Nuove Poe
ILLUMINAZIONE DAVANTI AL BANCO DEI SURGELATI
anche la sofferenza
ha la sua data di scadenza
*
MILANO DI NOTTE
vorrei essere la slava del metrò
che combatte gli albanesi attaccabrighe.
la ragazza kamikaze poesia
che ti uccide e si sfracella in cinque righe.
*
LA TUA SBORRATA ARCOBALENO
mi fa l’effetto di un chilo di gelato
della luna di mattino a primavera
di una bella notizia sul giornale:
un effetto di gioia immediato.
*
FIORE DELICATO DENTRO AL BOSCO
è andato via, ha detto “arrivederci”
è un fiore educato, ma non vuole restare
in silenzio, dentro il regno delle merci.
*
MEDITAZIONE DAVANTI A UN PIATTO DI PATATINE FRITTE
lady diana che muore e si sfracella
sotto un tunnel a gran velocità
mentre pensa che dietro quella curva
stia in agguato la felicità.
*
EVENTUALMENTE IL DOLORE
può nevicare forte-delicato
(molti ciliegi giapponesi in fiore).
o può ronzare inesorabilmente
(un calabrone-killer sopra un prato).
può somigliare:
a spiagge norvegesi
a un agosto torrido in città
a un cane piccolo che chiede l’elemosina
e addirittura alla felicità.
*
ASILO DESOLATO A FINE ESTATE
pieno di rose che non funzionano
in un giardino tutto sole e cancellate.
le finestre sono tutte sbarrate
il bidello è andato in vacanza
il citofono non riesce a suonare.
più che un asilo io sono un ospedale.
*
HO PARLATO CON IL GLICINE
mi ha detto
le dieci cose che non devo fare:
1. fidanzarmi coi ricasso
2. chiacchierare con le fate
3. spendere tutto in regali di natale.
4. mendicare affetto al brico center.
5. attaccare menzogne sopra i muri.
6. sognare la clausura in un convento.
7. farmi limonare a tradimento.
8. sfasciare soprammobili e credenze.
9. credere a chi ti giura che ti ama
… (e che per te muterà temperamento).
10. sanguinare sulla metropolitana.
*
LAMENTO DI NEONATA
(nata sotto la prima decade del segno zodiacale del cancro)
quando te ne andrai a comprare il pane
mi stenderò per terra, vicino alla porta
con un cartello con su scritto SONO MORTA
senza il conforto né del gatto né del cane.
gli animali sporcano, sono pericolosi.
una gattina piccola, ma già sterilizzata
un cane nero dentro la spazzatura
una ragazza bella e dissennata
senza gioielli, macchia, né paura.
*
IPERMARATONA DEL VUOTO
sogno sui pianeti appesi al cielo
fuori-dentro le stagioni impazzite
guardo le moto alla televisione
nelle domeniche che ronzano partite.
mi addentro nelle luci delle offerte
pago alla cassa senza disperazione
in auto verso casa guido piano
poi vado a letto e sotto le coperte:
sogno di essere l’ipercampione
mentre taglia il traguardo del vuoto
sopra l’assurdo lungomare di milano.
*
TRAMONTO ROSA BIBITA CHE SPEZZA LE GINOCCHIA
arde forte sul lago-buco del mio cuore:
mi si è incastrato del dolore nella bocca
il tempo è gelido, ma bruciano le ore.
*
SE GLI INSETTI SI RIBELLANO ALLE PIANTE
e le piante si ribellano alle case
poi le case si ribellano alle stanze
e le stanze si ribellano a mia madre.
e se mischio il sole e il tuorlo d’uovo
e il pompelmo e li bevo alla mattina
cresco bella come una mimosa
gialla e grandissima come la Cina.
poi se imparo davvero a riordinare
dati e abiti negli armadi e nel cervello
penso nulla mi potrà mai più frenare
a capire cosa è vita e cosa è bello.
allora l’amore crescerà da solo
come un timido geco ipocondriaco
o un diamante talmente plateale
da sconfiggere persino lo zodiaco.
(“Poe” nell’idioma di Francesca Genti sta per “poesie”. La foto è mia. A. I.)
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sono belle, anche se intrise di femminilità contemporanea, un po’ manierosa.
Andrea,
Grazie, di mattina, sono divertenti a leggere, tutte con un leggero sorriso un po’ triste.
