Quale «qualità»?
[Oggi pomeriggio Fahrenheit dedicherà al premio una diretta radiofonica]
di Paolo Di Stefano
Alberghi e ristoranti si misurano a stelle, a forchette e a cappelli: il loro valore viene definito dalla competenza di specialisti che ne giudicano la qualità complessiva, il confort, il servizio eccetera. Se l’unico criterio di valutazione dei ristoranti fosse l’afflusso del pubblico, ne dovremmo dedurre che McDonald’s è il meglio del meglio. Ma tutti sanno che non è così. Perché allora per un prodotto non meno nobile come il libro contano solo i dati di mercato? Era più o meno questa la domanda che si poneva, tempo fa, Alberto Arbasino. Del resto, anche per i film i risultati del botteghino vengono affiancati dai voti della critica e non si spiega perché il trattamento dei romanzi e dei saggi dovrebbe essere diverso, tanto più che le classifiche di vendita non soltanto registrano il gradimento dei lettori ma contribuiscono a loro volta a orientare le preferenze e i gusti. Raccogliendo la provocazione di Arbasino, il festival Pordenonelegge [dove dal 15 di questo mese sarà disponibile la classifica estesa N.d.I.] e il gruppo che ruota attorno al Premio Dedalus si sono mobilitati. E hanno avviato un nuovo tipo di graduatoria mensile delle uscite librarie mettendo insieme una giuria di cento Grandi Lettori. Che non sono solo critici e scrittori ma anche traduttori, giornalisti, storici, filosofi, consulenti editoriali, autori registi e attori di teatro e di cinema. Esclusi, in odore di conflitto di interessi (o di inevitabile imbarazzo), i dirigenti editoriali e i responsabili di pagine cultuali. Con un criterio di età, che comprende la fascia tra i trentenni e i cinquantenni. Da segnalare che altrove, per esempio in Germania, una simile esperienza non è certo nuova.
Si può interpretare facilmente come un’iniziativa polemica. Lo scopo — lasciano intendere Alberto Casadei, Andrea Cortellessa e Guido Mazzoni nel lanciare la sfida — è quello di distinguere letteratura d’intrattenimento (o paraletteratura) e libri di qualità: cosa che le classifiche di vendita necessariamente non fanno. E «se l’unico parametro di misura si affida a quella Provvidenza secolarizzata che il senso comune ha da tempo individuato nel mercato, quello della letteratura rischia davvero di ridursi a un ruolo ornamentale». Dunque, eccoci qua con le prime classifiche qualitative (che riguardano gli ultimi mesi). Con il romanzo d’esordio di Giorgio Vasta, edito da minimum fax, a guidare nettamente la Narrativa italiana, seguito da una schiera di scrittori che la classifica non l’hanno mai vista neanche in fotografia (a parte Francesco Piccolo). E mettiamoci pure il trionfo di Einaudi (cinque libri tra i primi sette). Senza dimenticare che, come osserva con una certa fierezza Casadei, nella lista completa figurano editori piccoli, minori e minimi come Sellerio, Alta Tensione, l’Ancora del Mediterraneo, Avagliano, Transeuropa, Perrone, No Reply, Gaffi, Hacca, Lavieri eccetera. Ma che non si tratti di facile snobismo elitario lo mostra il fatto che tra i votati troviamo anche autori bestseller come Camilleri e Erri De Luca. Per non dire della vetta della Poesia, saldamente occupata da un volume Mondadori, l’ultima raccolta di Mario Benedetti. Proprio laddove ci si aspetterebbe un editore marginale.
Niente di scontato, dunque, nei risultati. Ancor meno scontato è che una classifica di qualità riesca a diventare qualcosa in più del puro gesto di pochi irriducibili apocalittici contro l’egemonia del mercato e l’imperio dei premi maggiori. Cortellessa non sembra preoccuparsene troppo: «Oggi rischia di passare per snobistico il concetto stesso di qualità, per me viceversa è snob chi si compiace della cattiva qualità o chi ritiene che l’intrattenimento popolare sia il solo valore». Forse per questo nelle classifiche Dedalus troviamo poche tracce della letteratura di genere che invece si impone tra i bestseller: «Personalmente ne sono contento. C’è un’altra voga molto diffusa e di sicuro successo: quella del contenuto e del realismo. Si ritiene, per esempio, che il romanzo noir abbia il pregio di interrogare le contraddizioni e le tragedie del nostro Paese in modo realistico. Certo, anche questa può essere qualità letteraria, ma non è detto. Il successo di Saviano secondo me non deriva dallo choc contenutistico (racconta cose che già si sapevano), ma dal fatto che si tratta di un testo letterario». Obiettivo numero uno: fare da contrappeso al mercato «che oggi ha l’egemonia culturale». Due: «Diventare uno strumento di orientamento: in passato un premio come il Viareggio lo è stato, riconoscendo valori che si sono imposti a distanza di tempo. Penso ai casi di Delfini e di Gadda. Perché è rarissimo che i libri da classifica entrino nel canone: la Morante e Eco sono delle eccezioni».
Nella migliore delle ipotesi, la classifica di qualità proposta da Pordenonelegge vorrebbe anche sfatare alcuni luoghi comuni, rilanciando un concetto apparentemente vetusto come l’autorevolezza. A Casadei sfugge un pensiero al Pulitzer: «Perché all’estero sì e da noi no? Certo, il rischio sarebbe se a giudicare fosse un gruppo di critici confessionale, ma noi abbiamo messo insieme una varietà molto ampia di intellettuali con l’obiettivo di creare una coesione tra il pubblico colto, che pure ha i suoi diritti». La preoccupazione di Gian Mario Villalta, poeta-scrittore-critico che organizza il festival di Pordenone, è quella di «uscire dalla cerchia di relazioni interne all’entourage della giuria»: «Per questo — dice — sarà utile a un certo punto dare spazio ai blog per aprire una discussione anche sulla critica e sul suo rapporto con il pubblico dei lettori». E magari per abbattere qualche pregiudizio reciproco. Da domani, infatti, il lettore troverà tutto online. E solo lì si apriranno davvero i giochi.
[L’articolo è stato pubblicato sul «Corriere della Sera» il 7. 4. 2009]
Di séguito la lista dei 100 lettori del premio:
Damiano Abeni Eraldo Affinati Andrea Afribo Giancarlo Alfano Giuseppe Antonelli Pierpaolo Antonello Andrea Bajani Silvia Ballestra Mario Barenghi Stefano Bartezzaghi Cecilia Bello Minciacchi Alberto Bellocchio Marco Belpoliti Mario Benedetti Sonia Bergamasco Alberto Bertoni Clotilde Bertoni Elisa Biagini Gianni Biondillo Gianni Bonina Angela Borghesi Daniela Brogi Franco Buffoni Maria Grazia Calandrone Maria Teresa Carbone Roberto Carnero Alberto Casadei Grazia Casagrande Andrea Cavalletti Guido Chiesa Stefano Chiodi Stefano Ciavatta Andrea Cortellessa Margherita Crepax Stefano Dal Bianco Lidia De Federicis Andrea Di Consoli Matteo Di Gesù Paolo Di Paolo Raffaele Donnarumma Monica Farnetti Paolo Febbraro Gabriele Frasca Massimo Fusillo Roberto Galaverni Stefano Gallerani Margherita Ganeri Massimo Gezzi [anche segretario] Daniele Giglioli Paolo Giovannetti Marco Giovenale Claudio Giunta |
Enzo Golino Miguel Gotor Andrea Inglese Helena Janeczek Chiara Lagani Nicola Lagioia Valerio Magrelli Raffaele Manica Michele Mari Guido Mazzoni Giulio Mozzi Aldo Nove Massimo Onofri Tommaso Ottonieri Fulvio Panzeri Antonio Pascale Gabriele Pedullà Pierluigi Pellini Silvio Perrella Daniele Piccini Domenico Pinto Alessandro Piperno Gilda Policastro Laura Pugno Fabio Pusterla Massimo Raffaeli Salvatore Ritrovato Rocco Ronchi Martin Rueff Stefano Salis Alessandra Sarchi Luca Scarlini Domenico Scarpa Tiziano Scarpa Antonio Scurati Beppe Sebaste Gianluigi Simonetti Antonio Spadaro Pietro Spirito Francesco Stella Enrico Testa Italo Testa Giuseppe Traina Emanuele Trevi Antonio Tricomi Daniele Vicari Luigi Weber Fabio Zinelli Paolo Zublena Edoardo Zuccato Giovanna Zucconi |
Tu chiamale se vuoi “conventicole”…
Fra l’altro mi sa che sono uno dei pochi che ha trovato particolarmente noioso (voglio essere buono) il romanzo d’esordio di Vasta.
Della lista decisamente meglio Trevisan.
Sarebbe troppo rivoluzionario chiedere oltre che una giuria “libera e autorevole” anche il voto palese?
(Che rompiscatole)
Adesso che sappiamo i nomi, manderemo tutti quanti i nostri libri ai Magnifici Cento…
Se ho capito bene, dal 15 aprile saranno in rete i voti dettagliati di ciascuno.
Io comunque ho votato così:
Narrativa: Antonio Moresco, Canti del caos, 6 punti.
Poesia: Guido Ceronetti, Trafitture di tenerezza, 6 punti.
Saggistica e altre scritture, Zanzotto-Breda, In questo progresso scorsoio, 6 punti.
Come si vede, per ogni categoria ognuno ha a disposizione 6 punti, che può destinare tutti a un solo libro, o dividerli destinandoli a due libri (5 punti a uno e 1 punto all’altro, o 4 e 2, o 3 e 3).
Sarebbe troppo rivoluzionario chiedere a chi chiede agli altri il voto palese di smetterla di nascondersi dietro nickname e pseudonimi di comodo? (davvero, trovo STUPENDO il commento qui sopra: un nickname che chiede trasparenza agli altri. Da antologia. Meraviglioso!)
(Ovviamente mi riferivo al commento di Alcor.)
L’avevo capito, ma io non do voti a nessuno:-)
Tu non dai voti a nessuno? E chi me lo garantisce? Come faccio a misurare la coerenza etica fra i tuoi enunciati e i tuoi comportamenti, se non ti firmi? Quel che scrivi qui, firmato con un nickname, non ha alcun peso. Non conta niente, perché non ti prendi la responsabilità individuale di ciò che dici.
Cmq, per ribadire la mia assoluta mancanza di etica, la mia non era una richiesta antipastette, ma una misura economica sia a salvaguardia del tempo che del denaro, che poi, si sa, sono una cosa sola.
Non avevo letto l’ultimo comm di Scarpa, dobbiamo andare OT qui? Io sono pronta.
