Etica del pompino . Seconda parte.

Man RayLa scena
I due si ritrovano in un bar. Il più giovane sembra Harry Potter da grande ma a parlare è quell’altro, col viso allungato, sguardo perduto. Lo abbiamo già visto interrompere la scrittura di un dattiloscritto xenofobo e razzista per somministrare sonniferi al bimbo, suo figlio, troppo vivace. Racconta al fratello, perché sono fratelli, anzi mezzi fratelli che sua moglie lo ha lasciato portandosi via il figlio.

Qualcosa ci fa pensare che sia il comportamento irresponsabile dell’uomo ad aver causato quella partenza. Affatto. È l’immagine della moglie, anzi del corpo della moglie in guêpière e cellulite a scavare un solco tra i due, insieme a quella richiesta, urlo di desiderio, di lei, eluso. Non solo. Non è soltanto il corpo della moglie, il suo disfacimento, a scatenare in lui un rifiuto assoluto e netto. A rendere definitiva la rottura tra i due è il fatto che lei non sappia succhiarglielo.

Il fatto
Ci siamo dati appuntamento con un’amica al Massimo per vedere Truman Capote. Non lui, bensì il film . Arrivo con un certo anticipo e mi guardo attorno. Nell’attesa decido di evitare la fila al botteghino acquistando subito i biglietti. Sorpresa. Il film “A sangue freddo” lo hanno proiettato alle diciotto. Alle venti e trenta tutte le sale sono dedicate al festival di Berlino. Particelle, leggo sullo schermo, Elementari subito dopo. Con un gesto meccanico prendo i due biglietti senza consultare la mia amica.

In fondo non avevamo programmato di andare in un club scambista? Particules Elementaires (ed. Flammarion) è il romanzo di Michel Houellebecq da cui è tratto il film.
L’opera sarà presente nelle sale a fine aprile, credo. Segue al termine di questo post una recensione di uno dei migliori critici cinematografici che io conosca, Valerio Caprara, apparsa sul Mattino e che riflette alla lettera le mie impressioni. Ma non è di Houellebecq che vorrei parlare, anzi vorrei che i lettori di NI ne parlassero, quanto delle Particules Elementaires.

Per fare le mie scuse a quest’opera – si può chiedere scusa a un libro? Perché pur facendo parte della stessa rivista dell’autore, L’Atelier du Roman, ho sempre mantenuto una riserva e una distanza da quanti gridavano al capolavoro. Uno tra tutti Lakis Proguidis, direttore della rivista e sicuramente tra i migliori critici e lettori in giro. Se ho cambiato giudizio non è stato grazie al film che certamente altri troveranno non all’altezza, traditore,ecc. ecc. e né perché io sia cambiato.

Lo sono sicuramente ma non al punto di sentirmi abitato da un’altra prospettiva di vita. A cambiare è stato sicuramente il mondo e il fatto che oggi, a quasi dieci anni dalla sua pubblicazione, assomigli attraverso la sua storia e i suoi personaggi a quanto raccontato nelle “Particelle Elementari”, fa che la visione del mondo “noir” di Houellebecq sia adesso più sostenibile. E anche un valido anticorpo.

Le particelle elementari
Elementarteilchen (No place to go)
Germania
1h 45′
Drammatico
Regia: Oskar Roehler
Anno: 2006

“I film tedeschi da noi valgono zero al botteghino: senza opinare se è giusto o non è giusto, bisogna impedire che capiti lo stesso a ‘Le particelle elementari’ di Oskar Roehler. Il film presenta qualche punto debole, edulcora (come vedremo) il romanzo originario, insomma è tutt’altro che perfetto; sta di fatto, però, che ha l’immenso merito di affrontare con sintonia di fondo un testo che sembrerebbe intraducibile e di dare ulteriore visibilità (è proprio il caso di dirlo) alle pagine più audaci e affascinanti pubblicate negli ultimi dieci anni. Sulla cosiddetta caduta dei valori nell’Occidente democratico, per la verità, siamo letteralmente soffocati dalle chiacchiere, vomitate vuoi dai politici e dai preti, vuoi dai sociologi e dai documentaristi, vuoi soprattutto dagli artisti. Michel Houellebecq ci ha, invece, dimostrato con quel libro che un barlume di verità può accendersi solo grazie alla fusione tra brutalità e (com)passione della vita: mentre un plotone di mediocri se la cava con il tifo ideologico da curva, gli accattonaggi del tempo perduto, le polluzioni terzomondiste, le pantomime sapienziali o i surrealismi da discarica, lo scrittore francese ritrae la sofferenza umana nella sua cruda materialità, nella sua predestinata fragilità e nei suoi aneliti tragicomici. Nel film, certo, questo ‘nichilismo attivo’ si semplifica nell’itinerario parallelo di due fratellastri che imparano dolorosamente a conoscersi e (forse) amarsi nella giungla che è succeduta al crollo dei moderni rapporti interpersonali. Del resto, il procedimento di Houellebecq – basato sulla simultaneità di fatti e pensieri – era praticamente inestricabile e il giovane regista tedesco ha sunteggiato le tappe dell’incontro/scontro ricorrendo a troppi flashback ed esplicitando più del dovuto il coté melodrammatico. Grazie agli attori estremamente sorvegliati, però, la cruciale contrapposizione tra i diversi stili di vita – che è ben diversa dalla solita igienica e tartufesca critica sociale – viene fuori in tutta la sua devastante intensità.” (Valerio Caprara, ‘Il Mattino’, 12 febbraio 2006)

