Complementarità e dintorni 7

di Antonio Sparzani

L’oggetto dell’indagine condiziona pesantemente gli strumenti dell’indagine. Così si era detto nella puntata precedente.
Per andar dentro quest’idea, facciamoci questa domanda: ma mentre pensavano a tutte queste cose, che cosa avevano di mira quei fisici degli anni venti e trenta, cos’è che li agitava e preoccupava, cosa dovevano spiegare?
Quello che volevano spiegare era niente più e niente meno che la struttura della materia, sarebbe a dire, perché mai gli elementi che troviamo in natura (idrogeno, elio, rame, alluminio, manganese, itterbio, gadolinio [sì, c’è anche il gadolinio, una “terra rara”, così chiamata dal nome di un illustre chimico finlandese, Gadolin; c’è un delizioso sito che dice tutto su tutti gli elementi della tabella periodica, visitate, se siete curiosi, non morde]) hanno le proprietà che hanno, perché, capite, perché. Cioè in che modo la loro struttura atomica determina le loro proprietà. Un compito molto complesso cui lavorarono i migliori per decenni. Ma le cose di base, confido io, le posson capire tutti, soprattutto naturalmente adesso che le hanno già scoperte. Un po’ alla volta si è formato un quadro, prima parziale, a pezzi e bocconi, sempre un po’ aggiustando

le cose in maniera da “salvare i fenomeni” frase chiave di tutta la ricerca in fisica – e non solo in fisica – sòzein tà fainòmena, lo si sapeva fin dall’antichità che quello era il verbo. All’inizio del Novecento si pensava che l’atomo (ma c’era ancora chi non credeva affatto alla natura atomica della materia, tra cui il grande Duhem) fosse un pastone indistinto con dentro cariche positive e negative tutte mescolate. Ma un po’ alla volta…

Allora, al centro dell’atomo s’è capito – un po’ alla volta – che c’è un nucleo composto solo da cariche positive, soprannominate protoni e da particelle senza carica, dette neutroni. E le cariche negative stanno tutte sparpagliate attorno, e in mezzo un vuoto immenso. Ma tutto il punto era, sparpagliate come? Come ho già detto, il problema va ricondotto a questo: cosa siamo in grado di misurare, con gli strumenti che siamo riusciti a inventarci? Risposta, siamo in grado di misurare le energie. In che senso? Siamo in grado di vedere gli spettri, cioè di vedere quali sono le energie che un atomo assorbe volentieri e quelle che, in certe condizioni, spontaneamente emette.

La logica di questo ragionamento è abbastanza semplice, se si tien presente il seguente
Antefatto: nell’anno 1900 tondo tondo (l’anno di nascita di Pauli, tu guarda le coincidenze) Max Planck aveva, sulla base di certi risultati che qui mi dovete lasciar omettere, assai arditamente ipotizzato che l’energia può essere scambiata tra radiazione (che vuol sempre dire radiazione elettromagnetica, cioè onde radio, infrarosso, luce visibile, ultravioletto, raggi X, raggi gamma e via così) e materia non in quantità arbitrarie ma solo in quantità multiple di una quantità piccola piccola ma finita. Se chiamiamo 1 questa quantità minima, allora la radiazione e la materia non si possono scambiare energia 1,5 o 3,88, no, solo 1, 2, 3, 4,… Cosa stupefacente per quel che se ne sapeva fino ad allora, ma era il solo modo, a quanto pareva, per salvare i fenomeni. E questo fu, in buona sostanza, l’inizio di tutto.

Se vi state chiedendo, come sospetto, cosa mai sarà questo “scambio di energia tra radiazione e materia”, la risposta è molto semplice: quando “il sole entra dalla finestra”, espressione fortunatamente molto metaforica, e scalda le cose, l’aria stessa e la vostra pelle, questo è scambio (in questo caso cessione) di energia tra radiazione (la luce del sole) e materia (tutto quanto il sole scalda). Quando un pezzo di ferro rovente diventa rosso, è la materia che emette radiazione tutt’intorno. (Il pezzo di ferro emette radiazioni anche se non è rovente ma è a temperatura ambiente, solo che ne emette poche e su lunghezze d’onda che non sono percepite dal nostro assai limitato rivelatore di radiazioni: la retina). Ci sono modi per isolare questi fenomeni di scambi energetici e quindi di misurarli con una certa precisione e questo ha fornito per l’appunto il materiale ai fisici del primo quarto del secolo scorso per tutte le loro variopinte riflessioni.

