12 settembre. Triptyque.

I

II

Ma allora accadde qualcosa che rese ogni lingua muta e ogni occhio attonito. Il funambolo aveva cominciato la sua opera: era uscito da una piccola porta e stava avanzando sul filo, che era teso fra due torri; sospeso lassù in alto, stava sopra il mercato e la folla. Quando giunse a metà del suo cammino, la piccola porta si aprì ancora, e un suo compagno verzicolore, simile ad un buffone, ne saltò fuori e a passi rapidi lo seguì: “Avanti, piedi dolci,” gridò la sua voce terribile “avanti, poltrone, contrabbandiere, viso pallido! Vorrei farti assaggiare il mio calcagno! Che cosa stai facendo qui fra le torri? Dentro la torre devi stare, ti dovrebbero mettere in gattabuia, tu che impedisci il passaggio a chi è migliore di te!”

E ad ogni parola che diceva, gli si avvicinava sempre più: ma quando fu giunto ad un passo da lui, accadde la cosa più spaventosa, che fece ammutolire tutti e restare con gli occhi incantati: sibilò in aria un grido come di diavolo e quell’individuo spiccò un salto oltrepassando colui che gli impediva il passaggio. Questi, quando si vide sopravanzato dal suo compagno, perse la testa e la corda; lanciò via la stanga e precipitò, più rapido di lei, come un viluppo di braccia e gambe nello spazio. Il mercato e la folla sembrarono il mare quando la tempesta lo sommuove: fu tutto un rimescolio e un accavallarsi, soprattutto nel punto dove il corpo doveva cadere.
Ma Zarathustra rimase fermo al suo posto, e proprio accanto a lui cadde il corpo, ridotto a maipartito e spezzato, ma non ancor morto. Dopo un poco tornò la coscienza al disgraziato, che scorse Zarathustra in ginocchio accanto a sé. “Che fai tu lì?” disse finalmente; “io sapevo da molto tempo che il diavolo mi avrebbe dato un calcio. Ora mi trascina all’inferno: vuoi vedere se ti opponi a lui?”
“In realtà, amico,” rispose Zarathustra “non esiste ciò che tu dici: non c’è né diavolo né inferno.
Morirà più presto la tua anima del tuo corpo: non avere paura di nulla!”
L’altro lo guardò con diffidenza: “Se tu dici la verità,” esclamò “allora io non perdo nulla perdendo la vita. Non sono molto più di un animale, a cui è stato insegnato a danzare a forza di percosse e di bocconcini”.
“Ma no” disse Zarathustra; “tu hai fatto del pericolo la tua professione, e su questo non c’è niente da dire. Ora tu muori in seguito alla tua professione: e io per mia parte ho intenzione di seppellirti con le mie mani.”
Quando Zarathustra disse questo, il morente non rispose più; ma mosse la mano, come se cercasse la sua mano per ringraziarlo.

III

Ora che nessun filo teso tra le due torri
potrà mai più segnare l’orizzonte il passo
e all’asta la bandiera non si in venta, non s’inarca
come farà il moderno Zarathustra a raccogliere il corpo?

9 COMMENTS

  1. bousiller
    v.tr.

    1 (colloq) (casser) scassare, guastare, sfasciare: il a bousillée ma montre mi ha scassato l’orologio.
    2 (colloq) (gâcher) rovinare, sciupare, guastare: tu as tout bousillé hai rovinato tutto.
    3 (pop) (tuer) ammazzare, far fuori.

    incredibile scoprire come viaggino le parole…
    effeffe

  2. essì Effeffe… viaggiano, si fondono e si confondono.

    Busillis: “problema spinoso e di difficile soluzione”, “punto dolente della questione”. Deriva da un’errata sillabazione della frase latina “in diebus illis” (in quei giorni o a quel tempo). Da qui le espressioni “non venire a capo del busillis” o “qui sta il busillis”.

    Secondo la tradizione, un amanuense che stava ricopiando un testo del Vangelo chiese a Giovanni di Cornovaglia (ca. 1170, John of Cornwall) il significato del termine ‘busillis’. Ad un controllo si scoprì che il testo originale recitava “in diebus illis magnis plenæ” (“in quei giorni vi era abbondanza di grandi cose). L’amanuense aveva invece erratamente segmentato il testo in “indie busillis magnis plenæ” (“in India c’era abbondanza di grandi busillis”), dove “busillis” rappresentatava il caso genitivo di un ipotetico sostantivo maschile.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017