Non è fuori argomento. Qui c’è un nickname che fa la morale agli altri sulla trasparenza. Capito? Chiede AGLI ALTRI la trasparenza. Un nickname. Poi, non contento, lo stesso nickname rimprovera un comportamento altrui, contrapponendo il proprio comportamento. Il quale è inverificabile, in quanto enunciato da un nickname. Ripeto: meraviglioso. Da antologia.
si poteva metterli almeno in ordine alfabetico…(:-))
@Scarpa/Alcor
Comprendo le ragioni di Scarpa, ma almeno questo OT si può evitare. Alcor la conoscono in molti, qui, non è fra i votanti, ovviamente, e sulla coerenza etica dei suoi enunciati, per quel che può valere il mio nome (ché anche i nomi non danno garanzie di trasparenza, fatto salvo l’uso del pentotal), giuro e spergiuro io.
Anche il messaggio sopra è meraviglioso! Il garante dei nickname. Mi salvo questo thread da antologia. Stupendo.
E ribadisco che non è affatto fuori argomento, o OT che dir si voglia. E’ al cuore del problema, sia sulla classifica di cui parla questo post, sia in generale sul peso della rete.
I miei voti:
6 Giorgio Vasta, il tempo materiale, Minimum fax
6 Andrea Inglese, La distrazione, Luca Sosella editore
4 Marco Belpoliti, il diario dell’occhio, Le Lettere
2 Michele Monina, Ultimo Stadio, Rizzoli
E, sì, li conosco di persona tutti e 4. Uno di questi è un indiano, un altro un ex indiano. Un altro ancora porta i figli nella stessa scuola dove li porto io. Insomma, una vera mafietta…
Detto ciò: dissento in molti punti dal pezzo di Di Stefano, ma non ho tempo (e la voglia) di argomentare.
Scarpa: non si parla della logica degli enunciati dei nickname, ma di un premio letterario. Hai avviato una polemica fuori luogo. Un’affermazione, per essere verificabile, non ha sempre bisogno del codice fiscale. Superiamo, per cortesia, se sei interessato, il problema degli pseudonimi in rete?
Come vuoi, brevemente perché sto uscendo, ma posso allargarmi in seguito, io qui do la mia mail, sempre la stessa da anni alla quale tutti possono scrivermi e sapere, in privato, chi sono e chiedermi ragione nel caso sia stata offensiva o altro, il che non sono – o almeno non volontariamente.
Ma chi mi garantisce che il Tiziano Scarpa con il quale sto parlando sia il Tiziano Scarpa che io credo?
Scarpa tra l’altro è un cognome comunissimo, il nome magari un po’ meno.
Tu conosci come me le meraviglie della tecnica.
Questa possibilità, la possibilità tecnica della falsificazione, la modificabilità dell’IP etc. rende debole ogni richiesta di usare nome e cognome come garanzia di identità.
Io credo di più al tono della voce, alla riconoscibilità diciamo così “stilistica” e argomentativa, e al valore – quando e se c’è – di quello che uno dice.
Se vuoi sapere chi sono in privato, e questo vale per chiunque, qui, purché la garanzia che offre la legge della privacy sia applicata anche a me – e in genere mi fido della parola del gentiluomo o della gentidonna di turno, se ne riconosco la voce e l’affidabilità dell’argomentare, che è l’unica cosa che mi preme – è lalucedialcor@katamail.com
Poi possiamo parlare – e posso stampigliare qui un vecchio post del mio blog – del perché io prediliga l’anonimato.
Poi possiamo anche, se vuoi, fare una seduta psicanalitica per capirne le oscure ragioni, le letture della mia infanzia, la mia predilezione per la cappa magica del povero Sigfrido etc.
PS. non deludermi, ammiro la tua intelligenza, dire che io faccio la morale agli altri è ridicolo. E ammiro anche la tua competenza letteraria, che dovrebbe spingerti ad avere maggior considerazione delle maschere. Ammiro meno, se posso dirlo (e te ne renderò conto di persona, se credi, magari con un duello all’alba) il tuo senso dell’umorismo.
Eh no. Qui c’è un Non Palese che chiede agli altri di essere Palesi. Io non ho avviato un bel niente. Semmai è il Non Palese che ha avviato la polemica. In quanto facente parte dei 100 lettori votanti, io ho risposto palesando il mio voto. Per quanto mi riguarda, non c’è bisogno di continuare alcuna polemica, perché non c’è altro da aggiungere, talmente è evidente la ridicola insostenibilità delle non-ragioni di chi non ha il coraggio di sottoscrivere le proprie prese di posizione (e, notate bene, facendo la morale agli altri! Meraviglioso. Da antologia).
(il mio commento precedente rispondeva a Domenico Pinto)
Per me non è il cuore del problema. Almeno così non mi sembra, per i nickname. Però, appunto, si possono discutere le garanzie (è il termine che hai scelto) delle dinamiche di votazione dei lettori. è giusta la sintesi del primo commento del thread?
@Biondillo
la mia richiesta di sapere chi ha votato chi non riguarda le mafiette, alle quali, rara avis, non ho mai creduto, ma ai gusti, altrettanto temibili.
ragazzi, ma cosa vi ha morso? non certo io, che tra l’altro, non so per quale ragione, non avevo visto il commento di oz @oz, mi dissocio da te, per essere una conventicola è davvero troppo larga e variegata.
anzi, non ne avevo letto parecchi, siamo sfasati, ma non vi rincorrerò, quel che avevo da dire lo ho detto
Ma mica ce l’avevo con te Alcor carissima. E’ che anticipavo l’inevitabile trita polemica.
Luogo che vai, mafia che trovi.
@biondillo
:-) non avevo letto oz, come ho detto
@Scarpa
La mia ultima domanda non è rivolta a te. ha solo carattere generale.
@ Alcor.
Per carità, non intendevo risvegliare i tuoi traumi infantili.
Il discorso pubblico ha regole politiche e etiche. Tu, come chi usa i nickname, hai deciso di starne fuori. Ma in questo caso non hai il diritto (non perché non te lo concedo io, ci mancherebbe, ma perché con la scelta del nickname te ne autoescludi) di pretendere che le tue parole abbiano un peso politico ed etico, quindi, di fatto non posso parlare con te, perché sei tu stessa a non volerlo, sei tu stessa a porti su un altro piano ontologico ed etico del linguaggio. Io, firmandomi, qui, sono pronto a rispondere delle mie parole. Tu, no. A me basta mettere in evidenza questo, perciò se hai da fare esci pure di casa, anch’io ho da lavorare e la smetto qui.
E’ una faccenda seria, non ci trovo nulla di umoristico.
eccone un altro, mannaggia
(parlo di falcone)
@ Scarpa
è la tua opinione
la mia è diversa
sono due opinioni, entrambe fondate, adesso però, a meno che non si apra un post sull’anonimato in rete, lascio
@Alcor
Non è un’opinione. Vedi “Il sacramento del linguaggio. Archeologia del giuramento”, di Giorgio Agamben (e vedi la teoria degli atti linguistici, vedi la filosofia del diritto e la giurisprudenza). Significativo – a conferma dell’impostazione di Agamben – che Domenico Pinto accorrendo come tuo garante abbia usato l’espressione/atto-linguistico “giuro e spergiuro”, confermando in pieno l’impostazione agambeniana.
Mi sto disconnettendo anch’io, arrivederci.
(Scusa Domenico se continuo l’OT)
Tiziano, non capisco dove stia, in questa sede, la minorità ontologica nella scelta del nome “di fantasia”. Un nome è un segno sui generis che funziona per designare (anzi, per indicare) il soggetto di un’enunciazione. In questo funziona tanto quanto un nickname. Sta per qualcuno che può essere soggetto singolo o collettivo.
La riconoscibilità – l’attribuzione di un’istanza a un soggetto in carne ed ossa, soggetto di una storia “reale” (ma cos’è reale?) – può far valore, sì, ma ciò è determinato dal contesto. In un contesto di parole e di argomentazioni, il ragionamento è garante di stesso, si garantisce attraverso la sua stesso auto-esposizione, nel suo far segno a se stesso: se è stringente, ciò che conta è la sua morsa, non chi lo impugna. Il nome, qui, coincide con l’efficacia dell’argomentazione.
Io, qui, mi sono firmato con il mio nome vero (ma che cos’è “vero”?), ma il mio ragionamento avrebbe avuto il medesimo valore anche se mi fossi firmato “il garante”, per dire.
Dire ad Alcor “io non so chi sei” (a parte il fatto che qui lo sappiamo tutti benissimo chi è – dunque, ancora una volta, il contesto) non inficia per nulla la qualità della sua istanza, che (giusta o sbagliata che sia) mette in questione un meccanismo, e insistendo sul piano logico e argomentativo richiede una risposta sullo stesso piano.
Se c’è qualcuno che ha reso questo thread “da antologia”, a me pare che sia stato proprio Scarpa.
Poi magari mi sbaglio.
OT
Sicché una buona parte di’ wuebbe gli è inutile, un n’è etico, un n’ha peso politiho: gli è anonimo. Capito. Figurarsi i’ voto in cabina elettorale. E mi son sentita così inesistente in qualità di Portinaia dio bonino emma che stamane e l’ho chiamato (per dirgli che lui e sta facendo male a i’ paese e che io un l’ho mai votato). Un faccio i’ nome: gli è uno che conosco, ma lui e un conosce me, perché io e sono anonima. Gli è uno che e sta sempre a i’ telefono (un vi dico pe’ pigliare la linea icché mi c’è voluto), persino se e c’ha un tappeto rosso steso davanti e mezzi hapi di’ mondo che e l’aspettano pe’ discutere de’ fatti appunto di’ mondo. E devo dire che m’ha risposto un po’ male, ma insomma via e me l’aspettavo. Ma risposto: “sti cazzi”. Ora e mi disconnett’anch’io. Vabbè che gli ero già disconnessa: un n’esisto.
Errore (sempre dell’inesistente, ma errore): M’ha risposto ecc.
Mafia (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).
http://it.wikipedia.org/wiki/Mafia
***
Ben vengano iniziative di questo genere, destinate probabilmente ad essere “copiate” da chi della qualità ha diversa concezione.
Curioso l’utilizzo del tempo materiale di Tiziano Scarpa, ostinatamente riattizzante la polemica contro i prodi vigliacchetti senza firma, qui da solo contro tutti.
In classifica, invece, è in ottima compagnia, ma sotto Giorgio Vasta e il suo Tempo materiale. Amo le metafore e lui ne fa un uso vertiginoso. Meravigliosa prima prova sulla caduta dell’ideologia, e non solo. Attendiamo con ansia la seconda, sempre più difficile della prima come cantava qualcuno.
Dario Arena
(non cambia niente, no?)
(Notevole, in calce, il tag “industriosità culturale”.)
Se il nick è un “vigliacchetto”, Macondo non può che dire: Presente! Aqui estoy.
