Il superfluo della vita

[Si pubblica un frammento dal blog rospe in frantumi, camera di collaudo e taccuino di un editore. d.p.]

di Roberto Speziale

Cosa ci si aspetta dagli editori, soprattutto se giovani? Gli editori devono essere agguerriti, devono usare metafore agonistiche, preferibilmente calcistiche o rubate all’immaginario gladiatorio dei filmoni in sandali e perizoma. Non si concede volentieri fiducia a chi contravviene a queste pratiche consuetudinarie. Posso anche capirlo, in fondo, è tempo di slogan (e quando non lo è), è tempo di dimostrare che i libri non sono cartacce raccolte a prendere polvere sugli scaffali. È tempo che i libri siano qualcos’altro, anche se non vengono letti. Questo è il tempo dei giovani editori. Ci si aspetta che i giovani editori sappiano cosa fare. I libri sono sacrificabili, non si vendono libri, si vende il resto.

Come appare evidente, alla seconda rilettura di quello che precede, non ho le idee molto chiare su ciò che ci si possa aspettare sensatamente da noi. Personalmente più che fuggire le battaglie preferisco astenermi dal celebrarle… e se questo è vero per tutto ciò che riguarda le sfide continue contro il mercato, gli indici di lettura, i distributori che non si capisce se giocano contro o a favore, i ritardi nelle spedizioni, i tipografi che capiscono il contrario di quello che sta scritto nero su bianco… non altrettanto “onesto” è il silenzio sotto cui lascio passare altre competizioni e i loro catastrofici esiti. Mi viene da domandarmi: ma un giovane editore è tenuto ad essere pienamente onesto? E questo vuol dire “per forza” andar fieri delle proprie vittorie come delle sconfitte?

L'anima di :duepunti è sportiva (rospe, 2007)

Dal momento che sono stufo di cautele, reticenze e ipocrisie vuoterò il sacco e proverò a dire ciò che dai giovani editori non ci si aspetta: la verità, accettandone le conseguenze. Anche questa è una prova di coraggio imprenditoriale. :duepunti nasce un po’ come una specie di ritrovo dopolavoristico, con l’obiettivo insano di trovare la giusta valvola di sfogo per la creatività repressa di un minuscolo gruppo di amici, uniti da letture comuni e ambizioni straordinarie, quanto improbabili e sconclusionate. Prima dei libri è il tempo in cui si rimugina su riviste ed esperimenti di vario genere, alcuni pretestuosamente letterari altri dichiaratamente ludici. Un lungo periodo di apprendistato ha visto consacrarsi uno dei riti apotropaici fondativi della nostra poetica: il calcio totale. A questa esplosione di violenza immotivata ma liberatoria non meno di quella descritta dal Fight club di Palahniuk, segue il raffinarsi di regole, mai davvero cristallizzate e per tanto ambigue e transitorie. Dal cercare di uccidersi – sportivamente – inseguendo una “palletta” (qualsiasi cosa può essere designata come “palletta”, inclusi esseri umani) le nostre regole (“non ci sono regole”) transitano attraverso molteplici forme, così si passa al golf da ufficio, alla palla a cestino, alle prove di stabilità (ancora imbattuto il primato di Alc, che percorre ben cinque metri sotto il peso di dodici rocchetti di nastro isolante impilati sulla testa… il tutto nel più assoluto disinteresse generale), per finire nella più nobile delle tenzoni: il tennis totale da tavolo tondo.

Riposare e ragionare (rospe, 2006)

:duepunti ha un animo sportivo. Le prove sono battaglia, guerra aperta, ricerca estetica del bel gesto, triviale bisogno di sopraffazione, e scempio della – residuale – dignità umana concessa al termine di lunghe riunioni farcite di cultura, sigarette, vino rosso, amari amarissimi e buone intenzioni. Concedersi un tuffo nelle memorie d’infanzia in prima istanza era sembrato un modo saggio per rimanere con i piedi per terra, un modo per non prendersi troppo sul serio, anzi un esercizio serissimo di autoironia. I propositi, soprattutto quelli migliori, sono il più delle volte delle guarnizioni leziose per nascondere un arrosto carbonizzato o una tortina asfittica. Il cuoco sa quando mettere mano agli schiumogeni. :duepunti, invece, non teorizza, non ci riesce. E un poco per volta le varianti delle nostre competizioni hanno finito con il sopraffare tutto il resto. Periodi lunghissimi della nostra vita sono segnati dal ritmo delle partite a ping-pong, periodi lunghissimi che possono essere caratterizzati dall’insorgere di nuovi malumori persistenti come le frustrazioni che avrebbero, sempre in teoria, dovuto mitigare. Mens sana in… a dire il vero oltre ai rancori tra vincenti e perdenti, si registrano anche slogature, sgraffi, sbucciature, strappi e lacerazioni che si ripropongono trasfigurati nel nostro lavoro di ogni giorno. Nessuno saprà mai come sia stata imposta quella copertina… al tie-break. Ma chi abbia vinto, chi abbia perso, non importa… fintanto che tutto resta all’interno delle dinamiche del gruppo storico. Ma non sempre :duepunti affronta :duepunti, non sempre le vittorie si equilibrano con le sconfitte.

È questa la prova di coraggio – non richiesto – che da giovane editore (ed è pur sempre una giovinezza equivoca) voglio affrontare: le sconfitte insanate e le conseguenti aspirazioni livorose di rivincita che ci animano di continuo. E sì, perché il saper perdere appartiene al vero sportivo, ma l’astenersi sistematicamente dalla vittoria compromette irreparabilmente il proprio buon umore.