Allora, insomma, il problema era giustificare – a partire da qualche ben messa ipotesi sulla costituzione dell’atomo, ad esempio sullo ‘sparpagliamento degli elettroni intorno al nucleo’ – il fatto che il tale atomo fosse in grado di emettere quelle tali energie e non quelle tali altre e che fosse analogamente in grado di assorbire quelle tali energie e non quelle altre.

Potete immaginarvi che intorno al nucleo ci siano delle ‘posizioni possibili’ per gli elettroni, poche, e tutte le altre, invece, impossibili, proibite. Ma se uno dice ‘posizioni’ sbaglia subito, perché non si tratta di posizioni, luoghi, nello spazio – avete ormai ben interiorizzato il fatto che le posizioni sono misurabili solo con grande difficoltà e soprattutto con grandi margini di errore – quindi è più giusto dire dei ‘livelli possibili’, cioè dei livelli energetici, perché l’energia sì che la sappiamo misurare bene, ora che siamo diventati esperti di spettri. È questa impostazione che ha aperto la strada: supponete infatti di aver verificato, con gli spettri, che un atomo possa assorbire l’energia H. Vuol dire che può saltare da un livello di energia (al momento sconosciuta) E al livello di energia E+H. Cioè vuol dire che potete esplorare il mondo delle energie dell’atomo, misurando le differenze di energie tra i suoi livelli energetici. Naturalmente non è come dirlo, ma è un fatto che conoscendo tutte le differenze di energie possibili, ricostruite un po’ alla volta con pazienza tutta la scalinata delle energie possibili (salvo, come capirete, il primo scalino, ma per quello c’è voluta la teoria). Parallelamente a questo è arrivata una nuova e sconvolgente teoria che ha giustificato questo quadro dei livelli energetici almeno per gli atomi più semplici (idrogeno, elio, litio). La prossima volta vedremo cosa possiamo dire di questa nuova teoria. Ma molte cose, così senza parere, le sapete già.

22 COMMENTS

  1. Ciao Antonio! :-)
    che gioia per gli occhi e per la mente!
    leggerò con più calma questa sera, per ora posso dirti che il frammento che qui sotto ti riporto è molto….molto incisivo!

    “quando “il sole entra dalla finestra”, espressione fortunatamente molto metaforica, e scalda le cose, l’aria stessa e la vostra pelle, questo è scambio (in questo caso cessione) di energia tra radiazione (la luce del sole) e materia (tutto quanto il sole scalda). ”

    uno scambio che è dare e rivecere, giusto?

    a presto
    carla

  2. Caro Antonio, fino a qualche tempo fa mi preoccupava quel vuoto immenso tra elettroni e nuclei. Per obbligata similitudine vedevo la materia fatta più di vuoti che di pieni (e noi siamo fatti di materia…) . Poi però ho riflettuto che l’attributo di sostanza delle cose trova giustificazione nella enormemente maggiore massa dei nuclei rispetto agli elettroni. Un’altra strada lenitiva risolve il paradosso in chiave prospettica. Prendiamo un osservatore solidale con il sole. Egli non avrà difficoltà ad accettare che il sistema solare vede concentrata la maggioranza della sua massa nella stella, pur dovendo ammettere zone di materia poste a distanze superiori al suo diametro. Il che per carità non sposta nulla: se vogliamo ragionare, come dobbiamo, in termini di distribuzione di masse del sistema solare ciò che conta è la densità. Epperò se quell’osservatore si andrà a posizionare su una galassia a un milone di anni luce da noi egli non percepirà quei vuoti ma un unicum inerziale costituito da una nana media e i suoi satelliti e le sue comete. Questo mi conforta dalla minaccia di incorporeità del mio soma.
    Come sempre complimenti e cari saluti

  3. capito nulla.
    dire del sole che entra dalla finestra e ti scalda non significa dire cos’è uno scambio di energie (perché usi sempre il plurale?), ma solo cosa si prova, cosa percepiamo, quando avviene quel tipo di scambio.
    ma nulla sullo scambio stesso.
    nulla su cosa sia l’energia.
    tipo.