E, per non essere “vigliacchetto”, Macondo dovrebbe mostrare i documenti al poliziotto del web. Col dubbio, poi, che il poliziotto del web che si firma “Scarpa” sia quello Scarpa. Chi garantisce Macondo da un simile “imbroglio”? L’autoreferenzialità di chi si firma con un nome anagrafico basta in un mondo virtuale?
Comunque, che strano pensiero è quello che valuta la misura e la qualità del coraggio etico dai dati anagrafici espressi o meno da un commentatore di un post. Con questi parametri di giudizio, Macondo è sicuro che non si troverà mai su una barricata, nel mondo reale, assieme al policeman del web.
E cosa direbbe il policeman del web se sapesse che anche nel mondo rale il portavoce della prima insurrezione del XXI secolo, di risonanza mondiale, è uno pseudonimo? Darebbe anche a lui del “vigliacchetto”? E dinanzi a questo exemplum, Macondo s’inchina. Magari avesse lui il coraggio di quello pseudonimo.
Scusate se interrompiamo il seminario di filosofia del linguaggio. Ma qualcuno trova interessante, o disdicevole, o criticabile, o comunque opinabile questo nostro tentativo? Oggi sul Corriere della Sera Franco Cordelli ha tacciato la nostra classifica di anonimato (ahia, sento che torniamo alla filosofia del linguaggio) e, dunque, di autoritarismo. Senza accorgersi che Di Stefano correttamente annunciava, in quella che è a tutti gli effetti un’anticipazione giornalistica, la pubblicazione oggi (qui e sul sito di Pordenonelegge) dei nomi dei cento autori delle segnalazioni. I quali sono scrittori, critici, insegnanti, filosofi, storici, operatori del teatro e del cinema. Nulla di anonimo e, crediamo, nulla di autoritario. Ma un tentrativo di proporre delle scale di valori (non permanenti, ma legate a un preciso periodo temporale) alternative a quelle, sì autoritarie, del mercato. Non è una grande invenzione, Arbasino la propone da decenni. Però spero sia dato credito a Gian Mario Villalta e ai sottoscritti di aver prodotto (non senza pazienza, fatica, attenzione e dedizione) uno strumento che prima non c’era. E che come con tutti gli strumenti conta il modo in cui lo si utilizza: cioè, nello specifico, i risultati di queste classifiche. E’ troppo chiedere un commento anche su questo?
[La versione corretta del mio commento è questa, non quella soprastante: che potrebbe anche essere cancellata, se Domenico Pinto fosse in linea. G.D.M.]
Scusate l’OT, capisco la fondamentale questione del nick che prima o poi va risolta, e meglio è se non la si risolve mai, così può essere ritirata fuori ogni volta. Ma io ho un problema di comprensione rispetto a questo post.
Capisco il senso di un gioco (linguistico) intitolato “classifica altra”: se classifica dev’esserci, perchè quella con i criteri xy, e non quella zt?
Quello che non capisco, è il senso del gioco intitolato “classifica”.
Perché dev’esserci una classifica? Se io in una recensione dico “questo è secondo me il miglior libro dell’anno”, e Tizio o Caio dicono la stessa cosa, ma riferita ad altri libri, perché bisogna fare dei conti e stabilire, dati certi parametri e certi nomi, qual è il “libro migliore dell’anno”? Che oltretutto non capisco chi lo dice: la media di tot nomi è cosa ben diversa da tot pareri, o no? Perché devo sapere quanti punti Biondillo da al tale libro? Perché non deve bastarmi una recensione lunga, distesa, narrativa? Che me ne frega di sommare Biondillo+Cortellessa fratto due? Cosa me ne viene, in termini di risultato?
Oh, sono abituato a queste reazioni. Sempre le stesse, da anni. Poliziotti del web, “che cos’è reale?”, incongrui paragoni con il segreto elettorale… Eppure siete persone intelligenti. Non è difficile capire che io difendo il vincolo etico del parlante con le sue parole. Se poi volete farmi passare per un totalitario dell’identitarismo, o per un ingenuo realista, o un negatore della pluralità di voci, o altro ancora, prego. Ma non è difficile da capire la mia posizione. Mettiamola così: immaginate che questa classifica fosse fatta da 100 nickname: secondo voi avrebbe qualche valore? Secondo me, no. E tenete conto che Alcor pretende (giustamente!) che si sappia anche CHI ha votato CHE COSA. In altri termini, Alcor è, di fatto, assolutamente d’accordo con i miei presupposti. Nel chiedere che si sappiano, oltre ai risultati finali, anche i voti individuali, esige che venga esplicitato fino in fondo il vincolo del votante con il suo voto.
@AC AC GM
personalmente la trovo ottima, spero che sia davvero mensile, mi farebbe piacere sapere sempre chi ha votato chi per le ragioni che ho detto, di alcuni della lista si conoscono i criteri di giudizio e conoscerli aiuta a scegliere.
@Scarpa
lo sto leggendo, Agamben, ridurlo a questo mi pare farne strumento improprio
@Scarpa, io esigo?
http://it.wikipedia.org/wiki/Cosa_Nostra
Trovo di essere straordinariamente paziente, mi autocongratulo, allora, per essere più chiara, se NI volesse comporre una giuria di nick e io venissi chiamata a collaborare, direi chi ho votato e i lettori abituali di NI, che mi conoscono da tanto tempo, avrebbero uno strumento in più per decidere. va bene così?
Scarpa, il suo discorso non avrebbe fatto una grinza se non avesse palesato il suo voto alla richiesta del nick. Lei è complice del nick! perché ha avuto tutta questa fretta nell’intervenire, dato che il 15 aprile saranno resi noti i voti dei Cento? Mi pare un intervento inutile, sopra le righe e scentrato.
@Girolamo De Michele
Il mio ultimo commento ovviamente non si riferiva a quello di Gerolamo Di Michele. Provo lo stesso a dare un mio parere riguardo ai suoi dubbi.
Non sono l’inventore di questa classifica, ma ho accettato due mesi fa di partecipare, quando Cortellessa mi telefonò spiegandomene il meccanismo. Ho appreso stamattina, leggendo questo post, chi erano gli altri 99 lettori votanti. Bene: che m’importa di avere questa sommatoria di punti rispetto a “una recensione lunga, distesa, narrativa”? (Non ho capito in che senso De Michele dica “fratto due”: qui mi risulta si siano semplicemente sommati i punteggi). La mia risposta, o meglio, il mio parere è questo: oggi noi abbiamo a disposizione una notevole mole di “recensioni distese, lunghe, narrative”, quel che mancano sono dei dispositivi sintetici. La sintesi è un dispositivo importante. I filosofi greci, gli storici latini, i Vangeli hanno sintetizzato in motti di poche parole teorie e snodi emblematici, episodi capitali, misteri della fede ecc. Oggi slogan, headline, ritornelli, jingle, ecc. in pubblicità e politica riescono a mettere in evidenza idee, persone, merci, ecc. Sia a me che a De Michele, credo, ripugnano le sintesi semplificatorie, banalizzanti. Eppure forse dobbiamo escogitare anche (dico: anche) dei dispositivi di sintesi, perché non tutti hanno la possibilità, il tempo o la voglia di leggere, come di solito facciamo, recensioni “lunghe, distese, narrative”, e intanto, in pubblicità, in politica ecc., chi è senza scrupoli non fa altro che avvalersi della sintesi, sfruttare la sintesi, applicare la sintesi banalizzante e attraente, possedendo i luoghi in cui si fabbricano sintesi e gestendo i mezzi con cui queste sintesi si diffondono e fanno presa. La classifica escogitata da Castoldi Cortellessa Mazzoni forse non sarà perfetta, ma mi sembra interessante e difendibile come tentativo di realizzare un qualche dispositivo di sintesi. Ce ne sono di migliori? O la sintesi è il male assoluto, e dobbiamo praticare solo la via dell’analisi, dell’articolazione, delle recensioni lunghe, distese, narrative? Lo chiedo senza alcuna irrisione, sia chiaro. E’ una domanda che pongo a De Michele, a tutti, me compreso. E scusate se non sono stato capace di essere sintetico. :-)
((Tutto questo, detto da me, suona patetico-ridicolo, visto che il mio libro ha raggranellato un po’ di voti e quindi si può tranquillamente pensare che difendo questa classifica dato che sono stato votato, ma visto che mi firmo sono pronto anche a patire la deriva patetico-ridicola di questo parere di cui mi assumo la responsabilità. Ovvero, caro Marco Rovelli: “l’efficacia della mia argomentazione” ha o no a che fare con il fatto che, deve o no tenere conto del fatto che io sono uno dei votanti – e pure uno dei votati! – di questa classifica?)).
La storia dei nick è così sterile e tipicamente banale!!
Ma davvero qui si perde la ragione, perché è semplicemente assurdo pretendere di giudicare un libro in base ai voti ricevuti. A me, ad esempio, viene la naturale tentazione di scarare automaticamente i libri votati in qualsiasi classifica, non in base ai criteri o agli autori delle classifiche, ma proprio perché inseriti in classifica. E sfido chiunque a non rintraccaire, tra i giurati, personaggi notoriamente collaboratori di case editirici, facenti quindi parte chiaramente di quel sistema-mercato che poi pretendeono di mettere in discussione con la loro discutibilissima iniziativa. Casadei & co. inizino, quindi, a rispondere ai commenti – gli unici seri fin qui – di Falcone e Di Girolamo, poi parliamo del resto, cioè del nulla del quale loro pretenderebbero che si parlasse.
@Alcor
Mi fa piacere che tu lo stia leggendo. Vedrai che a un certo punto arriverai qui, e valuterai se ne sto facendo uno strumento improprio:
“l’umanità si trova oggi davanti a una disgiunzione o, quanto meno, a un allentamento del vincolo che, attraverso il giuramento, univa il vivente alla sua lingua. Da una parte sta ora il vivente, sempre più ridotto a una realtà puramente biologica e a nuda vita, e, dall’altra, il parlante, separato artificiosamente da esso, attraverso una molteplicità di dispositivi tecnico-mediatici, in un’esperienza della parola sempre più vana, di cui gli è impossibile rispondere e in cui qualcosa come un’esperienza politica diventa sempre più precaria. Quando il nesso etico – e non semplicemente cognitivo – che unisce le parole, le cose e le azioni si spezza, si assiste infatti a una proliferazione spettacolare senza precedenti di parole vane da una parte e, dall’altra, di dispositivi legislativi che cercano ostinatamente di legiferare su ogni aspetto di quella vita su cui sembrano non avere più alcuna presa.” E, più avanti: “L’elemento decisivo che conferisce al linguaggio umano le sue virtù peculiari non è nello strumento in se stesso, ma nel posto che esso lascia al parlante, nel suo predisporre dentro di sé una forma in cavo che il locutore deve ogni volta assumere per parlare. Cioè: nella relazione etica che si stabilisce fra il parlante e la sua lingua. L’uomo è quel vivente che, per parlare, deve dire ‘io’, deve, cioè, ‘prendere la parola’, assumerla e farla propria.” (pagg. 96-97, da notare che le ultime due righe Agamben le enfatizza in corsivo).