12 COMMENTS

  1. “Mentre un plotone di mediocri se la cava con il tifo ideologico da curva, gli accattonaggi del tempo perduto, le polluzioni terzomondiste, le pantomime sapienziali o i surrealismi da discarica, lo scrittore francese ritrae la sofferenza umana…”.
    Questa frase mi pare davvero generica e supponente, oltre che del tutto dis-utile al discorso.

  2. il libro di houllebecq può essere apprezzato senza dover deprezzare preventivamente ogni altro libro scritto nel frattempo.
    benché houellebecq mi sia sostanzialmente piaciuto, non mi ha sostanzialmente convinto: c’è qualche cosa che non funziona nel suo ritrarre “la sofferenza umana nella sua cruda materialità”, ma non so esattamente cosa sia.
    acuta invece la notazione sul fatto che oggi il mondo assomiglia, molto di più di dieci anni fa, a quello ritratto da houellebecq: ma quel è il fattore principale di quella che ci appare come una convergenza tra narrazione e realtà?

  3. Mentre scrivevo il post e mi rendevo conto del tempo passato da allora, mi sono chiesto che cosa avesse portato a tale cambiamento. E soprattutto qual’è la percezione che ne abbiamo. E se facessimo un inventario? di tutte le cose successe da allora a oggi? Riusciremmo a trovare una ragione?
    effeffe

  4. le particules è l’unico libro che mi è veramente piaciuto di H.; l’extension troppo céliniano di programma, dove a forza di calcare la mano sulla sfiga e lo squallore, c’è il rischio del rovesciamento comico (che Céline prevedeva, ma H. no);

    le particules (tolta la cornice fantascientifica che trovo superflua) mi è sembrato un aggiornamento fine sec. XX dell’ éducation sentimentale di Flaubert: gelidissimo e disperato

  5. (tolta la cornice fantascientifica che trovo superflua)dice Andrea.

    Se dovessi fare un riferimento al film, O andrea, è che vuoi la produzione tedesca, vuoi la difficoltà a rappresentare le lunghe e deboli pagine Huxleyane, il film mi è sembrato molto vicino al romanzo che avrei voluto leggere all’epoca e cioè senza quella cornice. Detto questo le Particules mi sembrano oggi (a dieci anni di distanza) l’opera che più fedelmente disinnesca ogni forma di autodifesa del lettore ( prendendo le distanze dai personaggi, per esempio) e lo piazza (il lettore)davanti a uno specchio.Anzi davanti a un mondo, quello nostro, ovviamente, di oggi. Con una disperazione coraggiosa.
    effeffe

  6. a me me pare che huellbecq è quasi ottimista perchè ci dice cose vere e reali. se stesse zitto vorebbe dire che ha perso le speranze. già parlare vuol dire molto.

  7. caro francesco
    forse era la disperazione coraggiosa quello che a suo tempo mi colpì nelle particelle. concordo con andrea sul fatto che gli altri suoi libri sono compare una sorta di manierismo dello squallore. comunque è sempre un autore che parla dal punto in cui siamo. siamo circondati da romanzieri che parlano di e da un mondo finto.

  8. inglese, raos, forlani, piantatela di farvi le seghe a vicenda. nazione indiana è diventato il sito più inutile, noioso e stupido della rete. chiudete baracca e burattini, poi andate a casa. un consiglio da amico.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017