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A proposito di editing (ricevo via mail e pubblico)

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www.lalineascritta.it 14° anno di corso
ottobre 2006-giugno 2007 ideato e curato da Antonella Cilento
con la partecipazione di Rossella Milone
in collaborazione con l’Ass. Cult. Uzeda (www.uzeda.org)
Da aprile a giugno

con Melania Mazzucco e molti altri ospiti…

Laboratorio di Editing: editare e dare forma alla narrazione
Un laboratorio pratico per scrivere e verificare la coerenza delle proprie storie: come si arriva al testo definitivo? Quante stesure sono necessarie? Come si mantiene la coesione di lingua e di trama? L’uso della punteggiatura per ottenere un effetto; la revisione; la rilettura. Un corso con Antonella Cilento dedicato ai materiali dei partecipanti con esercitazioni pratiche e lezioni di editor di grandi case editrici. Ospiti LAURA BOSIO (editor Guanda 13 giugno) e ENA MARCHI (editor Adelphi data da definire).

Laboratorio sul Romanzo e le sue forme

3 APRILE �C 19 GIUGNO martedì h 18.00 �C 20.00

Il romanzo d’intreccio, la narrazione orizzontale e quella verticale, le forme delle storie: attorno ai libri di tre ospiti eccellenti un ragionamento sulla forma attuale del romanzo e della scrittura. Un laboratorio pratico con Antonella Cilento per scrivere storie e per incontrare alcune autrici di grande fama: il 10 aprile MELANIA MAZZUCCO, il 29 maggio LIA LEVI, il 12 giugno LAURA BOSIO. Ogni incontro con l’autore sarà preceduto da un laboratorio propedeutico sull’opera, i temi, e lo stile delle ospiti.

Laboratorio di racconto bonsai e poesia haiku

13 APRILE – 22 GIUGNO venerdì h 17.00 -19.00

“Haiku è quello che succede in questo luogo in questo momento”(Bashō).
Un percorso nella narrazione letteraria per cercare le connessioni tra scrittura narrativa e scrittura haiku. Quattro incontri saranno dedicati al rapporto che esiste tra la forma poetica haiku e la forma del racconto bonsai (la focalizzazione, i dettagli); altri quattro incontri verteranno sulla fotografia e lo haiku come occhio fotografico in quanto forme diverse ma simili di rappresentazione con immagini, scritture, proiezioni per affrontare i temi dell’immediatezza (selezione, zoomata); un terzo ciclo di incontri vedrà la partecipazione di Giuliana Riccio, esperta di teatro butō. Il Butō è una relazione tra il corpo e la natura, un modo per risalire alle origini dell’energia; è un alfabeto, una lingua altra, con il quale comporre la poesia del corpo per giungere alla poesia scritta. Un percorso di dodici incontri pratici condotto da Rossella Milone per scoprire la grazia della cultura haiku.

Tutti gli incontri con le ospiti, autrici e editor, sono acquistabili anche separatamente per partecipanti uditori e studenti.

I laboratori si tengono presso ZEROSTRESS – via Arco Mirelli, 36 (NAPOLI)

ISCRIZIONI E INFORMAZIONI

www.lalineascritta.it info@lalineascritta.it laboratori@lalineascritta.it

tel. 081.2462079, 349.6303260

89 COMMENTS

  1. un corso di corso Antonella Cilento?
    … magari insegna anche come approfittare di ogni cosa per costruirsi uno spot ad hoc per il libro;-)
    g.

  2. corso antonella cilento? dove sta signora? in quale città? era forse una scrittrice coeva e amica di fausta cialente? di cui ho letto vari romanzi?
    (anche noi militari abbiamo un’anima).

  3. Finiranno per fare l’editing di Dostoevsky, teniamoci care le copie che abbiamo.
    Devo dire la verità, quando leggo non mi preoccupo della coerenza strutturale del testo ne di quella verticale tantomeno di quella orizzontale, tanto se c’è una forza trasversale il libro mi piace altrimenti no.
    Con l’opera settimanale “Scrivere” in edicola ci sono allegati dei libretti che dicono tutto, proprio tutto sulla punteggiatura, io ho ancora il testo di grammatica delle medie che è più esauriente ancora.
    Però un incontro con (J)ena Marchi mi piacerebbe davvero, ma fino a Napoli mi sembra troppo, tanto più che quel “data da definire” mi sembra una gibigianna per allocchi.

