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Censura legale

di Paolo Barnard 
Cari amici e amiche impegnati a dare una pennellata di decenza al nostro Paese, eccovi una forma di censura nell’informazione di cui non si parla mai. E’ la peggiore, poiché non proviene frontalmente dal Sistema, ma prende il giornalista alle spalle. Il risultato è che, avvolti dal silenzio e privi dell’appoggio dell’indignazione pubblica, non ci si può difendere. Questa censura sta di fatto paralizzando l’opera di denuncia dei misfatti sia italiani che internazionali da parte di tanti giornalisti ‘fuori dal coro’.

Si tratta, in sintesi, dell’abbandono in cui i nostri editori spesso ci gettano al primo insorgere di contenziosi legali derivanti delle nostre inchieste ‘scomode’. Come funziona e quanto sia pericoloso questo fenomeno per la libertà d’informazione ve lo illustro citando il mio caso.

Si tratta di un fenomeno dalle ampie e gravissime implicazioni per la società civile italiana, per cui vi prego di leggere fino in fondo il breve racconto.

Per la trasmissione Report di Milena Gabanelli, cui ho lavorato dando tutto me stesso fin dal primo minuto della sua messa in onda nel 1994, feci fra le altre un’inchiesta contro la criminosa pratica del comparaggio farmaceutico, trasmessa l’11/10/2001 (“Little Pharma & Big Pharma”). Col comparaggio (reato da art.170 leggi pubblica sicurezza) alcune case farmaceutiche tentano di corrompere i medici con regali e congressi di lusso in posti esotici per ottenere maggiori prescrizioni dei loro farmaci, e questo avviene ovviamente con gravissime ripercussioni sulla comunità (il prof. Silvio Garattini ha dichiarato:
“Dal 30 al 50% di medicine prescritte non necessarie”) e spesso anche sulla nostra salute (uno dei tanti esempi è il farmaco Vioxx, prescritto a man bassa e a cui sono stati attribuiti da 35 a 55.000 morti nei soli USA).

L’inchiesta fu giudicata talmente essenziale per il pubblico interesse che la RAI la replicò il 15/2/2003. Per quella inchiesta io, la RAI e Milena Gabanelli fummo citati in giudizio il 16/11/2004 (1) da un informatore farmaceutico che si ritenne danneggiato dalle rivelazioni da noi fatte.

Il lavoro era stato accuratamente visionato da uno dei più alti avvocati della RAI prima della messa in onda, il quale aveva dato il suo pieno benestare.

Ok, siamo nei guai e trascinati in tribunale. Per 10 anni Milena Gabanelli mi aveva assicurato che in questi casi io (come gli altri redattori) sarei stato difeso dalla RAI, e dunque di non preoccuparmi (2). La natura dirompente delle nostre inchieste giustificava la mia preoccupazione. Mi fidai, e per anni non mi risparmiai nei rischi.

All’atto di citazione in giudizio, la RAI e Milena Gabanelli mi abbandonano al mio destino. Non sarò affatto difeso, mi dovrò arrangiare. La Gabanelli sarà invece ampiamente difesa da uno degli studi legali più prestigiosi di Roma, lo stesso che difende la RAI in questa controversia legale. (3) Ma non solo.

La linea difensiva dell’azienda di viale Mazzini e di Milena Gabanelli sarà di chiedere ai giudici di imputare a me, e solo a me (sic), ogni eventuale misfatto, e perciò ogni eventuale risarcimento in caso di sentenza avversa. (4)

E questo per un’inchiesta di pubblico interesse da loro (RAI-Gabanelli) voluta, approvata, trasmessa e replicata.

(la RAI può tecnicamente fare questo in virtù di una clausola contenuta nei contratti che noi collaboratori siamo costretti a firmare per poter lavorare, la clausola cosiddetta di manleva(5), dove è sancita la sollevazione dell’editore da qualsiasi responsabilità legale che gli possa venir contestata a causa di un nostro lavoro. Noi giornalisti non abbiamo scelta, dobbiamo firmarla pena la perdita del lavoro commissionatoci, ma come ho già detto l’accordo con Milena Gabanelli era moralmente ben altro, né è moralmente giusificabile l’operato della RAI in questi casi).

Sono sconcertato. Ma come? Lavoro per RAI e Report per 10 anni, sono anima e corpo con l’impresa della Gabanelli, faccio in questo caso un’inchiesta che la RAI stessa esibisce come esemplare, e ora nel momento del bisogno mi voltano le spalle con assoluta indifferenza. E non solo: lavorano compatti contro di me. La prospettiva di dover sostenere spese legali per anni, e se condannato di dover pagare cifre a quattro o cinque zeri in risarcimenti, mi è angosciante, poiché non sono facoltoso e rischio perdite che non mi posso permettere.

