirono intere generazioni di filosofi empiristi? No? “Eccolo! Eccolo! E’ lui! Finalmente l’abbiamo conosciuto di persona. Pensa, si può anche toccare!” E quello di Aquila-Che-Spicca-Il-Volo, al quale si fa risalire la nascita contemporanea dell’ermeneutica e della pediatria clinica? Un vero e proprio rompicato sulla cui retta interpretazione ancora ci si accapiglia. “E’ nato, è nato! Bene, ora possiamo finalmente dire che la madre ha partorito”. Sublimi! Lo so che siete emozionati, anch’io lo sono; non vergognatevi, quindi, di quelle lacrime che vi stanno forzando il ciglio: state solo recuperando il vostro retaggio più autentico. C’è un intero universo in queste storie senza tempo, e fiumane di esegeti e scrittori si sono abbeverate a questi fonti inestinguibili. E’ per questo che oggi io vorrei riprendere e riannodare il filo con questo passato glorioso, postando il primo microracconto della nuova era e invitando gli indiani superstiti a riappropriarsi degli usi e dei costumi dei loro nobili padri.

    Ecco il primo parto. Microracconto: APE CHI?

    (continua…)

  50. Errata corrige

    Rompicato = Rompicapo
    Questi fonti = Queste fonti

    Scusate, ma l’emozione è davvero tanta…

  51. Microracconto.

    APE CHI?

    1.

    L’ape mozza, fuggita dall’ape nuria in cui il suo aguzzino la costringeva, si era rifugiata ape rugia. La tensione in cui era precipitata, unitamente al fatto di essere stata costretta a mangiare larve per anni, cosa che aveva alimentato, oltretutto, la diceria che fosse diventata un’ape dofila, le provocava l’ape ristalsi, un disturbo che non solo le impediva l’ape nnichella pomeridiana, ma le provocava fortissimi dolori addominali ape riodi più o meno lunghi. Pur di liberarsi dell’ingombro, avrebbe pagato anche un’ape nale, visto che la sofferenza si stava trasformando veramente in un’ape nacapitale. In chiesa, dove si recava ogni giorno per fare l’ape nitenza, incontrò l’ape corina alla quale, tra un’ape maria e l’altra, raccontò l’ape na tremenda che stava vivendo.
    “Ape rò”, esclamò l’ape corina, “la tua è veramente un’ape nadimorte, mia cara. Ma forse ho trovato il rimedio. Vieni con me, andiamo a casa mia, ma prima passiamo dall’ape scheria, devo comprare qualcosa da mettere nell’ape ntola”. Uscirono e si incamminarono. All’ape mozza il dolore dava la sensazione di essere presa ape date a ogni passo, per cui chiese di fermarsi. “Guarda”, disse all’ape corina, “lì c’è un bar, entriamo a bere un ape ritivo”…

    (continua…)

    p.s.

    Si accettano contributi ape na ape na in tema. In caso contrario, andate tutti ape scare.

  52. Microracconto.

    APE CHI?

    2.

    L’ape ritivo era veramente ottimo, il locale accogliente, non fosse stato per quell’ape rtura in alto che, lasciando entrare aria ape dalate, provocava all’ape mozza non tanto lo stimolo che da tempo aspettava, quanto ripetuti colpi d’ape rtosse. L’ape corina guardò il bicchiere colmo e, prima di iniziare a sorseggiare, disse: “Cos’è, a me sembra ape rol”. “Ma cosa dici”, proruppe l’ape mozza tra un singulto e l’altro, “è l’ape roni, non senti il gusto morbido e vellutato?”. “Ape rò, non me n’ero accorta”, disse l’ape corina con tono un po’ stizzito. Poi, quasi per rivalersi sull’ape mozza, che intanto aveva ripreso a contorcersi tra spasmi d’ape ristalsi e colpi d’ape rtosse, proseguì con aria d’ape dante e mossettine compiaciute d’ape peperina: “Sì, un bel bicchiere…andrebbe accompagnato con un’ape racotta, un’ape rcoca e un assaggio di pasticcio di r’ape… Ma mi ascolti?”. L’ape mozza, semiparalizzata dagli spasmi, accennò un sorriso: quasi quasi rimpiangeva gli anni trascorsi col suo aguzzino, il tentativo di un’ape rmuta andato a male, il sogno dell’ape nsione ormai sfumato per sempre. Ormai allo stremo, con un filo di voce, sussurrò all’ape corina: “Ecco un’ape nna, prendi un foglio e scrivimi l’ordine esatto in cui vanno mandate giù le varie porzioni…Sai, non vorrei sbagliare le dosi”. Mentre l’ape corina scriveva, l’ape scatrice comprata poco prima nell’ape scheria, cominciava a dare segni d’impazienza: un sottile fetore si levava dal cartoccio che l’ape corina stringeva sotto l’ascella, avendo le mani impegnate a reggere una il bicchiere e l’altra l’ape nna.

