Il ritorno

di Roberto Saviano

Ci sono dei momenti in cui hai l’impressione di attraversare il tempo diversamente, come se secondi e minuti si unissero in una specie di coltre, costringendoti a comprendere che ogni momento ti resterà tracciato nella memoria. Vivere il ritorno televisivo di Enzo Biagi è uno di quei momenti. Quando Loris Mazzetti, giornalista e regista, mi ha portato l’invito di Enzo Biagi ad andare in trasmissione avevo compreso la necessità di quest’incontro, la necessità di partecipare al ritorno di qualcosa che era stato spezzato piuttosto che interrotto.

Enzo Biagi l’ho incontrato a casa sua. Abbiamo mangiato insieme. Lentamente. Parlava con tono chiarissimo, e non sembrava neanche per un momento aver perso la capacità di ficcarsi dentro le questioni e divertirsi a discutere con le cose che pulsano, valutando i veri meccanismi piuttosto che gli epifenomeni. Mi ha parlato come se conoscesse ogni cosa di me, ogni cosa detta, scritta e persino pensata. Discutiamo sullo stato di cose, una sorta di ricognizione degli elementi del disastro. Su una politica che non ha la geometria della buona amministrazione e né l’energia di muovere grandi passioni. Su un Paese spaccato in due, dove Nord e Sud non comunicano, dove tutto possiede un’unica dimensione del racconto, dove sempre meno si conosce ciò che avviene e tutta l’attenzione è rapita dal ginepraio della politica, discutiamo di un Paese dove “il pensiero di un parlamentare rischia di avere un peso maggiore rispetto a quello che accade”.

D’improvviso mi guarda e chiede un’attenzione particolare. “Mi ascolti, bene”, dice, fermandomi la mano mentre mangiavo: “Lei ha raccontato questo Paese, nessuno glielo perdonerà mai. Nessuno perdona in questo Paese quando si viene ascoltati. Nessuno. Troppe persone l’hanno ascoltata, questo non glielo perdoneranno politici, colleghi scrittori, giornalisti, mi creda. Nessuno qui vuole sapere come stanno davvero le cose. Chi lo fa è come se mettesse in fallo tutti gli altri che non vengono ascoltati e per questo non si incolpano ma incolpano gli altri”. Biagi poi racconta di quando era andato al matrimonio di Giovanni Falcone: “Fino alla fine hanno diffidato di lui, solo con la sua morte è riuscito a dare giustizia al suo lavoro. Che la sua strada era la strada giusta per modificare il mortale rapporto tra cosa nostra e politica. Solo dopo la morte tutti l’hanno compreso. Un Paese che riconosce queste cose solo dopo il sacrificio è un Paese malato”. Enzo Biagi non ha perso la lucidità dello sguardo: è complesso discutere, ciò che nelle discussioni è per me citazione, bibliografia, verso tirato giù a memoria, citazione conservata nello stomaco, per lui è memoria reale; ciò che ho letto, lui l’ha conosciuto, incontrato, criticato, ascoltato. E genera una sorta di sensazione di straneamento, come se le mie parole fossero di una materia di inchiostro e carta e lui invece avesse sentito l’odore del sudore di ciò che ho potuto conoscere solo con la mediazione della scrittura.

Una voce ci chiama: “Al trucco”. Ci passano sul viso una specie di ovatta imbevuta di qualcosa. Loris Mazzetti però lo chiama mentre accompagnato dalla figlia Bice sta per andare a sedersi nella poltroncina della trasmissione. Si guardano: “Enzo, cinque anni… Enzo, cinque anni… Ora torniamo”. Biagi si commuove, Mazzetti sembra stringere i denti. È come scoccata un’ora, un momento in cui il veto viene a cadere, aver resistito sembra esser stato il comportamento più corretto, una forza che viene da lontano che ha i muscoli allenati già a superare velenosi pantanti melmosi, il fascismo, le Br, la Democrazia cristiana, il Pci, Tangentopoli. Ci incontriamo nello studio, Biagi mi sorride, e sibila: “Senza il sud questo paese sarebbe un paese mutilato, povero. Non sopporto chi blatera contro il sud”.

Impossibile non vivere una sorta di flashback, vedere dinanzi a lui tutti i visi: mi è apparso Pasolini quando dinanzi a Biagi lancia la sua accusa verso la televisione di massa, quando proclama di credere nello sviluppo “ma non in questo sviluppo”. È come vederseli tutti. Siamo lì nello studio, la regia è pronta. Nessuno sa bene cosa avverrà e come avverrà: è passato molto tempo e quasi ci si è dimenticati di come funzionano le cose, e l’emozione di tutti è palpabile persino ascoltando i respiri, come se tutti avessero fatto una corsa. Siamo invece tutti immobili da mezz’ora. Con Biagi e Mazzetti discutiamo: “Parleremo d’ogni cosa. di quello che si può dire e di ciò che non si può dire. Su quanto è impensabile dire in tv e su quanto dovremmo invece dire, sulla letteratura e sulla capacità di raccontare. ancora questo Paese”. Biagi si è sistemato dinanzi a me, i riflettori caldissimi, le telecamere accese. Gli occhiali di sempre, lo sguardo ai fogli dinanzi a lui e il mezzobusto che ha raccontato un Paese, si materializza dinanzi ai miei occhi. Ogni stanchezza scompare, persino ogni malinconia scompare. Biagi è lì come se nulla fosse capitato, come se nessuno l’avesse cacciato, come se l’ultima intervista l’avesse fatta il pomeriggio precedente, come se fuori la porta fossero appena usciti Mastroianni e Pasolini, ancora fermi sul pianerottolo. Come se tutto iniziasse adesso, ma con un origine di sempre mai interrotta. Come se tutto dovesse ancora essere raccontato, testimoniato, come se sino ad oggi si fosse compiuto solo l’inizio del percorso. Tre… due… uno. via.

pubblicato su L’Espresso il 13 aprile 2007

95 COMMENTS

  1. Saviano: un grandissimo che, per nostra fortuna, ce l’ha fatta da subito. Con tutti i pro e i contro (per lui) della faccenda, naturalmente. Non aveva certo bisogno di sentirsi ricordare da Biagi: “Nessuno perdona in questo Paese quando si viene ascoltati”…

  2. leggendo questo pezzo di roberto viene da pensare come sia così anomalo che quelle figure che più sembrano avere a cuore un senso, un’idea quasi sentimentale, personale di che cosa è l’Italia, vengono considerati come dissidenti. pasolini, falcone e adesso biagi, è vero, che forse sono tra i pochi che fanno parte di un canone condiviso di Italiani nel Novecento, un canone quasi risorgimentale, eppure il loro contributo in vita deve espletarsi in un modo che abbia un principio carbonaro al suo interno.
    però vorrei sottopporre, fra qualche momento semmai, facendo un po’ respirare il post di roberto, finalmente di nuovo “in riserva”, un articolo di daniele giglioli illuminante sulla costruzione dell’identità attraverso il meccanismo della vittimizzazione.

