Buon compleanno, mostro

sorpasso.jpgdi Franz Krauspenhaar 

Da ieri ha 90 anni. Non li dimostra per niente. Sì, ha detto che attende la fine, che ha perso il gusto. Forse scherzava; per allontanarla ancora e ancora, la Baldracca.

E’ un regista straordinario, Dino Risi, sempre in anticipo a serrare nelle mani i costumi spesso strappati della società italiana. Ha segnato più di un’epoca: assistente di Lattuada durante la guerra, ha lavorato anche con un grande scrittore – regista, Mario Soldati. Ha avuto un difficile rapporto con le attrici: Catherine Spaak lo ha definito misogino. E’, invece,  un grande sentimentale, innamorato dell’amore; si è celato spesso dietro a un cinismo che al contrario è sempre stata capacità non comune di guardare le cose con nettezza fino ad andare addirittura contro se stesso, non certo distaccandosi dai fatti e dai sentimenti. E’ fratello di un poeta di quelli veri, Nelo; e anche lui con la scrittura ci ha sempre saputo fare: da quella cinematografica, naturalmente, a quella di certi epigrammi forti e sicuri come rasoiate, ai suoi Versetti sardonici, alla sua bellissima autobiografia, intitolata I miei mostri. Forse 50, forse 60 film, più vari cortometraggi giovanili. Non tutti grandi, molti delle commediole, ma nessuno veramente banale. I migliori: senz’altro Il segno di Venere, del 54, con un cast stupefacente: Alberto Sordi, Peppino De Filippo, Sophia Loren, Franca Valeri, Vittorio De Sica. Commedia corale d’un garbo addirittura seducente. E poi, nel 59, Il vedovo, con Sordi e la Valeri, fatto d’una comicità fredda, nordica, controllata, con quell’humour nero difficilmente reperibile in Italia. A seguire, nel 61, Una vita difficile, con Sordi, un film bellissimo, l’affresco della società italiana dalla guerra al boom dipinto da un idealista di sinistra tradito dai suoi stessi ideali. E ancora, nel 62, il suo capolavoro, Il sorpasso, road-movie con Gassman e Trintignant che narra dell’Italia del boom ma anche di quella fanfarona di oggi, l’Italia spendacciona e sotto sotto tragica e disperata che sempre di più scende la china. Nel 63 è la volta de I mostri, film a 20 episodi uno più graffiante dell’altro, con Gassman e Tognazzi nei panni di un numero impressionante di “mostruosi” caratteri nazionali. Ancora nel 63 un film delicatissimo e poco conosciuto, Il giovedì, con Walter Chiari nei panni di un padre dolcissimo e altrettanto inadempiente. Nel 64 c’è Il gaucho: trasferta in Argentina, con Gassman, uno stratosferico Amedeo Nazzari e uno struggente Nino Manfredi: storia di una spedizione brancaleonesca di ciarlatani del cinema cinecittadesco nel Sudamerica. Nel 66 è la volta de L’ombrellone, con Enrico Maria Salerno e Sandra Milo, una commedia balneare “falsamagra”, fintamente esile, che è anche studio ravvicinato di una coppia borghese. E così passano gli anni, Dino è il Billy Wilder italiano perchè re della commedia abrasiva, sa giocare su più livelli e fa del cinema estremamente popolare senza separarsi dalla qualità, mettendo in ogni film almeno un guizzo importante, uno scatto di classe felina; non è un virtuoso della macchina da presa, a lui interessa la narrazione, interessa scrivere, con il film che dirige, una storia, più storie. Nel 71 esce Nel nome del popolo italiano, con Gassman e Tognazzi, un film sul rapporto tra grande industria e magistratura, grande prova dei due attori e un finale surreale che ricorda il Fellini di Roma. Nel 74 dirige Profumo di donna, film dolcissimo ma anche amaro e poetico, più amato all’estero che in patria. In Francia Dino Risi è considerato un maestro, qui un po’ meno. Il milanese Risi, di origini altoborghesi, è forse quello che ha saputo dipingere Roma e i Romani meglio di tutti; io credo che se l’avessero spedito a dirigere a Helsinki sarebbe riuscito a fare altrettanto con i finnici. Confesso un amore profondo per questo regista; all’estero uno così non è mai esistito. Uno che ha saputo coniugare con grazia mozartiana l’alto e il basso, che ha fatto ridere per non piangere, che ha staffilato personaggi e costumi sempre con eleganza e un po’ perfida decisione. Ha deciso di ritirarsi dal cinema ma spero che continuerà a scrivere: E la modella al top s’è messa col pittore pop che a letto ha fatto flop; o qualcosa del genere; ecco una delle sue sentenze. Un uomo di fredda ed eccezionale umanità, un malinconico a cui piace ridere, a cui piace osservare gli altri con lo sguardo ipercritico di chi sa amare davvero. Viva Dino. 

(Nella foto: Gassman & Trintignant ne “Il sorpasso”)

3 COMMENTS

  1. Buongiorno,
    Bellissimo il pezzo di Franz Krauspenhaar sull’ Eterno Dino Riso.
    Mi unisco agli auguri e ai complimenti W Dino… “Il soprpasso” e “Una Vita difficile” sono nella cinquina dei miei film di sempre e per sempre… La battutta di Catherine Spaak (BELLISSIMA) a Jean-Louis Trintignant in spiaggia (vestito di tutto punto) “Giovane Werther stà vestito tutto il giorno in spiaggia così o viene a fare il bagno con noi!” è nella mia memoria…
    Tantissimi Auguri e tanta Serenità…
    Baci e Abbracci
    davide

  2. almeno una volta nella vita abbiamo tutti pensato, desiderato, di dare uno schiaffo al “capo” e buttarlo in piscina..! ;)

    W Dino Risi, W le nostre vite difficili

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