  4. Antonella Cilento é, secondo me, un eccellente narratrice e le sue conferenze sono molto belle.

  5. “Schizofrenia. Prima si dice male, poi si promuove. Linea editoriale?”
    dice lui.

    Rispondo io. Quando mi è arrivato via mail l’annuncio la prima cosa che ho pensato è stata: quando una persona intelligente legge un comunicato del genere e in particolare il passaggio:

    Un laboratorio pratico (ndp, come se un laboratorio non fosse già un luogo di esercizio pratico) per scrivere e verificare la coerenza delle proprie storie: come si arriva al testo definitivo? Quante stesure sono necessarie? Come si mantiene la coesione di lingua e di trama? L’uso della punteggiatura per ottenere un effetto; la revisione; la rilettura. Un corso con Antonella Cilento dedicato ai materiali dei partecipanti con esercitazioni pratiche e lezioni di editor di grandi case editrici. Ospiti LAURA BOSIO (editor Guanda 13 giugno) e ENA MARCHI (editor Adelphi data da definire).
    mi soffermo su questi punti e ne ricavo il decalogo dell’editor di base (da non confondere con un bravo editor)

    1) la coerenza delle proprie storie
    Immagino Joyce che si fa una lezione (pagandola) dalla signora in questione e che una volta fuori cestina l’Ulisse.

    2) come si arriva al testo definitivo?
    A questo punto una decina di grandi romanzieri tra cui Musil, Borges, Benjamin entra e una volta a casa si decidono finalmente a “chiudere” le proprie opere aperte.

    3)Quante stesure sono necessarie?
    non capisco se questo punto abbia una qualche relazione con l’atto di stendersi (prostrarsi) davanti a un editor o uno studio sul consumo di carta necessaria alla realizzazione di un’opera

    4) Come si mantiene la coesione di lingua e di trama?
    devo dire che una tale formulazione mi fa pensare a uno strumento di tortura medievale. Certo è che secondo un tale assunto Jonesco avrebbe fatto meglio a restarsene dov’era,e lo stesso valga per Celine sepolto vivo dai puristi flaubertiani.

    5)L’uso della punteggiatura per ottenere un effetto;
    di tono tennistico questa affermazione riduce la punteggiatura al solo punto esclamativo

    6)la revisione;
    qui credo faccia riferimento alla necessità di essere revisionisti (negazionisti)

    7) Rilettura
    qui c’è un refuso. Immagino fosse rilegatura e sono saltate delle lettere.
    E’ importante infatti ben rilegare i libri e non regalarli

    8)…
    effeffe

    ps
    @OC
    credevo che il testo da me postato si spromuovesse da solo. Me ne scuso con tutti.
    ppss
    invito tutti a non offendere le persone. Limitatevi ad attaccare un’idea, magari argomentando.

  6. Bellissime iniziative Francesco….
    vedo con piacere che l’haiku sta prendendo piede, non è molto diffusa da noi la sua arte, l’ho scoperto tramite il sito di cascinamacondo, l’idea di tre versi in cui fermi l’istante è grandiosa!

    un caro saluto
    carla

  7. ot, ma mi premeva :)

    Mi sono sempre chiesta:
    perchè uno deve presentare i pensieri di un altro, perchè deve prendere per mano un probabile lettore e spiegargli il significato e il significante di qualcuno che è altro da sé?
    Voglio dire: se io dico una cosa, racconto una cosa, perchè qualcuno deve rifarmi il verso, perchè non lascio che le mie parole arrivino a chi vogliono arrivare così come le ho pensate e disposte in fila che è la mia fila e che non potrà mai essere la fila né del mio recensore né di chi ha la “bontà” di leggermi.
    Le parole che leggo, mi significheranno o non mi significheranno a seconda della mia “esperienza” della mia “sensibiltà” della mia capacità o incapacità di leggere “oltre” le parole.
    Perchè le parole hanno bisogno di essere presentate da altre parole?
    Perchè l’interpretazione dell’interpretazione dell’interpretazione del mio vissuto?
    Perchè si ha bisogno di una mediazione?
    Siamo sempre seduti sui banchi di scuola?
    O funziona come quando si presenta un amico a un probabile “amico”?
    Sono domande stupide? Sono domande idiote? Perdonatemi,
    ma se qualcuno me lo spiegasse io gliene sarei grata.
    Un bacio
    la funambola

  8. “terra matta”, vincenzo rabito, einaudi. autobiografia e romanzo storico, microstoria e testimonianza letteraria di un vecchio siciliano del 1899, semianalfabeta. che di editor se ne futteva.