Ospiti e disfide (rospe, 2007)

L’elenco è lungo e potrebbe apparire sfoggio autolesionistico, per questo mi limiterò a ripercorrere i più brucianti episodi che mi tornano in mente. Una volta ho sentito, o letto, qualcosa che suonava su per giù così: le vittorie si dimenticano, le sconfitte generano nuove relazioni. Il primo ricordo è annebbiato dai fumi dell’alcol. Siamo alla Festa di Liberazione, come :duepunti abbiamo realizzato un’istallazione giocattolo in forma di scatola alta due metri e quaranta per due. Un scatola di ferro e cartone ricoperta interamente da graffiti, collage e giochi olfattivo-visivo-tattili che è passata nel più generale disinteresse dei giovani sinistrorsi. Un workinprogress durato per tutto il tempo della festa, dalla posa dei tralicci metallici, fino allo smontaggio, non meno macchinoso. Unica soddisfazione la curiosità imprudente degli immancabili bimbetti sfuggiti alle madri distratte da comizi pallosissimi. Loro vittima prediletta da sempre :duepunti ha un conto aperto con i bimbetti selvaggi. Ma comunque, archiviata la pratica e sparito l’ultimo bullone ci siamo ritrovati davanti lo scenario devastato degli irriducibili che dopo essere stata decretata la chiusura ufficiale della manifestazione si davano alla gozzoviglia più sfrenata. Nello spirito di servizio che ci contraddistingue partecipiamo alle operazioni di travaso degli ultimi ettolitri di birra rimasti sul groppone del simpatico compagno addetto ai vettovagliamenti. Anche se non propriamente compagni ci prodighiamo. Al termine delle operazioni ci ritroviamo di fronte un altrimenti posato intellettuale accademico (che chiamerò Andrea Cozzo, per evitare di nuocere ad alcuno). Costatate le sue condizioni generali accettiamo la simpatica tenzone: una pacifica sfida Sinistri contro Monarchici. Noi coronati (il sottoscritto e Gs), soprassediamo sullo squilibrio delle forze in campo (due contro uno che non si regge in piedi). Perdiamo ignominiosamente e siamo costretti a sopportare per almeno venti minuti l’esultanza del Sinistro. Giorni dopo veniamo a sapere che gli spettatori non meno bevuti della squadra vincente, hanno mantenuto un nitidissimo ricordo dell’accaduto. Sono passati sette anni circa e devo ancora astenermi dal frequentare la macchinetta del caffè di Lettere.

Un giovane amico a modo (rospe, 2006)

Poi sorprendentemente siamo editori, giovani editori ovviamente. La casa editrice, nella sua accezione di casa, comincia ad essere frequentata da ospiti di riguardo, o per lo meno che sembrano avere dei riguardi verso di noi. Siamo editori, per bacco! Così un giovane a modo viene a farci visita e ci parla del suo interesse per il nostro lavoro. Lusinghe a parte il giovane si dimostra compito e soprattutto accondiscende a passare da un Voi formale ad un altrettanto formale Tu. Le cose precipitano nel momento in cui il giovane ospite viene designato a vittima sacrificale sull’altare del tavolo tondo di ping-pong totale. La certezza del successo è data dalla assoluta impraticabilità del campo e dalla più ingiustificata proliferazione di regole inventate all’impronta per sconcertare l’ospite condizionando l’esito della competizione. Vince la prima partita stentando contro di me. Io mi dico: ma perché sono sempre così ospitale! Tocca a Gs che viene sfracellato con una crescente sicurezza. Allora guardo con rassegnazione Gs e dico: ma perché è sempre così maledettamente geniale, troppo geniale! Ultima risorsa l’assoluta mancanza di sportività di Alc. Viene beffardamente annichilito… poi guarda la racchetta e dice qualcosa del tipo che il grip non è adatto, che era in controluce, che il giorno prima aveva bevuto latte acido, ecc. Mi dico: e che cazzo! Il giovane amico – di recente laureato dottore in filosofia – continua a venirci a trovare ogni volta che torna a Palermo lasciando sguarnita la pisana Via Rughettari del loro capo. Ogni volta avvertiamo il portiere di informare il giovane amico che non ci siamo, che la ditta ha cambiato indirizzo ecc. Ma lui si ripresenta… e le cose finiscono su per giù sempre allo stesso modo.

Eppure verrà il giorno della rivincita (rospe, 2006)

Tornando a Pisa con la memoria devo ricordare l’ultimo episodio di questo breve excursus. Siamo ancora editori, siamo alla nostra prima fiera libraria ufficiale, siamo presenti in qualità di giovani editori (e chissà per quanto ancora lo saremo). Abbiamo portato con noi Patrik Ourednik, il nostro scrittore ceco (Europeana e adesso anche Istante propizio. 1855), ci pavoneggiamo perché tutti ce lo invidiano. È preceduto dalla fama di essere un eccentrico, un intellettuale del tutto fuori dagli schemi, persino da quelli degli intellettuali eccentrici. Concordiamo. Pantagruelico, arguto, sottilmente crudele, irrispettoso delle forme vuote, a suo modo disegnatore e allevatore di poliedri, abbiamo imparato ad apprezzarlo per la vastità dei suoi interessi e per l’inestinguibile sete: solo vino rosso, possibilmente più di quello che è pensabile si possa bere rimanendo lucidi. Il giorno della nostra presentazione, durante una pausa di senso, informa il pubblico della prossima uscita per :duepunti del suo primo romanzo. Noi non ne sappiamo niente e a dire il vero non siamo del tutto sicuri che quel libro esista o esisterà mai (ad ogni modo oggi è l’undicesimo volume della nostra collana Terrain vague). Un po’ sorpresi nel dopo cena proviamo a chiedergli esattamente che cosa intendesse. Date le difficoltà linguistiche, lui è ceco, esule in Francia, di madre italiana (ma anche su questo non ci giurerei), ci propone di prendere un altro bicchiere di vino. Io sono diventato astemio forse in reazione agli ultimi esiti disastrosi delle performance agonistiche di :duepunti (vedi disfida a palletta, Sinistri vs. Monarchici). Bevendo su una terrazza attrezzata ad arte per una fiera del libro di respiro internazionale (PisaBookfestifal, alla Stazione Leopolda), ci avvediamo della inquietante presenza di un bigliardino abbandonato. «Dai!» mi fa Gs. «Ma io non so giocare!». E lui: «ma hai visto quanto ha bevuto? E poi lo facciamo giocare con Alc». «Allora si può fare». Per inteso Alc è filosofo e grecista… e ad eccezione del frisbee, delle prove di stabilità con rotolini di scotch e simil è buono solo a ping-pong (ma dati i risultati precedentemente esposti… neanche tanto). La celebrazione della stipula virtuale del nuovo contratto si gioca a calcio balilla: :duepunti contro confederazione slava… ossia esponente esule della Repubblica Ceca e infiltrato di moglie bulgara. Alc si dimostra all’altezza delle nostre aspettative, Gs è tanto geniale da evitare i miei ripetuti tentativi di autogol e Patrik… ci disintegra. Al termine ci proporre di brindare.
Se c’è una cosa che a noi giovani editori non manca è la voglia di metterci in gioco. Ma verrà il giorno…