Ma al peggio non c’è limite. Il 18 ottobre 2005 ricevo una raccomandata. La apro. E’ un atto di costituzione in mora della RAI contro di me. Significa che la RAI si rifarà su di me nel caso perdessimo la causa. Recita il testo: “La presente pertanto vale come formale costituzione in mora del dott. Paolo Barnard per tutto quanto la RAI s.p.a. dovesse pagare in conseguenza dell’eventuale accoglimento della domada posta dal dott. Xxxx (colui che ci citò in giudizio, nda) nei confronti della RAI medesima”.(6)

Nel leggere quella raccomandata provai un dolore denso, nell’incredulità.

Interpello Milena Gabanelli, che si dichiara estranea alla cosa. La sollecito a intervenire presso la RAI, e magari anche pubblicamente, contro questa vicenda. Dopo poche settimane e messa di fronte all’evidenza, la Gabanelli tenta di rassicurarmi dicendo che “la rivalsa che ti era stata fatta (dalla RAI contro di me, nda) è stata lasciata morire in giudizio… è una lettera extragiudiziale dovuta, ma che sarà lasciata morire nel giudizio in corso… Finirà tutto in nulla.”(*7*)

Non sarà così, e non è così oggi: giuridicamente parlando, quell’atto di costituzione in mora è ancora valido, eccome. Non solo, Milena Gabanelli non ha mai preso posizione pubblicamente contro quell’atto, né si è mai dissociata dalla linea di difesa della RAI che è interamente contro di me, come sopra descritto, e come dimostrano gli ultimi atti del processo in corso.(8)

Non mi dilungo. All’epoca di questi fatti avevo appena lasciato Report, da allora ho lasciato anche la RAI. Non ci sarà mai più un’inchiesta da me firmata sull’emittente di Stato, e non mi fido più di alcun editore. Non mi posso permette di perdere l’unica casa che posseggo o di vedere il mio incerto reddito di freelance decimato dalle spese legali, poiché abbandonato a me stesso da coloro che si fregiavano delle mie inchieste ‘coraggiose’. Questa non è una mia mancanza di coraggio, è realismo e senso di responsabilità nei confronti soprattutto dei miei cari.

Così la mia voce d’inchiesta è stata messa a tacere. E qui vengo al punto cruciale: siamo già in tanti colleghi abbandonati e zittiti in questo modo.

Ecco come funziona la vera “scomparsa dei fatti”, quella che voi non conoscete, oggi diffusissima, quella dove per mettere a tacere si usano, invece degli ‘editti bulgari’, i tribunali in una collusione di fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi; comportamenti tecnicamente ineccepibili, ma moralmente assai meno.

Questa è censura contro la tenacia e il coraggio dei pochi giornalisti ancora disposti a dire il vero, operata da parte di chiunque venga colto nel malaffare, attuata da costoro per mezzo delle minacce legali e di fatto permessa dal comportamento degli editori.

Gli editori devono difendere i loro giornalisti che rischiano per il pubblico interesse, e devono impegnarsi a togliere le clausole di manleva dai contratti che, lo ribadisco, siamo obbligati a firmare per poter lavorare.

Infatti oggi in Italia sono gli avvocati dei gaglioffi, e gli uffici affari legali dei media, che di fatto decidono quello che voi verrete a sapere, giocando sulla giusta paura di tanti giornalisti che rischiano di rovinare le proprie famiglie se raccontano la verità.

Questo bavaglio ha e avrà sempre più un potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti italiani a mezzo stampa o tv, di molto superiore a quello di qualsiasi politico o servo del Sistema.

Posso solo chiedervi di diffondere con tutta l’energia possibile questa realtà, via mailing lists, siti, blogs, parlandone. Ma ancor più accorato è il mio appello affinché voi non la sottovalutiate.

In ultimo. E’ assai probabile che verrò querelato dalla RAI e dalla signora Gabanelli per questo mio grido d’allarme, e ciò non sarà piacevole per me.

Hanno imbavagliato la mia libertà professionale, ma non imbavaglieranno mai la mia coscienza, perché quello che sto facendo in queste righe è dire la verità per il bene di tutti. Spero solo che serva.

Grazie di avermi letto.