  4. L’energia è un qualcosa che possiamo definire solo in quanto scambiata. Esempio: se poniamo un bicchiere sul davanzale di cucina mentre piove quando lo ritiriamo non diremo che è pieno di pioggia ma di acqua.

  5. Antonio, ottimo come sempre, ma non avrei omesso la nota di colore sul COME il povero Planck aveva dovuto ipotizzare arditamente.

    Non ne è mai stato felice e anzi, dovette teorizzare a malincuore una cosa in cui non credeva e farlo proprio perché non riusciva a dimostrare quanto intimamente pensava.

    Esempio, per questo, ancora più grande. Ma meriterre una puntata tutta sua…

  6. Euclid Alone Has Looked On Beauty Bare

    Edna St. Vincent Millay

    Euclid alone has looked on Beauty bare.
    Let all who prate of Beauty hold their peace,
    And lay them prone upon the earth and cease
    To ponder on themselves, the while they stare
    At nothing, intricately drawn nowhere
    In shapes of shifting lineage; let geese
    Gabble and hiss, but heroes seek release
    From dusty bondage into luminous air.
    O blinding hour, O holy, terrible day,
    When first the shaft into his vision shone
    Of light anatomized! Euclid alone
    Has looked on Beauty bare. Fortunate they
    Who, though once only and then but far away,
    Have heard her massive sandal set on stone.

  7. @capone
    “L’energia è un qualcosa che possiamo definire solo in quanto scambiata. Esempio: se poniamo un bicchiere sul davanzale di cucina mentre piove quando lo ritiriamo non diremo che è pieno di pioggia ma di acqua.”

    carlo potresti provare a spiegarti meglio, se ti va?

  8. @ tash

    beh, provo a spiegare secondo il mio punto di vista.
    Quando hai una lastra piana che si trova a una temperatura T1 non ha senso dire che essa ha un calore di tot kilocalorie ma che appunto si trova a tot gradi centigradi (dove la temperatura è una grandezza assolutamente diversa dal calore). Se però la poni a contatto con una seconda lastra che si trova a una temperatura T2, minore di T1, si stabilirà tra di esse un flusso di calore di tot kcalorie nell’unità di tempo. Cioè l’energia termica trova ragione di esistere solo quando è ‘trasmessa’ da un corpo a un altro. Così, e implicitamente, riteniamo che la pioggia possa essere chiamata come tale solo quando rappresenta un flusso, ma se sta ferma la chiamiamo acqua (non diremo mai, infatti, che il bicchiere si è riempito di pioggia ).
    Spero di averti un po’ chiarito le idee, sia pure in maniera grossolana ( del che mi scuso col Maestro Sparzani cui concedo di bacchettare).

  9. ma dov’è il prof. Sparzani?
    questa latitanza non va bene, bisogna rispondere alle domande,
    così mi hanno insegnato i genitori.