Mi piace molto ” lamento di neonata”: come sono del segno di cancro, mi sembra dedicato, un segno legato alla morte, non è facile a vivere, mi ha fatto pensare a Aldo Nove, per l’accenno al segno zodiacale.
“Asilo desolato a fine estate” mi ha toccata, dice molto del sentimento di abbandono, di dimenticanza, di follia che orla l’estate quando tutti sono partiti, cose suggerendo l’assenza.
Queste mi piacciono. Poesia avantpop con qualche rima.
Belle e fresche. I titoli poi, sono magnifici.
complimenti, e specialmente per le rime niente affatto Facili
b!
Nunzio Festa
Mi associo al vostro apprezzamento.
La Genti è molto brava, e mette d’accordo tutti, anche “big trumpet” tashtego (cosa inaudita! :-)
Una curiosità, se non dico una fesseria nel concorso dei Libri mai mai visti di Lugo (libri oggetto), una sua poesia è finita a frammenti dietro biscotti a forma di cuore, chiusi in una scatola cilindrica, il tutto fatto di ceramica. Era un manufatto allegro-malinconico come le sue poesie.
Mi associo anch’io. Belle.
ho avuto occasione di sentire Francesca ad una serata di poesia alla Palazzina Liberty,
voce fresca, dinamica, schietta…
versi come piccoli pezzi di un puzzle, affondano e si incastrano nella fitta trama di un’infanzia,
nel suo respiro ironico, poesia che guizza…
Bella composizione Andrea, azzeccata!
:-)
Minkia se piacciono a tash e iannozzi automaticamente dovrei scrivere che queste poesie fanno davvero schifo. Invece la Genti, minimal, pop e tagliente la leggo e la apprezzo fin dal suo primo libro, credo uscito per meridianozero (meridiano zero pubblica poesia? davvero? ma no! ma si! ma solo una volta ogni morte di papa, tranquilli).
davvero belle. soprattutto “milano di notte”. bravissima.
vengo dall’alberghiera e mi intendo solo di gialli, ma piacciono anche me. Il bello e’ che non so perche’.
Perche’ c’e’ la rima? Perche’ non devo usare il vocabolario per capirle? Perche’ non c’e’ scritto neanche una volta fotema o sintagma?
Comunque, complimenti.
cara Francio,
bella la tua poesia.
LAMENTO DI NEONATA è la mia preferita fra queste nuove poe.
bellissimi tutti i titoli.
resta in ascolto del glicine, sempre. (buon compleanno, per ieri)
…and you, Garcia Lorca, what were you doing down by the watermelons? (Ginsberg)
Il suo primo libro, Il vero amore non ha nocciole (Sì per MeridianoZero), bello, letto e apprezzato molto, io lo trovai qui:
http://www.internetbookshop.it/code/9788882370268/GENTI-FRANCESCA/IL-VERO-AMORE-NON-HA-NOCCIOLE.html
Ciao.
Queste mie omonime che belle cose mi fanno leggere! Anzi bellissime!!
fem
mi piace barbieri a me.
anche se mi chiama “big trumpet”.
perché è un tipo deciso.
anche a me piace barbieri, perchè è onesto e informato ma vorrei che si spendesse meno, fosse più impaziente
La tua sborrata arcobaleno è sublime!
Sublime!
E il dettaglio degl’occhi della madre!
E la carrozzina!
La carrozzina con il bambino!
Sublime!
Sublime!
Ringrazio tutti per i commenti.
Oggi è il mio compleanno e questo è un bel regalo.
vi scrivo qui una poesia che ho scritto stamattina.
ciao
LE FOGLIE D’EDERA DEL CASTELLO SFORZESCO
le guardo frusciare nel vento.
dialogare con il cielo ed il prato.
sono molto felice in questo momento.
saldata con il creato.
(tutto il resto per me non conta niente
tutto il resto è un merdoso ipermercato).
@massinissa
bravo, mi hai tolto le parole di bocca: più impaziente, sì.
e dovrebbe spendersi di meno, certo.
Ci voleva Francesca Genti per dare una botta a quel cadavere moribondo che è la poesia,
le sue cose sono belle e mettono tutti d’accordo proprio perché sono belle (bello è quello che capiscono tutti, altro che!)
poi danno fastidio,
perché quella sua femminilità orgogliosa e inebriante ispira sentimenti di amore e morte come nessun’altra cosa,
grazie francesca e tanti auguri
Buon compleanno Francesca!
La poesia che hai scritta stamattina è un magnifico dialogo con la città. Sono colpita dalla fantasia della scrittura, di più moderna.
