Allons, Enfants! Bruno Bressolin

37 COMMENTS

  1. Il botox? Lo conosco solo come veleno per i nervi, porta al loro rilassamento. In piccole dosi viene usato ultimamente nella terapia estetica per eliminare le rughe.

  2. ti sei visto(a) senza botox…

    immagino un riferimento al fatto che in Francia molti della mia rugosa età (57) e che hanno vissuto il 68, siano in strada con i loro figli a protestare contro la legge sul lavoro precario. In effetti il dubbio calza sul piano estetico. Su quello politico non mi esprimo ancora anche se ho già una mia visione…

  3. oppure “ti sei visto(a) senza il botox” perchè con questa legge sul precariato ti vogliono proletarizzare, a te figlio(a) della buona borghesia e della gauche-cocacolà, per cui ti sei visto nel futuro, vecchio e senza i privilegi dell’effimero di cui godi ora, e ti sei incazzato?
    Quindi: è un pasoliniano stare coi poliziotti o, come si dice sopra, un sospiro nostalgico per i bei tempi ritornanti? Oppure, ancora, potrebbe essere: solo col passamontagna, combattente-resistente, ti sei visto senza botox, ovvero senza maschere, senza quella faccia di plastica mortifera che è la società di oggi, una sorta di “ora del vero sentire”, in cui “la nuda verità” è quella incappucciata. Magari invece una qualche pubblicità postsituazionista di qualche marca di botox: ti sei visto senza botox? sei tanto brutto da dover andare in giro incapucciato!

  4. none: il botox è una sostanza che ti siringhi in faccia per toglierti le rughe. è di gran moda nel bel(?)mondo vipparolo e riccarolo dove, si dice eh, si facciano veri e propri botox-party dove un tizio gira con un vassoio di siringhette da spararti nella rughetta.

  5. Si, ma il problema non è il botox, (insisto) caso mai sono le rughe per chi le ha e fa finta di non averle o o non si accorge di averle o se ne frega…
    ebbene le rughe (gli anni) rappresentano un impedimento per chi scende in piazza ? Si scende in piazza per nostalgia ? Ci si deve fare un lifting prima di tirare una transenna (ma le avete viste …?) ai poliziotti che rispetto a quelli del sessantotto (con impermeabili neri lucidi e lunghi, caschetto da pompiere e manganellino) sembrano dei terminator ?
    Pasolini ricordava la faccia dei poliziotti nostrani di quei tempi senza botox… la faccia di questi di ora chi la vede più…
    Qualche sociologo dice che si tratta del passaggio sociale del disagio dai casseurs della banlieu alla classe media (nutrita di ex sessantottini)… o forse è una rivisitazione di “è scoppiata la rivoluzione e non ho niente da mettermi”…non scendo in piazza senza un pò di botox.

  6. Pasolini, che pure amo, in quella poesia su valle giulia – che come poesia non valeva nemmeno una ceppa – prendeva una grossa cantonata.

  7. Pasolini sui “quei” poliziotti aveva ragione. Ma “quei” poliziotti non sono “questi” poliziotti. Il mutamento antropologico ha coinvolto anche la polizia, ovviamente. Non è un caso che chi usa quelle affermazioni pasoliniane, oggi, siano (populisticamente) esponenti di destra.

  8. E questo, per capirci, non è mica un insultare genericamente la polizia. Figuriamoci! La polizia è cambiata così come siamo cambiati noi. (ma scusate il discorso è lungo e io mi sono alzato alle 6 del mattino, oggi)

  9. tashego, sarebbe interessante conoscere le ragioni per cui ritieni quella poesia di ppp valida “nemmeno una ceppa” in quanto poesia. Grazie.

    ps: e come dice sepre francicanava: fammi sudare l’hard disk!