Senza contare che chi vota è autore anche di libri, con amici (e lui stesso!) che possono votarlo, etc. Il commento di Scarpa qui sopra è geniale, da questo punto punto di vista. Anzi, è geniale due volte, quando addirittura scomoda i filosofi greci per evocare le “sintesi”: in pratica, la letteratura si sintetizza con i numeri (dei voti) delle classifiche, ecco qua. Non con una scrittura nuova delle recensioni (Manganelli dovrebbe esser stato maestro di qualcuno dei promotori di questa iniziativa), ma con numeri, o, al limite, con slogan, headline, ritornelli… Ho detto tutto, ahimé! Ma di questi tempi, cosa vi apsettavate?
La classifica sarà mensile, leggo. Ma questo vuol dire che prenderà in esame i libri usciti durante il mese, o anche quelli precedenti? Nel post è scritto che questa prima classifica prende in esame uscite degli ultimi mesi…e qual è stata presa come data da cui partire? E tutti e cento i lettori hanno letto gli stessi libri, od ognuno è stato libero di svariare? Nel caso avessero letto gli stessi libri, come sono stati scelti? E nel caso in cui non avessero letto gli stessi libri, successivamente uno che non ne ha letto uno lo potrà leggere e votare, o si dovrà attenere alle uscite mensili?
Ops. Ho letto sul sito di Pordenonelegge, cosa che non avevo fatto prima, scusate che “L’attività di ricerca e di valutazione svolta per stilare le classifiche sarà poi ulteriormente valorizzata dalla selezione, su base annua, delle opere che saranno ritenute migliori” e che queste parteciperanno al premio la cui premiazione avverrà a settembre 2009. Mi sembra di poter desumere che la data da cui si è partiti, data la “valutazione annua” sia settembre 2008. Ma così facendo si sono raggruppati in questa prima votazione ben 6 mesi, ovvero metà del periodo che sarà preso in esame. Ummm.
Comunque, queste sono le cose che volevo chiedere. Grazie.
A me pare uno «strumento» più interessante che utile, ossia più significativo rispetto allo stato della critica che veritiero rispetto al valore dei libri. Per il quale, non me ne vorranno gli interessati, preferisco arrangiarmi.
Tuttavia, sempre meglio di niente. Ci sarà sicuramente chi se ne avvarrà come “consigli di lettura” – è questo lo scopo, no? Perché, se si tratta di ripristinare la pretesa della critica a formulare giudizi durevoli, allora lo «strumento» è viziato in partenza: dal suo legame troppo stretto con l’attualità, da un eccesso di presunzione degli interessati rispetto agli esclusi bravi come e più di loro, dall’incredibile provincialità italocentrica del tutto.
@Scarpa
“L’uomo è quel vivente che, per parlare, deve dire ‘io’, deve, cioè, ‘prendere la parola’, assumerla e farla propria”
sei tu che sostieni che questa vivente non lo fa, lo fa come Alcor e come Alcor fa parte ormai da tempo di una comunità virtuale che evidentemente la riconosce come tale, allo stesso modo in cui io riconosco macondo o harzie, indipendentemente dal fatto che io conosca anche la loro identità carnale o che abbiano un blog funzionante
tra l’altro, e mi spiace tirare in ballo un altro nick, nel blogroll del primoamore avete linkato georgiamada, non mi risulta che georgia operi in rete con nome e cognome (mi scuso in anticipo con georgia se sbaglio), se questa mia supposizione è esatta intravedo qualche fragilità nella tua posizione
Se l’obiezione che mi fai è di non avere in questo momento un blog aperto, ti rispondo che sto facendo le pulizie pasquali, tra l’altro, ho avuto un commentatore di nome Tiziano Scarpa, sotto un post, eri tu? non eri tu?
aggiungo che mi pare stucchevole questa polemica e voglio interromperla qui, dove è tanto OT quanto artificiosa, se vuoi continuiamo in bacheca o sotto un post apposito, resto cmq a disposizione di georgia se ho riferito male
@Giuseppe Di Marco
Ripeto: non sono Castoldi, Cortellessa, Mazzoni, non ho ideato io questa classifica, ma il fatto di avere accettato di partecipare alla votazione indica eloquentemente che la ritengo una buona idea. Nessuno vuole abolire le recensioni. Credo che la constatazione da cui sono partiti i 3 ideatori sia che le articolate analisi, le “recensioni lunghe, distese, narrative” non riescano ad arrivare a una certa fascia di lettori. Si rimprovera sempre agli intellettuali di essere distanti dalla gente, ma appena gli intellettuali si inventano qualcosa di fattivamente pop, ecco pronte le critiche di banalizzazione, semplificazione, ecc. Intanto, chi gestisce davvero le semplificazioni, le banalizzazioni, gli slogan, ecc, in pubblicità, in politica, ecc., vince a mani basse. Il dilemma è, lo ripeto: la sintesi è il male assoluto? Mai e poi mai sintetizzare? Oppure possiamo provare a escogitare sintesi “buone”, sintesi “utili” (per quanto inevitabilmente difettose)?
Quanto al fatto che molti dei 100 lettori siano consulenti, ecc., può darsi che tu abbia ragione (non ho controllato a fondo l’elenco, molti non li conosco): ma, per l’appunto, puoi asserirlo perché ci firmiamo con nome e cognome (lo dico ai difensori del nickname).
@Alcor
La polemica non è stucchevole, deriva dal fatto che tu, opaca nickname, hai chiesto ai votanti trasparenza assoluta. E’ diretta conseguenza della tua richiesta (non “esigevi”, hai ragione: scusa).
peccato per agamben, ma le cose stanno adesso in modo diverso e il vivente non solo è “disgiunto dalla sua lingua”, ma sovente è anonimo, nel senso che si auto-identifica con un nome di web (un tempo c’era il nome di penna, metti).
il mio vero nome qui è tashtego e non francesco pecoraro: mi scuso con chi mi legge per non averlo usato, preso da soprassalto etico.
credo che il legame etico di cui trattasi, cioè tra linguaggio e parlante, non si recida affatto, a meno di non voler a tutti i costi sostenere che per dire una cosa, qualsiasi cosa, bisogna anche “metterci la faccia”, come recita la pubblicità della benzina erg sotto alla foto, di solito molto fotoshoppata et sorridente, del benzinaio che ce la mette.
e tu quando lo vedi dici Ma davvero è lo stesso della foto? come mai ha l’aria così incazzata e patibolare che pareva tanto un bravo ragazzo, come mai non sembra affatto cordiale come nella foto? forse si è spezzato il legame etico tra il mettere benzina e il benzinaio? io credo di sì, ma la cosa mi pare marginale invece che centrale. le parole non sono più incise sulla pietra e neanche tracciate sulla carta, sono chissà dove nel web, come fossero scritte e dette sull’acqua: ma funziano sempre, forse più di prima.
Rispondo brevemente a un paio di questioni:
@ andrea branco
La prima Classifica prende in esame i libri arrivati in libreria tra il settembre 2008 e il marzo 2009. Nelle prossime votazioni, l’intervallo slitterà progressivamente in avanti. Le classifiche saranno mensili (per la narrativa) e bimestrali (per la poesia e la saggistica e altre scritture).
La classifica parziale da oggi è visibile anche nel sito di pordenonelegge (http://dedalus.pordenonelegge.it/), mentre dal 15 aprile quella totale (con l’indicazione di tutti i libri votati) comparirà nel sito del Premio Dedalus, inaugurato oggi (www.premioletterariodedalus.it).
@harzie
L’italocentrismo non è dovuto, naturalmente, a preclusioni dei 100 lettori, ma a una scelta consapevole dei coordinatori: si possono votare solo libri scritti da autori italiani viventi. A dicembre di ogni anno verrà anche proclamato il Libro straniero dell’anno fra quelli tradotti in italiano.
@harzie
ma se su un testo convergono i giudizi di lettori notoriamente lontani per posizioni critiche e predilezioni personali ecco che quella convergenza sarà interessante, mentre se i giudizi si spalmeranno si potrà utilizzare il proprio eventuale pregiudizio sui lettori
no, la trovo una buona idea, e comunque un punto di vista diverso da quello che ci offrono normalmente gli inserti culturali dei giornali
1)dopo i Cento Grandi Letti ecco i Cento Grandi Lettori… ma la cultura ne ha veramente veramente bisogno?
2) leggo che i critici vengono menzionati separati dagli scrittori, giornalisti,eccetera.
si spera che i critici siano anche scrittori giornalisti, registi, eccetera.
3) perché si dovrebbe prestar fede a 100 più o meno conosciuti. ci si augura almeno una sorta di Ruotazione dei Lettori ogni tot di punti.
un saluto
paola lovisolo
@ Gezzi
Grazie, sì, avevo inteso. Appunto per questo ho parlato di provincialità, e infatti lei non mi ha contraddetto.
@Alcor
“un punto di vista diverso da quello che ci offrono normalmente gli inserti culturali dei giornali”
Questo è sicuro, Alcor. Per il resto intedevo proprio questo: nel migliore dei casi si tratterè di convergenze “interessanti” e al limite anche “stimolanti”, che cioè indurranno molti a leggere un certo libro chi non lo ha ancora fatto.
Quel che non mi convince è il legame brutale con l’attualità che contraddistingue dei giudizi così (non) formulati: io, almeno, per farmi persuadere della bontà di un libro pretendo che me lo si collochi sull’asse del tempo grande, in un rapporto con ciò che dalle sue spalle può illuminarne il valore – insomma pretendo una critica vera, mentre in una classifica che si rinnova di mese in mese questo elemento costitutivo della critica sparisce, o quanto meno diventa implicito, inficiando almeno in parte la credibilità del giudizio.
(Non ho dubbi, conoscendoli di persona, che alcuni Grandi Lettori compiano intimamente un atto critico al momento di dare i punti da 1 a 6, ma lo faranno tutti tutti? E poi, lo faranno tutti quanti onestamente? Chi mi garantisce che nessuno tra i Grandi Lettori sia stato tentato, come usa in Italia, dal far prevalere certe opere più per spirito di gruppo e di lotta conventicolare che sulla base di un giudizio estetico?)