Paolo Barnard
dpbarnard@libero.it

Note:

1) Tribunale civile di Roma, Atto di citazione, 31095, Roma 10/11/2004.
2) Fatto su cui ho più di un testimone pronto a confermarlo.
3) Nel volume “Le inchieste di Report” (Rizzoli BUR, 2006) Milena Gabanelli eroicamente afferma: “…alle nostre spalle non c’è un’azienda che ci tuteli dalle cause civili”. Prendo atto che il prestigioso studio legale del Prof. Avv. Andrea Di Porto, Ordinario nell’Università di Roma La Sapienza, difende in questo dibattimento sia la RAI che Milena Gabanelli. Ma non me.
4) Tribunale Ordinario di Roma, Sezione I Civile-G.U. dott. Rizzo-R.G.N. 83757/2004, Roma 30/6/2005: “Per tutto quanto argomentato la RAi-Radiotelevisione Italiana S.p.a. e la dott.ssa Milena Gabanelli chiedono che l’Illustrissimo Tribunale adìto voglia:…porre a carico del dott. Paolo Barnard ogni conseguenza risarcitoria…”.
5) Un esempio di questa clausola tratto da un mio contratto con la RAI: “Lei in qualità di avente diritto… esonera la RAI da ogni responsabilità al riguardo obbligandosi altresì a tenerci indenni da tutti gli oneri di qualsivoglia natura a noi eventualmente derivanti in ragione del presente accordo, con particolare riferimento a quelli di
natura legale o giudiziaria”.
6) Raccomandata AR n. 12737143222-9, atto di costituzione in mora dallo Studio Legale Di Porto per conto della RAI contro Paolo Barnard, Roma, 3/10/2005.
7) Email da Milena Gabanelli a Paolo Barnard, 15/11/2005, 09:39:18
8) Tribunale Civile di Roma, Sezione Prima, Sentenza 10784 n. 5876 Cronologico, 18/5/2007: “la parte convenuta RAI-Gabanelli insisteva anche nelle richieste di cui alle note del 30/6/2005…”. (si veda nota 4)

23 COMMENTS

  1. Il sito della trasmissione report (www.report.rai.it) ha una sezione “scrivi”, sulla quale mi accingo a chiedere conto di quanto esposto da Paolo Barnard. Mi pare doveroso che altri frequentatori di N.I. facciano altrettanto.

  2. In occasione delle prossime festività pasquali, formulo a tutti i blog sui quali passo, i miei più sinceri auguri per una Felice Pasqua. Maria

  3. Sì, si può fare, di sommergere la Rai e la Gabanelli (un altro mito che cade?) di mail con richiesta di spiegazioni.
    Ma, se posso andare completamente OT, da quando frequento (solo leggendo) N.I. mi trovo sommersa da articoli, post, ecc. ecc.
    Questo (articolo) poteva sfuggirmi, e mi sembra invece importante. Chiedo: ha senso pubblicare tre, quattro, cinque post al giorno rischiandone l’invisibilità? Siamo alle nove e mezza e oggi ci sono già tre pezzi da leggere. Lavoro, non sempre riesco a starvi dietro, è un difettaccio solo mio?

  4. Tutti vittime, tutti carnefici. Mai fidarsi: verba volant. Non che se te l’avessero messo nero su bianco sarebbe cambiato poi molto, in ogni caso! Non ti preoccupare, così ti dissero? Avresti fatto bene a preoccuparti e molto, perché chi ti dice di non preoccuparti sarà a breve il tuo carnefice più accanito e spietato, come questa storia dimostra – e che non è la sola purtroppo nel mondo dell’informazione sempre più raccolta allo spreco di sé. :-(

    Per quel che può valere, la mia solidarietà tutta.

  5. in rete ho trovato questa risposta, è del 7/2

    Risposta
    di Milena Gabanelli – da http://www.forum.rai.it

    Ogni azienda, giornale o tv fornisce l’assistenza legale (ovvero paga l’avvocato) ai propri dipendenti, non ai collaboratori. Quando abbiamo iniziato (1997)nessuno di noi si era posto il problema, che invece abbiamo affrontato quando sono arrivate le prime cause (2000). Si trattava di querele per diffamazione. La sottoscritta e il direttore di allora chiedemmo assistenza legale e ci fu concessa. Fatto che si verificò in tutti i successivi procedimenti penali. Le prime cause civili arrivarono nel 2004, e lì scoprimmo che invece non ci sarebbe stata copertura legale. La tutela veniva fornita a me in virtù del contratto di collaborazione con la rai, ma “a discrezione”, ovvero dovevo presentare una memoria difensiva con la quale dimostravo, punto per punto, di aver agito bene.