    (continua…forse)

  53. In quel momento passò un p ape ro e l’ape corina che non ne aveva mai visto uno prima, si fermò sbalordita e sbagliò a scrivere. Fu un guaio, perché sbagliò le dosi e l’ ape mozza il giorno dopo morì. Per lo choc l’ape corina si dimenticò dell’ ape scatrice comprata nell’ ape scheria e siccome le api, corine o mozze che siano, sentono il profumo dei fiori ma non la puzza dei pesci, se la mangiò e morì anche lei avvelenata. Allora arrivò l’ape regina, le guardò e disse: api inferiori, si sono emozionate, e così sono crepate.

  54. Grazie, Temperanza, della tua bontà: la morte che avevo prefigurato per l’ape mozza e l’ape corina era molto più atroce. Ma va bene anche così: perché prolungare con nuovi post l’agonia delle due disgraziate?

    Mi preme far notare, comunque, che avete rinunciato per sempre a due capitoli fondamentali: il n.3 (a casa dell’ape corina, con descrizione particolareggiata dei tentativi di risolvere il problema dell’ape ristalsi che affligge – ormai: affliggeva – l’ape mozza) e, soprattutto, il n.4 (il vertice di tutta la narrazione, il momento topico, di coinvolgente -ormai non più – valore catartico-salvifico: la rivelazione della vera identità dell’ape corina: sì, avete intuito bene, l’ape corina è -era- l’antico datore di lavoro/aguzzino dell’ape mozza).

    Addio, torno a leggere i diari inediti dell’ape mozza.

  55. carissimo f.
    questo tuo commento dimostra che non hai mai visto la televisione. nessuno muore mai nel mondo virtuale, e infatti:

    … ma nel pomeriggio, il segretario particolare dell’ape regina, un fuco di bell’aspetto, passò accanto alla cella mortuaria dell’alveare e vide che due delle salme non erano immobili come ci si poteva aspettare, si avvicinò e (continua) …

  56. Non vorrei interferire col racconto a 4 zampette di tempeffe, ma secondo me è un racconto infelice in quanto verosimigliante sì, ma al romanzo cavalleresco “Anore” di Fucomozzo da Padova, di cui è un’aperifrasi (l’ape rifrastica è quella che gira gira e giammai non succhia). Ma anche ammesso che sia miele del suo sacco, non si capisce se il fiore da cui è tratto è il fiorevero o il fioresimile (a quel punto perché non il classico 100fiorifioriranno?). Io, che non ho le vostre ubbie essendo ubbarchico, scelgo come sempre il vero, e vado sul sicuro i.e. su wik.apedia.com

  57. @ db

    “Anore” è fuori concorso, caro bario dorso, e tu lo sai bene: le “alture”
    a(l)pe stri a cui quel racconto giunge sfiorano il sublime. Quindi, rassegnati: tuo è il destino di tutti gli autori seminali/inseminanti/inseminati, cioè di essere imitati, anche se l’ape mozza e l’ape corina sono craeture autoctone del mio alveare. Puoi, invece, trasformare le tue ubbie ubbarchiche in sonanti contributi al tentativo di re-suscitare quelle due naturali male-fiche creature. Intanto, per tua conoscenza, nel terzo capitolo le tue ape luria e ape lata scorazzavano che era un piacere vederle.

  58. E poi, caro db, consentimi di dirtelo: con Fucomozzo da Padova giochi pesante! Qui siamo dei dilettanti che ape na tentano l’ape rta via delle lettere: Fuco non è un letterato: Fuco è la letteratura! N’ape rla! N’ape rcoca in un giardino di r’ape! N’ape scatrice in un acquario di c’ape sante! N’ape ntecoste in un seminario di atei! Un rubino trafugato ape saro e portato di nascosto ape rgamo!