C’è un refuso, naturalmente:
“che cioè indurranno a leggere un certo libro chi non lo ha ancora fatto”
Purtroppo non potrò seguire la discussione, che si annuncia interessante dopo (mi si perdonerà) la falsa partenza, perché sono a mia volta in partenza per quattro giorni di vacanza dei quali ho davvero bisogno. Voglio solo dire un paio di cose. Sul sito del premio Stephen Dedalus a partire dal 15 aprile i votanti saranno liberi di manifestare apertamente i loro voti (come qui hanno già fatto Scarpa e Biondillo, mi pare). Dal momento che non tutti i votanti desideravano che il loro voto fosse palese, abbiamo deciso di rispettare la sensibilità di ognuno lasciando libera questa scelta. Non solo: saranno tanto poco autoritari, coloro che interverranno in quella sede, da commentare i loro stessi voti, o quelli altrui desunti dalle classifiche. Dunque argomenteranno (non so se nei termini dettagliati e minuziosi che ci richiede Girolamo Di Michele, non così rigoroso nei confronti di altrui argomentazioni; comunque argomenteranno). Non solo: nella manifestazione conclusiva, ospitata da Pordenonelegge, il dibattito sarà pubblico e aperto a tutti coloro che vorranno intervenire. Il che si può anche anticipare in altra sede, se si desidera. Questo è uno strumento per fomentare la discussione, dunque è opportuno che si discuta. Siamo qui per questo, e mi scuso di nuovo se nei prossimi giorni lo potrò fare molto discontinuamente.
Quanto alle accuse di mafia, cosa nostra ecc., mi cadono le braccia. Si applichino a ciascuno degli elencati e se ne vedrà l’effetto ridicolo (oltre che insultante). Come ha detto Scarpa, i nostri nomi sono lì scritti. Non mi risulta che Cosa Nostra pubblichi gli elenchi dei propri affiliati. Il che vale anche per i conflitti di interesse ecc. Abbiamo lavorato – Casadei, Mazzoni, Gezzi, Villalta e io – proprio per discutere i casi “limite” (per lo pià di collocazione di determinati libri borderline in una categoria o nell’altra) coi singoli votanti. I quali ovviamente ci hanno pensato, alcuni pure troppo – tenendoci col fiato in gola sino alla fine dei termini utili per esprimere il voto (ma alla fine hanno espresso voti validi il 95 % degli aventi diritto). Infine, l’ultima questione. Quella dell’autoconvocazione, sollevata da Cordelli sul Corriere ma anche (per lo più implicitamente) da diversi interventi qui. Certo, ci siamo autoconvocati. Chi doveva convocarci al posto nostro? Ci siamo riconosciuti. Negli ultimi anni ci siamo letti, abbiamo discusso infinite volte. Di libri e non solo. E abbiamo capito che era il tempo di cercare una sintesi di opinioni diverse, anche diversissime (come può notare chi confronti i libri risultati ai primi sette posti; ma invito tutti a visionare le classifiche complete sul sito Dedalus a partire dal 15: molte le sorprese, molti i “suggerimenti di lettura” che sono ansioso di seguire io per primo), ma che “si parlavano”.
Ora lo strumento serve a discutere di alcuni libri. Di poesia, di narrativa, di saggistica. Libri di autori anche qui spesso presenti, e mi pare non altrettanto sul Corriere della Sera, per dire. Non sarà un (minimo, per carità) risultato già questo?
Grazie a tutti e a presto, AC
Non è che sia tanto importante parlarne, ma si tratta pur sempre di misurazione e si sa che la misura è alla base del metodo scientifico: prima di tutto occorre comparare tra loro cose e fenomeni, poi si costruisce la teoria, poi si verifica, eccetera.
Nel metodo scientifico, per quello che ne so, la misurazione metti del peso di un oggetto per rapporto a quello di un altro oggetto e di tutt’e due rispetto all’unità di misura è di solito il primo passo per un processo deduttivo più complesso.
Se qui equipariamo il concetto di peso con quello di valore (artistico? letterario?) espresso numericamente, otteniamo qualcosa di apparentemente convincente, se non fosse che l’unità di misura, il criterio di assegnazione del punteggio/misura è a discrezione di chi lo usa e non è verificabile se non attraverso le sue categorie personali di lettura critica.
Ecco allora risorgere la «classifica» sia pure come contro-classifica, come «punteggio d’Amburgo» di lettori/scrittori/critisci che si oppongono ai valori di vendita (trasformabili e misurabili in quantità di denaro) proponendo una loro scala di valori di gruppo e in sostanza dicendo: questa è in realtà la scrittura da leggere, no quella delle classifiche ufficiali desunte dalle vendite: è la nostra competenza in materia che in qualche modo lo certifica…
C’è qualcosa che non torna, in tutto questo.
Credo stia nella rinuncia a quello che chiamerei il «gesto critico», vale a dire all’argomentazione del giudizio, che in questo modo si riduce a un numero, esattamente come le classifiche settimanali che si leggono sui giornali.
Io non ho nulla contro le classifiche se non che non mi dicono nulla del libro, ma solo delle copie che ha venduto, che in qualche modo è indicativo del suo «peso» presso l’importantissimo pubblico dei lettori generici, vale a dire non specializzati in materia libresca o strettamente disciplinare.
La classifica del lettore «qualificato» espressa in numeri diventa in tutto e per tutto simile a quella del lettore generico che ci ha speso i soldi per comprarli, i libri.
Chiede un atto di fede nell’ambito che a me appare come un procedimento testimoniale: Mi stimi? Ti piasce ciò che scrivo? Allora dammi retta, QUESTA è la vera classifica.
Se vuoi anche sapere perché, beh, datti da fare e leggi le recensioni pregresse, perché qui noi emettiamo solo numeri, punteggi.
Allora ecco mancare il «gesto critico» che consiste nella comparazione, nella costruzione di un quadro, anche frettoloso, di riferimento, che renda il dato numerico/valoriale in qualche modo spiegabile e giustificato.
Sottrarsi al meccanismo della classifica, lasciare le cose nella loro complessità, nell’indeterminazione, nella molteplicità, nell’irriducibilità a qualsiasi punteggio, insomma lasciare le cose come stanno: da una parte il pubblico con le sue scelte, dall’altra la critica coi suoi discorsi, una critica che si neghi pervicacemente alla tentazione di farsi pubblico.
Che altro aggiungere?
Non resta che fidarsi.
“Suggerimenti di lettura”.
Io non aspetto altro dalle persone di cui riconosco la competenza.
Intanto le “opinioni diverse” che contraddistinguono i “cento lettori”,
casualmente hanno collocato, ai primi due posti nella narrativa, la
più grande promessa e la più grande conferma.
@ tash
di buona parte dei votanti abbiamo letto testi – critici e non – e prese di posizione, anche in rete, che le condividiamo o meno, le conosciamo, e questo ci dà la possibilità di accettare o anche di rifiutare le segnalazioni, ma mi sembrano in chiaro.
non è una classifica delle copie vendute, al contrario, mi sembra proprio una classifica di merito.
assoluto? no
opinabile? sure.
molti ne mancheranno all’appello? probabile
molti altri ci sfuggiranno? probabile
ma il difetto di un tentativo di questo genere proprio non lo vedo
Al volo.
Sulla discussione innescata dalla richiesta di “voto palese” da parte di “Alcor”, credo che Tiziano Scarpa abbia lapalissianamente ragione.
Carla Benedetti,
Classifiche all’italiana
http://www.ilprimoamore.com/testo_1433.html
… e non fa una grinza.
Altrettanto al volo.
Giuro (agambenianamente, se volete) che si apre un filone di discussione su tutti gli eteronimi, omonimi, pseudonimi, ∞onimi che volete. L’argomento della discussione, qui, è un altro.
Fare un commento con un nick è normale, essere lettori e autori nello stesso tempo a me pare una cosa diversa, chi premia, chi? Carla Benedetti lo dice molto chiaramente.
Gena
a giuliomozzi
caro giuliomozzi, anche giuliomozzi è un nick.
Ida invece è un nome vero.
(Planando: per me è altrettanto lapalissiano il contrario di quanto appare lapalissiano a Mozzi. E a Scarpa vorrei dire che il vincolo etico del parlante con le sue parole dipende dal contesto – e che è tanto vero che l’efficacia dell’argomentazione è assolutamente primaria che lui è disposto a patire la sua deriva patetica. Ma come dice Gdm, poiché è utile proseguire questa discussione ad infinitum, io la finisco qui)
Quanto al premio – a me pare, altrettanto brevemente, che sia una buona cosa, laddove si considerino questi suggerimenti di lettura, un canale alternativo, un utile strumento. Poi, è evidente, si possono fare le pulci ad ogni cosa, ma non si dovrebbe evitare magari di partire rilevando ciò che suona nuovo e, appunto, utile.
Una nota in margine. Ieri sul Corsera è apparsa una classifica di qualità relativa a dei libri di poesia italiana contemporanea. Una cosa simile la fa, ad esempio, Giorgio Manacorda nel suo Annuario di Poesia. Ma sul Corriere della sera… Quando mai prima di ieri? Mi sembra già questo un risultato. Complimenti ad Alberto Casadei, Guido Mazzoni, Andrea Cortellessa, Gian Mario Villalta. E sono contento per Andrea Inglese e Riccardo Held, che ho votato (4 e 2).
Le mafie? Sospettarne una, sempre e dappertutto, è un riflesso da paese mafioso.
Capisco e non condivido la fissa di alcuni interlocutori sulla necessità della firma nei proprii interventi in rete.
Condivido e pure capisco la scelta – mia, anche – di chi in rete preferisce non firmarsi. E’ davvero desolante scoprire con un egocentrico click su google che il proprio nome&cognome ha proferito certe ‘sparate’ (capita a tutti). Pensare che quel click lo possa fare un numero indefinito di altre persone rende lo stato d’animo da desolato ad allarmato (a qualcuno capita). Non è tanto una questione di presa di responsabilità delle proprie parole, è più una questione di pudore. Verba volant, scripta manent. Il nickname ha in fondo la funzione di schermo dal controllo che esercita congenitamente la rete, dove tutte le parole digitate sono fagocitate da una memoria più grande ed esterna a noi. Come se vivessimo quotidianamente con appresso un registratore accesso, accessibile a tutti e impossibile da resettare. E’ giusto che la chiacchiera – di cui anche tanta comunicazione in rete consiste – si dissolva nell’aria che la trasporta. Un nickname certo non permette di replicare questa giustizia, ma è almeno un buon rimedio.
E in fondo, oltre tutti questi discorsi, la forza delle idee si impone in loro stesse: la loro forza sta lì, non nel nome&cognome che le verbalizza.
Perché non rispondete a quello che dice Carla Benedetti sul PrimoAmore?
Classifiche all’italiana:
Troppi votanti sono direttori di collane editoriali. Giorgio Vasta in cima alla classifica, fra i votanti il direttore di collana che ha pubblicato il suo libro…
http://www.ilprimoamore.com/testo_1433.html
Sono uno dei giurati, ma in questa discussione ho deciso di utilizzare un nick, anche per agevolare Scarpa, che quando legge nomi veri li sbaglia (chi è Castoldi?).