  3. L’articolo di Roberto è molto bello, efficace. Ma, anche seguendo quanto dice Raimo, se il fenomeno è questo, resta la domanda: perché accade questo. Perché non si è perdonati? In attesa di una risposta che non sia però un’altra domanda

  4. Mi ascolti, bene”, dice [Enzo Biagi], fermandomi la mano mentre mangiavo: “Lei ha raccontato questo Paese, nessuno glielo perdonerà mai. Nessuno perdona in questo Paese quando si viene ascoltati. Nessuno. Troppe persone l’hanno ascoltata, questo non glielo perdoneranno politici, colleghi scrittori, giornalisti, mi creda. Nessuno qui vuole sapere come stanno davvero le cose. Chi lo fa è come se mettesse in fallo tutti gli altri che non vengono ascoltati e per questo non si incolpano ma incolpano gli altri”.

    Le parole di Enzo Biagi sono probabilmente giuste; e tuttavia va considerato che esiste titanismo e titanismo. Esiste il titanismo di un giornalista quasi ottantenne (quando Biagi trovò il coraggio di dire le cose come stavano aveva quasi ottant’anni e una posizione consolidatissima), ed esiste il titanismo di un giornalista quasi trentenne (quando Saviano ha cominciato con le sue denunce aveva ventisei anni, ventiquattrto addirittura). Enzo Biagi è un giornalista imprescindibile: questo anche se si ama o si odia, se lo si considera grande oppure stato un personaggio che per lungo tempo è stato un ingranaggio del funzionariato. E, però, al cospetto di persone come Roberto Saviano, mi pare, Enzo Biagi non può sostenere di aver compiuto gesti particolarmente eroici – sia pure non sostenendolo direttamente, ma attraverso eleganti allusioni -: Enzo Biagi era un giornalista autorevolissimo che ha messo in gioco la sua autorevolezza e ha perso; Saviano ha fatto qualcosa di diverso, molto più rischioso, molto più lodevole.

    Con questo non voglio dire niente di male di Enzo Biagi, ma soltanto, come dire, cercare di trovare la giusta dimensione tra i due personaggi che, secondo me, è uno scontro fra titani.

  5. Enzo Biagi di questo paese rappresenta la memoria, Saviano l’orgoglio.
    Quindi questo paese è malato, non morto.
    Però ragazzi, non mitizzate Saviano che è giovane.
    Ai giovani il mito fa male: è una confezione che sa già di tomba. Uno che è già un mito a trent’anni da qui in poi potrà essere solo la replica di se stesso. E non è encomiabile per chi lo fa: troppo facile incensare chi è già incensato dall’ipocrisia dei media e da un’editoria che non ha esattamente purezza d’intenti. Cercatevi gli eroi tra chi non ha fama e non ha voce.
    Lo dico perchè a saviano voglio bene.

  6. Il mondo dei politici, che poi è quello raccontato dalla stampa, non è il mondo reale. I politici non interpretano il pensiero degli elettori ma ne impongono uno loro.
    E se la stragrande maggioranza della popolazione fosse favorevole ai DICO?

  7. L’uso della letteratura ed il modo di raccontare di Saviano è implacabile e colpisce al cuore.
    Penso che “chi viene ascoltato quando dice le cose come stanno non viene perdonato” perché è un profanatore.
    Agamben lo ha spiegato a mio parere con grande spessore etico nei suoi ultimi scritti soffermandosi appunto sulla pratica della profanazione, sul modo di restituire al profano – cioè all’uso comune umano – ciò che è stato confinato in una sfera sacra, intoccabile. Normalmente invece gran parte delle energie vengono spese nell’adattarsi allo stato delle cose e chi gestisce “il sacro” gestisce un potere.
    “Il pensiero di un parlamentare rischia di avere un peso maggiore rispetto a quello che accade”: questo perché prevale solo la spettacolarizzazione del reale. Ecco quindi che il Palazzo è distante dal Popolo. Per dirla come Agamben, compito «politico» dovrebbe essere rendere alla profanazione la sua vocazione fondamentale.
    “Nessuno qui vuole sapere come stanno davvero le cose. Chi lo fa è come se mettesse in fallo tutti gli altri che non vengono ascoltati e per questo non si incolpano ma incolpano gli altri”.

  8. che poi, diciamolo: biagi è diventato un eroe della dissidenza solo dopo l’epurazione berlusconiana. prima era un grande giornalista, uno dei “grandi vecchi”, “padri nobili” (di area socialista) o qualche altra frase fatta, cmq qualcuno difficilmente accostabile alla “dissidenza”.
    detto questo, aggiungo: bene che sia tornato, più ce n’è (di bravi giornalisti, “dissidenti” o meno) meglio è, ma adesso dedicarsi a qualcuno di più giovane no, sembra brutto?

  9. Chi ha un’idea sensata di che cos’è l’Italia (che quindi parte dal senso e non dal rispecchiamento del già dato, del già detto) è sì un dissidente, ma è qualcosa di più. Il merito (e quindi per altri la colpa) maggiore di Saviano o di Biagi non risiede nel “dire la verità”, ma nell’averla sdoganata dai territori sacri della dissidenza, da quei territori, cioè, nei quali viene confinata, sacralizzata da chi ha tutto l’interesse che ogni realtà sia fatta di tante piccole verità, inserite in piccole, periferiche caselle non comunicanti tra loro. Sono verità sacre e quindi disinnescate, perché il sacro è il territorio dello scarto (Roberto Terrosi). A Saviano e a Biagi non si perdona il successo, che significa anche fare uscire dai territori angusti del sacro la verità. Però questo è il punto di vista di persone concrete, di politici, di giornalisti accomodanti, di servitori del già detto, insomma. Ma c’è un’altra minaccia, più subdola e secondo me più pericolosa. E questa viene dalla comunicazione di massa. Mario Perniola ha scritto delle pagine molto interessanti sulla natura della comunicazione, la quale è solo un’immensa chiacchiera che riesce a banalizzare tutto ciò che sfiora, disinnescando ogni tentativo di trovare una strada maestra. Perniola afferma che la comunicazione permette tutto e il contrario di tutto, sempre sullo stesso piano. Ecco, per essa la cosa importante è che ogni contributo resti sullo stesso piano degli altri. Ma le parole di Saviano e di Biagi (ma anche di Santoro) fermentano e si staccano dallo sfondo. Questo non si perdona ai due, sul fronte della comunicazione: di non praticare la par condicio dell’Italia sul due (che è la metafora massima di cosa è la comunicazione). Ma la comunicazione è fortissima, è più forte delle minacce della camorra o della Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione di Arcore, riesce a oscurare ogni contenuto e ogni messaggio meglio di chiunque altro e di qualsiasi altra entità. La comunicazione incorpora, amalgama, assorbe l’altro, il dissidente, vuole solo che le sia conceda un po’ di tempo, nei casi più difficili, più ostinati, ma alla lunga essa sopprime i dissidenti “non attraverso il loro occultamento ma attraverso un’esposizione esorbitante e sfrenata”. Si diventa invisibili per eccesso di esposizione.

