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Il poema disumano di Luigi Nacci a Milano

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SI INSTALLA IL poema disumano A MILANO

All’interno della rassegna POESIA PRESENTE

lunedì 21 aprile
alle ore 18
presso lo SPAZIOSTUDIO di Patrizia Gioia
via Paolo Lomazzo 13 – Milano
tel. 348.7498744
e-mail: abraxas7p@libero.it

verrà inaugurata l’installazione del

POEMA DISUMANO di Luigi Nacci

progetto dell’installazione a cura di Gianmaria Nerli e Luigi Nacci;

supporto tecnico (e morale) di Dome Bulfaro;

disegni di Ugo Pierri;

musiche e effetti fonici di Lorenzo Castellarin;

voci di Michele Alessio, Xenia Isabel Docio Altuna, Bertal Cevahir, Matteo Danieli, Agneta Falk, Jack Hirschman, Fabrizio Leite, Jessica Leite, Šemso Osmanović, Ugo Pierri.

Il primo allestimento è stato eseguito presso la Galleria Michelangelo di Roma nel giugno 2006. La stessa galleria ha pubblicato il catalogo (con CD) per la cura di Gianmaria Nerli (esiste inoltre una versione lineare del poema – leggermente differente – edita da Flavio Ermini nella collana “Opera prima” di Cierre Grafica sempre nel giugno 2006).

***

«Il poema disumano è un’installazione-proiezione acustico-(visiva), che unisce voce, suono, scrittura-lettura, immagini, musica. Nata come poesia, o meglio come fusione della scrittura poetica con l’emanazione del proprio suono (la voce delle proprie parole trasformata e dis-integrata in suono), ha il grande merito di non sacrificare all’interazione le specificità dei suoi diversi linguaggi. La scrittura resta scrittura, il suono resta suono, la musica musica, le immagini immagini. Niente è annullato nell’indistinzione sensoriale, ma al contrario tutto viene montato e fatto significare: alla compattezza dell’amalgama percettivo si sostituiscono l’attrito e l’incontro tra ambiti di senso distinti e multiformi […] Ecco, l’installazione di Luigi Nacci punta, se non ad abbattere la porta, almeno a ricostruirne i confini, a ridefinire la soglia al di là della quale vivono un soggetto e forse un senso diverso. Quella soglia che prende la consistenza organica di una membrana che vibra, e si scioglie nell’ascolto. E ascoltando, questo è l’ottimismo disumano del poema, lo spettatore dà forma sensibile, volto, consistenza alla nuova antropologia che siamo diventati, ridefinisce il confine, lo spazio, la dimensione della tragedia umana. Ascoltando rimette in moto il percorso dell’arte e della sua possibilità di significare: perché se l’arte significa, significa anche l’uomo».
(Gianmaria Nerli)

Il fruitore è chiamato a farsi disabile: non può seguire lettura e ascolto contemporaneamente se non dissociandosi. Quella che gli viene richiesta è un’abilità mancante. Sui disumani si può gettare solo uno sguardo da disabili, parziale e sgraziato. Accostarsi al poema disumano significa dunque, in un certo senso, fare esperienza del disumano vivendo un’amputazione percettiva. È questa una delle maggiori ragioni d’interesse del poema disumano. E sta qui –a mio parere- il vero nodo dell’opera: l’infezione sensoriale, come malattia della comprensione, dell’orientamento nello spazio, della costruzione di un’identità e di un habitat vitale. Non per caso nella stanza d’apertura sono proprio i «muscoli ciliari» a essere prosciugati. Se l’abbassamento e la marginalità, l’amputazione e la metamorfosi, l’attrito e la mollezza sono tratti fondamentali, a tutti i livelli, del poema disumano, l’esperienza biologico-percettiva è la dimensione su cui si fonda il senso dell’opera. E anche a questa volontà di attraversamento fisico dall’interno va ricondotta la scelta –ferrea- della prima persona plurale. È in gioco, in maniera evidente fin dalla prima stanza, la possibilità di convivere con il «pulviscolo corrivo» che insudicia la vista e secca il palato.
(Marianna Marrucci)