Ho condiviso, inizialmente, subito dopo la convocazione, alcune delle perplessità che qui si avanzano: chi giudica i giudici, ad esempio, chi li ha scelti preliminarmente, e in nome di cosa, anzitutto. Non basta dire: sono critici, registi, scrittori, poeti. Evidentemente in Italia non ci sono solo cento critici, registi, scrittori, poeti. Perché questi e non altri? Ma forse cento sono persino troppi, se il criterio era la riconoscibilità e diciamo pure l’autorevolezza della voce. E quanto agli eletti, perché accettare di comprimere in un giudizio sintetico, peggio, in una muta cifra, una valutazione cui dovrebbe sempre accompagnarsi un’argomentazione, una presa di posizione chiara, distesa ed esplicita? Dal canto mio, ho pensato di risolvere le mie perplessità votando, quando possibile, libri che ho anche recensito: tanto più che nel sito che ospiterà le classifiche periodicamente si potranno poi leggere i giudizi, i commenti o, appunto, le recensioni dei votanti. Inoltre, visto che l’idea delle classifiche muove anche dalla battuta di Arbasino sul McDonald’s, che ho sentito più volte ripetere a Nanni Balestrini, non si vede, caso mai, perché i libri “migliori” si debbano votare con un criterio generazionale (che riguarda tra l’altro i giurati ma non i votati). Se questa discussione serve anche a dare la possibilità a noi giurati di esprimere qualche riserva, la mia riserva maggiore al momento riguarda, ribadisco, la restrizione generazionale. Se sono classifiche di qualità e non il Giffoni della critica, io qualche critico, regista, scrittore, poeta ingobbito e canuto (specie al posto di qualche ignoto sfuggito alla lista: ignoto, dico, alle leopardiane gazzette) non l’avrei visto male. E parlando da under 40 la mia non è solidarietà generazionale, ma, caso mai, gerontofilia.
Di fronte alla restrizione generazionale chi ha superato i ’60 prima ha un brivido e si dice son vecchia, poi (corpo a parte, che fa sempre dispiacere) tira un sospiro di sollievo e pensa alla vecchia indegna di Brecht e va in osteria con animo lieto.
Penso di sapere chi sei:–)) o ecstacia
Ma vorrei rispondere a @benna @gena e @sergio falcone, benchè il suo parlare di mafia mi abbia urtato: mi piace che gli strumenti abbiano una certa relazione con la cosa trattata.
Mi sento di rispondere io perché non faccio parte né dei votanti né dei votati, è una posizione comoda, anche se poi viene fuori uno come Scarpa a dire che nessuno glielo garantisce, uguale in questo proprio a Sergio Falcone, benché sull’altro versante.
Vi ricordate la Gruppe 47? Anche lì si conoscevano tutti, il problema non è conoscersi, o essere amici, o affini o essere consulenti di una piccola casa editrice magari mal distribuita e con pochi mezzi, soprattutto quando non si è giurati di un premio redditizio ma si fanno delle valutazioni che non porteranno molto sul versante vendite (o qualcuno pensa che in base a questa classifica Vasta o magari Frasca verranno letti da mia zia Pasqualina?) e saranno addirittura mensili.
Io non mi scandalizzo che Scarpa e Mozzi facciano parte dei 100 benché siano in conflitto di interesse, perché non lo ritengo un conflitto di interesse.
Io questo gruppo di 100 votanti che non dà premi in denaro, che non determina il successo economico di uno scrittore, che non riesce a offrirgli nessun vantaggio a parte l’essere nominato (e diciamocelo, bisogna accontentarsi davvero di poco per godere smodatamente di una nomination) lo vedo come una comunità abbastanza larga (100, mica 10) che segnala alcuni libri che trova meritevoli.
Perché si possa parlare di conflitto di interessi o addirittura di mafia vorrei francamente vedere l’interesse, non lo vedo, a parte una piccola fugace soddisfazione (30 giorni, che poi tocca a un altro) dei nominati.
Il vantaggio è tutto dei lettori che intendano dare ascolto a questa classifica, la penitenza è tutta di chi dovrà leggere, che magari non ne ha voglia, una ventina di libri al mese.
Io penso che sia gente onesta con preferenze personali e critiche che cercherà di esprimere e far prevalere – com’è giusto che sia, se uno crede in un autore – se non lo sarà lo sapremo presto perché un segreto non si tiene in 3 (tre), figuriamoci in 100 (cento).
Noi al Baghetta abbiamo 19 grandi lettori – Giovanna Bemporad, Alberto Casiraghy, Nadine Celotti, Lella Costa, Luigi Luini, Melina Mulas, Caroline Patey, Steve Piccolo, Lella Ravasi, Roberto Saviano, Nico Stringa, Gianni Vattimo, Vivetta Vivarelli, Maurizio Vogliazzo, Roberto Amato, Elisa Biagini, Livia Chandra Candiani, Vivian Lamarque, Valentino Ronchi – che selezionano i 3 grandi libri di poesia dell’anno (quest’anno 4, con un ex aequo – Roberta Dapunt, La terra più del paradiso, Einaudi; Francesco Tomada, A ogni cosa il suo nome, Le voci della luna; Roberto Piumini, Il piegatore di lenzuoli, Nino Aragno; Nelo Risi, Né il giorno né l’ora, Mondadori).
Ma nessun lettore è al contempo autore dei libri passati sotto esame.
E’ come se i giocatori di carte, i croupier, i tailler, i direttori di banco, stilassero una classifica dei migliori giocatori. Erano proprio necessari un’altra classifica e l’ennesimo premio? Bah…
Blackjack.
@ Tiziano Scarpa
abbiamo scritto un post a testa più o meno alla stessa ora, è evidente che non ti riferivi a me (anche se la successione può dare questa impressione).
Io non credo che sia il caso di cercare una via alternativa alle classifiche: ho più volte usato gli strumenti di Deleuze contro la riduzione al quantitativo e al dato misurabile, per non crederci davvero. Combatto quotidianamente contro l’invasione dei misuratori della qualità nella didattica, contro l’arroganza dei docimologi, contro la pretesa di tradurre valutazioni diverse l’una nell’altra: non ho ragione di cambiare abito mentale quando esco da un ambito per entrare nell’altro (anche perché credo che siano ambiti in osmosi, e non solo perché io sono uno scrittore che per mestiere insegna). Io, di mio, non leggo le classifiche neanche quando esce un mio libro. E non sto neanche a chiedere ai miei editori quanto vendo: aspetto il resoconto annuale, a me basta. Quando compro supplementi tipo Alias o Tuttolibri non leggo le classifiche né le faccine/voto, leggo le recensioni e le associo alla firma. Quando un giornale mi ha proposto qualcosa di simile a una classifica ho detto di no, anche se mi avrebbero pagato. Trovo molto bella una cosa come Nandropausa (che pare non esca più, peccato), dove i Wu Ming parlano dei libri reputano meritevoli di segnalazione senza alcuna graduatoria. A settembre ho incrociato per caso la finale del premio campiello, un’autrice (Eliana Bouchard) mi ha colpito, sono andato a dormire senza aspettare di sapere chi ha vinto, ma ho letto il suo libro e in seguito l’ho incontrata, trovando nella scrittura e nella persona la conferma della buona impressione: cosa mi cambia sapere se è arrivata terza o quarta? Credo che dovremmo cercare, con la nostra pratica culturale (io e te, e gli amici di NI, non condividiamo forse l’idea di parlare di libri sulle nostre net-zine senza mettere i voti?) di disabituare i lettori alla mediazione delle classifiche, e fargli capire che non c’è numero (non importa se messo da Cortellessa o D’Orrico o Parente piuttosto che da Marías o Biondillo o Steiner) che possa tradurre un libro senza tradirlo. E non a caso do retta solo alle recensioni che in primo luogo mi convincono che il recensore abbia letto davvero il libro, e in secondo luogo che non abbiano la forma del “devi fidarti perché te lo dico io”. Fratto o non fratto (ok, non è una media, è una somma, mi pare non cambi il senso dell’operazione), non la vedo come una cosa utile, neanche come “affiancamento”. Quindi continuerò a leggere le recensioni che narrano di libri, e non leggerò neanche questa classifica.
al Baghetta la giuria è da sempre così:quest’anno, III edizione, è andata così:
Giovanna Bemporad (traduttrice) — Luigi Di Ruscio e Roberta Dapunt
Alberto Casiraghy (microeditore) — Luigi Di Ruscio
Nadine Celotti (francesista univ. TS) — Roberta Dapunt e Roberto Piumini
Lella Costa (attrice) — Roberto Piumini e Francesco Tomada
Luigi Luini (economista univ. SI) — Carlo Carabba e Roberta Dapunt
Melina Mulas (fotografa) — Roberta Dapunt e Roberto Piumini
Caroline Patey (anglista univ. MI) — Roberta Dapunt e Roberto Piumini
Steve Piccolo (musicista) — Francesco Tomada e Nelo Risi
Lella Ravasi (psicanalista) — Francesco Tomada e Nelo Risi
Roberto Saviano (scrittore) — Carlo Carabba e Nelo Risi
Nico Stringa (storico dell’arte univ. VE) — Roberta Dapunt
Gianni Vattimo (filosofo univ. TO) — Francesco Tomada
Vivetta Vivarelli (germanista univ. FI) — Roberta Dapunt e Carlo Carabba
Maurizio Vogliazzo (architetto poli MI) — Francesco Tomada e Nelo Risi
Roberto Amato* — Nelo Risi
Elisa Biagini* — Roberto Piumini
Livia Chandra Candiani* — Francesco Tomada
Vivian Lamarque* — Roberta Dapunt
Valentino Ronchi* — Francesco Toma
@Tiziano Scarpa. Pur accogliendo il tuo invito a prendere sul serio la relazione etica che si stabilisce fra il parlante e la sua lingua, la questione continua a sembrarmi malposta.
L’impressione è che a furia di profanare dispositivi desoggettivizzanti, di agambeniana memoria, il tuo discorso rischi di risolversi in un soggettivismo esasperato.
La tua querelle con Alcor mi ha fatto pensare a quella che hai avuto recentemente con Wu Ming 1. In quel caso ti appellavi addirittura alla parresia foucaldiana. Ed anche in quel caso lo hai fatto a patto di barattare l’io narrante di Gomorra con la foto di Saviano.
Tu, forse, cerchi una parresia che dovrebbe irrompere sulla finzione, rompere le apparenze e farci sentire la realtà nella sua sostanza. E così discrimini ciò che è davvero reale da ciò che non è per nulla reale. Un’opposizione difficile da sostenere. Per uno scrittore.