73 COMMENTS

  1. … che ha il merito di aver pubblicato, tra l’altro, “Lettere di guerra” di Jacques Vaché e “Logica del terrorismo” di Michel Bounan.

    Ben scavato, vecchia talpa!

  2. “Anche questa è una prova di coraggio imprenditoriale. :duepunti nasce un po’ come una specie di ritrovo dopolavoristico, con l’obiettivo insano di trovare la giusta valvola di sfogo per la creatività repressa di un minuscolo gruppo di amici, uniti da letture comuni e ambizioni straordinarie, quanto improbabili e sconclusionate”. Sai che scoperta, non siete mica i primi. A proposito, anche i guglocrati giocano a basket in ufficio. Manager e dipendenti. E’ un capitalismo più autentico?

  3. Io di questo post ho capito poco. Mi pare di leggere tra le righe la solita autocelebrazione. e poi questa cosa dei giovani mi fa storcere sempre il naso. L’importante non è essere “giovani”, non è che essere “giovani” debba per forza essere un pregio: l’importante è essere bravi e capirci davvero di letteratura e non contribuire a riempire il mercato di mezzi libri e falsi scrittori

  4. autocelebrazione, atmosfera goliardica dei “gggiovani”, un tono che forse voleva essere simpatico (addirittura ironico?) ma che mi pare del tutto insulso e privo di significato. sono d’accordo con @the O.C, e sono molto d’accordo con @Gianluca Minotti, mi pare proprio che al di là della voglia di mettersi in gioco e di essere giovani e bere birra e vino rosso l’importante sia essere bravi, avere un progetto che non si costruisce affatto giorno dopo giorno ma che si perfeziona, casomai, giorno dopo giorno.

  5. E perché la giovinezza non sarebbe come in un bandiera in un paese con poco speranza per lei?
    Creare un po di spazio e di futuro a una giovinezza creativa è sano.
    Un po’ di soffio nuovo non è male.

  6. @scianto

    Esprimi per favore le tue riserve in modo meno aggressivo. Per ora rimuovo soltanto l’offesa.

  7. Sì, e sono ben fatti. ma ciò non toglie che il post è confuso e l’autocelebrazione e il giovanilismo un po’ fastidiosi e stantii

  8. Della parta di véronique vergé (la vera): mi piacerebbe che la persona che si diverte a ferirmi, perché non conosco bene la lingua italiana, si ferma qui. Non ho mai fatto male a una persona su NI e non vuole litigare.
    Ma devo dire che una persona si fa passare per me, e non mi piace questa manera del commentatore che si dice chiamare véronique vergé. E’ forse uno scherzo e non ho forse il senso dello scherzo, ma penso che su un blog, si deve rispettare l’identità e non giocare.

  9. Aggiungo che sono una persona ansiosa, e che non ho bisogno che qualcuno si diverte con la mia identità.

  10. Mi scuso, Domenico Pinto di essere fuori del tema, ma ho letto il commento e ho voluto chiarire.
    Spero che il commentatore avrà capito che scherzare non piace a tutti ( soprattutto con l’identità).

  11. Grazie a Domenico di avere fatto scomparire il commento in questione.
    Spero che il commentatore si fermerà qui, perché non è possibile per me di commentare se ho paura che una persona mi prende in giro.

  12. In questo punto sono triste. Domenico Pinto a mandato un post interessante e per la colpa di un commentatore poco delicato, i commenti non parlano più del post.
    DB : primo di fare un giudizio in fretta, leggi l’articolo, invece dei commenti che non hanno importanza per te.

  13. véronique

    credimi

    non ci badare

    fai finta di nulla

    e soprattutto

    non ci stare male

    ,\\’

  14. Grazie Orsola. Devo tornare a casa. Se qualcuno scrive dopo con il mio nome, non è la vera identità.

    Ancora perdono a Domenico per il problema, mi sento davvero male e imbarazzata.
    Il post merite meglio e spero che un altro commentatore parlerà del post,solo del post.

  15. sì conosco i libri :duepunti e sono ben fatti, non ci riempio la mia libreria ma sono ben fatti! io discutevo sul modo di raccontare la nascita della casa editrice, e questo modo svilisce inevitabilmente il contenuto. raccontami il perché delle scelte editoriali, raccontami perché una casa editrice valida come la :duepunti non è visibile in libreria, se invece si preferisce il racconto di bevute e partitelle dico solo che il tono è adolescenziale e sottolinea la differenza tra editori gggiovani e il resto dell’editoria.