  10. Anni fa, quando pensavo che la colpa di tutto fosse solo della Dc, non stimavo Biagi, portavoce ufficiale della borghesia, un dinosauro come tanti, non troppo diverso da Zavoli o Bocca o Montanelli. Poi con il tempo, lo sguardo sulle cose cambia ed è cambiato anche l’opinione sui fatti e sul presente. Ed ho rivisto e ripensato il lavoro di Biagi e dello stesso Montanelli. Si muore pompieri, no ?
    Sono d’accordo con Binaghi, scoperto ottimo scrittore ahimè solo da poche settimane, che commenta sempre in tono pacato ma profondo. Sono d’accordo sul valore di Saviano che rappresenta una risorsa per tutti. Suo malgrado potrebbe trovarsi al centro di un processo di mitizzazione pericoloso e distruttivo. Però i tempi sono cambiati, come dicevo prima, e ciò che era vero ieri oggi lo è un po’ meno. Abbiamo, per nostra fortuna, un plotoncino di intellettuali, opinionisti, giornalisti, scrittori, che si sta facendo largo e sta facendo sentiore la sua voce, anche grazie al web. Grazie al web ho conosciuto Binaghi, Nazione Indiana e tanto altro ancora. Qualunque cosa dovesse accadere Saviano e gli altri come lui difficilmente resterebbero soli come accadde a Pasolini.

  11. In modo diverso Floris, Santoro, la Gabanelli, ogni settimana ci fanno vedere i disastri decennali di questo sistema. Sostengo, però, che, oggi più che mai, siano necessari i “cantori della base”, ovvero la gente comune che, partendo dal proprio BUON ESEMPIO, in modo attivo, fattivo e costruttivo “cambi i connotati” allo strapotere mafioso-oligarchico e non solo in tutte le sue più ampie accezioni; uno strapotere che è divenuto tessuto cancerogeno in ogni attività umana.

    Marco

  12. il Paese è peggiorato al punto da farci sembrare un gigante persino Enzo Biagi.
    la deformazione berlusconiana della politica (e della “cultura”) ha evidentemente assunto carattere permanente, il Paese non è elastico e da lì non si torna indietro: quindi anche Biagi è diventato uno dei nostri eroi.
    bon voyage a tout le monde.

  13. Forse perchè non è più tempo di mettere i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Non mi sembra che Biagi sia un eroe, nè una vittima, nè un colpevole. Però ripensare al suo lavoro di cronista dei fatti, come a quello di Montanelli, può aiutare a non ripetere gli errori della storia.

  14. Anche la tua nonnina te lo diceva, caro Valter? :-)
    Una donna saggia, molto. Non dimenticare le sue lezioni.
    I giovani, eh sì, son sogni, incubi irrealizzabili, lontani dalla realtà… anzi, non sanno neanche cosa essa sia, altrimenti tradirebbero loro natura d’esser appunto chimere e nulla più.

  15. I giovani non piacciono perchè si vorrebbe stare al loro posto. Meglio considerarli chimere, lontani, meglio apprezzare i vecchi, che ti danno tempo non ti fanno sentire simili a loro e i nonni non mettono angoscia. I figli si. Io vorrei essere Iannozzi! Non vorrei essere Rigoni Stern!

  16. Enzo Biagi,
    mia zia mi ha parlato tanto di lui, mi regalava i suoi libri….
    è una persona deliziosa,
    una persona che ha un patrimonio di memorie da narrarci…
    una bella persona.

  17. Ammettere le proprie colpe è cosa assai difficile, bisogna essere maturi e saggi abbastanza per riconoscerle, questo Paese non è ancora saggio nè maturo per ammettere i propri sbagli e quindi cercare di porre rimedio perciò non perdona chi lo sveglia dal suo torpore e dalla sua necessità di credere di essere in un Paese libero e democratico. Lucia

  18. @Luminamenti. Ti ho perso un po’ di vista. E ora ti trovo qui. Se sei in ascolto passa a trovarmi. Ho messo una cosa su Aditus che magari può interessarti.

    (primizia di primavera. Traduzione di Mr. Baghètta della prefazione di G. Agamben all’edizione [scusate la rima involontaria] francese delle poesie di Patrizia Cavalli)

  19. Quella di Saviano è parola che entra nel reale e lo cambia, rivolta la terra della vita e gli dà nuovo respiro, la libera, ma rivoltandola scopre anche i vermi che la popolano nascosti. A me non interessa se Saviano è un mito, una chimera o altro, scrive, scrive bene e a me questo basta. Commuove non con il patetico o i piccoli grandi sommovimenti del cuore, ma con la forza travolgente degli eventi, ha dato spessore tragico a ciò che in Italia era farsa o bega condominial-nazionale. Per questo non sarà perdonato,anche dall’editoria che lo sta cavalcando, come non è stato perdonato Dante nel suo esilio (per non aver paura di fare riferimenti ingombranti). Ora sta a noi essere alla sua altezza, all’altezza della sua denuncia, del suo scrivere, dell’uso non frivolo e autocompiaciuto della parola, della sua capacità di dare spessore etico alla deriva pop, cinico pulp della letteratura italiana o di quello che ne era rimasto.E’ stato letto da tantissimi, gente che, come è stato detto, non avrebbe preso in mano un libro neanche per scambio, bene, spero che in futuro venga citato a memoria, per tornare al paragone ingombrante di prima, non come una cantilena senza senso ma con il peso della memoria che entra nella coscienza collettiva e la cambia, o almeno le offre una nuova via, il dubbio del bivio, del vedere un’altra possibilità, cosa che da anni in questo paese non era stato fatto da nessun altro scrittore. E anche se quella strada non avremo il coraggio di percorrerla, non potremo dire di non sapere che esiste…che esiste l’arduo e scabro percorso di un dettato e, quindi di un sapere, tragico e non solo il dominante e rassicurante scorrere dell’attuale chiacchiera farsesca.