    Non avendo l’autore del servizio nessun contratto di collaborazione con la rai (pochè vende il pezzo), si assume i rischi in caso di richiesta di risarcimento danni. La realtà era questa: o prendere, o lasciare. Gli autori furono messi a conoscenza della questione e tutti decisero di continuare “l’avventura” con Report. Con tutte le angoscie del caso, ma a dominare è stata la convinzione di tutti noi che lavorando bene alla fine le cause si vincono e il soccombente dovrà pure pagare le spese. Da parte mia ho iniziato una lunga battaglia per poter avere ciò che nessuna azienda normalmente fornisce ai non dipendenti: l’assistenza di un avvocato in caso di causa civile (nel penale, come ho già detto, ci è stata fornita fin dall’inizio). Dal 2004 in poi la tendenza è stata quella di farci prevalentemente cause civili, con tutto quel che ne consegue in termini di stress, tempo che perdi, e paure che ti assalgono.

    E’ bene sapere che quando si va in giudizio ognuno risponde per la parte che gli compete: gli autori rispondono del loro pezzo, la sottoscritta per tutti i pezzi (in qualità di responsabile del programma), la rai in quanto network che diffonde la messa in onda. Qualora il giudice dovesse stabilire che c’è stato dolo da parte dell’autore, a pagare saranno tutti i soggetti coinvolti (la rai, la sottoscritta, l’autore). E questo vale per tutti, anche i dipendenti. La differenza è che prima di arrivare alla sentenza nessuno ti paga l’avvocato. Nel 2007 le cause arrivano ad un numero talmente elevato che passo più tempo a difendere me e i miei colleghi che non a lavorare. Ma a luglio 2007 il direttore generale Cappon chiede all’ufficio legale della rai di garantire la piena assistenza legale a tutti gli autori di Report. Questo non ci toglie le ansie (finchè non c’è una sentenza non sai di che morte muori), però almeno sai che alle tue spalle c’è un’azienda che ha riconosciuto il valore del tuo lavoro e ti paga l’avvocato. E’ stato difficile ottenere questo risultato, ma c’è stato e questo è oggi quello che conta.

    Certo, se su ogni puntata vieni trascinato in tribunale, alla fine può darsi che lasci la partita perchè non riesci più a reggere fisicamente. Ma questo non è colpa della rai di turno, bensì di un sistema giudiziario che permette a chiunque di fare cause pretestuose, senza che ci sia a monte un filtro (come avviene invece nelle cause penali) che valuti l’eventuale inconsistenza della causa stessa.

    Paolo Barnard. E’ un professionista che stimo molto, ma purtroppo l’incompatibilità ad un certo punto era diventata ingestibile, e così a fine 2003 le strade si sono separate. Per quel che riguarda la questione legale che lo coinvolge, sono convinta della bontà della sua inchiesta e penso che alla fine ci sarà una sentenza favorevole. Ci credo al punto tale da aver firmato a suo tempo un atto (che lui possiede e pure il suo avvocato) nel quale mi impegno a pagare di tasca mia anche la parte sua in caso di soccombenza. Non saprei che altro fare.

    Non ho il potere di cambiare le regole di un’azienda come la Rai, credo di aver fatto tutto quello che è nelle mie modeste capacità. Il lavoro che io e gli altri colleghi di report abbiamo deciso fin qui di fare non ce lo ha imposto nessuno. E’ un mestiere complesso che comporta molti rischi, anche sul piano personale. Si può decidere di correrli oppure no, dipende dalla capcità di tenuta, dal carattere e dagli obiettivi che ognuno di noi si da nella vita. Il resto sono polemiche che non portano da nessuna parte e sottragono inutilmente energie.

    Un caro saluto a tutti.

    domanda di effeffe. Perché Paolo Barnard tace sulla lettera di Milena?

  6. Sul sito di Arcoiris TV c’è una risposta di Barnard alla lettera di Gabanelli (http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Lettere&op=esteso&id=3871). Credo che siano stati i primi a pubblicare la denuncia del giornalista bolognese, all’inizio di febbraio, io l’avevo letta lì. Da giornalista la storia mi ha scosso non poco e ho cercato di farmi un’idea più chiara delle ragioni e dei torti. La mia personale conclusione è questa: come è possibile che un editore pubblichi un’inchiesta (e quel tipo di inchiesta), dopo averla attentamente valutata e soppesata, decida poi di ritrasmetterla, e infine di fronte alle reazioni delle persone chiamate in causa se ne lavi le mani? Accetto le spiegazioni di Gabanelli, ma non fanno che acuire la sensazione di vertigine che provo di fronte a questa ennesima deriva del paese. Come è possibile tutto questo? C’è qualcosa – molto – che non va. Non so e non voglio sapere nulla delle ruggini precedenti tra i due, il problema essenziale rimane secondo me quello che ho detto sopra.

  7. Anch’io sono curiosa, quella dichiarazione della Gabanelli a Barnard, in cui dice che gli pagherà le spese legali in caso che perda la causa, c’è? Ed è valida?

