Anteprima Sud 7:Gianni Scognamiglio /Anna Maria Ortese
L’AUTORITRATTO: UN’ INDAGINE AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO
di
Piero Berengo Gardin e Renata Prunas
Un ritrovamento d’archivio.
Un volto disegnato a matita.
Una dedica autografa: Gianni ad Anna, 23 ottobre ’47.
Una coincidenza: l’ultimo numero di ‘Sud’, settembre 1947.
Un sospetto: il “Racconto a due voci”, a pagina 27.
Una prova: le ‘voci’ di Anna Maria Ortese e Gianni Scognamiglio.
L’autoritratto di Gianni Scognamiglio, inedito e unico, ma soprattutto la dedica, così esplicita e personale, ad Anna Maria Ortese, possono, a prima vista, trarre in inganno: un omaggio particolarmente ‘privato’ all’amica scrittrice.
E’ invece vero il contrario: la relazione sicuramente esiste ma è sostanzialmente mentale e poetica. Entrambi, anime inquiete e tormentate, sembrano tendere, infatti, alla ricerca spasmodica di un qualcosa che ne unifichi e definisca le reciproche identità.
Qualcuno li ha capiti ben al di sopra delle parti e decide di metterli insieme, a confronto, in un contesto editoriale, così come si configura nella pagina di quell’ultimo numero di ‘Sud’, in cui la gabbia grafica, disegnata a spaziature ortogonali, mette in grande risalto i due ‘assolo’ poetici di Scognamiglio e della Ortese – il Racconto a due voci, appunto.
Non basta. La pagina è inoltre molto articolata e complessa nella sua polifonia. A sinistra ci sono due corsivi redazionali (di Prunas? dello stesso Scognamiglio? ); a destra due note sostanziose di Hermann Bahr, scrittore e saggista di estrazione mitteleuropea, uno degli studiosi più noti dei movimenti d’avanguardia del primo novecento. Entrambi gli interventi, a sostegno delle due liriche, possono chiarire molte cose. Se non altro, la posizione di alcune ‘voci’, all’interno dello stesso gruppo ‘Sud’, nei confronti di particolari teorie.
“E’ l’espressionismo”, conclude infatti trionfalmente la nota di Hermann Bahr anche a sostegno di alcune riproduzioni di Emil Nolde, pittore tedesco assai caro a molti intellettuali del tempo, nonché efficace supporto figurativo ai temi e agli stessi titoli delle liriche raccontate ‘a due voci’.
“Ridotto a puro mezzo, sostiene ancora lo scrittore austriaco nella nota, l’uomo è diventato strumento della sua stessa opera; non ha più sensi da quando si è messo a servizio della macchina. E’ questa che gli ha rubato l’anima. Ed ora egli vuole riaverla. Non abbiamo più libertà, …, l’uomo è privato dell’anima, la natura è privata dell’uomo”.
La storia dell’anima è finita
di Anna Maria Ortese (…)
Non la vedremo, non la sentiremo
cantare i suoi semplici
canti mai più. Riposa
in una fossa sotto il sole,
in una città abbandonata
dagli uomini, sotto il sole,
fra le lucertole, accarezzata
da magri fiori che la forte
luce spaventa. Dove sono
le profonde acque azzurre,
i cieli colore di rosa,
le spiagge dove si affacciava?
Dove corrono i venti
che prima la consolavano?
Mai più.(…)
La storia dell’anima è finita.
(…)
E ancora, così conclude Hermann Bahr:
“Di questo si tratta: se mai un miracolo possa resuscitare l’uomo privato della sua anima, annichilito, sepolto (…). Ed ecco urlare la disperazione: l’uomo chiede urlando la sua anima, un grido d’angoscia sale dal nostro tempo. Anche l’arte urla nelle tenebre, chiama al soccorso, invoca lo spirito: è l’espressionismo”.
“Io sono per morire”
di Anna Maria Ortese
“Io sono per morire, e nessuno
si cura di me.
Non la Vergine Maria,
non il suo Figliuolo,
non i loro amici, gli Angeli santi:
nessuno assolutamente
si cura di me.
Scorrono le mie lacrime scintillanti
come dagli occhi di un bambino,
e i miei piedi vacillano e le mie mani
tremano, mentre guardo
in fondo al mio letto
ardere di bellissimi colori
il pavimento dell’Inferno.
No, non c’è grazia per me.”
(…)
“Ecco, il fuoco della Casa s’è spento,
ecco le Mura sono crollate;
ecco, quest’azzurro è il cielo,
e questa musica tenerissima il vento
di marzo, che corre in giro sui prati
fiatando in canne d’argento.”