    e comunque, la benedetti rischia di avere ragione, solo che come sempre spara nel mucchio, tiene i cannoni troppo alti e disturba con l’aria apocalittica-contro dei suoi scritti (la restaurazione ecc.). ha ragione perchè a livelli alti (a livelli della magra ufficialità, della ribalta, dei riflettori, fossero anche di neon) l’editor come lo conosciamo noi in Italia, nell’ultimissimo decennio, si è imposto (ed è già un male: dovrebbe essere tendenzialmente anonimo e ghost, come bazlen…), e si è fatto imitazione come sempre provinciale e raffazzonata della figura omologa negli USA (lì è una cosa/funzione “seria”). cioè è vero che a livelli alti, medio-alti e ufficiali la sua funzione può sembrare in generale un ingranaggio del meccanismo (complesso e sfaccettato) della macchina industriale e seriale e omologata al basso delle nostre lettere (dove anche gli “sperimentalismi”, almeno in narrativa, fanno mercato, sono “fabbricati” per vendere, sono “sussunti”: l’autore in combutta con l’editor).

    poi per fortuna ci sono i rabito. nullatenenti letterari, come diceva Calvino degli autori delle cronache del neorealismo. felici di esserlo, irregolari (come Parise che rifiutava ogni “aggiustamento” editoriale). al massimo gli basta il sano e primario “confronto”, anche postumo, non pensano al mercato.

  9. Minchia ‘stu Rabito. Però l’editor non è solo quello che riscrive e riscrive e riscrive, è anche quello che li trova, ‘sti Rabiti. Baciamo le mani.

  10. No. Grazie. Come se avvessi accettato.
    Mi piacciono però quelli di Kerouac.
    Per favore: niente traduzioni. Non ci provate, o mi strappo i pochi capelli che mi son rimasti. Non rovinatemi pure gli haiku di Kerouac.

  11. Gibigianna, più comunemente chiamata specchietti per le allodole, si tratta di un rudimentale meccanismo a molla con un perno che gira su cui si innestano specchietti che con effetti di luce attirano quelle pollastre delle allodole in modo che il proprietario del meccanismo possa impallinarle.
    Quando mi sento insicuro mi dico; mi piacerebbe fare una bella scuola di scrittura, dove ti insegnano tutto da come scrivere l’incipit a come finire un libro, fino all’ultima parola, cioè il prezzo di copertina.
    Sapere tutto, così non ho più dubbi, avrò-finalmente-la… TEC-NI-CA, LA TECNICA!
    “SI-PUO-FA-RE! SI-PUO-FA-RE!”
    (Doktor Friederich von Frankenshtin)

  12. @mizzica
    Un editor serio ti avrebbe censurato tutte quelle virgolette.
    Va bene che sono gratis, però…

  13. Caro Francesco Forlani: sono indignato e protesto. Lo scorso maggio ho perso un pomeriggio intero per recarmi al Pan di Napoli e assistere a una cagata colossale, curata da Antonella Cilento, una specie di carnevalata – omaggio alla mia amica Anna Maria Ortese… Basta!!! Rigore, per favore! SERIETA’!!!

  14. l’unica ‘insegna’ del genere che non mi fa venire la voglia di sradicare le lettere dell’alfabeto una ad una, è la ‘squola di frittura di via da patova’ frequentata dalla dott.ssa amalia de lana.

    ma qualcuno sa, per caso, a che cazzo servono ‘ste puttanate? a solleticare l’io di piccoli borghesucci annoiati che si scoprono la fregola dello scrittore e sborsano qualche migliaio di euro per sentirsi dire che lo sono davvero?

    che paese di sottosviluppati infelici! manca solo l’invasione aliena dei ‘vomitors’ e siamo al complato. nessuno legge, ma tutti scrivono poesie, racconti, romanzi… scrivono scrivono scrivono scrivono, ma cosa scrivono e per chi, se non legge nessuno?

    tutta gente che ha famiglie molto numerose, presumo.

  15. La composizione si studia in musica, in architettura, in arte… non vedo perché non si debba/possa studiare anche in letteratura. Poi questo, ovviamente, non fa di te in automatico un musicista, un architetto, un artista. O uno scrittore. (se c’è un talento lo elevi alla potenza, se non c’è una cippa, se c’è zero, elevato alla potenza, sempre zero da).
    Solo che le suddette discipline si studiano all’università. Col fatto di aver studiato la grammatica alle medie siamo poi convinti che possiamo anche insegnare la scrittura “creativa”.
    Questo è l’errore vero di tutta la questione.
    (non parlo, nello specifico, delle persone nominate in questo post, che non conosco. Tranne l’immensa Laura Bosio, che da sola merita tutto il corso e anche quello dopo e quello dopo ancora).