  20. E’ sempre difficile entrare in una discussione già così diversificata.
    Non vorrei rivedere in futuro l’ennesimo film o l’ennesima celebrazione, non vorrei rivedere un altro “cento passi” tanto per esser chiari. Questo paese ragazzi è stato sempre malato solo che oggi i dolori si addensano su un corpo smembrato in mille pezzi ognun contro l’altro urlanti. Son finiti i blocchi, le maggioranze silenziose, il rosso il bianco e il nero, il nord, il sud. Ma ogni pezzo di corpo contiene al suo interno uno scontento ce l’ho duro nord e un profondissimo multietnosud, una minormaggioranza burrascosa, il tono informe di un arcobaleno malato e oscuro. Tutto scorre nel grande plasma.
    pepe

  21. Tashtego e Un altro stupito, si può considerare che in fondo Biagi avrebbe potuto tranquillamente non predenre posizione contro il centro-destra, e defilarsi, trincerandosi dietro all’imparzialità del cronista. Evidentemente qualche volta essere imparziali significa essere ignavi e opportunisti, e forse per questa ragione Biagi ha fatto quel che ha fatto, decretando il suo ammazzamento mediatico. In questo io vedo del titanismo, la volontà di compiere un gesto non richiesto e molto al di sopra delle nostre possibilità.

  22. avete presente quell’idiota che, anzichè guardare la luna, guarda il dito?

    ecco, ogni tanto mi sembra che i lettori italiani siano così. se c’è un giornalista o uno scrittore che indica cosa guardare, del mondo, i lettori anzichè guardare il mondo guardano la penna del giornalista.

    a volte vorrei che tutti i libri e tutti i giornali fossero come l’economist: con articoli stupefacenti, e nessuno di questi firmato. è il migliore modo per riflettere su quanto sta scritto dentro l’articolo, senza scivolare nell’effetto placebo che dà la firma al pezzo.

  23. @ Raimo

    “pasolini, falcone e adesso biagi, è vero, che forse sono tra i pochi che fanno parte di un canone condiviso di Italiani nel Novecento, un canone quasi risorgimentale, eppure il loro contributo in vita deve espletarsi in un modo che abbia un principio carbonaro al suo interno.”
    E’ un pò che non facevo un salto nella nazione indiana, ma vedo subito che c’è un viso pallido che parla con lingua biforcuta.
    Raimo, lascia stare lo stramonio e la belladonna, il laudano e la cicuta. Ti stanno indebolendo la vista e la mente.
    E Dio non voglia chi sa che altro.
    Mettere in un’unica sporta Pasolini, Falcone e Biagi è peggio molto peggio della notte in cui tutte le vacche sembrano nere.
    E perchè non Mazzuca e Cannavò?
    L’insopportabile paludamento conservatore conformista di Biagi insieme alla lucida coscienza eroica-erotica-eretica di Pasolini, insieme alla infinitamente legale dignità del martire civile???
    Ragazzi, qui state perdendo proprio la trebisonda :)

    P.s. Saviano, non stai rendendo un bel servizio alla verità. E nemmeno alla tua generazione. Ma una cosa l’hai detta giusta in questo pezzo.
    E’vero, Biagi non ha perso la lucidità dello sguardo. Semplicemente non l’ha mai avuta…
    Confondi però a parte con il tutto, una bella metonimia da letterato… Quella lucida era la testa, ricordi??? :)))
    Vale et ego.

  24. Corrige – la parte con il tutto
    Corrige 2 – sineddoche, non metonimia.

    Perdonatemi se potete, fratelli seminoles. Soy borracho…in vino veritas però.
    Notte.

  25. A me l’effetto placentare del pezzo di Saviano non ha fatto alcun effetto, perché Enzo Biagi e Indro Montanelli – il secondo soprattutto – sono stati, per così dire, quei maestri da cui ho imparato il poco che so. Che l’articolo fosse firmato Saviano, bene, non l’ho neanche notato. A dire il vero non ho letto tutto il pezzo, solo stralci, mi sono fermato al nome di Biagi: morta lì. La stessa cosa che m’è accaduta vedendo l’intervista o quel che è ai Wu Ming associati al nome di Saviano. E poi ho visto che i Wu Ming c’hanno pure la fascetta, “dagli autori di Q”, o qualcosa del genere. Vedi che fra poco esce una edizione con su scritto con una appendicite di Roberto Saviano autore di Gomorra. Hanno capito che la pubblicità è tutto, finalmente. Che la pubblicità vale più del libro? Boh. Ma forse sì. Quindi caro Beccalossi, trai da te le conclusioni, perché di quello che qui c’è scritto io ho visto e letto solo il nome di Biagi. Come chi in mezza a una folla di sconosciuti riconosce comunque un volto amato.

  26. io non capisco perché il fatto che iannozzi ce l’abbia con il mondo in molte delle sue manifestazioni debba essere ribadito così frequentemente.

    ad abate in stato etilico volevo rispondere che: non ho mai particolarmente trovato affascinante la forza retorica di biagi. mio padre quando lo vedeva diceva che portava sfiga, ma credo deducesse questo dal fatto che insomma spesso era un po’ noioso. consideravo soltanto come esiste una schiera di intellettuali che a diversi livelli, e con estremamente diverso spirito, hanno costituito una spina dorsale possibile perché questo paese fosse semplicemente un paese civile. non un paese “normale”, che è il ritratto un po’ agghiacciante che vien fuori da questi giorni di assise firenze/roma.
    falcone, pasolini, biagi hanno sempre avuto un’idea di italia, la stessa che ha cercato – tra le altre tante cose molto meritevoli che ha fatto – di rimettere nel discorso il libro di roberto. quest’idea di non saprei come chiamarlo “interesse nazionale” è un qualcosa di raro.

    la centralità di pasolini, incommensurabile, non sto qui a parlarne nemmeno. mi commuoveva che giorni fa in un quinto scientifico dove faccio tirocinio, alcuni degli studenti si fossero andati a comprare “per approfondire” la storia del novecento di crainz, “il paese mancato”, dove campeggia la faccia di pasolini pensoso. Quel paese mancato lì per me è un bel pezzo della storia d’italia, anzi forse l’unico per cui provo qualcosa.