  10. La Rosa nel pugno con le sue acuminate spine
    finalmente farà capire ai rammolliti che le tradizioni di idee non si
    inventano, né si camuffano. Che certe idee sono state e sono e saranno
    sempre di derivazione soltanto radicale e libertaria. Che queste idee
    hanno avuto una certa popolarità solo in una ben definita porzione
    della sinistra, porzione di pura purissima radice socialista e mai
    comunista. Che oggi definirsi semplicemente “di sinistra” significa
    accontentarsi di una etichetta vuota e senza storia, prodotta dalla
    distruzione avvenuta nel nostro paese della tradizione socialista e
    libertaria e dalla impossibilità di chiamarsi ancora comunisti. Che una
    certa tradizione post-comunista (sia quella dura amendolian-d’alemiana,
    sia quella molle pasolinian-veltroniana) non riuscirà mai sentire certe
    idee come sue e le adotterà solo per tattica, e finirà paradossalmente
    per avvertire spesso maggiore affinità con il tradizionalismo
    cattolico. Che queste tendenze ideologiche degli ex-comunisti si
    combattono anche attraverso l’arma dell’anti-comunismo viscerale
    (anti-comunismo che serve contemporanemaente a spuntare l’arma
    propagandistica dell’anti-comunismo di destra! Cazzo, tutto ti devo
    spiegare, sciocco Mark! E sono pure di destra!) Che certa satira
    cuorista ha responsabilità gravissime e imperdonabili nella incosciente
    (o cosciente?) distruzione di questa tradizione culturale socialista e
    libertaria. E’ la tragedia del socialismo italiano, che forse ora
    finalmente ha la possibilità di riscattarsi se qualcuno avrà il
    coraggio di definirsi radical-socialista e libertario, senza paura di
    sentirsi dare dell’ex-craxiano da qualche merdoso post-comunista. E
    senza precipitarsi a scusarsi: no, io ero diverso. Anzi, dategli del
    comunista, cazzo. O peggio, dell’ex-comunista. O peggio, del
    post-comunista. Ancora meglio, poi, se costoro prendessero anche atto
    che certe scelte economiche liberiste di Capezzone e compagnia non
    vanno né derise né trascurate, ma almeno esaminate per il loro
    insegnamento etico (e non economico, dato che quella scienza è ai più,
    tra cui io, incomprensibile). Insegnamento etico che è: dove sta il
    prezzo da pagare? Posso desiderare il massimo delle libertà civili e
    pretendere al tempo stesso una economia paracula, attutita e
    controllata? Mia moglie è libertarianamente ubriaca e, se gli gira,
    divorzia e diventa lesbica, ma dove è la botte vuota, cazzo? E’ quel
    minimo di senso tragico della vita che ci fa uomini. Senso tragico che
    è mancato nei miei amici, e per questo sono incazzato da 30 anni.

  11. Biondillo, conosco un sacco di poliziotti: mi sembrano quelli “di Pasolini”. Io questo mutamento non l’ho registrato. Per quanto riguarda le manifestazioni: sì, le condivido, condivido la lotta contro un certo meccanismo stupido che sta affondando gli impresari e i lavoratori. Non condivido, invece, certa violenza ottusa, come quella di Milano. Il fatto, poi, che molti manifestanti abbiano un’estrazione sociale borghese non mi interessa: come succede nella letteratura, nella politica non contano gli uomini ma le idee. Di più: pure certe idee imperfette, zoppicanti, velleitarie (come mi sembrano quelle dei manifestanti) producono involontariamente un innesco positivo, quando comunque agiscono in uno stagno che voleva soltanto essere agitato, anche se da una bava di vento.

  12. Scusa Hammamet, ma il tuo “ospite” era radical-socialista libertario?
    Forse non è la moglie ad essere “libertaria(na)mente ubriaca”, ma il marito ad essere ubriaco e basta. Semplicemente. Sarebbe ora passasse agli analcolici.

  13. Fallacia!
    Si può avere la colf piena e la moglie ubriaca (si ubriaca la moglie, e intanto si mette incinta la colf – o devo spiegare tutto?)

