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Ricevo e volentieri Pubblico: Mauro Baldrati

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Rapporto da Alpha Centauri
di
Mauro Baldrati

Non è facile il mestiere dello storico interstellare. Esistono miliardi di documenti da analizzare, da confrontare, e persino i computers quantici talvolta sembrano in difficoltà, quando alcuni milioni di documenti sembrano contraddirne altri milioni che contengono verità ormai acquisite.
Però è anche un mestiere che regala soddisfazioni. Quando ritroviamo un nuovo documento che ci descrive un certo periodo storico per esempio: alcuni sono così precisi, così nitidi che sembra di viaggiare nel tempo, e possiamo rivivere quelle esperienze, scoprire quel mondo, quella civiltà ormai scomparsa per sempre.

Uno l’abbiamo trovato durante l’ultima spedizione sulla Terra, il pianeta-madre da cui siamo emigrati tutti noi, trecento anni fa, e che ancora è sterile per le radiazioni gamma. Abbiamo scavato tra i ruderi delle città, che ormai sono ridotti in polvere, e in un sotterraneo abbiamo trovato questo testo, incredibilmente intatto, visto che era su carta. Il sito dovrebbe corrispondere, secondo le antiche mappe, a una città dello stato dell’Italia: Ravenna. Lo inseriremo negli archivi centrali psicostoriografici, e lo proporremo anche per l’inserimento nei libri di testo delle scuole, perché alcune tendenze e alcune problematiche sembrano attuali anche qui, nel sistema stellare dell’Impero di Alpha Centauri.

“Si rende necessaria una riflessione profonda per l’elaborazione di una strategia che ci permetta di uscire dall’attuale, pericolosissima situazione di stallo. Le bande degli adoratori del Caimano hanno ripreso le scorrerie e i saccheggi, ed è urgente la rifondazione di una efficace resistenza. Sono, queste bande, costituite da tribù di varia estrazione e provenienza, unite da un culto che contempla l’adorazione di questo rettile. Sembrerebbe una variante di certe pratiche diffuse in Africa centrale, dove alcune tribù adorano il coccodrillo come una divinità, lo allevano, lo nutrono, gli rivolgono preghiere e suppliche.

Le bande arrivano all’improvviso, bruciano le capanne, devastano i raccolti, razziano tutto ciò che ha valore e rapiscono gli uomini validi, le donne e i bambini per farli schiavi. Gli adoratori del Caimano, dopo anni e anni di saccheggi, vivono nel lusso più sfrenato. Hanno palazzi sfarzosi, si circondano di gioielli, di oggetti preziosi, e bisogna riconoscere che questa esibizione di ricchezza e di potenza esercita un fascino molto pericoloso sulle masse popolari. Nonostante le razzie e i danni irreversibili causati al tessuto sociale rischiano, come già è accaduto, di prendere il potere nel paese e di instaurare un regime fondato sull’interesse personale dei capi tribù. Il loro aspetto è d’altro canto vistoso, provocatorio, e ha più volte dato origine a evidenti fenomeni di imitazione: cavalcano purosangue maestosi, con selle tempestate di brillanti, gualdrappe con gli orli d’oro zecchino, e anche le spade sono decorate con pietre e oro. Quando attaccano, con le teste dei nemici infilzate sulle lance, gli scalpi appesi in cintura, tra gli avversari serpeggia il panico, perché si sa che non fanno prigionieri.

Le battaglie politiche all’insegna della cultura, della civiltà e della tolleranza non hanno dato esiti soddisfacenti. Le bande continuano ad avanzare, e il cosiddetto vecchio mondo perde terreno e consensi, sembra sul punto di sfaldarsi per sempre. Questa situazione, benché in apparente mutamento per un presunto ritiro a vita privata del Maestro Cerimoniere – colui che custodisce e nutre il Caimano Sacro – per motivi di salute, o per dedicarsi – secondo le ultime indiscrezioni – alla cure delle sue sterminate proprietà; mutamento che sembrerebbe anche configurarsi da fenomeni di penetrazione delle bande armate nel tessuto della società sotto forme di presunta integrazione – ma che hanno caratteristiche evidenti di attacchi destabilizzanti dall’interno – è tutt’ora di una gravità estrema. Se non verranno prese contromisure, nella totale assenza di un mondo nuovo con nuovi valori che prenda il suo posto, sarà la catastrofe della civiltà.