  27. Solo ho detto che non ho letto se non il nome di Enzo Biagi, e ho fatto un appunto. Poi tu puoi pensare che ce l’abbia col mondo: pure questa è libertà. Ecchisenefrega. E non scomodare Pasolini ogni volta che apri bocca. Questo a me dà fastidio, questo tuo ribadire sempre Pasolini e farlo prezzemolino. Purtroppo non sei il solo. :-(((

  28. Credo che l’essere un gabbiano che vola in alto su queste discariche porti inevitabilmente ad avvelenersi i polmoni coi loro miasmi. L’unica cura possibile per questi mali sarebbe solo una trasfusione di aria. Sperando di vedere sempre più gabbiani che ci gurdano dall’alto.

  29. giuseppe, è possibile che tu non riesca a fare un’affermazione una senza metterci una punta di bile, una notazione che non sia un giudizio un po’ liquidatorio? lo dico davvero appunto senza polemica alcuna.

    rispetto anche a quello che dici di pasolini, magari qualcuno è d’accordo con te, o comunque cerca di istaurare dinamiche dialettiche, non di esaurirle.

    un paio d’anni fa, in grande epoca di anniversari scrivevo questa qui:

    Pasolini è il feticcio dell’Italia sinistr’orsa,
    la pietra dello scandalo in vendita alla coop,
    una tomba che sfuma nei titoli di coda
    sull’ultima falsa nota di Keith Jarrett,
    un’ora di noia oltrepassata prima di cenare
    fuori dal teatro, dar Buiaccaro a soli venti euro,
    una maniera nitida di dire che sì, “Ho avuto Torto”
    prima di scopare e addormentarsi,
    la faccia asciutta di un proletariato
    assorbito solo in foto di palestre,
    la nostra non pedofilia, il nostro cristianesimo
    procrastinato in fretta, la morte che non siamo.

  30. Certo che Biagi, Bocca e Montanelli ai tempi d’oro degli slogan erano considerati conservatori, paludati, di destra, al “servizio del potere”. Gli hanno sparato alle gambe anche a Cilindro. Do you rimember? Il Corriere, dove Pasolini scriveva senza meno, era un “foglio dei padroni”, con quel modo “tutto chiacchiere e distintivo” di incasellare il mondo per cui ci sono voluti anni per sdoganare Pound e Celine dalle etichette. Ma era un atteggiamento colpevole, un conformismo di sinistra cieco e perdente. Gentile Abate, non credo si tratti di mettere tutto in una sporta, ma bensì di guardare le cose con occhi sgombri da molti, pervicaci, dannosi pregiudizi. Lo stesso atteggiamneto intellettuale per cui Pasolini con, come dice lei, la sua “lucida coscienza eroica-erotica-eretica di Pasolini” non esitò un attimo ad esprimere posizioni conrocorrente (Valle Giulia, aborto), senza certo preoccuparsi di dire “cose di sinistra”. La bonomia di Biagi, forse un po’ curiale, dolcemente emiliana, ha come sottotesto una luminosità etica e morale di ferro, che in tempi così spersi come questi, e degna di rispetto e di ascolto.

  31. Io non sono di sinistra. Non di questa sinistra. Che è solo sinistra.
    Non sono di destra.
    Prendo il buono che c’è, secondo il mio metro di giudizio morale civile e politico, da chi fa, non da chi si riempie la bocca di parole.
    Purtroppo a fare sono un pugno di mosche bianche e nemmeno.

    Pasolini, quando scriveva per/sui giornali era più chiacchierato di un Montanelli, ad esempio.
    La santificazione di Pasolini mi fa orrore, mi dà fastidio che lo si faccia prezzemolino. E che lo si faccia santo, e santo proprio non lo era.
    Scriveva per i padroni e pubblicava i suoi libri coi padroni. Lui diceva che occorreva usare i mezzi dei padroni per combatterli. Ma perlomeno Pasolini sapeva scrivere, sicuramente molto meglio dei contemporanei.

    Buona domenica

  32. Fino a quando sarà concessa parola a mitomani come Iannozzi e Theleme questi blog non avranno speranza. Straparlano biliosi e frustrati. Se solo qualche editore vi pubblicasse o foste in grado di scrivere qualcosa oltre i messagini sui blog, quanto sterco ci saremmo risparmiati! Editori pubblicate questi personaggi, salvateci!!! Dategli qualche soddisfazione oltre quella di attaccare gli scrittori che pubblicano e arrivano al pubblico.

  33. Ho riletto il pezzo di Saviano e non ho visto la “sporta” contenitrice di Falcone, Pasolini e Biagi. E leggendo bene penso che chi ha visto questo “sporta” sia in malafede, non c’entra nulla. Al limite c’è un riferimento a Mastroianni e Pasolini, che è quanto di più corretto possa esistere. Il problema è che a volte si parla senza sapere o ricordare. Perchè nessuno ricorda un’intervista a Mastroianni di circa quindici anni fa in cui il grande attore disse delle cose sullo stato della società italiana degne dello stesso Pasolini, anche se con linguaggio diverso. Amavo Mastroianni come attore e personaggio ma dopo quell’intervista lo amai anche come persona.
    E il riferimento a Falcone è caro a Saviano e chi ha letto il suo pezzo sull’Espresso sulla morte di Anna Politskaja e sul rapporto tra verità storica e autori capirà facilmente il perchè.
    Che Biagi non sia considerabile un monumento del giornalismo italiano è un fatto. Ma che abbia dimostrato coerenza e coraggio quando è stato il momento di farlo è altrettanto inconfutabile. Prima di morire Montanelli fece lo stesso, costringendo molti a rivedere il giudizio su di lui.
    Il resto è fuffa.

  34. cerutti gino no, niente censura. sarebbe troppo. sarebbe toglierci uno dei pochi svaghi della vita: l’autopunizione.

  35. “non mitizzate Saviano che è giovane. Ai giovani il mito fa male: è una confezione che sa già di tomba.”

    “Non vorrei rivedere in futuro l’ennesimo film o l’ennesima celebrazione, non vorrei rivedere un altro “cento passi” tanto per esser chiari.”

    Non vi dispiace se mi strizzo un po’ i coglioni, vero?

  36. Dici verità…sitting targets…non possiamo toglierci il peso d’essere uno sfogatoio. Agitiamo ancora il drappo rosso sul muso di questi blogghettari.