  14. Biondillo, quello che accadde a Valle Giulia lo constatai di persona.
    Esprimo solo un parere pro veritate.
    Sono anni lontani.
    La polizia (c’erano anche carabinieri) il giorno prima aveva sgombrato alla solita maniera che conosciamo, cioè spaccando teste e facce, insultando, dando della puttana alle studentesse, portando tutti in questura sanguinanti, eccetera, la Facoltà di Architettura, occupata da qualche mese.
    La manifestazione, che partì da Piazza di Spagna, aveva lo scopo, non dichiarato, di riprenderla.
    Da lì lo scontro.
    Vidi bene quei poliziotti.
    Come tutti gli altri poliziotti, di ieri e di oggi, appartenevano palesemente a classi subalterne per lo più meridionali.
    Ne possedevano il soma inconfondibile, avevano i cappottoni di cui parla Pasolini, eccetera.
    Che il poliziotto sia un mestiere da poveri lo sanno tutti.
    Che gli studenti universitari siano i figli dei borghesi è altrettanto ovvio.
    Sono due facce della stessa medaglia.
    A Valle Giulia, lo STATO, in quel momento lì, a Roma, a quell’ora del mattino, ERA quei poliziotti.
    Questo dato non è stato mai aggirabile, nemmeno da Pasolini, nemmeno con le poesie.
    Ricordo en passant che a Genova i poliziotti protagonisti dei fatti del G8, erano sempre quelli lì, perché sempre sono stati quelli, da quando esiste lo Stato.
    Rammento che a Valle Giulia vi furono ripetuti inviti ai poliziotti a lasciar perdere: compagni poliziotti, non ce l’abbiamo con voi, si disse nei megafoni, è lo Stato che ci costringe a questo confronto, ma i nostri interessi sono gli stessi.
    Chiunque sappia fare due più due, al di là delle proprie simpatie di classe (Pasolini stava dalla parte dei sotto-proletari, come tutti sanno, e quei poliziotti ERANO senz’altro tali, ma erano anche lo STATO), sa che in piazza non si scontrano mai i mandanti, ma solo i mandatari.
    I poliziotti agivano per conto di uno Stato che alleva, addestra e mantiene ai propri fini (il monopolio della violenza) uomini e donne delle classi subalterne, che, ancora oggi, non hanno molte alternative.
    Era tanto difficile da capire, allora come oggi?

  15. No, Tash… non semplificare il mio pensiero (che tra l’altro ho espresso malissimo). E neppure quello di Pasolini, che sapeva benissimo quanto fossero fascisti (in quanto poveri, mi viene da dire, perciò “conservatori” per abitudine di classe) quei poliziotti. Il problema era il fascismo in pectore di molti di quei studenti (che oggi lo sono palesemente, è inutile che ti faccia l’elenco di tutti i marxisti leninisti che oggi militano a destra). Davvero il discorso è lungo. Nel frattempo è nato un sindacato in polizia, i poliziotti sono cambiati (come tutti noi), i dirigenti di 40 anni fa venivano dal fascismo storico, oggi quei dirigenti sono morti, e sono stati sostituiti da gente che ha vissuto il ’68 e il post ’68. Anch’io di persona conosco poliziotti, sia quelli sfigati che i dirigenti. NON sono gli stessi di 40 anni fa, anche se vengono dagli stessi strati sociali e dalle stesse regioni.

  16. quei poliziotti non erano fascisti, erano semplicemente servi.
    (servitori “dello stato”).
    gli studenti non erano fascisti.
    sei informato male anche su quello che sono oggi.
    e in ogni caso quello che si è oggi non è quello che si era ieri.
    gli studenti del ’68 erano una parte della società che non stava più alle regole del gioco e le voleva cambiare.
    oggi a ben guardare sta per accadere una cosa simile, perché abbiamo costruito una società di fatto contro i nostri figli.
    se tra quarant’anni lo studente col passa-montagna qui sopra sarà un fascista possiamo fargliene una colpa adesso?

  17. Tash, potrei raccontarti di uno studente, quando ero all’Università, che in prima linea occupava la facoltà nel nome dei principi comunisti. E io (che la facoltà non la occupavo perché occupato a lavorare per pagarmi l’università) gli dicevo: “voglio vederti fra 10 anni.” Perché già dall’epoca vedevo chiaramente il fascista boghese (figlio di borghesi) che era in lui. Dieci anni dopo ha avuto una conversione religiosa, si è avvicinato all’opus dei, si è candidato a partiti sempre più di destra etc. etc.
    Io sono rimasto qui da questo lato della “barricata”. Tutti (non tutti, molti di) quelli che stavano alla mia sinistra li ho ora alla mia destra.
    (Non faccio un processo ad una generazione, ben inteso. Ma questi esempi li conosci pure tu.)