PS Sono del segno cancro, anchi’o.
Auguri Francesca!!!
:-)
p.s.,anche io ho appena compiuto gli anni, il 24 giugno!
ciao
queste poesie sono dirette e senza filtri. sono belle come la semplicità dei bambini, e arrivano dove altra poesia non può arrivare.
brava.
sono belle. e mi piacciono perché sanno starci i fiori. e perché c’è milano.
Che belle! Come e più di sempre, perché profluvio. E mi piace che proprio il giorno del tuo compleanno hai detto all’ipermercato che è merdoso. Ci vediamo alle fontane di fresche bibite e birre. Anna Lamberti-Bocconi
deliziose. mi fan venire in mente i moss graffiti (guerrila gardening)
un aldo nove donna, felicemente privo di sturmundrang e di apocalissi brianzole e debiti novecenteschi.
forse un po’ furbetto, quello sì.
netta tendenza all’epigrammatico.
ideologicamente, l’autore dice che si deve essere donna single creativa metropolitana secolarizzata di sinistra ironica e sentimentale, che la rivoluzione sta nelle piccole cose anche se un governo progressista aiuterebbe. esprime l’impressione tipica delle grandi metropoli che le differenze di classe si siano livellate o dislocate geograficamente – così che diventa quasi impossibile vederle se non in astratto – che esista una piccola borghesia planetaria unificata dagli ipermercati, cui però ormai va stretta sia la lamentosità novecentesca verso un presunto umanesimo perduto, sia il suo riversamento in spettacolo tarantiniano (o noviano, appunto). Smagata, disillusa ma non vinta, laica, non intende il consumo come una catena né come una salvezza, al massimo come un problema. Le parole comuni e quelle pop – cioè l’industria, cioè il neocapitalismo immateriale – convivono in uno spazio quasi conciliato, come se “il problema fosse altrove”, e solo qualche lieve tensione incrina il quadro prevertiano e primaverile, sempre però giocata in termini intimi, sentimentali. Il cattivismo affettuoso è in fondo buonismo con una forte dose di riserbo.
Mi pare che Name – chiunque sia – ci abbia azzeccato.
caro name,
donna: sì
single:no
creativa: sì
metropolitana: sì , per caso
secolarizzata: sono molto religiosa
di sinistra: non mi ritengo
governo progressista: mi fa cacare
la rivoluzione: sposo quello che dice natalia ginzburg in proposito e cioè che in una rivoluzione preferirei essere dalla parte di quelli che soccombono che di quelli che prendono il potere
le piccole cose: io amo solo le GRANDI COSE!
furbetta: mi hanno già detto questa cosa a proposito delle poesie e mi fa soffrire, non mi sento affatto furbetta
ironica e sentimentale: sì
cattivismo e buonismo: spero di non caderci mai, ma non mi sembra che queste poesie esprimano cattivismo (tipo maledettismo di maniera)
aldo nove: mi piace, ma non lo vedo come un modello, i modelli a cui tendo (italiani del novecento) sono sandro penna, patrizia cavalli, gianni rodari e calvino di marcovaldo (rapporto uomo\ambiente)
grazie per il commento.
ciao
A me non mi ringrazi, tesoro?:-)
certo! grazie franz!
cara francesca
non confondo la tua biografia reale, che non conosco, con i tuoi testi, o le mie note (che sono di generale apprezzamento e odierei se “ti facessero soffrire”) con affermazioni rivolte a “francesca”.
Penso questo: il lato ideologico – ossia ciò che la nostra collocazione nel mondo sociale “ha da dire” – espresso da un’opera è con tutta probabilità quello che l’autore non può vedere e che solo in rarissimi casi, probabilmente mostruosi, può organizzare coscientemente (e non necessariamente coincide con le sue vere note biografiche o con le sue idee consapevoli, perché l’operazione di piegatura dell’arte si applica su linee di realtà non preventivabili, che rifraggono in modi complessi tutto l’universo ideativo e percettivo).
L’autore sa qualcosa del proprio io empirico, ma rispetto al personaggio del testo non ha alcun privilegio di lettura rispetto ad altri lettori, che non sia quello della sua tecnica. Egli cioè di norma non può cogliere la particolare forma che assume il nesso tra tecniche usate e propria posizione nel mondo, per lo stesso motivo per cui nessuno può guardarsi direttamente da fuori uscendo “realmente” da sé. Serve almeno uno specchio, ma nel caso dell’autore l’angolo di rifrazione dell’opera che gli fa da specchio è proprio il sostrato ideologico dell’io empirico, letto dalla specificità operativa della parola artistica, ed è quindi letteralmente in-calcolabile.