  37. Roberto Saviano è intelligente e saggio e in grado benissimo di sopportare l’onda anomala che ne é derivata. E’ uno straordinario cartografo! Gli può fare solo bene (interiormente) l’accoglienza entusiasta del suo lavoro. I costi del suo impegno sono altri e lui lo sa.

  38. Gianni hai ragione un po’ me li sto grattando pure io… :o))
    però che questo paese si ricordi di certe cose solo “dopo” è un fatto. Siamo un paese di post: postcomunisti, postfascisti, postdemocristiani con la memoria solo post mortem e qui mi rigratto i cosiddetti… :o)))
    pepe

  39. @ Jannozzi, quella di Saviano su lipperatura non è una intervista ai wuming, è una recensione del loro libro.

  40. Mi interrogo, da tempo su una cosa in particolare, e vorrei rivolgermi in particolar modo a Raimo, visto che il post di Saviano ha dato modo di appronfondire alcune discussioni.
    Io sono uno di quelli che quando era giovane e antagonista (e dunque molto immaturo e colmo di preguidizi) indentificava Biagi, Montanelli e molti altri come vecchiume insopportabile e retorico, liberali e reazionari. Liberali come se ne poteva avere la percezione 17 anni fa.
    Queste idee, che ripeto, erano dettate dalla personale infatuazione per tante idee che non sto qui stancamente a ripetere, erano anche ripetute da una certa classe dirigente e intellettuale, che con il tempo è molto, ma molto cambiata. Ripeto: sto parlando di 17 anni fa. E le cose sono talmente cambiate in questi ultimi anni che da una parte è giusto rivedere i propri giudizi, ma dall’altra non credo siano maturati in modo sincero, autentico, critico, intellettualmente onesto.
    Non vorrei che tutti i nostri giudizi siano riconsiderati solo alla luce dell’editto bulgaro di Berlusconi.
    Biagi grande giornalista, certo, ovvio.
    E in questi tempi misti e tristi è così necessario il filo con il passato, che solo lui presente, vivo, testimone da più di 50anni di storia italiana, può farlo in modo onesto, ripeto, e senza revisionismi.
    Solo che noi, 30enni, e lo so bene, quando vedevamo l’intervista di Biagi a Pasolini pensavamo che Biagi fosse antipatico e che se ne fottesse delle illuminati analisi sullo sviluppo di PPP. Mentre a noi ci si inumidivano gli occhi.
    Oggi tutto è cambiato. E’ per l’assenza di GRANDI che sentiamo la necessità di mitizzare chi un tempo non gradivamo molto, che non ci emozionava?

  41. @ Marco

    Ma certo, quel che stupisce è vederlo considerare un titano.
    C’è molta gente proba in giro, che non ha paura di dire quello che pensa e di prendere posizione, solo che non appare e non è una firma del giornalismo.
    Questo non mi stupisce.
    E’ il titanismo che viene attribuito solo a lui a stupirmi.
    Vi ricordo l’eroe borghese e se non ve lo ricordate andate ALMENO su google.

  42. Credevo di andare controcorrente, ma a leggere qualche intervento, mi sento meno solo. Ha fatto bene Saviano a ricordare l’intervista di Biagi a Pasolini. Non ero nato, ma quell’intervista è passata più volte in Tv, e ho ben in mente il modo (e il tono) in cui Biagi, in quella occasione, si rivolgeva a Pasolini. Le domande di Biagi veicolavano, insieme all’aspetto di contenuto, un aspetto di relazione che, fin dalla prima volta in cui ho visto quel faccia a faccia – e avevo poco più di 14 anni – non mi è andato giù. Detto all’ingrosso, a Pasolini, quella volta, venne in mente di parlare di cultura piccolo-borghese, e di “cultura media quasi sempre corruttrice”, perché aveva davanti il giornalista che in quel momento, con le sue domande, rappresentava a pieno quel tipo di cultura. E non che Biagi, negli anni, sia cambiato poi troppo da allora. Ergo, siam cambiati noi, e (davanti alla glorificazione di Biagi, e allo spettacolo della sua elevazione a emblema e vessillo della libera informazione) vi lascio indovinare se in meglio o in peggio .

  43. Devo dire che la trasmissione di Biagi non l’avevo neanche presa in considerazione, chissà perché pensavo che non avesse nulla da dirmi, pensavo che fosse un atto dovuto per lo schifo di averlo zittito 5 anni fa, ma che sarebbe stato l’ennesimo salottino, magari più compassato, più a modo ma in fondo… e invece!
    Invece ha cominciato con Roberto Saviano!!!! Con Roberto Saviano!!!!
    Grazie, grandissimi, entrambi!

  44. Stufo di sentir celebrare questo ritorno di Biagi come la restituzione della verità d’opinione all’italia berlusconista.
    Biagi resta quello che era prima. E’ uno che ha svolto per troppo tempo il suo lavoro di giornalista. E’ uno che ha raccontato senza mai indagare sul serio. Non è mai stato una vittima. Solo uno come Berlusconi ne poteva fare una vittima. Viviamo nel paese delle prospettive rovesciate. E ce scurdammo ‘o passato!
    Savia’, almeno tu te la potevi evitare ‘sta sviolinata!

  45. Non mi aspettavo, da parte di Saviano, una ‘marchetta’ a Biagi. Biagi è tutto fuorché una vittima: ha sempre fatto i suoi interessi, magistralmente, evitando i pertugi pericolosi, barcamenandosi da ‘grande saggio’ fra i temi scabrosi del momento, senza mai infastidire nessuno e MOLTO attento soprattutto al suo portafoglio.

    Se anche Saviano si spreca a santificare Biagi vuol dire che siamo messi veramente male. Depresso.

    Blackjack

  46. Saviano era quasi incredulo di essere intervistato da un fantasma della sua infanzia. Emozionato. Sincero.

    Biagi sempre lì a leggere come uno spastico le sue banalità dal gobbo. Per rinnovarsi dovrebbe fare un corso di recitazione.

  47. Gentilissimo Morgillo,

    odio “la polizia delle parole”. Ma in classe ho uno “spastico” e ti assicuro che non è una bella vita.

    Quando sarai intervistato da Biagi potremo annoiarci e annoiarci e annoiarci ancora. Nel frattempo,

    Un saluto cortese

  48. io voglio bene a chi si espone,
    a cuore aperto….
    a chi non ha paura del suo nome.

    Medita su questo….