Poiché la battaglia per la difesa dei valori sembra ormai perduta, una soluzione possibile può essere la costituzione di nuove colonie autosufficienti, sia sul piano economico sia su quello militare. Colonie vaste, bene organizzate, fortificate, in grado di respingere gli attacchi delle bande e di attirare coloni, che vedano nelle nuove esperienze un rifugio sicuro dalla precarietà e dalla minaccia delle bande. Si tratterebbe, insomma, di ricostruire la situazione dell’antica Britannia dopo la caduta dell’Impero Romano, quando sorsero grandi e potenti colonie che per qualche tempo furono in grado di respingere gli assalti delle tribù barbare del nord e l’invasione dei Sassoni. Tutto dovrebbe essere rielaborato ovviamente, adeguato ai tempi e dotato di una carica innovativa, per fare rivivere la civiltà umana oppressa da una minaccia – di una gravità senza precedenti – di autodistruzione. Andrebbero anche studiati gli esperimenti sociali degli anni ’60, quando si ipotizzavano comunità alternative al sistema di potere vigente, con valori, abitudini e rapporti di forza affatto nuovi, anche se, ancora una volta, tutto andrebbe riconsiderato, perché da quelle esperienze, e dagli errori che le hanno vanificate, noi possiamo trarre un prezioso insegnamento.

Per esempio l’esistenza e lo sviluppo delle nuove colonie non può prescindere dalla difesa dell’Impero, o di ciò che resta di esso. L’Impero, per quanto obsoleto, è ancora in grado di contenere l’aggressività delle orde degli adoratori del Caimano. Ha un sistema capillare, una burocrazia centrale, un esercito, un’economia che attualmente sono trincee importanti contro l’avanzata delle bande. E l’Imperatore, il cosiddetto “padrone buono” che difende soprattutto gli interessi delle grandi famiglie capitaliste, va sostenuto nella sua attuale azione di governo che garantisce ancora un buon livello di libertà e di equità, e contribuisce a ridimensionare lo sfascio e le rovine che lasciano le bande dopo il loro passaggio.

L’ organizzazione interna delle nuove colonie dovrà essere alternativa a quella dell’attuale sistema socioeconomico capitalista, che si è dimostrato distruttivo, per sé e per l’intero pianeta, anche se non si dovrà ripetere l’errore della chiusura aprioristica e ingenua delle comuni degli anni ’60. Dovranno puntare verso un superamento della cosiddetta meritocrazia cara sia alla retorica capitalista sia a quella cosiddetta comunista, e fare riferimento invece a un maggiore egualitarismo. Sono istanze, queste, che furono portate sulle piazze dalle rivolte studentesche europee e americane del 1968, e riprese durante le autogestioni delle fabbriche per mezzo dei “consigli” durante l’autunno caldo italiano del 1969. Queste esperienze – dimenticate, rase al suolo dalla Restaurazione – vanno valutate attentamente, perché hanno rappresentato, forse, la forma più avanzata di democrazia diretta della storia dell’uomo.

Un’attenzione particolare dovrà essere rivolta all’arte, che invece nell’attuale sistema è quasi completamente ignorata, oppure è oggetto di speculazioni commerciali che la privano della sua stessa natura, che è di assoluta libertà da ogni condizionamento sociale e/o politico. Ma deve essere il concetto stesso di arte a essere rivisto: nessuno spazio all’artista-star, l’attore, il cantante, il pittore, lo scrittore visti come esponenti dello show businnes; costoro saranno artigiani, come tutti, saranno lavoratori inseriti in una organizzazione sociale che darà pari dignità a un costruttore di sedie, a un vasaio, a un contabile e a un attore di teatro o di cinema. E gli scrittori saranno membri di laboratori di scrittura, e non autori di best-sellers da configurare secondo le esigenze del mercato.

I lavori, inoltre, saranno oggetto di rotazione, perché nessuno deve essere addetto per tutta la vita alle pulizie delle fogne mentre qualcun altro sarà invece un “creativo”. Vi è creatività anche nella falegnameria, nella meccanica, nella contabilità che serve alle esigenze della colonia, che altro non è che un insieme di persone che elaborano un sistema di servizi e di assistenza comuni. Dovrà pertanto essere superata l’attuale contrapposizione arte/vita, dove la vita diviene ostaggio della Legge, entità minacciosa e metafisica che presuppone la distruzione o la repressione del desiderio. Le macchine desideranti – pur coi limiti derivanti dalla salvaguardia della libertà e dell’incolumità di tutti – saranno lasciate libere di esprimersi.