Egli s’affida all’interpretazione infinita, per la quale non può scroccare privilegi. Nemmeno il lettore – cioè io – ha privilegi, il che spiega perché molte interpretazioni possono essere del tutto sbagliate, specie se cronologicamente molto vicine al testo.
(scrivo cose così lunghe e inutilmente complicate perché sono il buttafori all’ingresso dei miei testi)
ps
cattivismo affettuoso e cattivismo di maniera o maledettismo sono nel mio modo di vedere agli antipodi
pps
Rodari. Lo sentivo, ma non l’ho detto.
caro Name,
forse ho capito cosa volevi dire… il lato ideologico a cui alludi è un identikit del lettore che più si può rispecchiare nelle mie poesie? In questo caso hai pienamente ragione !
p.s.
OGGI IL MIO UMORE
è il bar dell’idroscalo nel mese di novembre
è una gita in torpedone con vendita di pentole
è un buio lungoviale invaso da rumene.
è una cosa da assoluto marciapiede.
oggi, non mi sento molto bene. :-)!
non so se il buttafuori dei testi di name mi abbia concesso di entrare, anzi dubito fortemente, dato il look così poco trendy delle mie parole, ad ogni modo ho l’impressione che il “lato ideologico” abbia molto a che fare con l’inconscio, e che quest’ultimo sia sempre più profondo e sincero di noi. ogni autentica scrittura – e quella di francesca è tra le migliori – attinge a quel lato oscuro, che non padroneggiamo e che ci rivela più agli altri che a noi stessi (agli altri più sensibili, naturalmente). inconscio inteso non come l’opposto della coscienza, ma come l’atto fondativo di repressione con cui la coscienza s’impone. qualcosa di brutale, che vuol mettere a tacere una natura che ci ostiniamo a negare. ecco allora che certi atei integralisti, quelli che heinrich boell definiva “noiosi perché scrivono sempre di dio”, si rivelano, sotto questo aspetto, dei fanatici cattolici dall’egotismo ipertrofico, forse perché il pensiero di dio fa ombra al loro io. o ecco perché francesca, che si dichiara religiosa, risulti alla lettura dei suoi versi secolarizzata. il giochino poi si potrebbe estendere ai personaggi pubblici. per me per esempio augias è un uomo di destra, un conservatore, checché lui ne dica. le cose che più ci appartengono sono quelle in cui meno ci riconosciamo, abbiamo un’idea di noi stessi che rilutta a confrontarsi con la realtà, fino a persuadersi che sia quest’ultima ad avere torto. come la nostra voce registrata, che all’ascolto provoca invariabilmente una sensazione di fastidio ed estraneità.
garufi, non tema, io butto fuori solo dai miei testi i potenziali lettori (suicidio tattico testuale, si chiama ) ;)
quello che lei chiama inconscio con metafora topologico-psichica, un mio amico chiama con trasposizione teatrale “servo di scena” (colui che non saputo e visto apparecchia la scena nelle giuste distanze tra gli oggetti e fa apparire ciò che è)
Sono andata a cercare su google e ha anche una bella faccia, simpatica.
delizioso. anche il siparietto.
“non tema, io butto fuori solo dai miei testi i potenziali lettori (suicidio tattico testuale, si chiama)”
non temo, anzi, mi sa che siam parenti. io son specialista in raschiamenti letterari, arrivo a moltiplicare i progetti narrativi al solo fine di non portare a termine quelli già iniziati. mi considero uno scrittore non praticante, o il dorando p(i)etri della scrittura. poi anche quando mi capita di essere in forze vicino al traguardo senza la sana e necessaria volontà autodistruttiva, giunge comunque provvidenziale un virus e decido di resettare tutto. a volte penso di leggere libri solo per il piacere morboso di non trovarci il mio nome sulla copertina. e in fondo cos’è la partecipazione ai blog letterari, se non una grossolana compensazione a quelle velleità pagata a peso d’ore? ore zecchine! lingotti d’ore! :-)
furba potrebbe semplicemente voler dire che sa vedere chiaro, netto, condendo d’ironia il mercanteggiare d’azzardo l’ipertrofismo ascetichic e divorantemente perbenemuscolo perbene scaricabarile berbene immeritocratica della società contemporanea almeno occidentale.