  16. ringrazio Domenico P. per avermi sorpreso nella scelta del testo da inserire tra le pagine di Nazione Indiana. Mi ha informato gentilemente che aveva intenzione di fare qualcosa… e io gli ho detto «sorprendimi». È stato di parola: i commenti ne sono la prova.

    Il testo che ha scelto si intitola “Eppure verrà il giorno…”. La prima cosa che noto è che ha cambiato il titolo. Il mio commento è il seguente: il desiderio di rivalsa non è mai superfluo.

    Ad ogni modo è un testo fatto di ricordi, è disorganico… non volevo certo riordinarli per iscritto. È il resoconto di sconfitte (brucianti) e fattinostri che abbraccia i primi anni di attività dell’azienda per cui lavoro (una casa editrice). Forse una delle cose più private che abbia scritto tra i vari frantumi: tuttavia è del tutto in tema con l’argomento trattato nel mio quaderno di collaudi.

    A questo punto mi preme – prima di essere frainteso ulteriormente – precisare (echissenefrega) che rospeinfrantumi è un fatto assolutamente personale, e le relazioni che corrono tra :duepunti edizioni e le sue pagine sono del tutto occasionali. Il mio spazio diaristico nasce per fare a gara con gli amici di Via Rigattieri e il loro blog-casa, ed è programmaticamente una “cosa” che vuole restare ai margini dell’attività che svolgo in seno all’azienda per cui lavoro.

    cordiali saluti
    rospe

  17. interessante chiosa di “sofia”: vorrei proprio avere un ulteriore chiarimento sulla distinzione tra “ggiovani” e “resto”.
    In editoria trovo che una distinzione del genere sia un po’ superflua, resto dell’avviso che esistano solo libri “buoni” e “brutti”, e così editori “decenti” e “mezzeciofeche”.
    Forse è una visione un po’ manichea, ma almeno non particolarmente ipocrita.

    Dimenticavo: nessuno ha detto espressamente se essere “gggiovani” è una nota di merito.

    Ho apprezzato comunque tale minotti e credo anch’io che
    «l’importante è non essere giovani».

  18. @Véronique: giusto lamentarsi, ma non serve a niente (parlo per esperienza personale). Piuttosto, noto che il tuo italiano ondeggia a seconda dei post che commenti: ti consiglio perciò di scrivere preferibilmente sottovuoto Pinto. Già che ci sono, ti segnalo

    http://www.secretum-online.it

    ti troverai come a casa, perché scritto in francese (anzi, se dai una controllata al testo mio e mi segnali gli errori – la mia e-mail la conoscono chiens, chênes et cochons)

  19. A ogni modo che siamo quasi alla frutta, lo prova lo Strega vinto da Giordano con “La solitudine dei numeri prima”. Romanzo che non mi pare essere eccezionale, né per la storia né per la scrittura. E in questi casi mi chiedo quanto, più del valore del libro, contino ragioni e poteri politico/commerciali.
    Una volta lo Strega lo vinceva Pavese, oggi, per questioni di mercato, con i vari Veronesi, Ammaniti e Giordano, si cerca di aprirsi ai giovani.
    E mi viene in mente, a proposito di giovani e giovanissimi scrittori, un articolo comparso su “Tuttolibri” di sabato 21 giugno, a firma di Giorgia Grilli, che puntava proprio il dito su alcuni “casi” editoriali degli ultimi mesi creati ad hoc da case editrici come Mondadori, Einaudi, Fanucci, eccetera. “Casi” in cui il battage pubblicitario ha fatto leva sull’età degli scrittori (15, 16, 17 anni) e non sul valore del libro. Come se i libri in questione, di loro, non avessero poi molto d’interessante o di memorabile. “C’è qualcosa d’immorale in tutto questo” sostiene la Grilli. E io, che non sono un vecchio, giacché ho 38 anni, le do pienamente ragione e mi chiedo perché l’editoria sia per lo più in mano a professionisti del mercato e non a professionisti delle Lettere.

  20. Non vedo ragioni per cui la monetazione della vita dovrebbe risparmiare proprio i libri, e non le foche come voleva un post precedente.

    Comprimo il tuo commento: quant’era bello prima; quant’è brutto adesso; che brutta bestia il mercato.

    C’era veramente bisogno d’impancarsi a giudici (mi riferisco alle osservazioni sui “giovani editori”) per poi chiudere con questa analisi, splendido capolavoro di naïveté?

  21. @ gianluca minotti

    l’editoria è in mano ai professionisti del mercato perché è un’impresa e perché i professionisti delle Lettere, quando sono tali, professionisti, cioè, rispondono a logiche professionali, cioè di profitto. Il cinema, per fare un esempio forse più prossimo a tutti, è una cosa, l’industria cinematografica un’altra; allo stesso modo esiste un’indutria letteraria – più in generale culturale (v. ferretti etc.) – e una letteratura; i loro terreni coincidono solo in parte. ed era così anche una volta, che i premi magari li vinceva pavese, e altri meno memorabili, ma gli scrittori famosi si chiamavano Virgilio Brocchi etc.

  22. @ Pinto

    Il mio non è un commento che si può ridurre al “quant’era bello prima; quant’è brutto adesso”.
    ma se vogliamo banalizzarlo, ok: tanto qui ormai si cerca sempre di banalizzare qualsiasi voce “contro” pur di non riconoscerne, almeno in parte, la giustezza e di non confrontarsi e mettersi in discussione.