Per lo studio di queste problematiche saranno preziosi coloro che, attualmente, possiamo definire gli intellettuali progressivi, in particolare gli intellettuali – gli artisti – delle avanguardie. Il loro contributo, le loro riflessioni, il loro anticonformismo innato e il loro coraggio saranno importantissimi per superare la violenza dell’attuale sistema. Pertanto, all’interno di una profonda riflessione sul concetto di arte popolare condivisa e interattiva con le masse, la loro carica di contestazione, di ironia, di destabilizzazione non sarà mai soffocata, perché è un bene prezioso per contrastare una tendenza dell’arte cosiddetta ufficiale di mettersi al servizio dei meccanismi di potere. Nelle nuove colonie dovrà essere portata avanti una sperimentazione mai tentata prima, quella di coniugare l’individualità della creazione artistica con la sua natura sociale, senza perdere la sua vivacità e soprattutto la libertà creativa. Per questo l’intuizione del leader cinese Mao Zedong di una rivoluzione permanente che contrasti la degenerazione della burocrazia non era sbagliata in sé, e la figura dell’artista lavoratore, dell’artista contadino o meccanico o panettiere, cara alla retorica dei primi Soviet, è certamente da valorizzare.

A tutti i coloni verranno anche mostrate le foto di uomini politici esponenti dell’Impero, e verrà chiesto di trovare, nel loro operato, qualcosa di valido. Non verrà contraddetta l’obiezione che questa è un’operazione estremamente difficile, poiché sono uomini che agiscono negli interessi del padrone buono e delle grandi famiglie, perché tale affermazione è ovvia; ma dovrà essere chiaro ed acquisito che tra le orde degli adoratori del Caimano e l’Impero, quest’ultimo è il male minore, e come tale va difeso e sostenuto, in attesa di un suo auspicabile superamento.

Superamento che diventerà possibile se e quando le istanze delle nuove colonie si estenderanno e di massificheranno, permettendo il definitivo abbattimento del muro di contrapposizione arte-vita, economia-vita, legge-vita, desiderio-vita. A questo proposito dovrà essere riconsiderato un importante concetto politico elaborato dal capo comunista Palmiro Togliatti, il policentrismo: cioè l’articolazione delle nuove colonie in diversi e correlati nuclei di aggregazione. In questa riflessione c’era, e c’è, l’affermazione della plurimità interagente del soggetto innovatore: e quindi uno stacco forte dal centralismo burocratico dell’Impero.

Allora, e solo allora, lo orde armate degli adoratori del Caimano torneranno nelle terre fangose da cui sono uscite”.

27 COMMENTS

  1. E gli scrittori saranno membri di laboratori di scrittura, e non autori di best-sellers da configurare secondo le esigenze del mercato.

    per favore una terza via entrambe queste son così tristi…
    se uno non vuole “laborare” non può starsene a fare l’anacoreta e a scrivere in santa pace?
    ehm… poi.. bisogna per forza essere membro?

  2. Carissimi Milo e così & come, la vostra sembrerebbe una scelta adeguata al trend, infatti i caimani avanzano lancia in resta. In realtà è una non-scelta, i cui meccanismi intrinseci sono stati abbondantemente studiati dalla psicologia terrestre del XX secolo: la paura del cambiamento, dell’idea del cambiamento, provoca una paralisi che può avere anche complicanze autodistruttive. Nel regime dei caimani non solo è dubbia la possibilità di fare “l’anacoreta”, ma vi strapperebbero la pelle di dosso per rivestire i loro lampadari e i loro divani; mentre gli americani, che studiavano tutto, nel corso del Novecento hanno studiato la possibilità di un’organizzazione socioeconomica diversa da quella capitalista-fordista (i cui stilemi, come certamente saprete, sono stati assorbiti anche dall’URSS a partire dalla NEP), non fondata quindi sul consumismo puro e sullo spreco, ma sul semplice benessere: bene, in un celebre rapporto, che purtroppo non abbiamo qua negli archivi psicostoriografici, ma che conosciamo perché un ricercatore l’ha tramandatoi via orale, cercarono di dimostrare che lavorando tutti si potrebbe lavorare quattro-cinque ore al giorno per tre giorni alla settimana. Mica male no? Inoltre, leggendo il rapporto pubblicato qui sopra dal maestro effeffe si deduce che non tutti desiderebbero furiosamente essere poeti e artisti; per esempio, mentre si piantano le patate tu così & come, che ti senti poeta-anacoreta, potresti allietare il lavoro declamando i tuoi poemi, o cantando, suonando la lira, chessò. Se sei davvero poeta è plausibie che tu possa allietare il lavoro altrui con la tua arte. Ogni tanto però dovresti anche tu piantare le patate, perché da poeta-anacoreta, sinceramente, ti sembra giusto che gli altri lo facciano sempre al posto tuo?