    Lo chiedo per puro amore per il dettaglio, per il resto, anche se Barnard non è dipendente RAI e vende il suo pezzo, come professionista privato, sono ovviamente solidale, se uno deve temere una querela a ogni inchiesta che fa si rischia il silenzio.
    Ma, come una volta c’era Soccorso Rosso, perché i freelance non si federano per coprirsi le spalle in casi come questi?

  8. Grazie Rovelli per aver postato anche qui la lettera di Barnard.
    Ma da questa lettera, e dalla replica della Gabanelli citata da Forlani, è successo un po’ di tutto: in primo luogo (non solo) una replica di Barnard alla Gabanelli c’è stata, ed è visibile qui. Come noterete è ospitata sul forum rai di Anno Zero, non su quello di Report. Come mai? Perchè dal giorno 9 marzo tutto ciò che veniva postato sulla questione è stato sistematicamente spostato, senza preavviso (dinamica che ho cercato di spiegare qui), e poi definitivamente cancellato dagli amministratori del forum. Tutto. Come lo so?
    Mi sono iscritto al forum rai il giorno 9 proprio per intervenire sulla questione, avendo grande stima di Barnard che, tra l’altro, è co-fondatore di Report, autore di due delle prime 5 puntate. Scrissi un primo post in un thread dedicato. Dopo qualche minuto scomparvero post e thread. Ad oggi se mi connetto col mio login (nome e cognome) sul forum rai, risultano spediti 9 messaggi, ma ne sono visibili solo tre: i tre che postai su Anno Zero, dove giocoforza fummo portati a scrivere. Di quei sei messaggi, e di interi thread, non c’è più traccia: la redazione di Report, senza avvertire preventivamente e senza alcuna violazione (almeno da parte mia) della policy ha sistematicamente cancellato tutti i post riguardanti “Censura Legale”. Con una incredibile e inedita solerzia, arrivando persino a bannare utenti (da quello che ho capito) “storici”. Il giorno 18 marzo (più di una settimana dopo) la redazione se ne esce con una specie di disclaimer (qui) relativo alla censura indiscrimanata che ha portato avanti e che era difficile “sottacere” ulteriormente.
    In questo annuncio si legge:
    “La questione non era posta nei termini corretti e l’unico effetto prodotto è stata una polemica infinita e denigratoria degli autori del programma. Questo non è tollerabile.”
    Ebbene, sul forum di Anno Zero è ancora visibile il mio primo messaggio, che fu cancellato da Report ragion per cui decisi di ripostarlo lì.
    Se avete tempo e voglia, giudicate voi quanto fosse “scorretto” e “denigratorio” nei confronti della redazione (le prime 6 righe introduttive le aggiunsi per contestualizzare quel post al thread in oggetto di Anno Zero):
    (non ricordo il titolo originale).

  9. Volevo pubblicare la pagina di http://www.articolo21.info in cui erano citati tutti gli articoli qui citati successivamente, ma poi una di quelle improvvise amnesie che mi assalgono da un momento all’altro me lo ha impedito, scusate… Comunque ho scelto di pubblicare solo il pezzo di Barnard perché il sequel – la risposta della Gabanelli e la controriposta di Baranrd – lasciano a mio parere immutati i termini della questione, che vanno al di là della querelle personale tra i due (peraltro quanto ad essa, leggendo tra le righe, tendo a credere a Barnard, proprio per il suo “stile”).

  10. Concordo con Rovelli, le lettere tra Barnard e Milena con cambiano i termini della questione, e la consapevolezza di non avere le spalle coperte da denunce e querele inibisce certamente il lavoro di molti free lance. Comunque vedo che le cose sono cambiate, e in peggio. Quando lavoravo al mensile “Panorama mese” come collaboratore fui querelato (con relativa richiesta danni stratosferica) dal soggetto di un servizio fotografico (non commissionato, realizzato di mia iniziativa) secondo il quale gli avevo estorto le foto. L’editore Mondadori mi fornì completa assistenza legale senza neanche discutere.

  11. Istruttivo questo capitolo sull’italica informazione e istruttivo il quadro che ne esce. Non ritengo di dover aggiungere altro.

    Blackjack.

  12. solo una domanda, che rivolgo agli addetti ai lavori: come funzionano i casi di assistenza legale, in questi casi, con le altre aziende, tipo Mediaset, La7, Sky?