(…)fin quando sulla collina
tenerissimo suoni il vento.”
Fa da eco, a questo punto, la partitura poetica di Gianni Scognamiglio, ispirata a forme espressive musicali di avanguardia che lui stesso, in quegli anni, coltiva e predilige, nonché punto e contrappunto, a tutta pagina, con la voce della Ortese.
Circolano a tratti, comuni ad ambedue gli interlocutori, toni e contenuti, più o meno sottintesi, di un repertorio implorante e giaculatorio, a volte blasfemo.
“Sinfonia con cori”(1939-1945)
di Gianni Scognamiglio
“Se le nostre bocche sono mute
Le parole di tutti i tempi
Trascorsero nel vento dell’eterno
Non ebbero forse altro suono.
Siamo stanchi di ripeterle senza destino
Ci basta il soffio che langue
Nell’instancabile motore delle mani
Nel passo senza fine delle caviglie.
Il nostro canto non vive più.
Una musica di segni uguali
Resiste all’aria delle notti
Le labbra chiudono il segreto della bestemmia.
(…)
Alla tua morte il tuo padre onnipotente
Volle far tremare nel buio
Ogni cosa della nostra terra
Come non desiderammo la luce!
E se tuo padre ha fatto questo di noi
Quando ci indusse in tentazione la prima volta
Prese te dal verminaio dei sepolti nel sottofondo
Per beffarci ancora di più?
Per offrirci una nuova tentazione?
Per infliggerci una nuova condanna?
.(…)
Quando il sole avrà disseccato il fiume del sangue
E il diluvio del fuoco avrà compiuto il suo lavacro
Allora tu comparirai nel tuo aspetto più mite
A chiedere l’ultima pietà per tuo padre
Ed io potrò finalmente ucciderti e ridere di te per l’ultima volta.
Cosa aggiungere ancora a questa convergenza di prove?
C’è una lettera, per esempio, di Anna Maria Ortese, scritta da Pesaro il 20 maggio 1947 e quindi contemporanea al periodo di preparazione dell’ultimo numero di ‘Sud’, in cui la Ortese chiede pervicacemente a Pasquale Prunas un ennesimo favore: “Infòrmati (domanda anche a tuo padre) se c’è a Napoli un tale Pappacena che si occupa di studi steineriani. E, se c’è, fammi avere a Pesaro il suo indirizzo. Te ne sarò grata infinitamente”. Segue una lista di sedici titoli che riguardano scienze occulte, il mondo dei sensi e dello spirito, fisiologia occulta, Haechel e il mondo della teosofia, Karma e reincarnazione.
A questo punto, Ortese e Scognamiglio, non c’è dubbio, stanno bene insieme, almeno in pagina, perchè sembrano effettivamente condividere, in un particolare momento della loro vita letteraria, un interesse molto vivo anche per il darwinismo, teoria scientifica ereditata dalla filosofia della natura di Goethe, che aveva fornito, tra l’altro, ad un acuto analista tedesco come Ernst Haechel, anch’egli citato in quella pagina, gli strumenti speculativi per un’ emancipazione politica e religiosa dell’uomo. Lo stesso vale per Rudolf Steiner, anch’egli di estrazione germanica, a cui la scuola naturalistica offre la chiave filosofica per aprire, nell’uomo, le porte dell’immanenza di principi trascendenti il suo destino.
Esisteva, allora, o c’era stato davvero, un legame tra Gianni e Anna Maria tale da giustificare l’ipotesi indiscreta di un abbandono affettivo? Un rapporto ideale sicuramente sì, forse addirittura mistico, mediato da pulsioni esistenziali, estatici tormenti e angelici dolori, vissuto traumaticamente da entrambi tra spirito e materia, fisicità e reincarnazione. Ciò che, in conclusione di indagine, potrebbe anche spiegare la chiusura del corsivo redazionale di quel “Racconto a due voci”, chiaramente espressionista, in quello storico, ultimo numero di ‘Sud’, che chiama in causa persino Zarathustra definito, un po’sommariamente, ”un mistico, un uomo”, in cui “spirito e materia sono da considerarsi come entità separate da raggiungersi nell’unità.”
*Brani e note liberamente tratti da: “Racconto a due voci” “La storia dell’anima è finita” – “Io sono per morire”di Anna Maria Ortese – “Sinfonia con cori 1939-1945”, di Gianni Scognamiglio. (Sud, anno II- n°5/7, pag.27, sett.1947).
nella rivista appare di Gianni Scognamiglio, l’autoritratto a matita su carta, 23 ott.’47- (esemplare unico, inedito)
Collezione Renata Prunas
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Domani a Napoli c’è un convegno sulla Ortese e sul carteggio che la scrittrice ebbe con Pasquale Lavadera, uno scrittore procidano.