che sia milan importa poco a mio avviso.
io manierismi non ne vedo, piuttosto qualche sforzo di troppo per chiudere a tutti i costi stanze che andrebbero lasciate aperte all’infinito e giocate per me
certo Francesca cogli l’attimo e lo vomita con curatela intenzionalmente ladra – carpe diem – come se tutto potesse essere dato alle fiamme e dimenticato nell’indifferenza se non facesse in tempo ad essere trascritto.
il poeta prende urgentemente appunti – non sempre la stessa urgenza – alcuni li culla con risguardi e ri-congiungimenti molto femminili, molto alti, molto belli
come questi
“pieno di rose che non funzionano
in un giardino tutto sole e cancellate.”
“è andato via, ha detto “arrivederci”
è un fiore educato, ma non vuole restare
in silenzio, dentro il regno delle merci.”
altri invece, non troppo buoni, per me, direi ridondanti
scaduti laudarii cronachistici, pur sempre d’un certo effetto
staccante nell’immediato ma che nn rimangono
esempio nel
TRAMONTO ROSA BIBITA CHE SPEZZA LE GINOCCHIA
dove io lascerei solo il titolo, che mi spezza.
quel rosa bibita è tutto meno che di maniera
almeno all’apparenza
o qui
MEDITAZIONE DAVANTI A UN PIATTO DI PATATINE FRITTE
lady diana che muore e si sfracella
sotto un tunnel a gran velocità
mentre pensa che dietro quella curva
stia in agguato la felicità.
(non ha essere: non ha. non c’è. non tende. appunto irriflettente. irriflessivo. infelice?)
materia strana la poesia, davvero.
trovo che questa silloge di Francesca abbia due momenti:
in uno il poeta guarda partecipa (autoreferenzialmente con garbo, un’autoreferenzialità leggermente distaccata, un po’ fredda) concepisce genera il suo obolo
nell’altro il poeta vorrebbe osare di più ma ha paura di guardare, si trattiene usando d’ironia – ironia molto all’acqua di rose per le potenzialità che mi sembra abbia Francesca – il malvissuto confronto con le cose (COSE)
osare amalgamare le due parti emozionali due delle molte
concepibili- ascoltare le inconcepibili – penso possa fare Francesca e con le sue parole lasciare impronta più profonda.
questo mi viene da dire.
leggendo un po’ di fretta, scrivendo allo stesso modo-
mi scuso se avessi sviato il tema, che va da sè che spesso lo svio.
un saluto
paola
Francesca Genti é brava, anche quando rielabora Patrizia Cavalli. Punto.
Detto da uno di sinistra…..
Il vero problema di queste poesiole è che come dice Gina (con altro intento) sono DELIZIOSE, come un dolcetto o un vestitino in saldi. La loro forma non si discosta dal loro contenuto. Si consumano e si dimenticano.
P.S. Non mi dite che questa è l’intenzione, perchè non ci credo.
caro leonidasiolo,
hai perfettamente ragione: quando scrivo le poesie la mia intenzione non è affatto quella di farle consumare e dimenticare.
Io vorrei che la loro lettura facesse immediatamente zompare in aria case e città.
cara francesca gentucola,
“leonidasiolo” è un bel neologismo. Lo adotterò. Ciao.
P.S. le tue poesie sono aldiqua delle tue intenzioni.
Cacchio, il Leonida non era capace di inventarsi un nomignolo da solo? Mi pare di avere capito che non gli sono piaciute le poesie di Francesca Genti. L’ha detto e ribadito con quella punta di aggressività e di finta oggettività volta a ferire che chissà perché deve esistere ma sta di fatto che esiste… e son subito le undici di sera.
care francesca gent… e anna lamberti-bocconi,
se per voi commentare dei testi significa farsi dei pompini a vicenda (per citare Harvey Keitel in Pulp Fiction) allora le mie modeste considerazioni sono fuori luogo, se invece si può commentare e criticare ad essere garbatamente aggressivi senza vedersi attribuire dei nomignoli allora sono dei vostri.
Poi se vogliamo fare la gara dei nomignoli, anch’io ho un buon repertorio. Buona notte e sogni d’oro.
Leonida
(dopo l’identikit del lettore, e per completare la mappa psichica in modo che io mi possa agguantare almeno per un attimo e proprio qui, sotto un tramonto rosa bibita che spezza le gynocchia) ragguagliami please sul mio: intento.