  13. nei quotidiani normalmente l’assistenza legale è garantita solo ai giornalisti assunto a tempo indeterminata. Quanto ai collaboratori, dipende dalla solidità e dalla generosità del giornale. Se sei a Repubblica è molto probabile che ti forniscano assistenza legale a prescindere. Se sei all’Eco di Limbiate con Lonate (nome di fantasia) è sicuro che ti lasceranno al tuo destino, anche se sei un redattore regolarmente assunto. E’ evidente che il problema esiste, come dimostra l'(ab)uso intidimidatorio della causa civile. Solo nei grandi mezzi di informazione c’è una (relativa) sicurezza di scrivere senza rischiare di andare incontro a gravi conseguenze economiche.
    Quanto alla faccenda Barnard-Gabanelli, mi pare ovvio che c’è dell’altro. E che la questione personale si sia sovrapposta all’altra, la più interessante

  14. Voglio esprimere la mia opinione, anche se alla fine farò la figura dello scemo di turno, ma secondo me, solo per il fatto che alla fine, delle due parti citate, la più forte si faccia da parte, e con tacita ma sollevata (anzi manlevata) rassegnazione assista alla lotta impari tra Barnard (grande) e le case farmaceutiche (grandi bastardi) mi sembra una cosa indegna, visto che non penso che nei servizi Barnard abbia posto al pubblico affermazioni personali provocatorie. Ma la magistratura mi dico io come può permettere che l’ente che ha posto agli occhi d’Italia un servizio ottimo e meritevole di attenzione se ne lavi le mani così di fronte alla reazione dei bastardi? Sarebbe come incriminare per omicidio una casa farmaceutia che produce cianuro perché un tizio lo mette nel caffè della moglie. Grazie Rovelli. Perdonatemi per tutte le stupidaggini che presumo d’aver detto.

  15. Sul forum di report è apparso questo:
    LETTERA APERTA A

    Amministratore Delegato RaiNet

    p.c. dott.sa Milena Gabanelli

    Redazione Report

    p.c. Admin RAI Community

    p.c. a tutti quelli che ci leggono

    Non avremmo mai pensato di dover scrivere una lettera del genere, non avremmo mai pensato potessero verificarsi gli eventi che stiamo per descrivere, in particolare sul forum di Report. Eventi che, alla luce della loro ultima azione, eticamente inaccettabile, assumono aspetti inquietanti e pongono ulteriori interrogativi.

    Il forum di Report è uno spazio, come è scritto sulla copertina del forum stesso, “dedicato a telespettatori, critici o semplici curiosi, i quali potranno intervenire con le proprie opinioni, idee e commenti, offrendo nuovi spunti di riflessione ed indagine.”.

    A un gruppo di utenti, sono stati revocati i permessi per postare, per essere intervenuto e per aver espresso la propria opinione riguardo la denuncia portata da Paolo Barnard (ex giornalista di Report , trasmissione per cui ha lavorato 10 anni) contro la “Censura Legale”.

    “Si tratta, in sintesi, dell´abbandono in cui i nostri editori spesso ci gettano al primo insorgere di contenziosi legali derivanti delle nostre inchieste ´scomode´. Si tratta di un fenomeno dalle ampie e gravissime implicazioni per la società civile italiana. Siamo già in tanti colleghi abbandonati e zittiti in questo modo. Ecco come funziona la vera “scomparsa dei fatti”, quella che voi non conoscete, oggi diffusissima, quella dove per mettere a tacere si usano, invece degli `editti bulgari´, i tribunali in una collusione di fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi; comportamenti tecnicamente ineccepibili, ma moralmente assai meno.Questa è censura contro la tenacia e il coraggio dei pochi giornalisti ancora disposti a dire il vero, operata da parte di chiunque venga colto nel malaffare, attuata da costoro per mezzo delle minacce legali e di fatto permessa dal comportamento degli editori. Infatti oggi in Italia sono gli avvocati dei gaglioffi, e gli uffici affari legali dei media, che di fatto decidono quello che voi verrete a sapere, giocando sulla giusta paura di tanti giornalisti che rischiano di rovinare le proprie famiglie se raccontano la verità “.

    Questa è una parte della denuncia che Paolo Barnard ha fatto girare nel web e che è stato oggetto di apertura di un thread sul forum di Report. Molti utenti vi hanno partecipato, è stata superata quota 30000 visite.

    Si è parlato di manleva (la clausola in cui ci si impegna a sollevare l´editore da qualunque responsabilità legale in solido e che un giornalista freelance è costretto a firmare per lavorare); si è parlato di responsabilità legali di giornalisti, editori e caporedattori; si è parlato dello sfruttamento dei freelance; si è parlato della censura e di quanto questa possa incidere sulla vita dei cittadini.