  16. è vero paradossale che una scrivente come la Cilento, davvero pessima narratrice, pensi di poter organizzare corsi di scrittura creativa. Ma tant’è… è che ogni tre settimane mi trovo la mail intasata da un suo invito ad un convegno, una manifestazione, una lineascritta qui, una difesa del territorio femminile lì. E’ questo dar vita in maniera così spudorata al mercato, questo mettersi in fila e ‘alluccare’ sguaiatamente che qui si vende robba buona robba per tutti, venite ad imparare.
    Già farei fatica ad accettarlo dal signor Dostoiewsky, perché io quello che devo imparare lo imparo dai suoi libri, sudandoci sopra, non sedendomi al mio banchetto, toh ti sborso i tuoi 70-100 euro e tu te ne torni a casa e ti metti a comporre quella cosa informe che è Sul mare luccica, il libro più brutto mai scritto su Napoli. E tu mi insegni?????

  17. @GB
    La composizione si studia in musica, in architettura, in arte…
    vero, la si studia per diventare musicista architetto; non un buon o un geniale musicista e architetto, ma quegli elementi lì sono necessari per iniziare.
    E a parte l’immensa (slurp)… cosa c’entro lo scrivere con lo studio della composizione. Non è una professione accidenti, non lo è assolutamente, anche se ci si lavora e ha tempi e progettualità… ma quando lo si dà per definitivo questo concetto!?

  18. scusi, dottor Vetro, pur condividendo il senso complessivo di quello che lei scrive, sono costretto, comunque, a farle notare il piccolo ‘graffio’ che ha lasciato sulla (sua) superficie. cosa da poco, comunque.

    mi perdoni, sa, ma se lei viene in libreria a chiedere testi del dottor Dostoiewski, difficilmente le mie commesse potranno accontentarla, magari la indirizzeranno al reparto ‘medicine alternative’, pensando ai libri di qualche pranoterapeuta polacco o a un allievo ubriaco del dottor Bach, quello dei fiori che non servono a una mazza (esattamente come i corsi di cui sopra). ecco, faccia così: chieda le opere di Dostoevskij.

    mi perdoni ancora per questa sciocchezzuola, ma è solo deformazione professionale: tanto né io né lei, almeno credo, abbiamo intenzione di aprire una scuola di scrittura.

  19. La Cilento tormentava anche me, e da un po’ è finita tra gli indesiderati. Concordo con il giudizio di Filippo: La Cilento è una pessima narratrice, però di letteratura sa parlare, per lo meno ho avuto questa impressione l’unica volta che l’ho ascoltata.
    I corsi di scrittura creativa possono insegnare a confezionare un racconto grazioso, con un inizio, uno sviluppo e una fine, ma più che altro insegnano a leggere, secondo me, che non è poco. Ma avrebbero partecipanti se dichiarassero di voler insegnare a leggere Calvino o Tolstoj?
    Deve passare ancora qualche anno e la scrittura creativa entrerà anche nei licei italiani, come avviene in quelli americani dove s’insegna negli ultimi due anni. E allora ci si renderà conto che scrivere una storia non è un miracolo, ma equivale più o meno a scrivere un tema.

  20. Filippo,
    studiare composizione, l’ho detto io, non fa di te un compositore. Conoscere gli strumenti della composizione non fa di te un genio.
    Non ho quindi capito il perché del tuo tono polemico nei miei confronti e la schizzata di quello “slurp” così fuori luogo.
    In ogni caso per alcuni scrivere può essere una professione, non ci hai pensato? Così come lo è per alcuni artisti, per alcuni musicisti, per alcuni architetti, etc.
    Magari (!) questi professionisti della penna conoscessero le regole base. Quante idiozie scribatorie in meno riuscirei a leggere in giro, su brochure, quotidiani, libri, riviste, scatole del sapone, etc.
    Questa cosa che la scrittura ti sgorga da dentro, senza l’ausilio di uno “studio matto e disperatissimo” fa tanto geometra italico che dice che studiare non serve per fare architettura. E poi ci lamentiamo del desolante panorama nazionale.

