(Alcune) Poesie operaie
69 uscivano dalla vasca sconci e orribili tutti in gruppo non li avevo mai visti aspettavo che uscissero dalla vasca mi passavano vicino dandomi colpetti sulla testa con la mano tesa le emanazioni del cloro sembrava la puzza dell’inferno e se faccio il bagno in quell’acqua io divento come loro * 72 hanno bisogno solo di se stessi almeno così credono comunque state attenti la lavatrice sarà necessario accomodarla un giorno avrete a che fare con i becchini la solitudine perfetta è solo quella d’onnipotente che neppure esiste e alla fine vi scasseranno la porta e non è detto che vi ritroveranno vivi (una vita stravagante merita una fine stravagante) e quando mi misi ad argomentare contro la condanna a morte mi dissero che così argomentavo perché volevo che fossero solo le Br ad applicarla e così ho capito che erano diventati invidiosi la morte volevano applicarla anche loro e già mi vedevo esposto davanti al plotone d’esecuzione a gridare come un matto sparate alla testa e salvatemi il cazzo * 75 quando scoprimmo la ranunculus glacialis l’aria era secca e trasparente il pane seccava subito e i legni si ristringevano l’acqua che bolliva alle basse temperature rendeva impossibile alle patate di cuocersi sorgevano improvvisamente strane botaniche abbeverate da una luce filtrata fiorite sotto strati di ghiaccio lo splendore delle fioriture nonostante le condizioni più disperate uno splendore per continuare dove sopportare gli strazi più disperati oltre i quali c’è la pace della fine perpetua * 56 l’angoscia di essere simili a tutti gli altri l’angoscia opposta di non poter mai essere simile a tutti gli altri trasformato per sempre nella figura dello scemo del paese qualcosa di noi vivente rinchiusa nella cassa da morto per sempre l’orrore di durare senza suprema via d’uscita muovere i primi passi sfuggire dalla madre ridente la paura di perdere tutto o che tutto ci rimanga attaccato per sempre gli oggetti più scemi l’epistole più vergognose e non poter più rinchiudere il tutto in una valigia e partire per sempre rimanere incastrati per sempre nella consueta vergogna rimanere chiusi nella cassa dell’ascensore bloccato rinchiusi vivi nella cassa da morto. * 31 quando nel paesaggio ancora invernale morso dal gelo improvvisamente esplode la fioritura del mandorlo la precocità e l’estrema debolezza del tuo splendore la minaccia è sopra di te i primi sono in pericolo estremo la fioritura del mandorlo brilla nostro debolissimo vessillo tu vessillo di morte precoce e di tutti gli inizi poca materia viva circondata di morte i nostri debolissimi segni della speranza pronti a finire i primi di un nuovo mondo splendidamente vivi con la gola serrata dalla morte. * 19 è morto con la testa spaccata sul selciato sporco di olio benzina sangue e senza dignità buttando pezzi di cervello tutta la nostra fragilità davanti ai mostri in quello spavento del cozzo in quell’ultimo istante con gli occhi scoppiati vedere la vita che esplode
(Da Luigi Di Ruscio, Poesie operaie, Ediesse, Roma, 2007.)
(Immagini A Inglese)
Poesia che apre visioni
rosso, tanto rosso
poesia che narra il vissuto, un tipo di vissuto
e la morte così presente, così
vigile dietro l’angolo
(una vita stravagante merita una fine stravagante)
la 56
il verso lungo che decanta l’angoscia, è un riconoscersi dentro,
questa paura, della morte come della vita, del non trovarsi,
e non si libera il respiro
resta in bilico, annaspa.
Solo la fioritura, può.
la 19 è una vivida e spietata metafora
di come può essere vista un’esistenza.
la rima interna, perdipiù all’occhio, cloro/loro è una di quelle cose che ti fanno essere fiero di essere marchiciano. grazie, perfido albione, per il post dell’unico grande poeta del secondo novecento (presentato all’epoca da quasimodo e fortini, mica cazzi) e pure vivente, a non aver meritato (anzi guadagnato) nemmeno una comparsata all’interno di una qualunque delle antologie secondonovecentesche (giovanardi testa piccini bertoni etc.) protagoniste dell’arcinoto fenomeno millenarista e un po’ liquidatorio. sì lo so che in quella di maiorino c’è ma è di vent’anni prima ! e comunque a noi giovani o semigiovani o usati sicuri ci piace molto tiè. l.
si, luigi, hai perfettamente ragione, Di Ruscio è stato quasi sempre ignorato, davvero vergognosamente; anche perché trovo questi, come altri suoi testi, straordinari: da scoppiare da ridere e tremare nello stesso tempo. Ma lo annoveriamo tra i tremendi irregolari, di quelli che fanno fare incubi ai professori universitari e ai critici titolati. Abbracci.
eh già. come costa, delfini, spatola, ferretti, cattafi e un po’ anche pagliarani (e forse nove tra i novi) . bada bene che tutti sono dichiaratamente poeti anti ed extra-accademici , immuni dal classico vizio italiano dell’intramoenia (comune a incendiari o pompieri che siano). bello darsi ragione da soli come due coglioni nevvero ?
Tre.
Condivido tutto quello che avete scritto sulla poesia di Luigi.
Il mio “amore” ha festeggiato, proprio in questi giorni, trentacinque anni di fedeltà.
fm
Andrea, le hai scelte tu le mie posie qui pubblicate? Benissimo! Grazie! Ci siamo incontrati una volta a Milano, spero di rivederti, ieri ho terminato un gruppetto di poesie, una cinquantina di versi in tutto, posso spedirtele, un abbraccio luigi
per chi mormorava NI è morta, ha perso d’interesse, fa letteratura finta,
basterebbe uno di questi momenti (post con poesie di uno dei più grandi del novecento e oltre / passaggio dello stesso tra queste colonne) a dimostrare il contrario. Ma poi mi accorgo che il termine “dimostrare” non va per una poesia e un poeta che non deve dimostrare un bel nulla né tanto meno mostrarsi in un qualunque camposanto letterario ovvero antologia.
grazie
effeffe
ps
di Luigi di Ruscio sul sito di Biagio Cepollaro è presente la raccolta iscrizioni ,
http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/DiRuIscr.pdf
Hai visto, caro Socci? Quattro!
Sottoscrivo la nota di Forlani sulle antologie, cosa che davo per scontata sopra.
fm
aggiungete anche me, 5!
Grazie NI
ho scaricato le 324 Iscrizioni. L’urlo della poesia mi ha investita.
fem
Francesca, visto che ci sei, scaricati anche, nelle stesse edizioni di cui sopra, la ristampa di “Le streghe arrotano le dentiere”. L’urlo che ti investirà, sarà ancora più fragoroso e potente.
Caro Luigi,
si le ho scelte io. Non ho fatto neppure in tempo a rintracciarti per dirtelo. Ma non dubitavo che avresti apprezzato. Un abbraccio forte
Caro Andrea vorrei spedire personalmente a te le ultime poesie che ho scritto. una cinquantina di versi, non ho il tuo indirizzo telematico, ciao luigi