    Gherardo Colombo ha così commentato l´accaduto: “Mi interessa molto il problema che dalle dichiarazioni di entrambi i giornalisti”, (Milena Gabanelli e Paolo Barnard), “sembra affiorare: quello della censura indiretta verso l’informazione, magari approfondita e veridica, ma proprio per questo spesso scomoda, che si attua semplicemente utilizzando il timore dei giornalisti di essere non tanto chiamati a rispondere della correttezza del loro lavoro, ma costretti a sostenere da soli tutte le spese legali a ciò necessarie, trovandosi magari paradossalmente contrapposti allo stesso ente che liberamente si è avvalso dei loro reportages. Emerge che questa censura non ha bisogno neppure di dichiarazioni o di dinieghi, perchè si maschera dietro un meccanismo legale capace di far leva sul timore delle conseguenze personali e familiari che un’inchiesta o un reportage può innescare; si avvale più o meno consapevolmente di autolimitazioni, del buon senso che spinge soprattutto chi tiene famiglia a chiedersi se ne valga la pena.”

    Alex Zanotelli invece ha chiesto “che gli editori difendano i loro giornalisti che rischiano per il pubblico interesse, e che si impegnino a togliere le clausole di manleva dai contratti che gli stessi giornalisti sono obbligati a firmare. Questo bavaglio ha e avrà sempre più potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti italiani a mezzo stampa o Tv. Questa è una lotta per la libertà di stampa, colonna portante di qualsiasi democrazia”.

    Questa discussione è stata, improvvisamente e senza alcun avviso, spostata dalla prima alla quattordicesima pagina del forum di Report grazie a una cambio di criterio di visualizzazione delle discussioni e sono stati cancellati e/o accorpati al thread principale i post insistentemente inseriti in prima pagina dagli utenti che protestavano e chiedevano spiegazioni in merito a questa decisione.

    A seguito di questa veemente protesta, alcuni di noi si sono visti revocare i permessi per postare su tutti i forum RAI (non solo nello spazio dedicato a Report); tutti gli altri partecipanti sono stati ugualmente penalizzati dagli accorpamenti e dalla cancellazione di post e thread sul forum di Report, la cui redazione ha ritenuto di fornire, come unica motivazione, quanto segue: “Abbiamo motivo di pensare che ci sia una volontà mirata ad attaccare la credibilità di un gruppo, costruita in tanti anni di lavoro. Per questa ragione ogni intervento su questo argomento d´ora in poi non sarà pubblicato. Nel forum di Report si scambiano opinioni, critiche e suggerimenti relativi alle puntate che vanno in onda. Si aprono discussioni costruttive e rispettose del lavoro altrui. Se invece qualcuno intende trasformarlo in un luogo di livori personali, pettegolezzi, o altro, saremo costretti a chiuderlo”.

    Siamo noi quella “volontà mirata ad attaccare la credibilità di un gruppo”?

    Non c´è mai stata alcuna intenzione di denigrare o dileggiare Report e la dott.sa Milena Gabanelli, non c´è mai stata l´intenzione di attaccare la credibilità del gruppo, non sono state scritte offese, non sono stati violati i regolamenti della community. Sono stati posti spunti di riflessione, pareri personali e domande che non hanno ottenuto risposta. (Alcuni di noi, in verità, hanno trovato offensivi alcuni interventi di Milena Gabanelli e Bernardo Iovene e, se ritiene, possiamo fornirli).

    Per questo un gruppo di noi utenti, con permessi revocati e non, ha deciso di mettere in atto alcune forme di protesta. Abbiamo aperto due thread nel forum di Report: “Sbannate i bannati” e “riammissione bannati” in cui abbiamo chiesto alla redazione di Report e a Milena Gabanelli alcune spiegazioni e la riammissione degli utenti tacitati, in nome della libertà d´espressione e contro ogni forma di censura. Abbiamo organizzato uno sciopero dei post. Abbiamo, ripetutamente, inviato mail e messaggi alla redazione, al Team Community, a Milena Gabanelli e agli Admin per esprimere il nostro sconcerto nei confronti dei provvedimenti messi in atto. Non abbiamo ottenuto risposta alcuna.

    Dopo dodici giorni di protesta la Redazione di Report ha aperto un nuovo thread, blindato per comunicare che “I bannati sono stati tutti riammessi ieri mattina (17 marzo)”.

    NON E’ VERO! Chi di noi si è visto revocare la possibilità di postare, ancora non può farlo.

    L´atto che vuole farci passare come graziati ad un passo dal patibolo non fornisce le spiegazioni che chiedevamo. Al contrario pone nuove e più inquietanti domande; reitera i metodi arbitrari utilizzati per tacitarci, non spiegando le motivazioni della differenza di trattamento tra noi e alcuni altri che violano costantemente le regole di comportamento; sembra che lanci nuovamente accuse ingiustificate verso semplici utenti il cui unico torto è stato quello di voler fare domande per capire, credendo, fortemente, nella libertà di opinione; pone la Redazione di Report al livello di un monarca da cui dipendono vita e morte dei sudditi ai quali concedere la sospensione di pena (in realtà poi neanche concessa); pretende di ipotecare il nostro diritto di parola, anche per il futuro.