    Io sto soltanto esprimendo un disagio.
    Da lettore. Perché non è fattibile quanto sta succedendo nel mercato editoriale italiano. Non è sostenibile che siano pubblicati centinaia di libri e che ognuno di essi venga presentato, più o meno, come imperdibile, come un “capolavoro”.
    Qualcuno qui deve prendersi le sue respensabilità.
    I libri non possono rispondere alle logiche del mercato, perché in questo modo si cancella la memoria “storica” dell’arte e della bellezza.

    E a proposito di cinema: a me è capitato di fare un lavoro su Valerio Zurlini. Uno di quegli autori dimenticati. Uno che ha pagato a caro prezzo il suo non chinare la testa alle ragioni del mercato.

  23. Ancora: io non mi sto “impancando a giudice”.
    Io non sono nessuno.
    Ma non è che si può sempre e solo “parlare bene di tutto e tutti e darci pacche sulle spalle e dirci quanto siamo bravi”.
    Gli editori giovani e bravi, molto bravi, ci sono, per carità. Ma a volte, credo, siano a loro volta “costretti” da logiche di mercato.
    Per voi sarà normale, per me, che guardo tutto da una piccola postazione laterale, no.

  24. anzi: I MIEI COMMENTI, perché erano due – forse perché facevo notare che ci sono molti refusi nei libri di duepunti edizioni?

  25. sono stati messi a posta. Li hai contati? Se azzecchi il numero giusto vinci na’ majetta cor pesce sopra. Ma prima devi compilare il coupon.

  26. @ giorgio

    Pensavo fossero dei refusi, li ho espunti ;-)

    P.s.
    Per cortesia, indica 1 refuso di un libro :duepunti e la pagina.

  27. @ Minotti

    Che cosa, dalla tua piccola postazione laterale, non è toccato da logiche di mercato? Speziale l’ha scritto a chiare lettere, parlando dell’azienda in cui lavora. Non esiste nulla al di fuori dello spazio retorico del mercato, a meno di non impegnarsi in azioni di sabotaggio e resistenza come questi qui: http://slowforward.wordpress.com/

    Tuttavia le loro sono azioni di guerriglia, volta a fondare la comunità mancante, che con l’idea platonica di editore hanno in comune solo l’oggetto, il supporto, e nulla più. Il concetto stesso di editoria, così come la conosciamo, non è più migliorabile, e appioppargli un bel calcio sarebbe l’unica cosa da fare.

  28. Quasi nulla, in effetti. Però vorrei, magari ingenuamente, che almeno in letteratura (come nel cinema, nella musica, nel teatro e nell’arte in generale) il mercato si limitasse a potenziare le possibilità di diffusione di “oggetti” meritevoli, invece di contribuire a rendere tutto uguale e indistinto, puntando esclusivamente alla “riproducibilità”.
    Un testo letterario dovrebbe essere fatto di “linguaggio” (Gadamer diceva che “leggere è un interno prestare ascolto al farsi suono del linguaggio”), e invece molti libri di oggi non hanno alcuna rilevanza da un punto di vista linguistico. perché è il mercato ad aver imbarbarito la letteratura, spogliandola della sua specifica identità in modo da renderla alla portata di tutti (siamo tutti potenziali scrittori, tutti potenziali lettori).
    Per cui vorrei che se il mercato è comunque indispensabile, che almeno lo sia a valle e non a monte: non orientando scelte editoriali e scritture (quanti libri di quelli di oggi sono studiati a tavolino, e perché quasi tutti sono “rassicuranti”?, ci invitano, cioè, implicitamente ad accettare una certa visione della realtà).
    ma sarebbe un discorso lungo, lo so.

  29. Voglio dire, perché leggendo certi romanzi di oggi, e non solo italiani, ho come il vago sentore che siano stati scritti “per piacere”, mentre per altri no? Perché se leggi Malamud, capisci che dietro c’è uno scrittore, mentre se leggi molti titoli di oggi, percepisci tutt’un brusio che cela la voce dell’Autore?

  30. Guarda, Pinto, i refusi devi trovarli tu, o lo Speziale che pubblicizzi, non io. Ma per trovare i refusi, ovviamente, i libri bisogna leggerli, e qui il sospetto è che ci sia poca lettura in circolazione, e molta chiacchiera. Comunque, Pinto, siccome mi sei simpatico, facciamo così: io ti ho indicato il libro nel quale sono i refusi (a discrete bizzeffe). Se tu sei capace di trovarne almeno tre, io ti perdono per la censura che mi hai fatto. Ma devi avere anche il coraggio di ammettere in pubblico il tuo errore e la tua supponenza da censore. Altrimenti… non fa niente, te li segnalo io i refusi (almeno tre), così sarà il pubblico a giudicare (me e te). Se vuoi, puoi anche chiedere agli editor e stampatori di duepunti, loro ne sapranno qualcosa, mi auguro.

  31. Carissimo Giorgio,
    desidero confermarti la decisione del mio blog di dare il proprio assenso all’allargamento della base indiana di Vicenza attraverso l’utilizzazione dell’aeroporto Dal Belin. Se poi tu o Pinto mi spedite gratis il libro (o i libri), ci penso io a beccare i refusi.

  32. Giorgio, i refusi sono eterni, questo va senza dire, per quanto strettamente il testo venga sorvegliato. Ciò sa benissimo chiunque abbia stampato il giornalino scolastico. I tuoi commenti sono stati eliminati per la parentela (falsa, come vedo) con altri commenti, anch’essi cancellati, e non per la rivelazione che in un libro vi siano refusi: dove altro dovrebbero stare, in un campo di margherite? Un amico parlava di ulissismo dell’errore: almeno uno arriva in porto.