E’ la prima volta che prendo la parola direttamente, qui dentro. Finora mi avevate intravisto di sfuggita, in un paio di occasioni, su un treno diretto ad Anversa, durante un altro viaggio in metropolitana, mi pare, di notte, seduto come se niente fosse di fronte a qualcuno che aveva la sua missione da portare a compimento, sorridente, tranquillo, anche se non si sapeva niente di me, chi ero, perche’ ero li’, perche’ attraversavo la sua vita cosi’, senza una spiegazione, un segno, qual era il mio ruolo, la mia missione qui dentro. Intercettato cosi’, all’improvviso, in luoghi e spazi che si erano aperti di colpo, per questa facolta’ che hanno le mie gambe di muoversi in piu’ lunghe falcate, e di raggiungere in pochi passi luoghi infinitamente lontani. Mi sposto su questi arti allungati dagli strati di materia organica che si sono accumulati sotto le mie suole, avanzo su queste molle geologiche in continua stratificazione. La mia figura si innalza, la mia testa e’ posta in zone piu’ alte di dove sono poste generalmente le teste, non mi curo di cosa i miei piedi stanno pestando nel loro andare, non ho il tempo di farlo, mentre avanzo cosi’, a lunghissimi passi per adempiere la mia missione. Pesto senza distinzione escrementi animali, umani, camminando a lunghissimi passi sulla terra pelata, sui marciapiedi, sulle strade illuminate o in penombra, di giorno o di notte, mentre tutt’intorno si sentono quegli schianti delle auto lanciate e quel ruotare vorticoso dei roller. Falcio, percorrendo in pieno giorno i grandi marciapiedi delle vie del centro, certi grandi escrementi appena depositati, lascio dietro di me quelle impronte stampate, senza spostare di un millimetro la rotta del mio passo lanciato, vedo i passanti girare la testa dall’altra parte, sbarrare gli occhi, portarsi certe volte la mano alla bocca come per impedirsi di vomitare, quando accavallo una gamba sul sedile di un treno, del metro’, e appare con tutta evidenza sotto le mie scarpe quella massa di diversi colori, stratificata, e si evidenzia improvvisamente l’origine di quello spaventoso fetore. Riprendo a camminare verso l’uscita su quel magma geologico in espansione, e forse qualcuno che mi vede passare mi scambia per uno di quei ragazzi che camminano su quelle scarpe dalle altissime zeppe che ci sono adesso, quei coturni. Se ne sovrappongono sempre nuovi strati, la mia statura si innalza sempre di piu’, devo sollevare enormemente le ginocchia ad ogni passo, la mia testa va a occupare spazi sempre piu’ aerei, gli strati si appiattiscono gli uni sugli altri, fuoriuscendo sempre piu’ dalle linee delle mie suole, se ne staccano lungo la strada piccoli e grandi pezzi mentre avanzo a lunghissimi passi tranquilli. Si seccano poco a poco, mentre altre sfoglie piu’ fresche si sovrappongono continuamente, come gli altri strati magmatici interni della terra, conquistano il loro spessore attraverso dinamiche di sollevamento, deformazione, si scatenano al loro interno movimenti orogenetici, dislocazioni tettoniche, mentre gli strati piu’ originari si irrigidiscono poco a poco e sempre nuovi allo stato plastico se ne aggiungono, per poi mineralizzarsi a loro volta gli uni sugli altri… Ecco, adesso l’Interfaccia ha imboccato le scale mobili. Mi metto dietro di lei, che non ha capito nulla di quanto e’ successo poco fa attorno alla sua persona, una decina di gradini piu’ in basso, mentre si sposta ascensionalmente nell’aria con la sua enorme gemma. Io sono il piu’ tranquillo e il piu’ solo, qui dentro. Il mio compito e’ senza speranza, io devo lasciare una porta alla speranza anche se non ho speranza.
Per quel che gliene potrà importare a nessuno, io sono assaissimamente d’accordo con Aditus. (e con Alcor obviously).
E con Aditus soprattutto quando dice:
“Il nickname ha in fondo la funzione di schermo dal controllo che esercita congenitamente la rete, dove tutte le parole digitate sono fagocitate da una memoria più grande ed esterna a noi. Come se vivessimo quotidianamente con appresso un registratore accesso, accessibile a tutti e impossibile da resettare.” Insomma, il nick come estrema difesa personale dall’occhiuto ed eterno wideworldweb.
Firmerò con nome e cognome, forse, quando mi sarà data la possibilità di esercitare un controllo su quello che dico Oggi a Queste persone, affinché Domani non possa venire letto da Altre persone.
A parte questo sono molto contenta di questa iniziativa, e sono stracontenta che ci sia Giorgio Vasta in prima posizione.:))
trovo questo “dibattito”, al 90%, surreale, con punte grottesche. penso che le classifiche periodiche dette di dedalus siano un umile strumento (e chissà se anche utile, speriamo) per parlare di libri oltre i modi già esistenti (recensioni, classifiche de best seller). dubitare dei cosiddetti giurati (parola grossa), cioè dei 100 lettori (cui ho stancamente detto di sì, dopo esitazioni dovute alla pigrizia) è esercizio così inutile che tralascio. s una cosa sono sincerro: leggere, leggo. forse l’unica critica seria al meccanismo è quella di carla benedetti su ilprimoamore (citata sopra) che suggerisce un conflitto di interessi tra i lettori/votanti e gli autori/votati, soprattutto in riferimento ai votanti/direttori di collane. ma non vale lo stesso anche per le recensioni, per tutte le attività pubbliche degli scrittori/lettori? (e ricordo a carla benedetti, che ha scritto che “Persino i premi letterari più chiacchierati e più deligittimati non si spingono a tanto: non mettono in concorso i libri dei giurati”, che tra i candidati e vincitori dello Strega, per esempio, parecchi fan parte dei 400 votanti: e forse, al di là di tutto, è quasi inevitabile). insomma, esercitare la scuola del sospetto nei modi che ho letto sopra equivarrebbe a suggerire un’etica del silenzio totale, e una separazione delle carriere come qualcuno vuole con i giudici: che insensatezza. allora butto lì, tanto per essere sinceri, una mia vecchia idea, che esprime comunque le MIE (personali) idiosincrasie: quella di un premio letterario tra i cui votanti siano banditi i critici, ed evidentemente ogni tipo di “mediatore” (primi fra tutti gli editori e affini): unicamente scrittori e traduttori. (ma dove comincia un critico, e dove finisce uno scrittore?…). altrimenti, lasciamo tutto così, e spostiamo riflessioni, tempo e discorsi verso altri obiettivi, forse più seri…
(Ah: ho votato con convinzione Roberto Roversi, poesia; Carlo Bordini, altre scritture, nessuno nella narrativa, per scarsa convinzione. Non ho intenzione di prendere ulteriormente in futuro la parola a proposito delle classifiche Dedalus, ma è giuisto che il voto non sia segreto). Un saluto, beppe sebaste
che i votan
leggo solo ora l’ultimo intervento di girolamo: sono d’accordo con lui: delle segnalazioni di libri sarebbero sufficienti, senza sistema dei punti. verrebbero comunque da sé: se un libro ha più egnalazioni, ha più segnalazioni.
* quel che ho capito di questa iniziativa *
[metto qui sotto l’enfasi sul caso della poesia, perché mi interessa di più, ed è più significativo. non credo sia un caso che due dei tre fondatori siano studiosi di poesia contemporanea e non di narrativa.]
nella ‘dichiarazioni di intenti’ di casadei, cortellessa e mazzoni si dice che non esiste più una “comunità stretta”, i.e., “una comunità di lettori, professionali o meno, che sapeva benissimo quali fossero le opere da leggere, magari per odiarle. Erano in larga parte le stesse persone che provvedevano a segnalare i libri per iscritto;” ma perché? la comunità stretta esiste eccome. è forse un po’ più larga (o forse un po’ più stretta?) di quella di “qualche decennio fa”, ma è viva e vegeta. e funziona più o meno come descritto, “con i suoi riti di affiliazione, il suo classismo, le ipoteche ideologiche (nell’accezione peggiore del termine), l’intreccio inestricabile di personalismi e rancori”. e forse molti dei grandi lettori ne fanno parte. non sarà un caso che due dei fondatori (e diversi altri grandi lettori) si sono formati alla scuola normale superiore di pisa (comunità stretta per eccellenza, per così dire).
è che questa “comunità stretta” va stretta ad alcuni suoi membri. perché? forse per un non risolto confronto con la democratizzazione del sapere, e con la comunicazione di massa. e questo confronto non risolto ci riguarda tutti, non è del tutto un falso problema. se rimane vero oggi quel che casadei cortellessa e mazzoni scrivono della “comunità stretta” di qualche decennio fa, i.e. che i membri della comunità stretta “erano in larga parte le stesse persone che provvedevano a segnalare i libri per iscritto;”, esiste però una differenza. oggi le “segnalazioni” non sono più (soltanto) saggi critici su riviste scientifiche specializzate, interventi a convegni o a seminari, note di corsi universitari, ma anche (sopratutto?)
articoli sui giornali, con le parole contate, colonnine sulle pagine web, puntatine alla radio. e volendo ragionare di malanimo si potrebbe liquidare qui tutta l’operazione. ossequio alle leggi del mercato. desiderio di visibilità. marketing.
ma la “comunità stretta” va stretta anche per un altro motivo: perché la “comunità stretta” – e.g., l’accademia – non funziona troppo bene (non ci sono più le comunità strette di una volta!). senza drammatizzare: la comunità stretta necessita come ogni comunità viva di essere continuamente tenuta in vita, di forze attive che tendano al suo miglioramento. prendiamo il caso della poesia. nell’accademia italiana non esiste una comunità scientifica per la poesia. (anche per questo “parola plurale”, a firma di ultratrentenni appena appena avviati alla carriera universitaria – ricercatori, professori a contratto, professori straordinari, etc. – aveva i connotati dell’autolegittimazione; strictly accademica). studiare la poesia contemporanea è accademicamente un suicidio, più o meno. quante cattedre di ‘poesia’ esistono? mazzoni (prof. associato) è qui tra i pochi esempi di successo. inoltre l’accademia italiana non dà cattedre a poeti in quanto poeti, ma solo a poeti in quanto critici o studiosi o filologi. è un po’ come se in un dipartimento di matematica ci fossero solo storici della matematica.
questa iniziativa, questa classifica di qualità, vuole supplire alle carenze dell’odierna “comunità stretta” o forse a quelle della “comunità larga”, del mercato? e come? è forse animata da un misto dolceamaro di spirito comunista e normalista? può certo sembrare un po’ strano opporsi all’autoritarismo del mercato scegliendo la forma della classifica. cos’è questa classifica se non un tentativo, da parte della “comunità stretta”, di mandare una letterina, di “segnalare i libri per iscritto” alla comunità larga? scegliere la forma della classifica sembra proprio un omaggio alle forme del mercato. cosa la giustifica? d’altra parte è certo una classifica non serve al “pubblico colto”. il “pubblico colto”, la “comunità stretta”, ha bisogno di argomenti, di recensioni, di critica, di idee. altrimenti che “pubblico colto” è?