    Sitting, thank you, come si fa a prendere a calci qualcuno via web?

  3. A me danno calci in culo quasi tutti i giorni su NI, ma già da eoni ho fatto il callo. A parte questa notazione, mi sembra che occorrerebbe fare i complimenti a questo giovane Stanislav Lem o Aleksandr Zinove’ev.
    Mi sembra bravo. Mi piace molto l’idea dell’egualitarismo al posto della meritocrazia, forse perchè penso che sia la forma migliore per spostare l’alterità diciamo nel privato e la comunione nel pubblico. Meno bene penso che si debbano affidare certi compiti agli artisti dell’avanguardia, si sa che non ho una magnifica idea dell’avanguardia, ma sorvolerei su questo punto, apprezzando molto la forma e il contenuto globale di questo pezzo. Alla fine, non posso che porgere la mia ammirazione di questo scrittore che ignoravo.

  4. Dire che è interessante questo articolo è dire poco, a parte tutti i bohbahbih, dico ma non ve l’hanno data una bocca per parlare? Così sembra che parlate col culo!

    15 ore settimanali di lavoro sono grandi! Entro subito. Però però però… che si fa nel tempo libero? Cioè cioè, l’amor sarebbe finalmente meno complicato? Xchè qua coi familyday e nmaledizioni varie della chiesa stiamo messi maluccio. O Baldrus, ci sarà la f. libera o no?

  5. Questo scritto, mauro, è la conseguenza dei risultati elettorali delle ultime amministrative? :-)

    Non è il caimano, la causa di tutto ciò, bensì la cattiva politica, che è tanto di destra quanto di sinistra. La disaffezione crescente al voto non ti dice nulla? Non è una protesta contro il caimano, ma contro il modo di governare (e oggi a governare non c’è il caimano, mi pare).

    Basterebbero poche cose a fare una buona politica: serietà, trasparenza, dedizione, spirito di servizio. Invece si fa politica per occupare un posto di potere che dà, in più, lauti guadagni. E’ di questi giorni la notizia, se non sbaglio, che un nostro parlamentare guadagna quanto un parlamenetare inglese, francese e tedesco messi insieme. Eppure né destra né sinistra rinunciano al vile denaro, o no?

    Se vai avanti con un’analisi che vede solo il caimano come pericolo per la nostra società, non vai molto lontano. Non ti sembra che l’immobilità del governo e lo scontento della classe operaia prescindano dalla presenza del caimano, e vadano analizzate a fondo di per sé?

  6. Luminamenti: per artisti d’avanguardia il rapporto non intende tanto movimenti organizzati o gruppi, ma artisti liberi, di rottura, gelosi della propria libertà e indipendenza; quelli che oggi, in molti casi, restano degli outsider a vita; riguardo a Zinov’ev, insomma, ecco, dunque… ehm.

    Spy: dipende cosa intendi per “libera”. Il rapporto richiama espressamente le esperienze comunitarie degli anni 60, leggi: le comuni dove si sperimentava il sesso libero, il superamento della coppia e della famiglia, perché si affermava che la famiglia riproduce, in uno spazio piccolo, tutte le contraddizioni, le prevaricazioni e le violenze del Sistema dominante; però afferma anche che quelle esperienze vanno aggiornate, ripensate, perché non è dato sapere con certezza se la razza umana terrestre del XXI secolo sia davvero più portata verso un’organizzazione familiare o forme di anarchia affettiva; comunque, anche rifacendosi a una parte di quelle esperienze, la tua richiesta non può identificarsi con la pappa pronta: cioè mi metto sul mercato e la topa deve arrivare da sola; l’amore terrestre del XXI secolo è comunque uno scambio, un gioco, un mettersi in discussione anche; per cui, pur in una auspicata libertà, un poco te la devi guadagnare.