  21. Certo, invitare la Mazzucco sembra una provocazione. Cosa insegna? Forse queste cose: “(di Paolo Granzotto) Plagio bello e buono mi par invece essere quello – svelato di recente da Claudia Carmina, una ricercatrice dell’Università di Palermo – commesso da Melania Mazzucco. Intere pagine di Guerra e Pace trasferite, col copia e incolla, in quelle di Vita, romanzo col quale la plagiatrice si buscò anche un Premio Strega. E qui una domanda si pone: dando per scontato che i quattrocento giurati dello Strega rappresentino la punta di diamante della nostrana force de frappe culturale e che quindi Tolstoj lo conoscano a menadito, possibile che a nessuno di loro sia venuto un dubbio? O vuoi vedere che votano ciò che non leggono? O vuoi vedere che non hanno mai letto Tolstoj? Comunque sia, colti con le mani nel barattolo della marmellata i plagiatori si difendono tutti alla stessa maniera. Melania Mazzucco come Rosa Giannetta Alberoni (una speciale predilezione per Via col Vento di Margaret Mitchell) o come Enzo Siciliano (idem per Mister Norris se ne va di Christopher Isherwood): «Non è stata un’operazione consapevole». Così se la cava Mazzucco precisando che, virgolette: «Avevo letto con grande passione tutto Tolstoj a 14 anni. In Vita, però, è tornato da solo». Da solo, ma guarda tu che scherzi ti tira Tolstoj. Letto poco dopo l’età della dentizione le si appiccica alla memoria, parola per parola, virgola per virgola, neanche avesse usato Saratoga-il-silicone-sigillante e poi, zacchete, tutt’un tratto – ma non un tratto a caso, esattamente mentre era lì che scriveva Vita – gli ritorna, parola per parola, virgola per virgola, sulla penna. Da solo. Da non crederci, eh, caro Panzera?
    Paolo Granzotto

  22. basta con sti orribili corsi. avete presente come scrive antonella cilento? se non ce lo avete presente beati voi! antonella cilento è come la scuola ti rovina per sempre! scrivere non è obbligatorio si può passeggiare per esempio.

  23. Allora è una cozza ?
    Domanda non ironica, non ho letto niente di lei, esimio BersaglioSeduto..
    Magari invece è una dea, boh ?

  24. Orpo! C’è una ribellione in corso contro le scuole di scrittura.
    Ebbe’, non posso darvi torto: il talento o c’è o non c’è.
    Il talento non può essere insegnato.
    Però: e se le scuole di scrittura mettessero su dei corsi di grammatica?
    Questa per me è una buona idea: servirebbe a molti un buon ripasso della lingua italiana.

  25. Sarebbe sufficiente che le scuole facessero, oltre ad insegnare, quello che devono, non essendo dell’obbligo, cioè selezionare, rilasciare dei bei certificati su pergamena: lei non sarà mai un buon scrittore, ne medio ne scadente, cambi ramo, lasci perdere e un microchip sottocute che quando entra da un editore suona l’antiaerea.
    Oppure una bella università out of broadway che insegni a leggere.
    Ma la scuola è ancora il mito risorgimentale, lo strumento che serve a fare gli italiani, si affida al corso di scrittura alla moda la soluzione di ciò che è impossibile.
    Protesi di lattice.

  26. Avendo da poco terminato la lettura di ‘Per sempre giovane’ non posso che concordare con le opinioni di Gb. Per alcuni la scrittura è davvero una professione

  27. Filippo io faccio l’architetto nella vita, quella è la mia professione. La scrittura è pura passione. Cosa c’entri il tuo commento ancora non lo so.
    Comunque, t’anticipo, sono pessimo sia come architetto che come scrittore, lo so da solo.

  28. Filippo….leggi anche “con la morte nel cuore”….devi conoscere Lanza!!!!
    è troppo forte!
    per non parlare del resto….

    è che Gianni scrive col cuore.

  29. beh…faccio l’esempio con la musica. tantissimi anni fa ho frequentato il CPM (Centro Professione Musica), una scuola che vantava ottimi insegnanti. Gli allievi imparavano dopo un paio di anni a suonare le cover nel modo “più appropriato”. Certo che se i maestri sono degli scappati-di-casa allora è totalmente inutile frequentare qualsivoglia scuola.

