Sostila o Berolda balla

sostila-s.jpgdi Stefanie Golisch

Era notte fonda quando una donna, di ritorno a Sostila, sentì all’improvviso provenire voci e musica dalle finestre aperte di una vecchia casa abbandonata. Curiosa, entrò e con suo grande stupore si trovò nel bel mezzo di una festa da ballo. Gli uomini vennero subito a invitarla e lei non si fece pregare due volte. Ballò sfrenatamente tutta la notte finché, verso l’alba, una voce le sussurrò all’orecchio di smettere: i morti sarebbero troppo deboli per una donna giovane e forte come lei…
Non si sa cosa successe poi.
Di quella misteriosa notte solamente un verso è rimasto nella memoria di qualche anziano: pian pian Berolda che i morti han poca forza.
Prima ancora che incominci, la storia della bella Berolda già si interrompe o si perde in un accenno tanto oscuro quanto la valle dalle eterne ombre in cui il suo paese si trova.
A causa della sua particolare posizione geografica in mezzo a fitti boschi Sostila, un minuscolo paese medievale nel val Fabiolo in Valtellina, non viene mai raggiunta dal sole. Nessuna strada la raggiunge, solo due sentieri impervi. Di domenica qualche escursionista cerca – o trova per caso – questo paese abbandonato, dove nel 1930 vivevano ancora circa 100 persone. Fino al 1958 esisteva perfino una scuola elementare e la chiesa del sedicesimo secolo, dedicata alla Madonna della neve, aveva il suo parroco che celebrava puntuale ogni mattina alle sei la messa. Solo negli anni Sessanta gli ultimi abitanti lasciarono le loro buie e umide case nelle quali la vita durante i secoli non era cambiata affatto.
Affidandosi alla clemenza delle stagioni e dovendo rispondere alle necessità della vita quotidiana, le donne di Sostila cucinavano e riscaldavano le case con fuochi aperti, senza camini. Lavavano i panni con l’acqua fredda nel lavatoio pubblico. In autunno, quando maturavano le pere, i bambini riempivano i carri e andavano a venderle nei villaggi vicini. Ancora oggi qualcuno si ricorda la dolcezza ineguagliabile delle pere di Sostila.
I vecchi alberi da frutto ci sono ancora, ma, senza la cura degli uomini, già da tempo non portano più frutti. Si dice che fino a poco tempo fa da qualche parte vivesse un vecchio con una mucca, una specie di eremita, ma nessuno sa se è vero o se anche lui è solo un fantasma, fra giorno e sogno.
Ci sono invece coloro che ritornano d’estate per qualche settimana nel loro vecchio paese. In una domenica pomeriggio può capitare di sentire voci, risate, perfino il pianto di un bambino. Su una panca è seduto un uomo anziano. Racconta che lui e sua moglie vengono ogni estate. Si arrangiano come possono con delle lampade a gas e quando diventa buio vanno a letto, come facevano i loro antenati. Sembra un uomo taciturno e non gli domando come si resiste al silenzio e al fatto che Sostila non venga mai raggiunta dal sole. E’ in una vecchia casa che ricevo la risposta alla domanda che mi vergognavo a rivolgergli. Tra i muri anneriti dal fumo, in un piccolissimo armadio vi è una tazza con crepe nere decorata a fiori. Appeso al muro, vicino al fuoco, un mestolo nero, pieno di buchi. Cosa avrà girato questo mestolo in passato? Patate, probabilmente, castagne, fagioli e polenta, il cibo tipico dei poveri contadini di montagna.
Nessun spazio per i rumori dell’anima.
Questa è la risposta.
In un medioevo che a Sostila è durato qualche secolo in più la vita voleva semplicemente essere sbrigata, soprattutto durante i lunghi inverni, quando la neve rendeva inaccessibile per mesi il paese. E allora, per paura e per rispetto della neve, gli abitanti scelsero la Madonna della neve come loro patrona.
Fino ad oggi, la prima domenica del mese di agosto si celebra una festa in suo onore. Per un giorno soltanto Sostila si risveglia; per tutto il resto dell’anno solo la bella e infelice Berolda attraversa danzando l’interminabile notte.

(Sostila è uno dei miei luoghi prediletti. Non sapevo che Stefanie conoscesse e amasse quel paesino incantato e sospeso nel tempo. Una ulteriore conferma delle nostre affinità elettive. Questo suo breve e prezioso scritto, nato da una visita a Sostila, mi sembra perfetto come racconto di Natale. Come scriveva Cristina Campo: “amo il mio tempo perché è il tempo in cui tutto vien meno ed è forse, proprio per questo, il vero tempo della fiaba”). S.G.

5 COMMENTS

  1. mi è piaciuto molto, mamma, sei proprio una GRANDE scrittrice!anche se molta gente stupida e ignorante non lo riesce a comprendere, tu pensa a tutte quelle persone che morirono nella miseria e nella disgrazia scrivendo alla luce di un lume ormai usato da anni che poi, una volta morti,furono scoperti e diventarono famosi…chissà…forse farai la loro stessa fine…ma anche se non succederà per me e altre persone sei e resterai sempre una GRANDE scrittrice!!!

  2. Grazie, Stefanie| E’ proprio bello, intenso e suggestivo. Come sempre fai, ti metti in disparte e lasci che le cose, gli ambienti, i paesaggi, i personaggi parlino, senza compiacimenti. E riesci, anche nelle storie apparentemente più semplici a penetrare nel fondo, nel nucleo più vero e primitivo. Andrò certamente a Sostila, non la conosco per nulla!

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sergio garufihttp://
Sono nato nel 1963 a Milano e vivo a Monza. Mi interesso principalmente di arte e letteratura. Pezzi miei sono usciti sulla rivista accademica Rassegna Iberistica, il quindicinale Stilos, il quotidiano Liberazione, il settimanale Il Domenicale e il mensile ilmaleppeggio.