  49. @ cappuccetto rosso

    Allora mi inviti?

    tra l’altro: ho sempre sognato d’incontrare cappuccetto rosso.
    Ma sei già uscita dalla pancia del lupo o ancora devi andare a trovare la nonna?

  50. Per chi è interessato c’è un pezzo di Aldo Grasso sul Corriere di oggi, “Enzo Biagi, ancora grinta di esploratore”. Si parla anche dell’intervista a Saviano. Camorra, idee sulla letteratura, esperienze e progetti personali.

  51. @ Bruno Esposito

    “Ho riletto il pezzo di Saviano e non ho visto la “sporta” contenitrice di Falcone, Pasolini e Biagi. E leggendo bene penso che chi ha visto questo “sporta” sia in malafede, non c’entra nulla. ”

    Hai mica notato, caro Esposito, che era indirizzata a Raimo la mia epistola-web???? No, non l’hai notato.
    Non l’ha notato nemmen lui, in effetti.
    Ripropongo il mio testo allora. Per chiunque sia interessato:
    ______________
    @ Raimo

    “pasolini, falcone e adesso biagi, è vero, che forse sono tra i pochi che fanno parte di un canone condiviso di Italiani nel Novecento, un canone quasi risorgimentale, eppure il loro contributo in vita deve espletarsi in un modo che abbia un principio carbonaro al suo interno.”

    E’ un pò che non facevo un salto nella nazione indiana, ma vedo subito che c’è un viso pallido che parla con lingua biforcuta.
    Raimo, lascia stare lo stramonio e la belladonna, il laudano e la cicuta. Ti stanno indebolendo la vista e la mente.
    E Dio non voglia chi sa che altro.
    Mettere in un’unica sporta Pasolini, Falcone e Biagi è peggio molto peggio della notte in cui tutte le vacche sembrano nere. Etc etc etc
    ____________

    Non so chi sia in mala fede quindi. Diciamo che ti sei sbagliato.

    @ marco ott. e blackjack

    meno male che ci siete voi. Chi dice cose sensate in questa nazione spesso finisce per sentirsi un matto. Grazie di cuore per avermi risparmiato una seduta dallo psicanalista.

    Infine…non so se alcuni di voi abbian seguito tutto un discorso che feci, ai tempi dell’uscita di “Gomorra”, sull’inopportunità di usare una scorta per farsi pubblicità.
    Ad ogni modo per me questo Biagi che riapre con Saviano e questo Saviano che riapre con Biagi sono l’ennesima dimostrazione di quanto siano graditi ai poteri forti che sostengono di attaccare.

    Vale et ego.

  52. P.s. ci mancava pure Aldo Grasso. Nomen omen.
    La pinguedine gli starà chiudendo gli occhi.

  53. Caro Abate,

    Su Grasso. La sua ultima storia dei telefilm è pura vida.
    Ma che te lo dico affare? Vuoi mettere Lost con Enzo Biagi?

    Saluti danzanti

  54. Abate che palle, noioso e pedante. Quando avrai le palle di Biagi e scriverai come Saviano, ossia mai, forse avrai il diritto di parlare. Per ora le tue blaterazioni sulla scorta, (La scorta la decide lo Stato, non chi viene scortato) mostrano che oltre che alcolista pure ignorante sei. Inviterei la redazione di NI a bloccare questi post di insinuazione.

  55. Questi italiani così intelligenti e colti che hanno sempre capito che c’è qualcosa dietro e che cosa c’è dietro….il loro culo simile alla faccia, ecco cosa c’è!!!

  56. @abate
    Non “diciamo” che mi sono sbagliato, diciamo che “mi sono sbagliato”. E mi scuso, ovviamente.
    E ricordo i tuoi pezzi su Saviano all’indomani delle minacce. Dissentivo e continuo a farlo ma ricordo anche che la tua non era una livorosa acredine verso lo scrittore, come a qualcun’altro è capitato di mostrare, ma era uno sguardo sulle cose criminali diverso dal mio. E ricordo bene anche che ti dissi che il tuo parere, figlio di una rabbia vera, non faceva di te un avversario di chi combatte la camorra, semmai un prezioso alleato.
    E continuo a pensarla allo stesso modo. Abbiamo un disperato bisogno di Saviano ma abbiamo lo stesso bisogno della rabbia di persone che non si rassegnano. Come te e me, penso.

  57. Ho finito di leggere tutti i messaggi (provate a farlo, uno dietro l’altro velocemente. E c’è da pisciarsi dalle risate. E’ tutto molto comico, sembra di essere su un set di quelle…come si chiamano?
    Peccato che la realtà è tragica!

  58. @ Pantagruel

    Non ti avevo visto, sai… eppure se nomen omen, come dicevo prima, dovresti essere molto grosso…
    Auguro a te di avere le palle di Biagi e di scrivere come Saviano. Io non ci tengo.
    Su quel che decida o non decida lo stato di pulcinella in cui vivi faccio cadere un velo pietoso.
    Quello che invece non mi scende molto giù è che tu ti senta in diritto di incitare censura.
    Ne abbiamo già tanta, grazie.

  59. P.s. la mia perplessità maggiore cade sulle palle di Biagi, beninteso. Saviano scrive bene. Questo sia chiaro. E’ il resto che è oscuro.

  60. Scusate se rompo l’idillio. Mi sembra davvero un brutto pezzo, questo qui. Apologetico, verso Biagi. E apologetico in maniera astuta verso se stessi (il giovane che rende omaggio al vecchio, il vecchio che loda l’eroismo del giovane). Non c’è l’approfondimendo di niente, c’è solo un appiattimento su qualcosa che condivido (cacciare Biagi è stato ingiusto, “Gomorra” è un buon libro). Ma così non si va da nessuna parte. Non c’è un pensiero veramente critico, una seria messa in discussione di qualcosa. Ma lodi e vittimismo annondati dallo stesso fascio monocromo. Spero che Saviano esca dall’impasse.

  61. “Ho assistito alla prima puntata del programma di Biagi e l’ho trovata davvero avvincente”. (Silvio Berlusconi intervistato da Antonio Caprarica, “Radio Anch’io, 24 aprile 2007).

  62. Biagi non è MAI stato cacciato dalla RAI: i SUOI legali hanno concordato una buona uscita di tre miliardi di lire, con tanto di accordo firmato, e rifiutato un programma su RAI 3.

    Ora è tornato, con un altro contratto milionario (nel frattempo sono arrivati gli euro), e a 87 anni è ancora lì, la voce impastata, che non ha più niente da dire e da dare se non al suo conto in banca; e si attacca ai Saviano arrampicandosi, come sempre, sul tema scabroso del momento senza nulla aggiungere o togliere alle tante parole già dette. Zero rischi.
    Solo le prebende dei tifosi da raccogliere.