  30. Beh, Gianni, non ti conosco come scrittore (ammetto la mia colpa, sigh..) nè come architetto.
    Ma già il fatto che non sei onnipresente, onnisciente, onnipotente e onnisopravvalutato (o no?) come Renzo Piano ti rende un architetto umano, seppur pessimo..:o)

  31. Laura Bosio vale la pena sempre di ascoltarla ( e leggerla). E’ persona di grande talento e cultura.

  32. @paola ed esposito
    La scuola, la scuola, è sempre tutta colpa della scuola. Ma quei rincoglioniti dei sedici diciassettenni no, eh? Gente che scrive X al posto di ‘per’ e mette i cuoricini sulle ‘i’. Intelligenze penose. La scuola fa anche troppo, il problema è che non c’è più niente sotto.

    Esposito, se l’editor avesse letto Mizzica con l’intento di pubblicarlo forse gli avrebbe detto: “meno virgolette please”, ma se poi avesse deciso di inserire il fantomatico pezzo in una rivista o collana universitaria? Allora probabilmente le virgolette sarebbero rimaste. Dipende tutto da chi scrive e a chi si rivolge.

    In generale, lasciate che l’editing si occupi di pratiche e non di metodi o di tecniche di scrittura.

  33. @The O.C.
    “Ma quei rincoglioniti dei sedici diciassettenni no, eh? Gente che scrive X al posto di ‘per’”

    anch’io negli sms scrivo “X” al posto di “per”

  34. forse il rilievo linguistico dei nuovi modelli di comunicazione telematica passa anche attraverso le nuove forme di abbreviazione, assolutamente identiche, nella loro logica interna, a quelle antiche; e senza che chi oggi le pratichi (e chi le deplori) abbia verosimilmente cognizione delle precedenti. l’ “X” al posto del “per” o il “cmq” per “comunque” mi paiono assolutamente identici all’ “alq” per “aliquid” di un tempo. per tacere del fatto che nel lascito capuano si faceva un uso del “k” uguale a quello odierno (k per ch). se si considera, per esempio, che il “lexicon abbreviaturarum” di cappelli conta infinite ristampe nell’arco di circa un secolo, si può immaginare quanta importanza potrebbe avere occuparsi oggi di farne uno nuovo centrato sul gergo e sulle abbreviazioni di stampo telematico. è curioso, inoltre, verificare come, con le mail, si sia avuto uno strepitoso ritorno del genere letterario dei carteggi, praticamente soppresso fino a pochi anni fa dall’uso del telefono. che si sia di fronte ad un inaspettato ritorno della centralità linguistica e ad un recupero, su questo piano, delle capacità logico argomentative? io ho l’impressione che il cambiamento in corso sia straordinario, e, quando si cambia, ciò che permane è solo il classico.

  35. Io ho l’impressione che se glielo andassi a spiegare in questi termini ai miei studenti ti riderebbero dietro per una settimane e mezzo.

  36. E tanto per chiarire, “x” al posto di per e i cuoricini sulle “i” lo scrivono nei compiti in classe di italiano, non in un sms.

  37. Partendo dal presupposto che non tutte le abbreviazioni vengono per nuocere, ad esempio il punto interrogativo è il frutto di una abbreviazione apportata dagli emanuensi che alla fine della frase interrogativa latina ad un certo punto si erano scocciati di scrivere quaero, non si può fare di ogni giovincello un fascio.
    O.C. non insegna in un liceo classico. Certi saggi brevi lasciano senza fiato. Ci sono poche ma sfolgoranti menti tra i/le ragazzetti/e, fidatevi.

  38. magari le sfolgoranti menti delle nuove generazioni le sfiori se hai a disposizione 3, 4, 5, 10 anni e altrettante classi cui insegnare (non solo al cassico, anche a ragioneria crescono scrittori e intellettuali di valore). non settimane mesi spezzoni sparsi che però ti danno la bruciante sensazione che le trasformazioni nella percezione del reale e nella comunicazione, di cui parlava il giovin garufi, non dovrebbero far dormire sonni (troppo) tranquilli.

    del resto, anche all’università, un mio prof. fuoriclasse di lett. italiana, marxista e raffinato, che si pigliava lo ‘scaglione’ M-Z, vedeva progressivamente diminuire la gente in aula, troppo presa dal cazzeggio per sopportare tanta genialità, ma era convinto che, di anno in anno, ad 1, al massimo 2 persone dell’aula “arrivava”. la proporzione di ogni generazione, la promessa data in sorte alle nuove generazioni, è dunque di 1/2 su 70, 80 (in scala).

    e dunque, le scuole di pratiche di scrittura e di lettura, editors, formatori, scrittori-redattori e compagnia bella dovrebbero sporcarsi le mani anzitutto nelle scuole, in accordo con gli esimii prof. e presidi, se davvero vogliono fare, da democratici, “lavoro culturale”. altrimenti, fruttero e lucentini hanno scritto pagine indimenticabili sui creativi-editors di casa nostra (e su altri fenomeni italioti come la convegnite, ecccc).