è interessante (mi riferisco al commento di Anna poco sopra) che la critica a una critica a una poesia sia fondata sul fatto che la critica alla poesia “ferisce” il poeta.
Licenziare dei testi in un ambito protetto come una comunità di lettori-poeti (per quanto oggigiorno diventata la parodia di se stessa) garantisce una rete protettiva che la “rete”, così irrimediabilmente prosaica e aperta alla medietà e al confronto senza garanzie, non permette più, laddove invece l’esposizione diviene corrosiva, lo sguardo altrui insostenibile.
Ciò che è esperimento quotidiano degli scrittori amatoriali e dilettanti sui blog, lì rinforzato dal carattere amatoriale di una scrittura diaristica che non sa e nemmeno vuole distinguere tra io dell’autore e io dei personaggio dei testi, e quindi sperimenta il crollo dell’immagine solipsistica e narcisistica di sé, l’intrusione “reale”, non per modo di dire, dell’altro in sé, il proprio esser ridotto a esemplare da circo, bruttura, mostruosa creatura da esposizione, tutto ciò accade spesso e stranamente, in rete, anhe alle scritture mature e protette, in cui più chiara dovrebbe essere la consapevolezza della distanza tra scrittura e verità individuale e biografica (premessa di qualsiasi operazione artistica). La preponderanza dell’io lirico e l’equivoco ad esso connesso fa ancora oggi della poesia un territorio sui generis, in qualche modo immaturo e sotto tutela (ad esempio rispetto a una narrativa che ha raggiunto e superato la fiducia in se stessa ed è ormai approdata felicemente al cinismo delle forme), ma forse per questo ancora fecondo di possibili altissimi rovesciamenti.
Dai Leonida, la Genti è brava davvero, non è vero che si dimentica, le sue cose sono molto sentite, gentili, intelligenti, perché si dovrebbero dimenticare?
Anche questo pensiero che ha scritto sopra:
“Io vorrei che la loro lettura facesse immediatamente zompare in aria case e città.”
così piena di immagine, anzi, Leonidazzo, ti voglio anche trovare questacittà “zompante” dopo una poe. Tadini approverebbe.
@name: purtroppo non ho capito molto bene il tuo discorso. Comunque vorrei precisare che secondo me non è un problema il fatto che qualcuno possa sentirsi ferito da una critica, ma che vengano espressi pensieri (pseudo)critici godendo di utilizzarli come vettore di aggressività. Non amo il GUSTO di ferire; la ferità vabbè, quella esiste di per suo, è pane quotidiano dell’esistenza. Insomma, per essere ancora più chiara: mi danno un sacco fastidio i frustrati.
mi spiace che qui ci si cancella a vicenda e come persone e come teste. non serve imporre la bravura del poeta una volta che si decide di farlo leggere.
queste POE, per la maggior parte, sono senza spina dorsale.
lette ad alta voce rimangono dove sono, non mi fanno zompare nelle case o nelle vie. ho anche scritto che ci sono alcuni versi che potrebbero impulsare più in alto, potrebbero essere più intriganti rivedendo e rielaborando le immagini in maniera più captiva. provare. sperimentare. la mano c’è – ma è la poetessa ad essere assente da molti di questi versi. è lei per prima a non zompare nelle case e non riesce a suggerirmi di farlo perchè non la vedo, non riesco a vederla quasi mai. la poesia è roba che ti entra quando il poeta è già molto lontano da quello che ha scritto, e ha già disconosciuto probabilmente quello che ha scritto, ma in queste di Francesca non sento nemmeno il rumore della metropolitana milanesse che l’ha portata via. o meglio lo sento raro e lontanissimo-
questo per quanto mi riguarda.
poi, non si può scrivere risentiti che è il lettore in difetto se la poesia non piace, soprattutto quando il lettore, ne spiega le ragioni.
io, ad esempio, non ho avuto risposta. sono stata bypassata ma non me ne dolgo più di tanto, alla fine.
grazie uguale
un saluto
paola
cara Paola,
le mie poesie possono piacere o non piacere, i commenti essere positivi o negativi.
Ma, come i lettori hanno il diritto di esprimere il loro parere, nel modo che più preferiscono, anche io ho il diritto di rispondere come voglio, non pensi? non è questione di risentimento.
Leonida mi ha scritto un suo commento e io gli ho risposto… per le rime :-).