  18. I dati dell’associazione di categoria dei chirurghi plastici britannici dicono che il numero dei pazienti cinquantenni è quadruplicato negli ultimi cinque anni e la metà di questi sceglie un intervento perché ha paura di non essere rispettato sul posto di lavoro. “Vengono da me poliziotte (sic) e insegnanti” dice all’Indipendent on Sunday il dottor Norman Waterhouse alludendo a due categorie professionali che oggi spesso devono traslocare fuori Londra perché con quello che guadagnano non riescono neppure a pagarsi il costo esorbitante di una casa nella capitale. Etc etc
    Dunque

    1) I manager si fanno il botox perché hanno paura che i più giovani gli facciano le scarpe, cioè il manager usa il botox per ringiovanire ma per lui ringiovanire significa avere la sicurezza del lavoro

    2) Per i manifestanti: essere giovani= essere precari

    Ci siamo visti senza botox?

  19. Una mia amica poliziotta mi diceva che in questi anni nelle caserme e nelle stazioni di polizia si fa spesso il saluto romano, in modo aperto e arrogante.
    Il sindacato di polizia non ha davvero cambiato le cose, né può cambiarle sul serio.
    Però le percezioni personali, comprese le tue e le mie, Gianni, spesso ci fanno trarre conclusioni sbagliate.
    La generazione del ’68 non è diversa dalle altre quanto a trasmigrazioni politiche e contiene un tasso di voltagabbana identico, così come è identica alle altre la percentuale di “raggiungimento del potere” individuale.
    Tuttavia gode di un’antipatia postuma, assolutamente unica e singolare, da parte soprattutto delle generazioni successive.
    Quelle di oggi manco sanno cosa sia successo in quegli anni.
    La stessa antipatia la percepisco sotto le tue parole, Gianni, ma davvero non so spiegarmela.
    Mai in effetti ho saputo spiegarmela.
    Eppure il ‘68 fu determinante almeno per due risultati, che poi sono entrati a far parte del patrimonio comune: la trasformazione della scuola in senso anti-autoritario e le grandi lotte operaie dal ’69 in poi, che furono un momento importante di re-distribuzione del reddito.
    Potrei metterci molta altra roba, tra cui l’emancipazione della donna, le leggi sul divorzio e l’aborto, eccetera, se fossi del tutto sicuro che il ‘68 ne sia stato tra le cause principali.
    Eppure, Gianni, ci sono state generazioni molto più degne della mia di stare sul cazzo a quelle successive: i rampantini degli anni ’80, per esempio, dove li metti?
    E i pragmatici dei ’90, senza più uno straccio di visione del futuro, di obbiettivo condiviso, che non fosse la loro personale carriera?
    Il ’68 ha fatto una cosa forse imperdonabile: ha generato il terrorismo, ma c’è chi dice che non è vero.
    C’è chi dice che nacque dalla disperazione, dall’inerzia delle masse, eccetera.
    Pasolini sbagliava, stranamente, perché si fermava all’estrazione di classe degli attori politici di quegli anni, dimenticando che il ruolo che ricoprivano nel processo di trasformazione.
    Quello era importante, non il punto di partenza.

  20. Tash, insisto, non processo una generazione. Molte persone a me care e importanti per la mia formazione appartengono a quella generazione. Il (fondamentale) valore di quelle lotte lo conosco pure io. Ho appena finito di leggere il romanzo di Arpaia che parla non proprio del ’68 ma del decennio dei ’70.
    A me non sta sul cazzo nessuno, in questo senso. Se c’è un errore, semmai, non è tanto il terrorismo, ma la mitologia giovanilista a tutti i costi, che ha creato una classe di figli che hanno contestato i padri ma non hanno voluto, poi, diventarlo, trasmettendo i valori, i contenuti, ma tenendoseli per sé come una proprietà privata.
    Avevo 20 anni nei vituperati anni ’80. Quei contestatari con cashmir mi hanno spaccato la minchia a dirmi che eravamo edonisti (loro sì, invece che aveva spaccato il culo ai passeri!). Io edonista non lo sono mai stato. E non ho nulla di cashmir nell’armadio.

    (In polizia è pieno di fascisti? Certo, chi l’ha mai negato. Ma la differenza è che non ci sono solo loro, adesso.)
    Ma credo che dovremmo spiegarci a voce. Sto scrivendo di fretta e inevitabilmente ho un tono sgraziato.