  59. *L’ape mozzifera (Apis Apocrita), diffusa nelle zone antartiche, è l’unica conosciuta in Europa.
    L’ape borsata (Apis Apolidea) risiede in India a favo aperto, ed è di dimensioni ragguardevoli.*

    da http://wik.apedia.org/asm

  60. Scusa, db, ma se, putacaso, l’ape borsata (volgarmente: ape lidea), svolazzando a favo ape rto, incontra l’ape mozzifera (volgarmente: ape crita) e si accoippiano nell’ape rtocielo, cosa uscia dal connubio? Un’ape lata o un’ape losa? La questione non mi sembra di poco conto, ne convieni?

  61. Accoippiano va corretto, ma non osate correggere “uscia”: è il primo contributo visibile alla neolingua del terzo millennio partorito dai microracconti della nuova era. Che l’ape ce (innesto appulo-barèeese) sia con voi, cari sc’ape strati.

  62. io sono fatto così: le promesse si mantengono e le mantenute si promettono. perciò cara temprematamorf hai capito tutto che tradurre non in prima trad. può essere bello come tradurre in prima. solo che è un bello diverso, o un diverso sublime. in prima c’è amore, in seconda meno amorefilia e più polemosodio ad es. in seconda puoi avvertire l’orrido. ad es. tornavo prima dall’ape diatra (una diatriba che no ti) e ho buttato l’occhio sull’ubancarella di Aquila (normalmente non lo butto mai, lo conservo perchè tanto i libri usati glieli passo io, anzi sono usati/nuovi, della collana “Ossimori di seppia”, ma questo è un altro discorso…) e vabbè ho intuito il superalcoooolico! “…. distillazioni”, poi ho letto i puntini = “frammenti”, mi son detto: meglio che niente, se si è salvato un po’ di liquido, e la copertina biancandida, quella del sommelier, dell’assaggio truccato (al mercato le mele buone davanti in vista, il resto dietro secondo la massima: il mondo è bello perché è avariato) portava l’etichetta seguente:

    Was wäre noch Stunde dauernd
    In meinem zerstörten Sinn,
    es bricht sich alles schauernd
    in Augenblicken hin.

    Cosa sarebbe un’ora che dura
    nella mia mente distrutta,
    tutto va in pezzi, in attimi
    si frange rabbrividendo.

    Io dico questo: la mia grappa sarà molto molto migliore, ma siccome con queste sarpe una grappa decente la può fare tutti, inviterei il sig. Tutti (no, Barra no!) a provare il gioco delle tavolette (1 tavoletta ad es. è Augenblick = attimo ecc. ecc. blablabla) e vedere che ne sorte: d’accord, Madame la Tamorphose?

  63. @db
    le mantengo anch’io, abbi fede, ma adesso ho solo qualche nano secondo, mi serve almeno qualche nanominuto:–)

  64. SOPRA UN’APE-LURIA FOSSILE NEL MIO STUDIO
    di don Aldo Lurio

    Come spesso capita, le osservazioni più interessanti sugli animali che si ospitano in casa avvengono per caso. La mia passione per l’ape-luria in genere e in studio mi aveva portato ad allevarne un esemplare della specie lurida (da non confondere con la cinerea né tantomeno con la phulcra) e, come faccio di regola, a cercare preventivamente tutto ciò che in letteratura fosse stato scritto sull’ape-luria lurida. In realtà come per la maggior parte degli abitatori del Mediterraneo allevati in cattività le informazioni sono molto vaghe: le schede sono del tutto simili tra loro e spesso compilate con una vaghezza disarmante. E così si scopre che moltissimi sono detritivori (il termine usato con meno parsimonia dagli “esperti”), altri (quando non si sa di che cosa si nutrano veramente) diventano all’occorrenza ottimi brucatori o addirittura altri cambiano famiglia e specie a seconda dell’autore! (Si pensi alla Brethella Nivea, innocuo gasteropode per la cronaca e spietata cacciatrice di Actinia equina nei fatti – e nessuna antologia ne parla!)

    tubì continuid…

  65. @ Temperanza

    Ho un appuntamento dall’ape diatra (davvero!!!) alle 20.00. Sul tardi vedo di resuscitarle, ma ho bisogno dell’ape sante. Quanto all’off-off, voi non so, io anche (e di brutto). Ape natornovichiamo.