  10. eccomi qui prontamente a bacchettare, come dice Carlo. A Tash dico che, di rimando, dopo i suoi commenti io mi sento più incapace di prima perché proprio quando mi sforzo di esser chiaro, lui esordisce “capito niente”, e mi cascano le palle, toc, toc.
    Ma non c’è limite alla mia ostinazione e allora proviamo così:
    tash invero solleva un problema cruciale, cos’è l’energia, cosa che io non ho spiegato, affidandomi a quel significato intuitivo che la parola comunque possiede nella vita quotidiana. Ma ciò è altamente dangeroso.
    Cercando contemporaneamente di raddrizzare un po’ quel che dice Carlo, proviamo a dire così: un corpo materiale (solido, liquido, non importa, a qualsiasi temperatura) possiede una cosa che si chiama la sua energia interna e che è riconducibile alla energia cinetica delle sue molecole (atomi, non importa, i suoi costituenti elementari), cioè energia di movimento, Possiede energia perché le sue molecole si muovono continuamente, nel caso di un solido, ad esempio, vibrando attorno alla propria posizione di equilibrio. Ridotto all’osso più interno: dire che ha una tale energia significa dire che le sue molecole si muovono con la tale velocità (media, naturalmente…). Cioè anche questa energia è ricondotta alla faccenda del movimento, come per una pallina da ping-pong che si muove:la sua energia cinetica è data dalla formuletta che avete tutti studiato nei vostri giovanili anni: 1/2 per la massa per il quadrato della velocità. E’ quella lì, sempre quella lì.
    Però ci sono altre forme di energia, si dice: quella che il Sole (che entra dalla finestra, scalda la pelle, eccetera) manda con i suoi raggi. I cosiddetti raggi sono certe particelle, che ora si chiaman fotoni, che possono trasportare energia nel senso che loro ne hanno (perché ne hanno ricevuta all’inizio) ma possono cederla anche completamente ai corpi sui quali vanno a sbattere. L’energia è un concetto delicato, lo è, non voglio nasconderlo, ma non è sbagliato cominciare a pensarla come legata al movimento. Farò un post solo sull’energia, così si può dir di più e meglio.
    A Simone dico che racconterò la storiellina di Planck, ma ci vuole un po’ di preparazione, sennò te l’immagini cosa mi tira dietro il tash?
    Last but certainly not least, ringrazio così&come per il pezzo bellissimo di questa Edna St. Vincent Millay, che, vergognosamente, non conosco, ma che sarà forse meglio conoscere, e la suddetta c&c potrebbe adoperarsi in questo senso, …

  11. @Sparzani

    Ovviamente mi riferivo al calore come a una delle forme dell’energia. Come il lavoro, l’energia potenziale, quella cinetica, quella interna. Non so, forse come dici tu un’enunciazione del concetto di energia potrà aiutare.

  12. Prof. Sparzani,
    ieri sera ha per caso ha seguito l’intervista alla Margherita Hack?
    Molto interessante!
    …..a parte il Tungsteno, e le stelle che sono bolle di gas,
    è stato detto che gli esperimenti sono necessari per capire la fisica….
    la prossima volta mi spiegherebbe un esperimento?

    sua devotissima carla

  13. Lei dice che non mordono, ma, da quando ho visitato quei suoi elementi, mi sento strana, quall’Arsenico con una redigonte settecenetsca tutta merletti mi ha offerto un té verde dall’acuto profumo di mandorle amare che mi ha stregata, l’Erbio mi ha macchaito in modo indelebile il prendisole bianco, l’Olmio, il più calmio, sta mettendo le prime foglie. Lo Stronzio… beh… non è stato gentile… ma con quel nome! Il Tantalo voleva rapirmi per mettermi laggiù con Proserpina ed Euridice a sospirare. Son fuggita ho richiuso tutte quelle porticine colorate in fretta. Ma qualcuno mi si è infilato fra i capelli, un piccolo ed insistente Dubnio che non se ne vuole andare.

    c&c

  14. cara c&c, mi incuriosisce questo Dubnio, che faccio fatica a trovare nell’autentica tabella mendelejeffiana, ancorché allargata. Consiglierei la mise in questione solo per un appuntamento con un chimique, specie se pizzoso. Il tantalio è un delizioso metallo grigio argento, duttile in mani esperte, e peraltro inattaccabile ad agenti chimici stansard. Non malissimo.

  15. Il Dubnio sarebbe il Ruthefordio, che i sovietici sostenevano di aver sintetizzato per primi a Dubna e quindi proposero di chiamare Dubnio (Db). Gli americani lo sintetizzarono anche loro, ma dopo, a Berkeley nel 69 e pretendevano, i soliti prepotenti imperialisti, che da allora fosse rinominato Ruthefordio. Liti e contese a non finire. Chissà perchè poi, visto che è altamente radioattivo e pare non abbia alcuna applicazione pratica. Ma, visto che ormai i miei capelli hanno sfumature ed aloni verdastri fosforescenti nel buio, simili agli occhi dei gatti, si potrebbe lanciare una moda e quindi applicarlo. Accetto il consiglio di moda cmq…

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato anche due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia, pubblicato presso Mimesis. Ha curato anche il carteggio tra W. Pauli e Carl Gustav Jung, pubblicato da Moretti & Vitali nel 2016. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.