Intersezioni
di Giovanni Fazzini
La pietra
Tutto avvenne un giorno di cui non v’è memoria, un giorno in cui non v’era occhio per vedere né orecchio per udire. Cadde la pietra all’acqua e salì dal fondo al cielo mentre il rombo si frangeva in un riverbero ubiquo. Mai furono uno, Specchio ed Eco, in quella notte dei sensi; ma solo due e molti nell’invisibile inascoltato.
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Mirabile impresa
Un giorno un tale decise di recarsi in treno a Parigi. Stipulò un contratto, sottopassò un sottopasso e si sedette, il culo ghiacciato sul freddo marmo. Una fila di capsule gli sfilò dinnanzi, rallentando stridente fino a fermarsi. Uomini e donne, aggrappati a strani fagotti, entrarono e uscirono da porte sibilanti. Poi, al suono di un fischietto, ripartirono le capsule in un tripudio di baci, fazzoletti e mani dondolanti teneri ciao ciao. Solo rimase lo sguardo vuoto sul vuoto binario dell’ignoto viaggiatore, segno dell’incontestabile successo nella mirabile impresa: quella di mai arrivare a Parigi senza mai perdere il treno.
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Tra sé
in me rimuginai le parole di domani
e fu oggi e non seppi a quel volto che dire
un sorriso s’aprì di tra le labbra mute
poi solo voci che valsero un silenzio
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Amo molto la pietra per l’incontro tra forma dura e acqua, nella liquidità della parola e anche nella traietorria perfetta del poema in prosa ( ho un debole per questa forma in poesia).
Amo il senso assoluto della notte dei sensi, come nozze silenziose della natura.
mi permetterò di riportare “La pietra” anche nel mio blog (appropriato per l’occasione, sì, molto appropriato!): pietra che infrange la legge di gravità e quella che divide udito e occhio o solidi da fluidi.
Così farò intersezioni fra le mie ultime letture sulle sfere 3-D e la finestra di Viviani, fra i versi di fem sugli insensati sensi e “quella notte”, fra il tempo che si annoda, il silenzio che assorda e il viaggio nella non-meta che è reale e mirabile.
enchantée
fembis