Pare che ultimamente si stia riscoprendo questa grande scrittrice dimenticata.
“Il mare non bagna Napoli” è un capolavoro del neoralismo troppo a lungo sottovalutato ed è un vero peccato che proprio il manipolo di letterati contri sui la Ortese scaglia i suoi strali ( a volte un po’ troppo velenosi, ma è il fascino del racconto ) abbia alla fine avuto maggiore notorietà rispetto alla sua. Compagnone e Rea ( con tutto il rispetto per entrambi ) su tutti.
Una rilettura di quel testo aiuterebbe moltissimo a capire la realtà napoletana di cui oggi ritronati opinionisti sulla soglia della tomba sono pessimi interpreti e analisti. Come Giorgio Bocca, parlandone da vivo.
E oltre all’analisi sociologica farebbe riscoprire un talento narrativo e poetico assolutamente straordinario.
Favoloso post francesco, ho linkato questo post nel blog di giorgio (che al momento non vuol saperne di infernet) e grazie anche a bruno della sua segnalazione dell’articolo
Ti ringrazio anche QUI
geo
beh … giorgio ha eliminato l’articolo dal mattino di ieri,che gli avevo messo stanotte nel blog, evidentemente nel convegno di napoli c’è qualcosa che non gli piace e quindi non vuole postare nulla.
Per ora TACE.
Ve lo dico solo perchè chiaramente quel QUI che ho linkato sopra ormai non rimanda più all’articolo.
geo
@gEorgia/o
che cos’è questo convegno sulla Ortese? Avete il programma? E’ quello a cui partecipa Renata?
effeffe
sul Mattino di ieri (pagine locali) p. 42 c’è un articolo, lo trovi in rete. questo è l’indirizzo, ma c’è anche un’altra foto, dopo la segnalazione di Bruno avevo postato tutto nel blog di giorgio ma evidentemente a lui non è piaciuto (non so come mai) e allora per correttezza non lo posto neppure nel mio.
Eccolo
http://ilmattino.caltanet.it/mattino/view.php?data=20061107&ediz=NAZIONALE&npag=42&file=SAV.xml&type=STANDARD
Ho visto sul manifesto di oggi che c’è a napoli anche un convegno sulla bachmann
guarda qui
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2006/11/08SI13000.PDF
Che io sappia partecipa ( o ha partecipato ) anche la signora Prunas.
Secondo me il signor Giorgio che ha eliminato l’articolo si è incazzato perchè avra notato fra i relatori del convegno qualche personaggio che compare sul Mattino di Napoli talmente spesso da far venire il leggero dubbio che ci sia qualcosa che non quadra. Anche perchè il personaggio è scrittrice priva di qualunque forma di talento che non sia l’esibizionismo interessato.
Sul “Corriere del Mezzogiorno” di venerdì 3 novembre, a pag. 17, ho letto una dichiarazione della direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli che mi ha letteralmente sconvolto: “L’incontro dell’Archivio di Stato di Napoli con le carte di Anna Maria Ortese è dovuto a un fortunato intreccio di rapporti, che ha condotto infine nel nostro istituto il complesso degli scritti (lettere, appunti, bozze e stesure successive dei testi letterari, poesie, brevi saggi e interviste) prodotti dall’autrice nel corso della sua errabonda e travagliata attività… Ciononostante, qualcosa è andato perduto, a volte per scelta deliberata…”. Prosegue la direttrice: “… sicché il nucleo originario si è già arricchito con le missive indirizzate a… Pasquale Lubrano Lavadera. Quest’ultimo, anzi, ci ha generosamente donato un intero, piccolo archivio… composto, oltre che da lettere autografe… persino DALLA REGISTRAZIONE, CON RELATIVA TRASCRIZIONE, DI UNA CONVERSAZIONE TELEFONICA CON LA ORTESE”. Ieri mattina, a Napoli, durante una pausa dei lavori del Convegno, ho espresso il mio disgusto per questa mancanza di rispetto nei confronti di Anna. L’ho conosciuta (e frequentata) negli ultimi 18 anni della sua vita. Mai avrei potuto registrare una sua conversazione privata per poi rendere pubbliche le sue confidenze. Anna non meritava (e non merita) questo vero e proprio insulto.
Ho ricevuto in dono da Renata Prunas il n. 7 di “Sud” e ho conosciuto Monica Farnetti (in passato nutrivo dei pregiudizi nei suoi confronti): in realtà Monica è persona sensibile e simpatica, oltre ad essere un’eccellente studiosa.