    Siamo finiti fuori tema, il discorso porterebbe tanto lontano: ho solo chiesto di indicare refuso e pagina perché tu un libro :duepunti non lo avrai mai visto. Ma forse mi sbaglio, e vorrai perdonarmi ancora una volta.

  33. Caro Pinto, visto che insisti con la supponenza e l’arroganza, alla quale, invece del coraggio, aggiungi la sfacciataggine (“io non volevo cancellare…”, “i refusi ci sono dappertutto…” [ma prima non c’erano… “Lei, Signor Giorgio, mi citi un reefuso!!! numero e pagina!!!”]…), e considerato il solito fatto che mi sei comunque simpatico in questa tua scempiaggine, adesso ti indico i tre refusi promessi, a dimostrazione del fatto che io il libro l’ho visto e letto, tu invece forse ne hai solo chiacchierato per pubblicità.
    Cito a caso i tre refusi, recuperati riaprendo il libro letto (EUROPEANA di OUREDNIK), ma potrei citarne molti altri. Non lo faccio soltanto perché Pinto non se lo merita, e dovrà leggere il libro, se vorrà trovarne altri.
    Questo non toglie che questa situazione è la riprova ennesima – se ancora ce ne fosse bisogno – che censurare non serve a niente, anzi, è assolutamente ingiusto e sballato, anche perché spesso a censurare sono gli ignoranti (“coloro che ignorano”…).
    REFUSO 1 – PAG. 32 RIGO 6: “sarebbero” invece di “sarebbe”.
    REFUSO 2 – PAG. 38 RIGO 17: sillabazione errata di “autentica”
    REFUSO 3 – PAG. 51 RIGO TERZULTIMO: sillabazione errata di “progrediscono”.
    Di solito non infierisco sulla Croce Rossa…

  34. Piucchecarissimo Romano,
    a me dei refusi, alla fin fine, non frega niente. Mi interessa, invece, la cosiddetta responsabilità di chi scrive e pubblica. Non ci vuol niente a esser prudenti e a dare credito a chi fa una critica; invedce qui in Italia, purtroppo, la prima regola è salvare il culo, comunque vada e comunque stiano le cose: quindi, censurare e aggredire, prima di verificare. Questo non è indice di serietà, mi pare.
    La saluto con affetto perché la sua ironia mi aggrada.

  35. Ebbene, la mia seconda congettura era dunque sbagliata: me ne dolgo con il possessore del libro letto con simile profitto. Spero però non sia venuto solo per dar prova di acuità visiva. Ho già detto che è stato cancellato per errore, me ne scuso, sinceramente. Nessuno, qui, fa quadrato. E adesso seghiamo questo ramo della discussione, ché di refusi ne ho piene le tazze.

  36. Pinto, sei incapace, come avevo ampiamente previsto, di ammettere le tue responsabilità. Sai perché? Perché dovresti ammettere che non solo la tua “seconda congettura” era sbagliata, ma proprio tutte le congetture che hai fatte, e che tenti malamente di giustificare dicendo che avevi confuso il mio commento con altri (roba da politci navigati…). Inoltre, ti faccio notare che la mia osservazione sui refusi era legata a un giudizio chiaro e netto sul pezzo di Speziale – giudizio che se tu, nella tua fretta censoria non avessi cassato, ora potresti riscoprire e valutare, insieme alla mia capacità di essere attinente alla discussione, fuorviata, dunque, da te, non da me. Quanto alla “acuità” della mia lettura, è vero, sono acuto e attento anche nel rilevare i refusi; dico “anche” perché, naturalmente, la mia “acuità” va ben oltre, ma non la spreco a discutere con te perché non mi pare evidente che tu non sei in grado di corrisponderle.

  37. ERRATA CORRIGE (qui sopra): “ma non la spreco a discutere con te perché non mi pare evidente” = “ma non la spreco a discutere con te perché mi pare evidente”

  38. Fumiamo il calumet, rivediamo una nota scena. Poi, però, se v’è ancora desiderio, si torni al tema.

  39. ‘sto domenico pinto mi ricorda me stesso un paio d’anni fa, quando credevo che ‘sto blog servisse a quarcheccosa. Poi ho capito che serve a chi serve. Quindi domenico, lo dico caramente, perché non passi a un nick anonimo? Così c’è più gusto!

  40. Abbagliante satori, The O.C., ma pare si rimanga sul serio impuniti soltanto usando il proprio nome.

  41. Io avevo provato a spostare il tiro, perché in questo post ancora non ho capito di cosa si parla, a parte ping pong, frisbee e bigliardino.
    Essendo un post su una casa editrice, ci si aspetterebbe che parli di libri, di idee, progetti, perplessità sul mercato e sul mondo dei libri.
    dunque ripeto: di cosa parliamo quando parliamo di libri?
    di nulla mi pare, e molti di questi post mi sembrano solo delle vetrine in cui ci si vuole rimirare per dirsi “ma quanto sono bello, ma quanto sono bravo”.
    niente di più, niente di meno, di migliaia di blog sparsi nell’etere.

  42. Se mi hai cercato su Gogle, dovresti aver visto che oltre questo libro, ce n’è un altro molto più importante per Il Castoro che è la monografia su Valerio Zurlini.

    Comunque sì, è una piccola pubblicazione che nasce in seguito all’esperienza di consulente letterario presso alcune agenzie letterarie.
    Parte dalla sacralità del manoscritto, rintraccia le caratteristiche comuni di molti scritti di esordienti ed esamina come si compila una scheda di valutazione e quali sono gli elementi che un buon testo letterario deve avere, sia formalmente sia contenutisticamente, tenendo anche conto della spendibilità editoriale.
    è una sorta di manuale.
    alla portata di tutti

  43. Trattieniti un po’, magari riusciamo a capire di cosa si parla quando si parla di libri: quali sono gli elementi che un buon testo letterario deve avere […] tenendo anche conto della sua spendibilità editoriale?

