Amore mio padrone
di Christian Raimo
Amore mio padrone
per chi sono
queste quattro case perquisite
ed una pecora ululante
ed un questore che ti dice
che non è demagogia
che anche lui è un essere umano?
E allora chiedo
com’è fatto quest’umano,
come è fatto?
Ha forse un’ernia di un chilo sopra il cazzo?
E’ un ex dei nuclei armati neri
che compone canzoni per Di Bella?
E’ un tulipano tutto giallo
usato come straccio
che ha le piattole alla fica
e un principio di clamidia?
E per chi sono le scritte sulle foto
conservate come chiare e fresche
e dolci lacrime ritratte,
pressate con un dito o con due dita
nelle orbite oculari
per non farle risalire
se non in una sera
di sei sette anni dopo,
appena sciolte da riferimenti e ferimenti.
Amore mio che prendi
venti euro all’ora
per un’ora di latino
e quaranta per un’ora di pompino
e soltanto dieci euro
per un’ora di bambino
da cambiargli il pannolino
nella sera di Natale,
amore mio che prendi
per scherzo e per sul serio
il mio bisogno di rifiuto
e di piangere sul serio,
quello che io dico stando muto,
il mio distacco compiaciuto,
andato a male, ripreso e ricorretto,
mai a posto e soddisfatto,
mai ti lascio la parola,
se non per chieder cos’era
e per te cosa valeva
e in che cosa consisteva
quell’uomo che spera. Era
leccare come fosse la tua vita
quelle pagine che sapevan di grafite,
o per il gusto di cambiare
cambiare le parole
e non il mondo.
Sperare, pardon, sparare
è stato il tuo unico verbo
per vent’anni.
Senza una pistola né una mira.
Era il conflitto desiderato più del sesso:
amare ed ustionarsi
senza dover leggere le rubriche sull’Espresso. E ora
il mio dolore passa per un distributore
di caffè annerito
e pilloline al litio
e si sliquida come piscio con bromuro
in una sala dove aspetto
dalle nove del mattino
alle sette meno un quarto
nei non giorni d’affetto.
Amore mio questore, amore mio prefetto,
per questo son d’accordo
con la vostra nuova linea di speranza
quando dite che no, non tutti i casi
si possono sanare.
E le tariffe le conosco:
mille euro un affitto contraffatto,
due per una multa predatata,
un mese insonne una schiena riscaldata.
E allora è in nuce d’esta cruce che proclamo
che è kitsch aopportuno
contrometrico disfonico dire
Vi amo, e che l’unica possibile poesia
è un foglio di via.
Oppure
oppure quella nenia carabattola
che ti ripetevi quella volta dall’oftalmico
che una scheggia degli occhiali
ti aveva portato via una palpebra:
Amore mio padrone, amore ustore,
occorre solo sradicarci per restare,
e allora a pezzi o interi
ma che differenza fa?
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Tanti…quando…
Quando vedo il mio gatto penso che per molta gente il gatto è solo un impiccio, uno stupido animale che crea solo problemi, sporca, è cattivo e poco affettuoso.
Quando vedo molti umani penso che siano degli stupidi animali capaci di creare solo problemi, cattivi, sporchi e poco affettuosi.
Quando mangio le fragole gusto il sapore di una natura che tra sparuti cespugli si nasconde e fugge prima di prendere la via dell’estinzione.
Quando leggo i Potenti mi viene il disgusto per chi dell’informazione ne fa un campo di battaglia…e la conta dei morti diventa un gioco per monitor malati.
Quando guardo la mia busta paga penso all’impoverimento generale e ai pochi che si possono permettere le piscine piene di centesimi e Paperon non è più Qui, Quo, Qua…
Quando ricordo il 68’ immagino assemblee e spinelli tra pensierini e un capitale dove il che fare era correre i cento metri tra la Statale e San Babila in 9 secondi netti e i celerini divertiti osservavano chi per primo tagliava il traguardo.