    Per il caro Bartolomeo: ci siamo più volte sbranati su questi argomenti, ma in questo caso il rapporto va oltre le tue considerazioni, che sono più che altro tattiche. Vuole guardare avanti, per un superamento dell’attuale status quo.

    Effeffe: dici? Sperèm!

    E comunque grazie a tutti, finché il gate ci permette di mantenere aperto il corridoio di comunicazione psicotemporale la discussione rimane aperta.

  7. Gentilissimo,

    era la celebre cuoca al governo, no?
    A proposito, la prima persona plurale è solo un fantavezzo o siamo figli di Otelma?

    Saluti e buon lavoro.

  8. OT.

    Approfitto, Mauro, di questo spazio per segnalare ai lettori di N.I. che sul magazine del Corsera di oggi, a pag. 64 inizia un lungo articolo di Antonio D’Orrico dedicato a Gaetano Cappelli, che considero uno dei più bravi autori italiani, al quale ho dedicato due mie letture in vibrissebollettino (http://www.vibrissebollettino.net/archives/2005/10/gaetano_cappell_1.html per Parenti lontani e http://www.vibrissebollettino.net/archives/2005/12/gaetano_cappell_2.html per Il Primo): Il Titolo dell’articolo è: Il Roth italiano? Si chiama Cappelli. Il suo nuovo romanzo uscito per Marsilio: Storia controversa dell’inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo.

    Lasciatemi dire che sono arcicontento che finalmente ci si accorga di uno scrittore di così grande talento, al quale torno ad augurare tanta fortuna.

  9. [Sitting Targets come si permette? Calci seppur virtuali ad una graziosa ed innocua signora? Si procuri subito dei fiori virtuali… ]

    Carissimo Mauro, ti inviterei nel mio orto, dove le tenere pianticelle di pomodoro stanno inerpicandosi sui bambù e le patate stanno crescendo assai bene, tranne che tocca levare le dorirfere ad una ad una dalle foglie dove depositano a tradimento i loro grappoli di uova. Le insalate sono si un verde tenerissimo ad assai speranzoso. La questione non era quella: si può scrivere e piantare patate. Quello in cui non credo molto è la scrittura come attività forzatamente “democratica”, collettiva, “laboratorio”. O meglio non tutti hanno quella vocazione “didattica”. Quella natura. Se potessi proporre un’utopia, io costruirei un Falansterio degli Scrittori e dei Poeti, una bella casa grande in cima ad una collina, ce ne chiuderei dentro un bel numero e poi butterei la chiave per un mesetto. Così come esperimento, che in realtà sono sempre ognun per se. Chissà cosa ne verebbe fuori. Poi via tutti un’altro mese ognuno nella sua grotta. La lira non è la mia specialità ma se portate il pianoforte nell’orto posso suonare qualcosina…

    c&c

  10. Cara così & come, complimenti per il tuo orto, anche se mi fa venire in mente quello degli Ossi di Seppia, che fui costretto a portare in un esame di letteratura, che mi rovinò il trenta e lode dell’Inferno dantesco; non lo racconto così, per leziosità, ma perché sono secoli che l’artista esprime il proprio male di vivere in una sorta di ritiro e di distacco che da alcune parti gli hanno procurato la nomea di “parassita della borghesia”; definizione sulla quale NON sono d’accordo, però nel rapporto, se leggi con attenzione, non si auspica un’arte didascalica, sovietica (dove gli scrittori erano “del popolo” e “per il popolo”), ma una sperimentazione, la ricerca di una nuova via, un’arte di base per così dire, fuori dagli schemi dello spettacolo e del mercato. E ci si chiede: è possibile? E’ fattibile? Mentre la tua immagine di artista-anacoreta, rinchiuso nel proprio malessere esistenziale aulico (dico giusto?) mi angoscia abbastanza e mi respinge nella lettura.

  11. la tua immagine di artista-anacoreta, rinchiuso nel proprio malessere esistenziale aulico (dico giusto?)

    no, no… ti sbagli!

  12. Un altro giorno parleremo degli Angeli. Anche se i demoni non sono esauriti. Per l’esattezza ce ne sono tanti quante sono le maniere di fallire, di perdere il Paradiso – o la bellissima idea or ora salita alla testa.
    Paul Valery

  13. The O.C, Sitting Target e così&come mi fate sempre pisciare dalle risate. Avete il dono del buon umore! con simpatia…

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017