  44. @Alcor

    Da uno stdiuo dlela Camrbidge Urnievristy, l’oridne dllee letetre in una paorla non ha ipmotranza, la sloa csoa impoanrtte é che la pimra e l’ulmtia sinao nllea pozisione corttreta. Tttue le alrte letetre pososno esesre totamletne diosrdiante e tu sarai sepmre in grdao di legegre sezna prolbemi. Quetso é dovtuo al ftato che il cevrello umnao non lgege ongi letetra ma la paorla glolabmnete.

  45. mloto blleo qesuto!

    effeffe
    ps
    come si fa a togliere le righe rosse?

    @Minotti,
    a quando un manuale per disimparare a scrivere come si è stati costretti a fare (e a far leggere) finora? Per trasformare gran parte della letteratura italiana contemporanea (e/o tradotta) in qualcosa di meno frigido (moscio), magari più irmpetefto …

  46. Ne stavo buttando giù uno, ma appunto, era talmente tutt’uno con il tema del disimparare a scrivere che non sono più riuscito a terminarlo

  47. non conta l’ordine delle lettere, ma la sillabazione sì, purtroppo per te, pinto; perché la sillabazione errata, della quale si profonde in abbondanza nel libro da me citato (e temo in altri della duepunti – ma dov’è finito il responsabile editoriale speziale che prima tanto parlava…). anche se, come dicevo, il tema importante, per me, era quello sottolineato da minotti, non i refusi. ma si sa, tira più un pelo di polemica che una montagna di saggezza…

  48. caro Giorgio,

    non sono finito da nessuna parte in particolare. Io su questo blog ci sono soltanto per volontà di Domenico Pinto. È lui che ha voluto insierire su Nazione Indiana un frammento del mio diario (ad uso non commerciale). Forse dovreste chiedere a lui qual è il significato di questo inserimento, ovvero cosa si aspettasse esattamente dalla pubblicazione di questo racconto.

    «Speziale che prima tanto parlava…», non so perché ma ha il tono di una sfida, meglio ancora di una accusa. Dovrei difendere i refusi di un mio libro? Dovrei spiegare perché nei libri, capita, ci siano refusi («e dove altro trovarli?» mi suggerisce Pinto)?

    In base alla tua esperienza di lettore dei libri di :duepunti vuoi giudicarli? Ovviamente puoi. Vuoi anche giustiziarci? Vuoi delle scuse, soddisfazione… delle dimissioni… confessioni pubbliche… qualcosa vorrai, suppongo.

    In mezzo a tutte queste velate accuse di insulsaggine, di disonestà intellettuale e deontologica, di mancanza di professionalità e di senso dell’ironia, di ggiovanilismo ecc., mi sfugge davvero una cosa: cosa si sta commentando e chi si sta processando.

    Per sbarrare il passo ad altre precisazioni (ma chi vuole può continuare comunque nelle segnalazioni): nei libri di :duepunti ci sono “i refusi”. Se non ne avete mai incontrato uno… adesso sapete dove cercarli.

    Altra precisazione: su rospeinfrantumi non parlo quasi mai di cose che non mi interessano. Dei piani editoriali di :duepunti non parlo in quella sede, preferisco dedicarmi a raccontare delle ore vuote che riempiono le giornate di uno che fa il mio mestiere. Preferisco ricordare il sorriso giornaliero che mi garantiva il buon signor Giovanni (ex portiere dello stabile in cui lavoro). La cosa vi interessa? Può essere considerata interessante? francamente la questione non interessa me.

    Per scelte personali, e una discreta tendenza all’annoiarmi, non amo alimentare polemiche. Allo stesso tempo non mi sottraggo alle richieste precise… spesso me ne pento.

    La chiosa finale di un commento firmato Giorgio mi è sembrata suffcientemente oscura, per quest’unico motivo vorrei che fosse esplicitata. «[…] tira più un pelo di polemica che una montagna di saggezza…». Provo la sgradevole sensazione che mi si accusi nuovamente di qualcosa.

    cordiali saluti
    rospe

  49. Caro Speziali,
    siamo tutti accusati sempre di qualcosa, cosa vuoi farci, è la vita, avrebbe detto K. Ma non bisogna scoraggiarsi, e soprattutto non cadere in ennesimi errori. Ora tu (scusa se ti do il tu) ricadi in errore, rischiando nuove… accuse. Ad esempio, continui a far ricadere sul buon Pinto la responsabilità di quello che hai scritto. Mmh… brutta storia, questa… quando uno ti pubblica una cosa che tu non avresti voluto pubblicare, ci sono due modi per ovviare: se è un amico, gli chiedi cortesemente di eliminare il tuo pezzo dalla circolazione (facile in un blog come NI); se non lo conosci, lo denunci. Giusto? Se è giusto, perché allora continui a prendertela con Pinto? Noi non dobbiamo chiedere niente a Pinto, ma sempre e solo a te, che sei l’autore del pezzo in questione. Non so se è chiaro.
    Riguardo ai refusi. Io non pretendo niente. Pretendevo un po’ di rispetto da Pinto, che mi aveva censurato “per sbaglio” (a suo dire), e l’ho ottenuto. Non ho altro da aggiungere. Diciamo che anche tu avresti potuto ammettere, con i refusi, qualcosa di più profondo: e cioè lo spirito esclusivamente pubblictario del pezzo messo da Pinto… ma qui dovremmo ritornare alla questione dibattuta sopra, e non mi va, anche perché queste son cose che ognuno fa se le sente, e poi sono tutti stufi ormai.
    Per chiudere dico che il libro di Ourednik è un gran bel libro, e la vostra scelta è stata eccellente, e il vostro lavoro mi piace (refusi a parte…).
    Grazie a Pinto per lo studio che cita, molto interessante, anche perché di mestiere faccio il correttore di bozze.

