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Lo Zen e il cursore del mouse

di Marco Rovelli 

La popolazione del web, e tra loro i frequentatori di Nazione Indiana, ha stabilito un rapporto necessariamente intimo con oggetti divenuti protensioni del proprio Io nel mondo. Il principale tra essi è il mouse. (E se Ferraris applicava al cellulare, nel suo “Ontologia del telefonino”, il concetto heideggeriano di “manipolabilità/maneggiabilità”, probabilmente – se questo volesse essere un post serio – si potrebbe tentare di argomentare che in questo caso c’è ancora una maggiore aderenza). Il mouse è parte integrante e decisiva del nostro Io nella misura in cui consente un’interazione con il mondo/rete, e ci fa muovere dentro quel mondo/rete, operando in esso e su di esso – e questo intervento passa da lì, dal movimento della mano non tanto sul cursore, quanto col cursore: dipende dall’aderenza mano/mouse, che è la soglia di trapasso, e d’indifferenza, tra il reale e il virtuale. Tra mano e mouse tende ad esserci la medesima compenetrazione che dev’esserci tra cavallo e cavaliere, o tra tiratore e arco. Una compenetrazione irriflessa, naturale. Il cui modello, a cui si tende asintoticamente, è il respiro. Non c’è pensiero, nel respiro. Si respira e basta. Senza scarto tra sé e sé. (Il respiro è inumano, allora, in quanto l’umano si fonda propria su quello scarto tra sé e sé, sul soggetto barrato, inappartenente e sé stesso? L’obiettivo, dunque, non sarà proprio quello di divenire inumani?)

Suggerirei di andare a verificare tutto questo consapevolmente, qui. E’ un gioco che ha un che di meditativo, in cui è possibile rendersi conto come è proprio il non-intervento del pensiero a consentire di raggiungere l’obiettivo, marcato dallo sguardo, il punto messo a fuoco (e l’obiettivo, appunto, è quello di divenire inumani…). Tanto più il mouse diventa parte integrante del corpo-cyborg (meno se ne ha coscienza in quanto oggetto esterno), tanto più si raggiungerà un punteggio alto. Come nel teatro, così insegnava Mamadou Dioume, della Compagnia di Peter Brook, con il quale ho avuto la fortuna di fare un paio di stage teatrali: non ci devono essere operazioni intellettuali, nel recitare (che è, in fine, il vivere nella sua forma pura). Occorre essere. Ed essere significa essere attenti. Non deve dunque intervenire l’intelletto. Ma la mente deve esserci eccome, dev’essere totalmente presente: attenta. E l’attenzione, diceva Simone Weil, è la preghiera spontanea dell’anima.

Ps Fatemi sapere, per curiosità, che punteggio avete totalizzato in questa preghiera (del resto ho scritto queste righe solo per trovare persone solidali in questo abbandono improduttivo)… Potremmo indire un campionato indiano…

41 COMMENTS

  1. Il segno rosso dell’impatto aiuta molto. Dopo due prove, giunto a cento ho smesso (prima che mi andassero in tilt gli occhi e mi si sbiellasse qualche falange) annoiandomi. Non me ne vanto, anzi me ne preoccupo.

  2. Ho giocato 4 volte. Punteggio massimo 38.
    McLuhan diceva che ogni media (in senso lato, ogni tecnologia) è una sorta di protesi, un prolungamen6to o un’estensione del corpo. Diceva che i media elettronici sono estensioni del sistema nervoso centrale.
    Mi sembra che il mouse sia “mano”, e il cursore “occhio”.

  3. Mano/occhio, è vero, è quello che fra le righe dovrebbe leggersi nel mio testo (anzi, testicolo).
    Cosìecome, io ho fatto 442, ma i tortellini (cosa incomparabilmente più nobile) non saprei mai farli, e i sassi non mi sono mai rimbalzati sull’acqua.

  4. io sono andata migliorando da 0 a 8 a 12 a 17 a 19. Magari arrivavo anche a 21 ma avevo già le cornee roteanti e il tunnel carpale che si intunnelava.

