Persecutori (da)
Sequenze
di
Francesco Forlani
Forse la suggestione di certe figure femminili, eroine travestite da agenti segrete, femmes fatales militari. Le hostess. Un numero infinito. Con uniformi da tagli e colori differenti a seconda delle compagnie aeree o dei paesi di destinazione. Sospese in un corridoio fatto di promesse e miglia da solcare per migliaia, con valichi danzanti tra perturbazioni e vuoti d’aria.
Nulla a che vedere con il personale di terra, quelle con gli sguardi severi, inamovibili, in mille trattative appese ad un chilo di troppo del bagaglio a mano o da spedire. La distanza che le separava era per me la stessa di quella tra le dive hollywoodiane e le cassiere dei cinema. Queste erano solo la porta d’ingresso, le altre, sul volo, angeli arcani che si offrivano ai viaggiatori e lesinavano carezze a passeggeri in ansia.
Non erano le loro grazie ad attirarmi, nessun immaginario morboso. Ciò che osservavo e registravo minuziosamente, con una precisione che allora non conoscevo, è il rito che le hostess eseguono al momento del decollo. Era solo in quel momento che la mente si apriva, e si faceva ricettacolo, spugna. Non potevo dimenticare il modo in cui una hostess della Lufthansa, dai tratti esteuropei per corporatura ed enfasi dei gesti, indossava la maschera d’ossigeno. Il modo di infilarla e sfilarla, mostrando, non senza imbarazzo, le ascelle incamiciate e la punta dei seni incollata al bottone e allo stemma. Non avevo mai assistito a una tale non chalance nel distribuire sorrisi, da destra a sinistra, alla fila di passeggeri del settore assegnato. E avevo pensato quanto quell’applicazione letterale del protocollo potesse essere totalmente sconnessa dagli eventi della vita che pure le avevano lasciato una traccia profonda. Mi ero immaginato, allora, quale distrazione fondasse la precisione di ognuno di quei gesti. Mi ero chiesto che cosa potesse pensare quella hostess quando mimava l’uscita della mascherina dal comparto in alto. A un amante tradito, alla fuga di un figlio, alle prossime vacanze. Certo non a un volo.
E non potevo dimenticare Monica, della compagnia di bandiera per eccellenza, l’Air France, Monica – il nome ce l’aveva scritto in fronte, e poi me lo aveva anche detto, credo – era di una bellezza triste. Non austera, tutt’altro – e con una calza sfilata, ma impercettibilmente giusto un dito sopra l’attacco della gonna. Il suo modo di indicare le uscite di sicurezza, quel mettere gli indici in movimento seguendo l’arco delle braccia e ripetere le stesse sequenze a seconda della lingua con cui la voce dagli altoparlanti rivelava le cose da fare e da non fare.
Forse era il silenzio. Il mutismo delle hostess in quei momenti che rammentava certi giochi da ragazzo in cui non bisognava ridere e tutto si tentava, gesti osceni e boccacce, perché qualcuno cadesse nella parola trappola, e ridesse.
Delle hostess americane invece ricordavo innanzitutto il trucco. Sugli occhi. Come un alone di grigio azzurro su pupille chiuse sul nulla. Le guance rosee, quasi da donne di campagna. Il mento invece era il calcio di un fucile incastonato nel colletto a fiocco. Non il foulard delle francesi, che le faceva regine di seta. Alla spagnola invece, al momento di indossare il salvagente, quasi le erano caduti gli occhiali, e al sorriso sulle labbra umettate erano arrivati scrosci di risate isteriche, era l’equipaggio, felice di volare.
Quel che mi ha spinto ad amarle è questo, poi. L’assoluta disparità tra la messa in scena del pericolo nell’esecuzione del protocollo, misurata, precisa, e la certezza, condivisa da tutti, che qualora si avverasse l’incidente nessuno si sarebbe salvato. Era il silenzio dei gesti che accompagna la futilità delle vite. Dei passeggeri allacciati all’ansia del primo volo, che ti chiedevano se è la prima volta come se parlassero dell’altra prima volta.