  66. Sto usciando, ma un dubio a’troce m’a sale: sapete, cosi an pasànt, ke fine ano fatto i poster di un certo luci ano ne froid? Li havevo letti, ma hora sono scomparuti. Misteri e mestieri della rete! Ape natornomelodite?

  67. Microracconto.

    APE CHI? RE SURRESCION!

    5.

    Un’ape luria fossile, colore dell’ape ce cominciò improvvisamente a infoltire sul volto smunto e pallidito dell’ape mozza: la vita lenta mente cominciò a rifluire in quel corpo martoriato dall’ape nitenza, soprattutto laddove più a fondo doleva per i tentativi d’ape netrazione e le ape rture prodotte dall’ape corina per liberarla dall’ape ristalsi. (cfr. Microracconto n.3, inedito). Si guardò intorno: lì vicino giaceva l’ape corina, con la maschera di gomma a brandelli sul viso e la bocca ancora piena di larve ape na cotte e dei resti putrefatti dell’ape scatrice. Le sembrò di scorgere un fremito su quelle membra che ben conosceva, finchè quel corpo non si levò a sedere sul freddo marmo. “Ape rò, siamo ancora vive”, esclamò l’ape corina, che ormai aveva ripreso le sue fattezze naturali. “Bene, riprendiamo l’opera interrotta nella mia casa nel residence L’Ape Tona (cfr. Microracconto n.4, inedito). Vieni qui, cara la mia ape mozza, che ti libero definitiva mente…”. Ma il vecchio aguzzino non concluse la frase. Il rumore stridulo dello scorrere della porta dell’obitorio le fece voltare pronta mente verso l’ape rtura…e, miracolo, lui era lì in tutto il suo splendore, venuto finalmente a ricompensarle di tutta l’ape na sofferta, di tutto il male del mondo che si erano cari cate sulle spalle. Il sovrano dell’universo era lì: Re Surresciòn, con ancora addosso gli stracci con cui si era offerto la prima volta ai loro occhi incapaci di riconoscerlo. Era proprio lui, il p’ape ro ai tante e palestrato che aveva dolce mente sorriso dai vetri del bar dove il giorno prima erano andate a bere l’ape ritivo. Si gettarono ai suoi piedi, imploranti. “L’ape na vostra è finita per sempre, ora vi ricomporrò nell’unico essere che siete sempre stati, rompendo il sortilegio che vi aveva così dolorosa mente tenuti separati”. Un vortice, sorto dal nulla all’improvviso, strinse nella sua morsa l’ape mozza e l’ape corina, che ora vivevano l’unico amplesso che avevano sempre sognato…

    (Continua…forse)

  68. io a perigi
    a pena torno
    apellero`
    @f da effeffe
    cunto fantastiz zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz

  69. Mi dispiace per voi, cari, la “vera” arte proprio non la capite.
    Tenetevi i racconti di Fucomozzo da Padova, frutto di un canone e di una tradizione ormai sorpassati, ma state rinunciando alle delizie della letteratura del terzo millennio, vi state ponendo fuori dalla nuova arte e dalla sua fruizione. Ape narinsavite, chiamatemi pure, ma non so se avrò ancora voglia di rispondervi. Grande è l’ape na sotto questi cieli. :-(