  5. ciao Fratello HardCore….
    depressione….ho provato 10 volte: la prima 60 e poi sempre 0!!!
    “Il mouse è parte integrante e decisiva del nostro Io nella misura in cui consente un’interazione con il mondo/rete, e ci fa muovere dentro quel mondo/rete, operando in esso e su di esso – e questo intervento passa da lì, dal movimento della mano non tanto sul cursore, quanto col cursore…”
    …SAGGEZZA ROVELLIANA, Fratello!!!
    ho un mouse in ufficio che farebbe fare zero a chiunque!!!!
    notato quanto un mouse poco funzionante possa rendere la nostra giornata un inferno????
    un abbraccio

  6. per la prima volta ho adorato bill gates quando ho saputo che sta progettando un nuovo pc senza mouse, dato che le articolazioni del mio polso cominciano a mandare pessimi segnali!

  7. Bene bene, sono contento di trovare tanti fratelli hardcore… (ciao Francesca, bello ritrovarti! – fatti cambiare il mouse dai tuoi padroni!). Meno invidiabili sono le tendiniti pop però…;-)
    Adesso vado a roteare un po’ le cornee ché oggi non l’ho ancora fatto.
    (Mario, ma un computer senza mouse, come sarà?)

  8. dunque, 300! e poi non ho riprovato…

    il testo che scrivi è molto stimolante; su una cosa forse però rifletterei meglio: “Tra mano e mouse tende ad esserci la medesima compenetrazione che dev’esserci tra cavallo e cavaliere, o tra tiratore e arco. Una compenetrazione irriflessa, naturale. Il cui modello, a cui si tende asintoticamente, è il respiro. Non c’è pensiero, nel respiro. Si respira e basta. Senza scarto tra sé e sé.”

    Sono d’accordo, con una differenza: paradossalmente alcune tecniche estatiche si concentrano proprio sul ‘controllo’ del respiro (Bataille le sperimentò alla fine degli anni trenta). La stessa ‘attenzione’ weiliana è frutto di un’operazione intellettiva inumana, ma non per questo ‘immediata’.
    Forse su queste articolazioni della cosa bisognerebbe scriverci qualcosa.

    Caro Marco, è sempre un piacere leggerti!

    emilio/millepiani

  9. Caro Emilio, vorrà dire che tra batailleani ci si riconosce “a mouse”?

    E’ vero, l’estasi, come l’attenzione, sono due forme ascetiche: implicano esercizio, lo sviluppo di facoltà non disponibili nella “normalità”. In questo senso non sono im-mediate. Ma l’obiettivo è proprio la consapevolezza dell’essere (vipassana: vedere le cose così come sono): l’aderenza assoluta al qui-ed-ora del respiro, l’assoluta presenza all’azzurro del cielo.

  10. il gioco non l’ho capito.
    e non ho capito nemmeno il senso di questo: “l’attenzione, diceva Simone Weil, è la preghiera spontanea dell’anima”.

  11. Morgillo, tu sei ossessionato.

    Tashtego, devi semplicemente colpire i cerchi che ti compaiono davanti, con il cursore invisibile. Quanto all’attenzione: la funzione della preghiera meditativa – nell’esicasmo cristiano, oltre che nelle varie forme di meditazione buddhista – è proprio quella di sviluppare un’aderenza totale al Sé, un’osservazione a occhi spalancati dei propri movimenti interiori ed esteriori. L’attenzione è la consapevolezza di sé, la presenza a sé.Ed essere presenti a sè significa, per così dire, combaciare assolutamente con il proprio esserci, con la propria forma, con il proprio corpo, con i propri moti interiori. Sono pratiche non necessariamente religiose: pratiche senza presupposti, che non necessitano alcuna fede.

  12. insomma, per farla breve, un dito sul topo e via tutti insieme: OOOOOOMMMMMMMMMMMMMMMMMMM !!

  13. ma che è?
    sembrano fuochi d’artificio!
    ho provato tre volte, la prima ho fatto 12, la seconda ho fatto 4 e la terza 0.
    che gusto c’è a colpire senza vedere?
    Boh!

    tornando al mouse, io lo odio per come obbliga le articolazioni della mano a stare in una forma così innaturale…..come dire? a ragno!

    e poi mi è anche uscito un calletto alla base del metacarpo….