Per quanto riguarda quello che scrivi tu, soprattutto nel tuo primo commento, condivido alcune osservazioni: per esempio il fatto dei finali chiusi che sono un po’ una mia ossessione, vorrei sempre trovare un finale hitcockiano, ma non sempre è ugualmente felice…
Per quanto riguarda l’osare di più capisco quello che intendi e ti rispondo così: io ho scritto due raccolte e le poesie qui postate fanno parte di una terza raccolta che ho finito. Anche se sono molto contenta del lavoro che è venuto fuori (un lavoro tutt’altro che indolore, delizioso e fresco, credimi) , nella scrittura di questi nuovi versi mi sono sentita qualche volta come “inceppata”. Forse è quello che percepisci nella scelta che è qui proposta?
Meno male che la poesia sarebbe morta… è da stamattina che leggo i commenti accumulati sotto le poesie di Francesca Genti.
Per citare Sandro Penna – che Francesca dice essere uno dei suoi preferiti – “quando passa la bellezza”… c’è chi si gira dall’altra parte (è incredibile ma è così)
@ Francesca
mi fa piacere ci si trovi in certi punti.
inceppata. se me lo dici tu, dico si.
inceppata nell’immagine.
nelle intenzioni che non trovano
sgombro per esprimersi
o non cerchino (per pigrizia)
la chiave di volta.
ecco.
sempre per quanto riguarda
la mia personale lettura.
grazie per la risposta.
a rileggerci
paola
Di cosa parliamo quando parliamo di poesia? Di qualcosa di carino, fresco e gentile, che solletichi il gusto pop della maggior parte dei lettori, ma facendo finta di farli riflettere su qualcosa di fondamentale ( addrittura nella nuova poesia in tempo reale si arriva al sublime “tutto il resto è un merdoso ipermercato”: aldo nove con sfumature luddiste!) o il poetare è la ricerca tragica del vero, tragica perchè soggetta sempre allo scacco, ma che non può esimersi dal farlo? Se poi ogni critica viene presa per attacco personale a me questo non interessa. Io so che la parola poetica quando è tale non è acccomodante e corre il rischio dell’incomprensione ma mai dell’oblio. Non sono sicuro che queste poesiole abbiamo questo stesso destino.
@gina
pensavo che il tuo intento fosse elogiativo.
@gianluca
Non scomodiamo Penna, che pure e fin troppo sopravvalutato.
P.S. Chiamatemi come volete leonidsiolo leonidazzo il cattivo gusto è il vostro non il mio!!!
Adesso vi lascio, perchè come dicevo nel primo post, sto già dimenticando di cosa stiamo parlando!
Leoniduccio (così non ti offendi) io penso che ci sia un confine tra lo scrivere furbate pop e scrivere qualcosa di sentito, intelligente ecc ecc, anzi diciamo pure dove c’è “ricerca tragica del vero, tragica perchè soggetta sempre allo scacco”.
Secondo me tu te la prendi con le poesie per via della “forma”: le vedi faciline, furbette. Ma se tendi l’orecchio (e anche l’occhio magari) un po’ di verità c’è, e se permetti ne basta un po’ perché la cosa abbia valore. Come c’è valore nelle cose di Rodari, che anche quelle se non sai chi è Rodari ti potrebbero sembrare faciline e furbette, no?
Con questo non dico che sono le più grandi poe della storia dell’umanità, ma meritano attenzione e complimenti (e certamente pubblicazione).
Qualcuno mi spiega cosa vuole dire “pop” rispetto alle poesie di Genti?
Il fatto che ci siano molte visioni della società dei consumi, non penso basti a giustificare questo aggettivo.
A me queste poesie piacciono.
Trovo interessanti i commenti sia positivi che negativi (azzeccati acuni affondi di cara polvere), ma in leonida vedo una sorta di nietzchiano risentimento e dicendo che la parola poetica corre il rischio dell’incomprensione, ma non dell’oblio fa un involontario complimento a questi versi di Genti, che mi sembra, nel bene o nel male, non lascino indifferenti i lettori di questo blog.
Caro Andreuccio (non da Perugia),
l’orecchio è teso come una corda ma queste poesiole non lo fanno vibrare. La verità nella poesia non ha bisogno dell’abitino pop in saldi, nè di rievocare Lady Diana. Qui si vuole ammiccare, non dire!
Poi per quel che riguarda la pubblicazione, ben venga, c’è di peggio in giro.