    La conferma? Le parole di Berlusconi riportate nel commento precedente.

    Blackjack.

  63. “Basta essere saliti sul carro di ogni vincitore, essersi inerpicati sulle ideologie più stronze e disfattiste, avere umettato le pliche anali dei Potenti di ogni colore e tempo, e immediatamente siete giornalisti di successo. Aggiungete una decina di by pass, e la dose di pubblica pietà e commozione fa il resto. Sarete dei vaticinatori nazionali, ogni sillaba e preposizione che esce dalle vostre labbra sarà riverita in qualità di oracolo. Dite delle banalità (in modo da avere sempre, in ogni occasione, qualcosa di cui parlare). Ripetete sempre gli stessi concetti. Ditelo con un’aura vagamente inerte e cadaverica. Non muovete le labbra quando emettete suoni. Fate domande insensate. Allora non siete pubblici opinionisti qualunque. Siete Enzo Biagi in persona (ammesso che Enzo Biagi sia una persona)”
    Clarence

  64. Bando agli scherzi, a me non pare di vedere, nel pezzo di Saviano, un’apologia di Biagi.
    Da parte mia, come ho già scritto, trovo disgustosa la glorificazione e l’elevazione a simbolo della libera informazione di una tra le grandi tessere – più che grandi firme – del giornalismo italiano. Ma chi dice che Saviano, con quest’articolo, insaponi il vecchio leccaculo, fa della sovrainterpretazione.
    Saviano sa bene di avere di fronte un sacchetto putido di un altrettanto maleodorante passato che trabocca dalla memoria, ma si emoziona lo stesso, perché fin dal primo momento in cui è sbucato piangente dal ventre aperto fra due gambe spalancate e convulse, Saviano si è alfabetizzato attraverso lo schermo di Cattiva Maestra Televisione, ed è come se in quel momento, Saviano, al posto di Biagi, avesse davanti Goldrake, Baudo o Mike Bongiorno. E noi trentenni, ahimé, col nostro immaginario costruito sullo zapping, siam fatti così, se incontriamo Goldrake, Baudo o Mike Bongiorno ci emozioniamo sempre (ma poi, va detto, ci passa subito), pur consapevoli della mediocrità di questi personaggi (di Baudo e Bongiorno, intendo, non di Goldrake che è immenso)…

  65. Mi pare che Saviano sia contento di partecipare a questa puntata e mostri nei confronti di Biagi il semplice rispetto di un giovane che ha scritto un libro fortunato per un grande artigiano, forse molto governativo in passato ma anche no di recente. Non riduciamo tutto a ideologia: c’è anche il mestiere, come direbbe Tashtego, c’è la perizia e la bravura dell’artigiano che è Biagi.
    Perchè non si dovrebbe riconoscergliela?

  66. Binaghi, se lei continua a scrivere cose così finisce che la elevo a rango di mito nel mio personale olimpo. Guardi che è una minaccia seria.

  67. Effettivamente l’accostamento tra pasolini, saviano , biagi, mastroianni fa un pò strizzare gli occhi. Si tenta di concentrare l’attenzione e si dirada qualche nube. Vedere Saviano emozionato da biagi, magari anche un pò retorico, non ha nulla di scandaloso. Non mi sembra che biagi abbia mai davvero potuto rappresentare il socrate dei nostri giorni, il tafano che perseguita il potere senza tregua. E’ stata la pochezza dei nostri tempi ad elevarlo. Tuttavia abbiamo, in questi anni, dovuto perfino rimpiangere i suoi luoghi comuni e la sua pacata moderazione.
    Saviano è di un’altra razza. Retore o no, eccessivamente ottimista sul potere della parola o no, è un uomo che ha ripreso la lezione di socrate; ha seguito i sentieri della verità senza perdere nè il coraggio nè la tenerezza. Ha raccontato la mia terra facendo capire a tutti che l’economia criminale del Sistema non è affatto un problema locale. Napoli non si trova a Napoli: non credo che tutti i lettori di Gomorra si ricordino questo. Forse, anche Biagi, con quelle domande sul sud e sulla camorra confusa con ndrangheta e mafia, è uno di questi.

  68. Colgo l’occasione per ri-parlare di Gomorra.

    C’è chi ha letto Gomorra tutto di un fiato e chi lo ha letto a piccole dosi per non finire come un pugile suonato alle corde e ricevere una scarica di cazzotti da togliere il fiato. Terminate di leggere le pagine delll’io so di Saviano, ho chiuso il libro e l’ho ripreso dopo due giorni. Quelle parole, come del resto tutte quelle del romanzo, le sentivo inseguirmi e togliermi il fiato. La forza della parola in Gomorra è eccezionale. Gomorra è la Parola, il Verbo. La forza della scrittura, la capacità rivelatrice di Saviano è paragonabile alle pagine più belle, più struggenti e dure di Pasolini saggista.
    Ho letto il libro circa due mesi fa. Certo non ricordo tutti i nomi e tutti i fatti, ma sento che quel libro lo riprenderò e lo rileggerò. Stavolta forse tutto di un fiato. La forza evocativa e immaginifica di quelle pagine sento che mi richiamano e mi inducono a risfogliarle.
    Mentre Moretti vaga per Roma con la sua Vespa, Saviano con la sua Vespa vaga per Napoli dividendosi fra omicidi, obitori e funerali.
    Saviano è un patrimonio nazionale. Dobbiamo essere orgogliosi noi giovani , irrapresentati e irrapresentabili, di avere un coetaneo come Saviano. Finalmente la nostra generazione ha espresso un talento che riesce a dare voce a giovani senza diritti, senza possibilità concrete e reali di futuro.
    La camorra, o sistema parla dell’Italia. Parla di noi. O sistema è dentro di noi, nella grande azienda e nel grande capitale, nelle istituzioni, nei centri decisionali, nella nostra vita quotidiana. Lo subiamo e lo pratichiamo quotidianamente. E’ un sistema alternativo a quello di una democrazia di un Paese civile. O sistema assume contorni sanguinari e criniminali in alcune regioni italiane, ma vive e prospera nel nostro Paese. Esso distrugge il nostro futuro e rende incerto e difficili il nostro presente applicando le sue leggi di Potere in tutti i campi della vita sociale.

    Scrivere oggi che Saviano è un patrimonio nazionale da salvaguardare getta una luce macabra su tutti noi.

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