  39. @ ff

    Per essere cattivi: Benjamin non ha scritto romanzi*, e ha scritto un’opera aperta solo perché è morto prima di chiuderla. Ma il tuo decalogo, inserito apocrifamente, non sfigurerebbe in “Strada a senso unico” :-)

    * ne voleva scrivere uno, un poliziesco, pensa te il casino se lo avesse fatto: ma sono rimasti gli appunti, e il perché non ha trovato il tempo di farlo da solo varrebbe un racconto, se non un romanzo.

  40. Gentile Arcangelo,
    si lavora per quell’1/2 e ci si difende dai 70/80.

    Selezione, merito. Un bel 2 di picche al prossimo amanuense che mi tinge di cuoricini le sue “i”. Così magari se lo ricordano, quello “spezzone sparso” del loro cursus disonorum.

    A proposito, quando qualcheduno mi dice “fidati” (“fidatevi”) mi sa tanto di GF (tipo “tranquillo”, tipo un saggio “agile e prezioso”).

    Segnalo che mi riferivo proprio a puntini e cazzettini di liceali romani. Che non trovai, per esempio, nelle lontane periferie degli industriali leccesi. Luoghi ameni dove lo studente s’alzava compito all’entrar del docente. Ah, la sana retorica deamicisiana!

    E dunque, eccoli i classichetti della futura e prona classe dirigente. Gli scamarci e i protocorona. Le ombeliche e le tettite. Di tutto un po’, nella capitale del sabor.

  41. Il talento è una cosa rara e se c’è emerge in qualsiasi situazione, il problema è non sprecarlo. A parte quelli con la puzza sotto il naso che oramai trovi dappertutto – classico o non classico – una buona scuola con corso liceale classico impara tutte le tecniche per scrivere bene, altro che corsi di scrittura. Se ci capita uno di talento – e la giovin persona a cui mi riferisco io viene da una famiglia normale che giusto giusto arriva a fine mese – è una vera fortuna per l’intero genere umano. E l’invidia, caro O.C., è una brutta bestia che fa sragionare.

  42. Il tono sprezzante e la netta suddivisione in categorie di giovani studenti potrebbe esser presa per tale. Ma forse è solo distanza generazionale e non lotta di classi – scolastiche e non.

    Brect sì che c’azzecca sempre:

    Attenti ai seduttori,
    poiché non c’è ritorno.
    Già si diparte il giorno,
    sorge il vento notturno,
    domani più non c’è.

    Non fatevi truffare,
    la vita è così poca.
    Bevetela a gran sorsi
    e non sarà mai basta
    quanto la lascerete!

    Bando ai falsi conforti!
    Non c’è tempo da perdere.
    Ai beati la muffa!
    La vita è il non plus ultra,
    è tutto ciò che avete.

    E poi non c’è più nulla.
    Fatica e consunzione!
    A che darvi altre pene?
    Morrete con le bestie,
    altro non ci sarà.

  43. Senza arrivare all’editing, mi fermerei alla cdb: B. Brecht.

    @sitting: in un mondo flessibile uno mica fa solo il professore. In un mondo inflessibile sì. E crede anche che sia una missione. Così arriva a 60/65 anni e gli resta solo un gran depressione.

  44. D’accordo con te, O.C:
    ‘Libero è colui che può decidere altrimenti’ (Rosa Luxemburg).
    Per certi versi, la flessibilità è la vera rivoluzione (avere 2, 3 vite in 1). Quasi un’utopia.

  45. O.C. scusa mi sono mangiata qualche lettera dalla fretta. Brecht Bertold, certo.
    Spero la traduzione sia andata meglio.
    Non faccio l’insegnante ma ciò non mi salva da tutto il resto.
    I miei ossequi.

  46. pressione, depressione…
    fatto sta che adesso mi arriva l’idraulico a montare la caldaia nuova…..
    la birra in frigor c’è….

  47. sitting targets, del cazzeggiare con lentezza (cazzeggiare stanca).
    Preferisco il rumore del mare.

  48. Che poi non è detto che una prof depressa sia per forza di cose un gran male. Quella che supplisco, per esempio, mi ha detto: “Per favore, faccia lezione senza scadere in letture d’amore”.