Ora basta! Continuate voi, se vi va.
avendo introdotto io la questione “furbismo”, noto ora che quella notazione ha assunto un’intenzione che non aveva (divenendo in qualche commento sinonimo quasi di paraculismo, di scrittura di facile presa che fa leva in modo rapinoso su moti inconsapevoli del lettore).
voglio precisare che non è la mia accezione; io non mi riferivo ai testi in sé o ai motivi della loro eventuale fortuna, ma a una sfumatura psicologica del personaggio del testo che mi pareva di cogliere (qualcosa che avrei meglio dovuto definire “atteggiamento irriverente di sapore infantile” che richiama del resto gli echi delle filastrocche di rodari o il calvino giustamente richiamati dall’autrice, un’atmosfera a metà tra un Franti senza senso di colpa e una Pippi Calzelunghe cresciuta che secondo me è molta parte dell’efficacia, della dolcezza appuntita di questi testi)
cari redattori di nazione indiana,
non so se è possibile esaudire la mia richiesta: è possibile togliere il commento sessista del fantasma chiamato KOLESTEROLO ALTO?
grazie a tutti
ciao
@kolesterolo alto
E’ mai possibile o porco di un cane…
E’ vero è una questione di figa. Quella che hai tu al posto del cervello!
leonida
niente di solenne o sperticato. Certo queste poe non hanno la splendida determinazione pop dei platelminti.ma le ho lette davvero con piacere.
Una riflessione che tocca solo marginalmente questi versi, la poesia, la letteratura. Tocca, più in generale, la cultura di oggi.
La cultura è certo l’attività umana più restia, oggi, a mutare il giudizio sulle cose, e quindi l’indirizzo, adeguatamente ai mutamenti della realtà stessa. Più in essa, nei suoi modi, nel suo ordine, nella sua tradizione c’è un compiacimento affettivo del mondo esterno (come gli si è abituata) che mantiene più a lungo che in ogni altra disciplina i vecchi giudizi (non per attaccamento diretto a tali giudizi, ma per attaccamento pigro agli strumenti espressivi cui tali giudizi sono connaturati, che tali giudizi comportano e non possono, comunque lo scrittore li adoperi, con la libertà verso le sfumature mai verso la sostanza, comportarne altri. Più però non sempre la cultura è stata così. E’ via via che essa ha perduto importanza (autorità) sociale (via via che s’è dimessa dalle funzioni direttrici dei tempi in cui è stata magia, filosofia, antropologia, scienza, e s’è ridotta ad assumenere una funzione specifica, tutta ricreativa e voluttuaria, da soddisfatrice di bisogni spirituali specifici) che essa ha acquisito la sua attuale pigrizia, e anche inerzia conoscitiva, assottigliandosi sempre più nella sua suscettibilità, nella sua reattività, nei suoi stimoli a rinnovarsi, e ad essere all’altezza delle cose reali, a conoscere. Più s’è via via identificata sempre più con l’umanesimo vuoto, rassicuratore (sull’uomo che non cambia) sull’antropocentrismo, sul solo che sorge ancora, da cui le altre discipline si sono sempre più staccate, in rapporto inversamente proporzionale al districo di queste altre discipline, tanto da non essere ormai che l’alveo portatore, il veicolo unico, d’un tale umanesimo che le dà l’illusione (in quanto proprio unica portatrice di esso) di essere più potente che mai, un’illusione di potenza che è potenza attuale delle religioni, conservativa non operativa e creatrice. Più pur bisogna dire ch’essa è inquieta dinanzi alla realtà che muta, più gli scrittori non sono (tutti) soltanto letterati, succede che siano anche altro, anche partecipi più o meno della realtà che muta, o di un settore qualunque della realtà culturale in corso di mutamento, ed essi rilevano, chi a livello della psicologia, chi a livello del costume e del comportamento, chi a livello di questa o quella disciplina, che qualcosa è mutato o sta per mutare, e ne sono inquieti, ne ricevono dubbi circa quanto l’ordine letterario (una parte o un’altra di quanto l’ordine letterario) tiene in conto di valori, e da questi dubbi derivano impulsi a correggere in qualche modo il sistema espressivo entro cui operano tradizionalmente con l’illusione, pur essa tradizionale, di operarvi individualmente. Superbia dell’illusione letteraria.
E’ pure vero che la cultura, ad ogni epoca, cambia aspetto e finisce per somigliare a ciò che è la realtà. C’è stato un tempo in cui la cultura era viva ed agiva fortemente dentro alla realtà sociale.
Grazie per l’attenzione, molti cordiali saluti.