    P.S. La battuta sul “pelo di polemica” era proprio, alla lettera, sul gusto della polemica fine a se stessa che caratterizza qualsiasi blog.

  50. Non sentivo nessuna mancanza, a dire il vero, e ho l’impressione che Giorgio voglia polemizzare a prescindere.
    E le polemiche a prescindere sono quanto di più mortificante e noioso esista al mondo,
    grigie, asfittiche e totalmente in utili.

  51. Ringrazio Giorgio per la precisazione. Chiarisco un’ultima cosa per timore di un nuovo fraintendimento: io non rimprovero davvero nulla a Domenico Pinto. Quando mai avrei dato da pensarlo? Mi chiedevo soltanto come mai nessuno si sia domandato perché abbia scelto quel racconto e non un altro. Perché il mio diario e non un testo qualsiasi su :duepunti apparso altrove.

    Mi sembra davvero poco delicato ritenere le scelte di Pinto un omaggio “commerciale” a :duepunti.

    Probabilmente le sue scelte nascono da altro tipo di ragionamento (ovviamente ne sono certo, dal momento che non siamo compagni di merende). Sin da quando mi ha comunicato il suo desiderio di pubblicare qualcosa dal blog ha avuto carta bianca… quindi non posso essere io a rinnegare la fiducia e chiedergli, direttamente, perché ha selezionato proprio quel raccontino. A volte sprecare parole quando non servono è inutile. In altre occasioni, fatalmente, no.

    Mi darebbe molto fastidio che lo si accusasse, in modo oltremodo spiccio, di avere fatto una scelta “pubblicitaria” (in questo caso è davvero un eufemismo per “marchetta”).

    Sulla natura “commerciale” del mio blog ho già detto.
    Liberi di non credere, ma se volete potete controllare una cosa: non ci sono link che dai siti istituzionali di :duepunti portino al blog (ovviamente, non è vero il contrario). Ne fanno mezione soltanto miei amici nei loro blog. Raramente parlo dei miei libri, preferisco parlare dei miei incontri, di persone a me care o di odiati impiegati delle poste.
    Potrebbe anche questo essere un modo di fare pubblicità… ma a questo punto sarebbe lecito sospettare che tra gli autori dei commenti si celino dei “concorrenti” altrettanto interessati… la cosa prenderebbe toni surreali.

    coridali saluti
    rospe

  52. Puru i pulici tenunu a tussi.

    Lectio militaris: la parola pubblicità qui non ci dice molto, né la sua etimologia è d’aiuto per comprendere il senso di questa pubblicazione. Partiamo invece dal tedesco Werbung [pubblicità], deverbale di werben > mhd. werben, ahd. hwerban [voltarsi; muoversi; darsi da fare, impegnarsi per qualcuno], got. aírban [mutare, camminare], aengl. hweorfan, aisl. hverfa [volgersi, andare], è legato ad esempio al gr. karpós [osso del carpo] e al tocario karp [volgersi verso, andare]. – Il significato di “interessarsi per qualcuno, far interessare qualcuno per qualcosa, tentare di acquisire” è connaturato al “volgersi, muoversi verso qualcuno”, con tre campi d’uso privilegiati: si tenta di “rivolgersi, rivolgere a sé” i soldati, le donne, gli acquirenti.

    La pubblicazione del diario di Speziale è un gesto militare e sentimentale, si rivolge al compagno, non all’acquirente. La produzione di libri che durino è una forma, contro ogni logica, di resistenza (il titolo del pezzo è mutuato da Tieck, Des Lebens Überfluss, Il superfluo della vita. Vi si narra di un rivoltoso inseguito dalle forze della reazione, di un uomo, poverissimo, che legge alla propria donna). Ho rimesso in circolo un frammento di diario scritto da un nuovo editore – l’attributo esatto è *nuovo; giovane significa solo che ti aspettano ancora al varco; e nella narrazione il suo uso ha la piega del trisma – perché i pensieri di un uomo lucido mi interessano, riguardano la mia vita. È sufficiente perché sulle mie pagine, qui in Rete, io li restituisca ad altri lettori.

  53. sì, è vero, alcor, voglio polemizzare a prescindere, perché quando passo di qua, di tanto in tanto, mi fate tutti molta tenerezza, con la vostra Cultura, con la vostra esibizione in Pompa Magna, come non ha mancato di fare per l’ennesima volta il simpaticissimo Pinto qui sopra – e allora mi dicO. dagli una boota di vita, a questi qua, riportali con i piedi per terra, prova a tirargli dall’anima qualche parola che non sia un’esibizione o una pubblicità. ci provo, faccio del mio meglio, ma non è detto che riesca sempre, s’intende, perché la tendenza all’intristimento, come diceva l’amico di quel Wertheimer, che Pinto dovrebbe conoscere, è più forte di qualsiasi cosa, di qualsiasi richiamo alla vita e al cuore. cosa fare? non lo so. siamo qui, tutti insieme, ognuno a fare la sua parte – io a polemizzare a prescindere, perché per me c’è più vita in questo che in qualsiasi Pompa Culturale; voi a sostenere che invece bisogna dialogare e parlare di Cultura, etc etc…

  54. conclusione, alcor, che non volevo scrivere perché fino a un minuto fa ti ritenevo molto intelligente (ma poi mi è sorto qualche dubbio…): tu sentivi la mia mancanza perché sentivi la mancanza della vita, cioè di qualcosa che ti facesse palpitare un po’ di più di una modesta Esibizioncina Culturale…

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.