  21. Caro Tash sono d’accordo su alcuni punti ma per niente su due questioni. la prima. Tu dici :
    “Tuttavia gode di un’antipatia postuma, assolutamente unica e singolare, da parte soprattutto delle generazioni successive.”
    In realtà i maggiori conflitti si leggono all’interno d quella generazione. Ti sei mai chiesto perchè in Italia non si sia riusciti a votare l’Amnistia per i fatti degli anni settanta? Sia che ci fosse la destra o la sinistra al governo? Mi dispiace, Tash ma credo che il vero nodo sia lì cioè tra voi (Toni Negri o Adriano Sofri?) Partito comunista o movimento studentesco? Potere Operaio o Lotta Continua? And so on…
    La seconda.
    Durante queste stettimane ho lavorato per le olimpiadi a stretto contatto con le forze dell’ordine e volontari (civili). Ragazzi di vent’anni, originari di tutt’italia anche s ein prevalenza del sud, che venivano piazzati davanti a un metal detector dopo aver fatto centinaia di chilometri ogni gorno (sveglia alle quattro) e che ti assicuro, vuoi per il compito che era di assicurare la gente, vuoi per l’atmosfera generale, mi hanno dato tutt’altra impressione da quella evocata da te. Molti alti dirigenti della polizia di oggi sono ex sessantottini, e forse migliori di quelli che uscivano dritti dritti dal fascismo, e che erano questori, ispettori, a Valle Giulia.
    Insomma da uno che nel sessantotto intendeva il movimento soprattutto come iniziare a camminare (avevo un anno!!)
    effeffe

  22. condivido tash sulla questione del “risentimento” nei confronti del ’68, uno strano ‘risentimento trasversale’; e condivido quanto dice sul ruolo della polizia a Valle Giulia e al G8; poi mi interesserebbe avere una visione dall’interno, che possa almeno attenuare il ricordo di Genova, dell’ammazzamento di Giuliani, della Diaz, di Bolzaneto e di tutti i pestaggi indiscriminati che si sono verificati prima e dopo, fino al caso di Federico Aldrovandi;

    ho riscontrato pero’ anche un risentimento simmetrico e opposto da parte di alcuni sessantottini (intellettuali formatisi in quegli anni e impegnati nel movimento) nei confronti del movimento altermondialista, e questo mi ha fatto veramente incazzare; l’idea era: “no, ma questo qua non si capisce cosa vogliono fare, la cosa giusta l’abbiamo fatta noi, allora”.

    una valutazione spassionata su quegli anni, oggi non saprei ancora farla: nel mio giudizio si mischiano cose bellissime e tremende; quella più tremenda, forse, è il conformismo dei contestatari; quella più bella, tutte le forme di autogestione delle persone comuni

  23. Credo che una componente del fastidio che molti hanno provato verso la mia generazione derivi da un certo reducismo presente in molti miei coetanei, assieme ad una certa stupida supponenza di chi crede di essere stato protagonista di eventi storici irripetibili, eroici e determinanti.
    Questo atteggiamento indubbiamente c’è stato, anche se ora si è molto attenuato, fino forse a sparire.
    Sicuramente c’è dell’altro, ma non so cosa sia.
    Stranissima è anche la circostanza che a quarant’anni di distanza ancora nessuno abbia provato a scrivere una storia del Sessantotto, completa e organica.
    La storia delle sue origini, del suo svolgimento e delle sue conseguenze.

Comments are closed.

articoli correlati

“STAFFETTA PARTIGIANA” concorso letterario

Nazione Indiana promuove un concorso per racconti e scritture brevi inedite sulla Resistenza e la Liberazione.

Il ginkgo di Tienanmen

di Romano A. Fiocchi Da sedici anni ((test nota)) me ne sto buono buono sul davanzale di una finestra in...

Partigiani d’Italia

E' online e consultabile dal 15 dicembre 2020 lo schedario delle commissioni per il riconoscimento degli uomini e delle...

Intellettuali in fuga dal fascismo

Patrizia Guarnieri, storica, ha ricostruito la vicenda dell'emigrazione forzata a causa del fascismo di intellettuali e scienziati, soprattutto ebrei:...

Mots-clés__

di Ornella Tajani Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore...

Mots-clés__S.P.Q.R.

S.P.Q.R. di Luigi Di Cicco This Heat, S.P.Q.R. -> play ___ ___ James Joyce - Lettera al fratello Stanislaus (25 settembre 1906. Da Lettere, a cura di...
francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017