Ieri ho anche definitivamente deciso di non affidare all’Archivio napoletano le 57 lettere in mio possesso e di restare lontano da Napoli il più possibile!
grazie giorgio della tua spiegazione, ora capisco.
Quindi mi scuso di aver postato l’articolo senza consultarti.
Però mi riprometto (col tuo consenso) di postare la foto che c’era sul mattino, non è che sia una foto splendida, ma è una che non avevo mai visto circolare on lne
ciao giorgio
georgia
Il sig. Di Costanzo ha ragione a indignarsi, tanto più se legato da conoscenza o amicizia con la Ortese.
Vorrei aggiungere però che a mio avviso prima di tirare le somme bisognerebbe capire di cosa parlano quelle trascrizioni.
La Ortese è una grandissima scrittrice e non sorprende l’interesse verso tutto ciò che la circonda, compreso ciò che potrebbe essere considerato come privato. E’ il destino dei grandi non avere una vita privata.
Io non conosco Pasquale Lavadera ma mi chiedo se, prima di rendere pubbliche queste cose, non abbia anch’egli effettuato un esame di ciò che rendeva pubblico. Se quelle frasi registrate sono un buon contributo alla conoscenza della personalità artistica che ben vengano, penso io.
Se poi dovessero essere vere e proprie confidenze, sfoghi personali o altro, allora l’indignazione ha la sua ragione di essere.
Mi dispiace che il sig. Di Costanzo chiosi il suo intervento con quelle parole amare. Ne sto leggendo fin troppe di dichiarazioni ( giustificatissime ) di quel tipo.
La Ortese scrisse di essersi molto rammaricata per il rapporto spezzato con Napoli. E anche lei aveva preso in precedenza la stessa decisione definitiva di allontanamento dalla città
Ci ripensi sig. Di Costanzo, per favore.
Non ero presente alla sessione pomeridiana del Convegno e ignoro le “rivelazioni” del sig. Lubrano. In una lettera del 1.III. 1984 Anna Maria mi scriveva, tra l’altro: “… Ma non potrò mai far capire come questo farmi parlare, e riferire, poi al modo di bambini sventati e confusi, qualcosa di una vita – sia (…) una grande (involontaria) offesa e un danno in ogni senso. Ho orrore di trasformare la vita privata in cosa pubblica, portarla fuori… La gente, nemmeno sospetta la differenza tra parlato e scritto. Se io dico qualche cosa – non è lo stesso se la scrivo. Scritto, significa pienamente ‘persona’. Parlato, è la vita a onde che ci muove. Se io ho diffidenza del mio parlato (non lo trovo veramente – totalmente mio) che sarà mai quando questo parlato – recepito in modo confuso da un estraneo – diventa lo scritto di questo estraneo, e mi viene attribuito come un mio momento di verità? Una mascherata, nient’altro…”
Anna Maria si riferisce a un giornalista (tutt’ora vivente) che le telefonò e trasformò una conversazione telefonica privata (tutte le conversazioni telefoniche sono PRIVATE!!!) in un’intervista, addirittura.
Non ho altro da aggiungere e mi scuso per aver “invaso” questo spazio. Ringrazio per l’ospitalità.
mi dispiace per la latitanza di questi giorni ma ero impegnato per lavoro in una cosa che spero di raccontare. Caro giorgio spero ti sia piaciuto il n°7 di sud, che capirai il colmo, hai potuto vedere e leggere prima delsuo direttore artistico, ovvero me, essendo le mie copie ancora in viaggio (e a futura destinazione poste permettendo) Renata me ne aveva parlato, di questo incontro. L’hai visto il ritratto di scognamiglio? Bellissimo vero? Ecco un poeta che veramente l’Italia ha dimenticato. Vorrei tanto poter fare qualcosa per lui. Chi mi aiuta?
effeffe
@georgia
@giorgio
@tutti
telefonerò a Renata domattina per chiederle di sta storia. Che ci fosse in mezzo la Cilento già mi girano le palle ma che addirittura uno dei personaggi mi dice da procida il mio migliore amico e grafico geniale della mia nostra rivista, sia un arrampicatore socio culturale, un pirla delle peggiori specie. ecco una cosa che fa male, ma proprio male. Facessero quello che vogliono ma la mia nostra rivista quella gente lì non la deve nemmeno da vedere.Giorgio siamo in due credo ad avere le palle girate, stasera
effeffe
poi leggo lo splendido post di Jan e lascio perdere le incazzature
effeffe