«Un poema assolutamente unitario, classicamente unitario, senza stravolgimenti grammaticali o sintattici (espediente che fino ad ora era parso quasi consustanziale alla contemporaneità), rispettoso delle regole di reiterazione fonica di cui i maestri linguisti e semiologi ci hanno insegnato costituirsi lo ‘specifico poetico’, eufonico nel dettato, regolare con quella clausola in quartina, insomma un poema in ottave con tanto di attanti epici. Insomma, la partitura testuale del poema disumano non fa una grinza. È buona poesia, di ottima fattura, matura nella tenuta linguistica e metrica, un ottimo esordio […]. Ma Nacci, e qui sta la profonda innovazione, ha curato in maniera assolutamente originale e performativamente geniale, non solo il testo ma anche la “regia” del poema. “Regia”: adesso sappiamo che il testo è una partitura teatrale oltre che poetica […]. L’autore-regista non interpreta letteralmente il testo dell’autore-poeta, lo riscrive vocalmente trasformandolo in opera di poesia performativa vera e propria, indipendente, anzi in conflagrazione evidente, con il ‘messaggio’ letterario».
(Rosaria Lo Russo)

**

periodo: dal 21 al 30 aprile
orari: dalle 17.00 alle 19.00
festivi chiuso
altri orari su appuntamento

(Immagine di Ugo Pierri)

7 COMMENTS

  1. Mi piace molto quella singolare figura di sirena, pittata ad acquarello, de supra, ca pare sortita de ‘na navata oscura de pieve preromanica,
    o quasi, dìcasi.
    MarioB.

  2. grazie a francesca, ai commentatori, e a chi avrà voglia di fare un salto domani o nei prossimi giorni allo spazio studio,
    un saluto disumano a todos!

  3. In bocca al lupo Luigi, non ci conosciamo ma un progetto come questo lo vedrei con gioia. Sono a Roma e non posso venire in questi giorni. Spero che accada presto comunque.
    Orodè

  4. Caro Luigi, sono Fabio di Roma, anch’io non potrò esserci, ma spero di riuscire ad incontrarti quanto prima per quella nostra idea di [A]live Poetry. In bocca al lupo per tutto.
    Fabio

  5. viva i poemi disumani, dispeptici, distonici, disturbici, diserbantici, dissoluti, disparati, disammutinati, diversamente umani e umanissimi,
    coraggio luigi, all’arrembaggio. ;-)

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francesca matteoni
francesca matteonihttp://orso-polare.blogspot.com
Curo laboratori di poesia e fiabe per varie fasce d’età, insegno storia delle religioni e della magia presso alcune università americane di Firenze, conduco laboratori intuitivi sui tarocchi. Ho pubblicato questi libri di poesia: Artico (Crocetti 2005), Higgiugiuk la lappone nel X Quaderno Italiano di Poesia (Marcos y Marcos 2010), Tam Lin e altre poesie (Transeuropa 2010), Appunti dal parco (Vydia, 2012); Nel sonno. Una caduta, un processo, un viaggio per mare (Zona, 2014); Acquabuia (Aragno 2014). Dal sito Fiabe sono nati questi due progetti da me curati: Di là dal bosco (Le voci della luna, 2012) e ‘Sorgenti che sanno’. Acque, specchi, incantesimi (La Biblioteca dei Libri Perduti, 2016), libri ispirati al fiabesco con contributi di vari autori. Sono presente nell’antologia di poesia-terapia: Scacciapensieri (Millegru, 2015) e in Ninniamo ((Millegru 2017). Ho all’attivo pubblicazioni accademiche tra cui il libro Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell’Inghilterra moderna (Aras 2014). Tutti gli altri (Tunué 2014) è il mio primo romanzo. Insieme ad Azzurra D’Agostino ho curato l’antologia Un ponte gettato sul mare. Un’esperienza di poesia nei centri psichiatrici, nata da un lavoro svolto nell’oristanese fra il dicembre 2015 e il settembre 2016. Abito in un borgo delle colline pistoiesi.