  70. SOPRA UN’APE-LURIA FOSSILE NEL MIO STUDIO II
    di don Aldo Lurio

    Il discorso sull’ape-luria lurida prende le mosse proprio da alcune errate convinzioni che l’hanno catalogata come specie che si ciba di fiori e alghe. Detto questo, col mio esemplare mi ero limitato esclusivamente a fornire vegetali vari e in quantità rilevante per cercare di far trovare a proprio agio l’animale. Dalle osservazioni però qualcosa non quadrava: i vegetali non venivano calcolati da lui che invece preferiva stazionare vicino alla ciotola del gatto, che avevo riempito di kit-kat (pollo+tacchino). Si sa che spesso gli animali in cattività assumono dei comportamenti non proprio abitudinari per la propria specie, ma che addirittura cambiassero dieta mi pareva troppo. Dopo due ore l’ape-luria, sempre sotto attenta osservazione, aveva divorato tutto, mentre i vegetali erano perfettamente intatti. Decisi allora di non mettere più kit-kat per vedere se si era trattato solo di una questione di preferenze alimentari: l’ape-luria lurida tirò fino a sera, e poi improvvisamente morì. Togliere dal proprio studio un animale morto è sempre una sconfitta, e proprio perché si trattava di un animale che mi interessava particolarmente, la cosa mi diede fastidio e non poco. In realtà i fatti però parlavano chiaro: decisi di riprovare e ficcai un altro esemplare nel mio studio che nel frattempo era stato adeguatamente arredato con ciotole di kit-kat di vario genere. Il nuovo inquilino passava da una ciotola all’altra non calcolando minimamente i vegetali. Era chiaro che la sua dieta si basava esclusivamente sul kit-kat, ma si trattava di capire quale fosse il suo kit-kat preferito. Dopo due giorni di osservazioni e prove, sono giunto alla conclusione che il kit-kat preferito dell’ape-luria lurida è il montone+manzo. Non disdegna neppure l’agnello+dindo, ma senza dubbio il montone+manzo è il suo pasto preferito.
    Restava da chiarire ancora un dubbio: fin da subito mi ero accorto che il primo esemplare emetteva escrementi contestualmente o quasi all’assunzione di cibo sotto forma di cilindretti bluastri e scuri. L’assenza di escrementi in uno studio privo di qualsiasi altro organismo che non fosse sedentario e che non fossi io, mi aveva portato a pensare che l’esemplare in questione non mangiasse (ricordo anzi di essermi detto un po’ sadicamente: “se si tratta di anoressia, che anore sia!”). Tale situazione era rimasta inalterata fino alla morte dell’animale esattamente a distanza di circa 6,9 ore dall’ultimo avvistamento di feci. Ne consegue che si tratta di un animale che può stare anche 6,9 ore senza cibarsi. Certo, a posteriori, non ripetendo l’errore di non immettere più kit-kat nella ciotola, la mia prima ape-luria lurida forse sarebbe ancora in vita. In ogni caso spero che queste osservazioni possano aiutarci ad ospitare gli esemplari di questo bellissimo animale garantendo loro almeno una corretta alimentazione, oltre ad una temperatura dell’acqua rigorosamente mai al di sopra dei 69°C.

    fine (ma c’è l’ape-lata…)

  71. complimenti per le variazioni sul tema (ape)! alcune sono veramente notevoli… e divertenti!l
    L ape ofita

  72. Giulio, i’ vorrei che tu e l’ape ed io
    fossimo presi per incastramento
    e messi nel furgon, ch’ad ogni evento
    per terra andasse al noler vostro e mio!

    Oca Valcante

  73. Quando lavoravo all’Ocortina ero felice. Tutte le mattine prendevo su l’ape Ocar e andavo a fare le oconsegne. Tutti pomeriggi battevo a Mochina.

    Oco Mozzo

  74. ape piaggia (Apis tolida) s.f. Insetto degli Apidi di color nero con peluria grigia, oggetto da parte altrui di intenso asservimento, cui si presta remissivamente e adulatoriamente.

    ape stifera (Apis lazzula) s.m. Insetto degli Apidi di color nero con peluria rossa, soggetto di intenso asservimento altrui, accompagnato da punture e frizzi.

    A. Pelazzi, Dizionario della lingua italiana

  75. Stai battendo la fiacca, db, mi sa mentre il tuo figliolo suona uno strumento musicale classico, tu ti stai esercitando sull’ ape ntola. :-) Suvvia, rileggi i post: ape riodi, con tutti gli annessi e connessi, risale a qualche giorno fa. C’è bisogno di novità, caro ragazzo: ape naseipronto con nuovi apporti, chiamaci. Puoi sempre dare un’occhiata meno disattenta all’Ape Lazzi della lingua italiana: un vero critico, prima di postare, le parole che usa l’ape nsate e l’ape sate per bene.

  76. @ Ale

    L’Ape nna era già nel novero delle cose accadute, ma l’Ape Piera è un lampo che rimane a lungo negli occhi (e nelle narici). Piaciuta molto.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017