    Credo si riferisse a Moccia, quello che furoreggia tra i 16 e 17enni; il sosia di Verdone più amato dai ragazzetti di Roma Nord; quello che ieri sera è stato incoronato da tutto l’arco della critica istituzionale: Solinas, Cotroneo, Ravera.

    Ci credo che a una povera prof che tentava di spiegare Manzoni, o “il” Manzoni, come lo chiamano i suddetti cervelletti, poi gli è venuta la depressione.

    A proposito di pressione, invece, direi che mi è salita a mille a sentire in che modo il ‘ritorno al privato’ di Tondelli sia stato preso e normalizzato e diffuso e fotocopiato da Moccia e i suoi mocciosi.

    Interessante anche notare come mr. Valori Irriducibili, Julien Ferrara, tanto attento a bacchettare i videofomani della 3B, quando poi ha sentito che “il” Moccia vota a destra gli ha detto ma che simpatico che bravo che fanciullino è codesto scrittore milionario.

  49. Ripeto la domanda: ma Federico Moccia è uno scrittore ?
    E no, eehhhh ?????? (direbbe qualcuno…;o)..)

  50. Cara Barbara,
    certo che lo è. Ieri citava Conrad, ed è anche simpatico, viste le sue ascendenze. Il problema sono i suoi lettori. Che leggono Moccia, si accontentano di Moccia, e credono che la letteratura ruoti intorno a Moccia. Più probabilmente non leggono Moccia, vedono i film adattati dai libri di Moccia, e credono che la realtà dei giovinetti di Roma Nord sia proprio quella. Ci credono anche Lord Ferrara, Miss Ravera, Sir Solinas e Madame Cotroneo. Ci credono, al “realismo socialista”.
    Saluti

  51. moccia non è simpatico e non è neppure uno scrittore e pietosi erano tutti quei fantasmi a otto e mezzo che dicevano una cazzata via cazzata compreso il terribile cotroneo che diventò famoso sotto nick cartaceo dicendo male di tutti proprio tutti, e tutti lo amavano perchè odiavano il buonismo, poi disse bene di qualcuno, uno solo, parlò bene di bevilacqua e allora, allora il re fu nudo e a quel punto divenne scrittore, tiene corsi di scrittura creativa e tutte le balle che vanno di moda ora (e allora)… però nessuno da allora crede ad una sola parola di quello che dice, nè in bene, nè in male … pessima trasmissione, però la frase di Conrad non era male dai … ma era Conrad non Moccia, infatti secondo me gliela ha consigliata il suo agente-editor (futuro scrittore):-).
    I grandi del passato servono ancora … come aforismi naturalmente e solo da mettere in bocca ai mediocri in televisione … infatti l’ndice di gradimento a quel punto è salito, e tutti si sono guardati e detti: Però moccia, mica male :-)
    geo

  52. scamarcio iera il corpo del cavallo ammaziato nel fronte co l’autriaci che sparaveno a tutti vandi il cannuni forte forte finocchè ce venne nullo suono.

  53. Ho visto solo l’inizio della trasmissione con Moccia&Compagni di Merende..:o).
    Mi è bastato infatti sentire Ferrara lodarlo per l’originalità dei titoli dei suoi libri (ma ‘ndove ??), nonchè sentire l’audio di Moccia (nel senso che c’ha una voce finta, da fumetto, che non si può proprio sentire, anche se magari di questo non ha colpa…) per cambiare canale sentendomi moltoooooo superiore a tutti loro anche leggendo solo la Settimana Enigmistica strategicamente posizionata in the toilet…:o)
    OT:
    Di quello che va blaterando Ferrara nelle sue trasmissioni mi sono presa nota solo di una cosa (in relazione alla gogna mediatica di Vallettopoli): e cioè che il New York Times, accanto alla testata, riporta un motto interessante:
    ‘Only news fit to print’ (Solo notizie pubblicabili)
    Che suona molto bene, anche se magari pubblicano del ciarpame anche loro, eh ?

  54. @sergio
    dovremmo prima metterci d’accordo su cos’è un romanzo. Borges odiava il romanzo in un’accezione ben precisa. Cosa ci impedisce però di pensare che l’opera borgesiana (i suoi libri) non ne fossero uno?
    Benjamin ha scritto dei racconti a mio modestissimo avviso romanesques (Rastelli raconte, è il titolo in francese)
    effeffe

  55. Caro signor Rabito,
    dovremmo iniziare a scrivere tutti così. Non immagina quante storie ho letto come la sua, in questi ultimi anni trascorsi nelle retrovie.
    Un saluto.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017