  14. -Non c’è pensiero, nel respiro. Si respira e basta. Senza scarto tra sé e sé. (Il respiro è inumano, allora, in quanto l’umano si fonda propria su quello scarto tra sé e sé, sul soggetto barrato, inappartenente e sé stesso? L’obiettivo, dunque, non sarà proprio quello di divenire inumani?)-

    …come gli animali? o forse i fiori…

    io però cambierei obiettivo!

  15. Chi, soffiando ora con forza ora con dolcezza espira e aspira, espelle l’aria viziata e assorbe l’aria pura, si appende come l’orso e si stira come l’uccello, cerca solo la longevità (Chuang tzu).

    IL respiro è la chiave per aprire i COEX (sistemi di esperienza condensata) e le MBP (matrici perinatali di base).

    Del resto il diaframma toracico è un muscolo di estrema complessità e controllo della vita emotiva.

    Se si studia il diaframma così come si fa in osteopatia cranio-sacrale ci si accorge dei suoi complessi collegamenti che giungono fino alla base del cranio, attivando il sistema cranio-sacrale e tutto il sistema mio-fasciale del corpo umano. A quel punto, c’è poco da stupirsi, semmai meravigliarsi, di come le tecniche molteplici di respirazioni possano influenzare l’attività elettrica del cervello, la vita mentale, la circolazione elettromagnetica nei tessuti.

    D’altra parte pratiche di concentrazione e attenzione (attenzione focalizzata e attenzione rilassata) sono in grado di modificare l’attività del centro respiratorio situato nella porzione caudale del tronco cerebrale. Alla sua regolazione concorrono anche informazioni chemocettive che riguardano lo stato di ossigenazione del sangue e il suo ph.

    E’ noto da tempo che alcune strutture soprabulbari possono influire sulla respirazione.

    Qualunque stimolazione della reticolare desincronizzante determina contemporaneamente all’attivazione della corteccia cerebrale, anche un aumento di scarica del nervo frenico, che innerva il diaframma, modificando così il ciclo respiratorio.

    Cambiando il respiro cambia la percezione e il pensiero.

    Come ha detto Carlo Sini, sarebbe difficile un’analisi del linguaggio che non regredisse all’esperienza del respiro.

    Finalmente è uscito un libro della San Paolo veramente completo sull’esperienza della Filocalia

  16. io non uso il mouse ma il touch… cavolo più di 30 non ho fatto, e qualche volta pure 0
    sapete che vi dico?
    Grrr………………………!

  17. 24…

    chi ha in mano un mouse alla fine finira’ per vedere tutto il mondo come un computer.

    siamo alla simbiosi con la macchina?

    Lo sapete che mouse in spagnolo si dice RATON?? (El topo!!!)

    fem

    Ah che bello sentir parlare di Peter Brook!!! E qualche seminario con Eugenio Barba, lo hai seguito??? Il fatto della concentrazione/attenzione e’ vitale in teatro. Laborit diceva che gli esseri umani sono fatti per agire.

  18. P.S: l’ho capita solo adesso l’immagine (invisibile) del tuo post…

    fem

  19. no c’ho capito una mazza di quello che ha scritto marco e nel giochino sono arrivata a sei o sette con due volte zero e anche il giochino non l’ho capito.
    ho dei seri limiti io, quasi come il signor tash :)))
    tanti baci
    la fu

  20. non ho il mouse, c’è il coso in cui trascini il polpastrello. Ho fatto 2, 2, 2, 2, 2.
    sono fedele alla mia mediocrità (impreca).

  21. alla mprima 6, alla seconda 77, che mi sembrano numeri un po’ magici, un po’ mistici e cabalistici (come tutti)

  22. Alcuni mesi or sono, ipotizzavo un “non” uso a fini curativi del mouse. Non so se qualcheduno avesse preso in considerazione questa suggestiva idea e interpretazione. Direi piuttosto una reinterpretazione delle proprie esperienze attraverso la comunicazione con la sola tastiera. Provate anche questa. Applicazioni possibili: reimpostazione dei parametri cognitivi.