    Questo atteggiamento ci ha, ancora di più, offesi e indignati!

    Non possiamo e non vogliamo accettare che l’immagine di Milena Gabanelli, della Redazione di Report e della RAI debba essere costruita a danno dei suoi utenti.

    Siamo convinti che ciò che Barnard ha scritto e quello che ha detto in una sua intervista su Arcoiris Tv non riguardi soltanto gli aspetti della sua vicenda. Crediamo infatti vi siano implicazioni su tutto il Sistema Italia: i fondi per la Ricerca; il ricatto per lavorare al quale tutti sono sottoposti dagli operai della Thyssen ai Giornalisti; l´adesione acritica ai guru di turno; lo sfruttamento; i finti spazi liberi dell’Informazione; la lobby degli studi legali; la connivenza di parte della Giustizia; il nostro diritto ad essere informati integralmente, senza preventive “Censure Legali”, e a poter esprimere i nostri dissensi, sempre e ovunque, da cittadini attivi e protagonisti. Denunciamo un Sistema che paralizza le nostre coscienze, una ragnatela, dalla quale non usciremo, se non riappropriandoci della nostra capacità di riflessione, di giudizio, della nostra indipendenza.

    Per tutte queste motivazioni chiediamo il Suo intervento perché agli utenti interessati vengano restituiti i permessi per postare e perché i rapporti tra le Redazioni e gli utenti dei forum diventino, finalmente, trasparenti, corretti e liberi, nel rispetto del nostro inderogabile diritto di parola e di opinione, da poter manifestare e condividere nello spazio offerto dal servizio pubblico.

    Alla prossima puntata (1- continua)

    Firmatari (in ordine alabetico)

    Paolo Rossi Barnard – nick barnard – permessi revocati
    Francesco Beato – nick franca mente (permessi revocati) – nick FRANKmente (permessi revocati) – nick francamentix (permessi revocati) – nick francamentix17 (permessi revocati)
    Marisa Conte – nick Marisetta – permessi revocati
    Salvatore Marcello – nick dp0 – permessi revocati
    Francesco Tumbarello – nick Foucault – permessi revocati

    M. Gabriella Alfano – nick lupetta69 – sostenitrice

    Renato Comolli – nick panoramix – sostenitore
    Antonio Conte – nick acorsi – sostenitore

    Simona Fierro – nick Simona_REArte – sostenitrice
    Fabio Gaffo – nick gnaffetto – sostenitore – vari post cancellati
    Silvia Innocenzi – nick Silvia I. – sostenitrice

    Marika Marchi -nick marikkina – sostenitrice
    Enrico Nannetti – nick enrico.nannetti – sostenitore
    Roberto Pinzi – nick Roberto Pinzi – sostenitore
    Aparecido Versolato – nick aparecido – sostenitore

    20 marzo 2008

    ————————————————-
    La redazione ha risposto così:
    Prima di continuare le vostre discussioni vi preghiamo di leggere anche i nostri comunicati:

    I bannati sono stati “sbannati” il 17 marzo.
    La Rai ha tolto la manleva a tutti i giornalisti di Report un anno fa.
    La liberta’ e sincerita’ dell’informazione dipende prima di tutto dalla qualita’ del giornalista e poi dall’onesta’ intellettuale del direttore.

    Redazione Report
    —————————————————–

    Come si evince dall’ultima frase, sono davvero inqualificabili.

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marco rovelli
marco rovelli
Marco Rovelli nasce nel 1969 a Massa. Scrive e canta. Come scrittore, dopo il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, ha pubblicato Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Suoi racconti e reportage sono apparsi su diverse riviste, tra cui Nuovi Argomenti. Collabora con il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Fa parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli. Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash, dal 2001 al 2006 fa parte (come cantante e autore di canzoni) dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio, gruppo che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista. Nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca, Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti. In campo teatrale, dal libro Servi Marco Rovelli ha tratto, nel 2009, un omonimo "racconto teatrale e musicale" che lo ha visto in scena insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Nel 2011 ha scritto un nuovo racconto teatrale e musicale, Homo Migrans, diretto ancora da Renato Sarti: in scena, insieme a Rovelli, Moni Ovadia, Mohamed Ba, il maestro di fisarmonica cromatica rom serbo Jovica Jovic e Camilla Barone.