Quando vivo il mio presente anticipo pensieri di una rivoluzione devastante tra fratelli con lo stesso sangue e la classe politica cerca di chiudere le proprie casse prima di andare in ferie.
Quando cammino per la strada e un moribondo giace solo prima di essere coperto da un bianco lenzuolo capisco che la vita umana ha perso il rispetto di sè.
Quando una madre uccide il proprio figlio
Quando un padre sevizia la propria figlia
Quando un pedofilo abusa di un minore
Quando la società condanna ma non risolve perchè i valori sono sulla bocca muta di orecchie sor(di)de
il pensiero di combattere i nuovi alieni è un dovere della collettività fagocitata dal Grande Yogurt.
Quando vedo facce nuove sono contento per l’arricchimento che comporta una fede, anche diversa, che possa convivere e aiutare a trovare nuove direzioni comuni…
Quando vedo le solite facce, alcune più siliconate del solito, capisco che il dire si scontri con materiali resistenti al cambiamento.
Ricapitolando…
Quando vedo il mio gatto penso che per molta gente il gatto è solo un impiccio, uno stupido animale che crea solo problemi, sporca, è cattivo e poco affettuoso.
Quando vedo molti umani penso che siano degli stupidi animali capaci di creare solo problemi, cattivi, sporchi e poco affettuosi.
LA CLASSE OPERAIA STA COMPARENDO
forchetta a croce
chiave a stella
cuoce la stella e
tira la pelle
sino all’estensione massima
d’elasticità
flessibilità
la chiave
e la forchetta non prendono
di sotto
e otto operai vanno ai cancelli
il basso è orizzontale
quanto a loro
ma a loro padroni
(pare)
e piace come non piace
lo sciopero al tempo della pace tremula
ma una battuta unica
e il grido s’abbassa
una battuta di tutta la classe operaia
e la valle
si sgrassa
p.s. visto che grazie anche a Raimo qui parliamo di bella poesia, questa è solo una mia Perdonatemi la rima scema, non voluta, quasi subita, Ora
b!
Nunzio Festa
Più dell’assenzio
nobile il saltimbanco
prega per noi
l’ambulante proletario
giaci prematuro e fiero,
non vile ma sicuro
come su di un massacro
di città
Sentite gli umori del popolo
Oggi tace
Ascoltate le parole della gente
Domani sarà troppo tardi
Le piazze ora sono deserte
Un piccione becca un tozzo di pane
Un passante incrocia un turista disperso
Un palco vuoto aspetta che il vento
disperda le polveri…
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare
Anch’io volevo scrivere la mia poesia.
Cicciobombo cannoniere
con 3 buchi nel sedere
fa le uova nel paniere
con 2 buchi nella pancia
Cicciobombo vola in Francia.
Niente male il Leopardi, ma è un nuovo autore? davvero bravo…
non è male questo Raimo,
no
MarioB.
non va
ho letto prima i commenti e mi sembravano stupidi e offensivi, poi ho letto la poesia ed ho capito. “sperare, pardon, sparare”!!!!!!!?????? michiedo:
non è meglio leggere che scrivere? raimo non ha pietà di noi?
Caro Christian lo so che non te lo dovevo dire qui davanti a tutti ma tu sei un vero poeta, rall’n’facc’ e non ti fermare.
inoltre, la poesia di Raimo è molto ma molto interessante, Mi piace lo stile di C. Raimo e la Cadenza…
“carino”, anche quell’esperimento a due di Marco Saya, nei post. che l’incipit m’è noto, Ovviamente
b!
Nunzio Festa
…occorre solo sradicarci per restare,
e allora a pezzi o interi
ma che differenza fa?
Bella. Mapi
finalmente.
bella. violenta. che dà quel teatrale di strada di cui si è persa qualche traccia.
ci sono più molotov e fame che fanno male in queste righe che dove ci sono a fare male per davvero
questa è poesia.
un saluto