  23. Lumina, io non so nulla di fisiologia, ma ho praticato meditazioni, e so che sono in grado di cambiarti profondamente. A quale “brano” di Sini ti riferisci? (anche se non credo che lui abbia mai praticato…)

    Francesca, il mio itinerario teatrale è stato molto breve, giusto un paio di stagioni, e ho incontrato solo il vecchio saggio Mamadou, senegalese che con Brook fece il Mahbharata. Però conosco bene teatranti (Gabriele Vacis, Armando Punzo) che hanno seguito stage di Barba ed è stata per loro un’esperienza decisiva.

  24. Ana,
    sai comunicare con la tastiera o con la chitarra?
    Se così è, sarebbe possibile secondo te comunicare, con chi non sa comunicare nei modi che noi conosciamo, attraverso l’uso dei tasti di una tatiera musicale?

  25. Concordo con tutto ciò che hai detto, Marco. Non ci sono dubbi che le pratiche di meditazione sono in grado di cambiarci profondamente. Pratico da molti anni e frequento ritiri.
    Molto istruttiva è la lettura del testo Emozioni Distruttive, del Dalai Lama e Daniel Goleman, o Mindfulness. Mi riferivo a delle conversazioni tra Sini e Vattimo, dal titolo Filosofia al presente. Penso anche io che lui non abbia mai praticato. Eugenio Barba con il suo yoga dell’azione…

  26. diciamo che…
    me la ‘cavicchio’!
    prediligo la tastiera musicale!
    comunicare si può sempre, in ogni modo, con ogni mezzo,
    purchè dall’altra parte ci sia la predisposizione ad ascoltare!
    :)

  27. Ana,
    intendo riferirmi ad una possibile interazione con persone che non hanno capacità convenzionale di esprimersi: nello specifico mi riferisco a persone autistiche.
    Non so bene se sono stato chiaro. Parlavo di un modo di trovare un aggancio comunicativo su una base ptettamente tecnica. Vale a dire: (una nota)=(una nota di risposta); (altra nota)=(altra risposta); oppure: (una parola da tastiera del pc)=(altra parola da tastiera); e via dicendo.
    Domando scusa ma non riesco ad essere più chiaro. Questa è’ un’idea che ho in mente da parecchio e ogni tanto cerco di approfondire; diciamo che spero che qualcuno raccolga l’idea e la perfezioni; qualcuno esperto. Se è una mia cavolata, ridiamoci sopra.

    Hai notato che il tuo commento viene dopo il mio?
    Dopo pulce, viene il commento di ana.
    Prima pulce, poi ana.
    Gulp, stragulp!
    Prima pulce poi ana.
    Pulcee poi anaa…

  28. il tema che esponi è delicato!
    come esperimento potrebbe funzionare, ma le note di risposta devono sapersi agganciare bene alla prima nota, o nota di richiamo,
    e sopratutto, in questo modo di comunicare, deve sempre essere presente un punta di ‘giocosità’, di spirito vivace, di sostegno!
    creare con i tasti….perchè no?
    :)

  29. Più che insegnare, trovare una connessione in maniera quasi automatica.
    Grazie; abbiamo fatto un buon lavoro. Per ora. Qualcuno continuerà.

  30. Allora avevate sbagliato a fare il link all’immagine, perche’ adesso vedo che e’ comparsa.
    Preferivo prima pero’ (se posso dire la mia!): quel link vuoto era piu’ significativo. Dava l’idea dell’invisibile…

    fem

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Marco Rovelli nasce nel 1969 a Massa. Scrive e canta. Come scrittore, dopo il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, ha pubblicato Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Suoi racconti e reportage sono apparsi su diverse riviste, tra cui Nuovi Argomenti. Collabora con il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Fa parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli. Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash, dal 2001 al 2006 fa parte (come cantante e autore di canzoni) dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio, gruppo che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista. Nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca, Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti. In campo teatrale, dal libro Servi Marco Rovelli ha tratto, nel 2009, un omonimo "racconto teatrale e musicale" che lo ha visto in scena insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Nel 2011 ha scritto un nuovo racconto teatrale e musicale, Homo Migrans, diretto ancora da Renato Sarti: in scena, insieme a Rovelli, Moni Ovadia, Mohamed Ba, il maestro di fisarmonica cromatica rom serbo Jovica Jovic e Camilla Barone.