Ma oggi, dopo che ho conosciuto la verità di questa messa in scena, dopo che ho visto più a fondo, oltre i semplici gesti, e ho raggiunto la certezza assoluta, oggi a loro che ti chiedono se è la prima volta risponderei così: sarà anche l’ultima. Quando avrò sfiorato il pulsante sulla cintura armata che non hanno scorto ai controlli e i nostri corpi saranno diventati come quelli delle hostess. Meteore perdute tra i cieli.
Racconto pubblicato in
“I PERSECUTORI”(Racconti di desideri e di rivalità), Transeuropa Edizioni , Pagine 278,Prezzo 12.90
stasera siamo qui
http://www.hiroshimamonamour.org/spettacoli.htm
http://www.transeuropalibri.it/?Page=aut_persecutori.htm
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non mi sono mai venuti bene gli aereoplanini di carta, e volavano sempre storti!
Approvo la decisione finale di tenere sempre i piedi ben piantati per terra, eccetto quando nuoti….
;-)
ma queste hostess, sono sempre sempre gentili?
buon racconto, francesco.
Perché se nostro padre è Polemos, nostra madre è Misura.
Ciao Franci,
ho appena ascoltato Aereoplano degli 883,
se posso permettimi di riportare questi mitici versi
a presto
Rina
“Aeroplano dimmi un po’ se ci sono dei laghi tanto grandi che
se da una riva io guarderò l’altra sponda non vedrò
E dei boschi che chiunque ci va deve stare attento perchè incontrerà
un orso che come per magia in un attimo lo porta via
Ma non so se crederci o no
non ci sono stata mai
tante cose io non vedrò
ma tu me le racconterai
Se capirà che passerai per questo grigio cielo
tu lasciami un po’ di tutta quell’immensità
Se capiterà che passerai ancora in questo cielo
regalerai almeno un po’ di libertà”
un beso al chichito muy lungo e perdido
como l’aereo…
domenica salirò di uno di quegli arnesi con la temerarietà infusami dall’immagine di quella calza smagliata e di quella muta di angeli in divisa.Confido che il vostro uomo invece,con tutto il rispetto per le eteree parole della reclame,si trovi trattenuto da un montezuma non da nulla sulla tazza del cesso di qualche altra casa.Qualora non foste in grado di garantirmi queste condizioni opterò per la concorrenza cui fa riferimento il filmato indicato a seguire.Cordialità
http://www.youtube.com/watch?v=E2KylZ7ON4Y
Istruzioni utili, per lo svago e per il volo.
Eppoi, le hostess non sono donne, sono un mito maschile che naviga, lassù.
che simpatico filmato?
ma il tenente Colombo da dove è sbucato?
;-)
@Effeffe,
com’è il trucco sopra gli occhi delle hostess americane?
Te lo chiedo perchè io sono una hostes francese, e stendo solo un velo di ombretto color ambra sul bordo esterno della palpebra superiore….
di celeste ho solo l’iride.
Cuando volver
aquì?
:-(
me lo fai un aereoplano zio Francesco?
ho tanta voglia di giocare, lo faccio volare sul fiume, adesso che c’è un pò di acqua…
@i nipoti tutti
WWWWrrrrrrrrrooooooommmmmm!
@Anastasia
I’m back
@ Air france
regine di seta con ombretto accennato
americane plus Kate Bush in Babooska
effeffe
[…] bene, ed è pure bella a vedersi. Come un buon libro. La cosa più bella che ho sentito dire è di effeffe di NazioneIndiana, che magari ho anche frainteso, ma che suonava come “i blog dovrebbero […]
ho stampato il racconto su un foglio di carta, l’ho piegato e l’ho lanciato dal settimo piano… chissà se qualcuno lo leggerà mai… origames! :)
saluti da zop (dopo il litacmp)
decisamente più letale dell’unicorno di blade runner, questo areoplanino impastato d’emozioni, all’insegna dell’amore per le donne e la vita, e di morte, in inevitabile abbraccio.
piacere della tua conoscenza alla Fiera del Libro.
gran momento quello del litcamp
sto mettendo su un post
sull’argomento
a tutti voi presenti
perchè eravate vivi
e tosti
effeffe