Anteprima Sud 8/ Tre poesie di Marco Ceriani
disegno di Andrea Pedrazzini
1
D’uno che nella sua bottega di bolle
d’aria prepara certe strane pozioni
che a storte riluttano e il vetro alle ampolle
smeriglian con mille pelosi magoni
che dire? E d’uno in una bottega ove il fango
si fa e non si sfa che mai dire?
Che al suo banco la ganga fu rango
prima che impresero quei due a fuggire?
Dei due fu lei con gonna tessuta dal tuono
a credere a un inferno reale pensandolo
succedaneo del paradiso che lui vede prono
alle lusinghe di quell’imperfettibile mandorlo?
Così in un emporio di bolle d’aria e d’argille
la morte suggella le sue buste col vischio
come in un frutteto, fornello delle scintille
si smerigliano mele ai ritornelli del picchio.
2
Ti lavi i piedi nella tazza del cesso
poi con la luminaria del freddo calcagno
di sotto in su ti illumini il sesso
che fu, Marat, la tua stanza da bagno.
E il volto bruttato in un tale catino
che il battiloro ridusse a una lamina
col martelletto che incastona il rubino
nell’anel che Pilato hodie quoque riesamina.
Infine in cortile ti lavi le orecchie:
perché le orecchie? C’è un anello in lamiera
al dito di uno che fa certe vecchie
fole in quel catino di argento da fiera.
3
Il mio problema a parole
soffocò il suo lucigno
tra le guance del sole
e quelle avare del cigno
della luna che uccisa
da chi non si sa si rifugia
sotto una stella che in guisa
di passeretta mattugia
canta delle liti di strada
per una precedenza dove ebbe la meglio
un figlio sulle ragioni di un padre
come tra le segnaletiche dei dintorni uno speglio
che raffigura una lite di strada
dove per una precedenza ebbe o non ebbe
la meglio il morente sulla moriturità che ti squadra
tra le segnaletiche sanguinarie di Tebe.
Nota critica
Vorrei qui ringraziare Andrea Pedrazzini, autore del disegno, per la sua generosità nei confronti della nostra rivista e Domenico Pinto, neoredattore di Sud, per aver proposto la pubblicazione di questi splendidi versi. A completamento proponiamo parte della recensione di Antonio Pane, apparsa in Poesia 2002-2003, Annuario a cura di Giorgio Manacorda, Roma, Cooper & Castelvecchi, 2003, pp. 329-330:
“Dopo Iscrizioni e Sèver, passando per Fergana, il più recente dei rari e laconici messaggi di Marco Ceriani denunzia fin dal titolo l’ascesi che lo alimenta. La penitenza dello scricciolo si tempra, per 87 stazioni, alle corde di un trobar clus che strozza sul nascere i senhals chiamati a giustificarlo e del recinto epigrafico che disciplina le oltranze della mente barocca. Ma questo calvario semantico trova contrappeso (e compenso) nello strumento stesso del supplizio: la parola petrosa, compatta, tangibile (a prova di voce) colma di prestigi i crateri di cui si dissemina […] Il suo immaginario non può che riflettere quello, anonimo, del repertorio: manuali, trattati, enciclopedie, vocabolari, atlanti, bibbie, florilegi sono lì ad aspettare chi ne trascelga i cammei, le pedine attese all’alea di nuove dislocazioni. Nella sua orchestra di congiunzioni che dissociano, di interrogative che asseriscono, di avversative che annettono; nel fugato di significanti che si salutano a distanza con automatismi da fantocci sonori, il direttore è come l’ombra che asseconda la Fantasia di Walt Disney, il complice di un terribilmente serio gioco infantile, il regista eliso di un meccano che si adempie nella revocabiltà del costrutto, nell’istantanea eclissi delle epifanie […] Il suo discorso in quartine (battuto su ritmi da filastrocca il cui ipnotismo è accortamente rotto da anticipi, ritardi, scoppi che diresti proprio rubati a Stravinskij) disdegna come inane adulterio ogni logica che non corrisponda alle prensili empatie del primitivo; quindi le sue figure stravolte dall’acido di micidiali analogie sottendono il totem, assembrano un universo araldico, si consegnano alle luminazioni del monaco chagalliano”.
Queste tre poesie mi scivolano addosso, fatico a sentirne la risonanza, forse anche per il passo metrico che ha.
Comunque sempre meglio approfondire e scoprire meglio la voce vera, soprattutto per un giovane poeta.
la seconda la meglio.
Credo che la poesia di Marco sia oggi una delle presenze più vere ed autentiche del panorama poetico italiano. A lui un caro saluto ed un grazie a N.I. per averci proposto questi testi splendidi.
grazie a te, Enrico
effeffe
Grazie, Francesco.
Concordo in pieno col giudizio di Enrico: Marco Ceriani è poeta di assoluto valore, che meriterebbe ben altra visibilità.
forse poco e a discapito del suono?
non so, mi son piaciute
ma grattano raschiano
piallano senza chiarezza
forse anche questa è virtù
me ne frego dei poeti laureati
mi piace che si mescoli il comune
e l’aulico, infine grazie
signor ceriani.