se davvero serve qualcosa per migliorare la comunità della poesia, credo che sia una comunità scientifica. lasciamo perdere se essa debba essere stretta o larga. ma sarà necessariamente una comunità stretta, o meglio strict, se le sue leggi saranno rigorose. una delle funzioni non trascurabili di una comunità scientifica è quella neutralizzare le mezze seghe dando loro spazio e riconoscimento e funzione. solo in una comunità scientifica in cui anche le mezze seghe hanno posto, la qualità può emergere. al di fuori di una tale comunità, in assenza di regole, le mezze seghe potranno sempre soffocare con la violenza la qualità. cattiva eris contro buona eris.
ci si potrebbe chiedere: perché mazzoni, cortellessa e casadei non si accontentano del loro lavoro di docenza,e di ricerca, dell’opportunità che hanno di svolgere bene il loro lavoro di critici e di educare la comunità dei discenti? perché non si occupano esclusivamente della costituzione di questa “comunità stretta” di alta qualità?
certo: il bene è comunicativo di sé, è un desiderio naturale quello di voler comunicare al maggior numero di persone possibile ciò che giudichiamo bello e buono e utile. non ci va bene che tutta quella gente sulla metro legga cazzate. diamo una indicazione. magari la prossima volta sul metrò incontreremo una ragazza che legge andrea inglese, e che non è sua sorella, o la nostra fidanzata.
ma c’è qualcosa di più, e forse è questo: dare visibilità alla poesia sui quotidiani, alla radio, alla televisione, può servire – indirettamente – a costituire quella comunità scientifica che serve alla poesia. perché l’accademia e il resto della società comunicano, si travasano l’una nell’altra, e una “comunità stretta” come si deve non può legittimarsi e non può funzionare se non di fronte o pure in opposizione ad una società che la riconosce, che sa identificarla. serve dunque lavorare su entrambi i fronti. e casadei cortellessa e mazzoni mi sa che l’hanno capito. sul fronte dell’accademia lavorano per professione, e speriamo tutti che lo facciano bene. con questa classifica provano a lavorare anche sul fronte della (tanto spesso invocata) riconoscibilità sociale del poeta e del letterato.
quindi, stanno lavorando per il bene comune. mettiamo dunque da parte il fatto che i cento lettori possono formare una mezza cricca, o due o tre cricche appiccicate, lasciamo perdere i punti – tutti esatti – sollevati da carla benedetti, lasciamo perdere il fatto che la maggior parte dei libri di poesia in classifica ci fanno accappnare la pelle o sbadigliarelasciamo perdere che la dichiarazione di intenti è dolcemente contraddittoria, un misto imbevibile di sinistrismo e normalismo. , lasciamo perdere tutto questo, perché è inessenziale. c’è sempre la comunità stretta per esprimere il nostro “intreccio inestricabile di personalismi e rancori”. per andare a fondo, per la critica. è il principio che conta, e il principio sembra essere quello giusto.
saluti,
lorenzo carlucci
Sulla questione aperta da Carla Benedetti io sono tranquillissimo, non ho conflitto di interesse alcuno. Prima di dire sì all’iniziativa ho controllato: il mio “Metropoli per principianti” è uscito a maggio, il mio prossimo romanzo dovrebbe uscire a settembre. In ogni caso sarei fuori dai giochi.
correggo il mio precedente post nel punto in cui lamentavo la presenza di ignoti tra i votanti: non ho ben gestito il significante per la fretta, ma il significato era questo. leggendo Lorenzo, ho trovato fuorviante il riferimento pseudoleopardiano alla ”società stretta” già lanciato dai nostri coordinatori. in un’epoca in cui i critici non hanno nessun mandato sociale, autoinvestirsi è operazione coraggiosa e indispensabile, ma che non può evitare sospetti di compromissioni, contaminazioni e conflitti d’interesse di sorta. e, nel caso specifico, perché gli scrittori e i poeti sì, e gli editori no? siamo sicuri che gli scrittori investiti, specie quando anche direttori di collana (vedi Scurati), siano testimoni più attendibili del nostro presente, di, che so, un Mattia Carratello (Neri Pozza) o di un Vincenzo Ostuni (Ponte alle Grazie)?
infine, se Leopardi dev’essere, che sia quello dell’operetta del ”Parini”, allora: quali tra questi libri insigniti sono costati ”grandissimo lavoro” e quali sono invece libri destinati a venir fagocitati da un sacrosanto oblio? forse retrocederei il terminus ad quem di un paio di mesi: i libri usciti proprio l’altro ieri (mea culpa, perché ho votato il Sanguineti di Manni che comunque non vedo in classifica, ovviamente) li lascerei decantare. scusate se vado sempre sul pratico, e sui nomi, addirittura, ma mi sembra che la macchina messa in moto sia perfettibile.
@dimitri
Risponderò a WM1. Qui, telegraficamente, ti dico che il tuo intervento, qui e in altre sedi, mi è sembrato un travisamento assoluto della mia posizione. Barattare la scrittura con la foto… Stai scherzando? L’io è una PAROLA, una parola SCRITTA, e così il nome e cognome. L’autobiografia è fatta di PAROLE (e come tale necessita di una retorica, di una forza di scrittura che non ho mai disconosciuto a Saviano). L’atto linguistico è un atto DI PAROLA. La parresìa è un atto DI PAROLA. Sono tutti modi di essere DENTRO il linguaggio. Se poi preferisci caricaturalizzare le mie posizioni, prego.
Intervengo anche a nome di Andrea Cortellessa e Guido Mazzoni solo per chiarire alcuni punti importanti. Non rispondo a nessun commento in particolare ma tengo conto delle principali obiezioni che stanno emergendo: di tante altre, che stanno venendo anche da questo blog, terremo sicuramente conto per migliorarci.
Ma intanto, alcune precisazioni sono necessarie per non cadere in equivoci completi:
1. molti confondono le classifiche e il Premio Dedalus. Sono due cose distinte, tanto e’ vero che il Dedalus avra’ una votazione autonoma, riferita ai libri usciti dal maggio 2007 al maggio 2009, e avra’ una giuria ristretta, che scegliera’ i vincitori a settembre nell’ambito di pordenonelegge.
2. le classifiche sono quindi prima di tutto un’indicazione di libri, usciti di regola negli ultimi sei mesi (per questa volta, addirittura da settembre 2008 a marzo 2009) che hanno incontrato l’apprezzamento di un gruppo piu’ o meno dei 100 Grandi Lettori. E sottolineo questo nome perche’ questa non e’ una giuria, ma un gruppo di critici, scrittori, intellettuali, tra i trenta e i cinquant’anni circa, che si confrontano sui valori attuali della letteratura in Italia. Le loro sono proposte, non giudizi definitivi, e dovrebbero prima di tutto servire ad allargare il dibattito e l’interesse dei lettori colti
3. Parlare di conventicola o simile e’ ridicolo: se si voleva procedere cosi’, bastava mettere assieme dieci amici e autoproclamarsi ‘i giudici’, come in effetti fanno ormai in tanti. Invece, abbiamo messo assieme 100 persone, con ideali letterari anche molto diversi tra loro, che esprimono pareri liberi su tutto ciò che esce in un periodo abbastanza ampio (sei mesi non sono le settimane delle classifiche delle vendite: c’è tempo per meditare).
4. Non sono anonimi, come ognuno ormai sa (ma era stato detto anche questo…), ma votano in modo ‘privato’, come fa chiunque vuole essere libero da condizionamenti: il bello o il brutto della democrazia. Ma ognuno e’ liberissimo di esprimere poi e motivare il suo voto: se vuole, lo fa, anche sui siti di pordenonelegge e di dedalus.
5. Si dice che i sette sono spesso anche giurati (e non si tratta di giurati, ma pazienza…). Ma il fatto di avere 100 persone altamente qualificate implicat che inevitabilmente alcuni dei loro libri possano essere votati da altri (non da loro stessi, non ci sarebbe bisogno di dirlo, se non fosse stato chiesto). Allora, l’unico divieto possibile era quello di non votare per le opere dei coordinatori, che devono rimanere super partes. E questo c’e’. Poi, se consideriamo Benedetti o Belpoliti in molti ottimi poeti o saggisti, non si vede perche’ non dovremmo votarli. Cosi’ come abbiamo votato Grisoni o Viviani o Agamben o Zanzotto…
6. La classifica larga che uscira’ il 15 aprile sul sito Dedalus dimostrera’ che varieta’ di titoli e’ stata votata. Costituira’ una base per un’ulteriore discussione interna, per leggere fra i 100 libri segnalati da altri. E costituira’ un patrimonio anche per i lettori forti, che potranno trovare molti altre indicazioni. Non giudizi definitivi, non ‘libri degli amici’ e basta, ma libri vari e comunque interessanti per lettori diversi.
7. Il risultato finale di un’operazione come questa non e’ il grigio ne’ l’ennesima autocelabrazione: e’ una serie di indicazioni da discutere ma da prendere comunque in considerazione, perche’ sono quelle migliori che 100 lettori hanno saputo dare. E gia’ questo, questo trovare una comunita’ che si impegna a segnalare opere da difendere, non e’ forse una cosa da sottovalutare, specie in Italia.
Un saluto a tutti da
Alberto
l’ultima delle tre categorie che vedo nella classifica qui sopra ha un’etichetta un po’ troppo vaga “saggistica e altre scritture”, e forse andrebbe ristretta. o andrebbe allargato il gruppo dei lettori, a meno che non ci siano già tra i cento Grandi Lettori individui in grado di giudicare un saggio sull’ economia politica, sulla biologia molecolare, sulla complessità computazionale, etc.
saluti,
lorenzo carlucci
Una precisazione.
E’ evidente che il mio parlare di “mafia” ha i contorni d’una provocazione.
Detesto i premi letterari. Il dover sgomitare per poter avere una visibilità, per trovare una casa editrice o che so io. Mi rifiuto di partecipare ad essi. Guerra tra poveri.
Ho impiegato 12 anni 12 per arrivare a degli editori di gran talento… E mi devo ritenere anche fortunato.
Quanti, invece, gli scrittori meritevoli che rimarranno sconosciuti a vita, e a morte?
Preferisco usare il mio poco riverito nome, per iniziative come questa
http://www.ilprimoamore.com/testo_1432.html
E, come si suol dire, chi ha orecchie per intendere, intenda.
Per esistere, bisogna appartenere. Essere strutturato e, quindi, immediatamente riconoscibile. Io non appartengo che a me stesso. Se scrivo, scrivo perché il peso del vivere, qui ed ora, mi diventa insopportabile. E non per “arrivare”.
***
@Tiziano Scarpa: E’ probabile che io non abbia compreso la tua posizione, non capisco però in quale “altra sede” ti avrei travisato: non ho mai scritto una riga su (contro, a favore etc) di te.
Neppure ho intenzione di caricaturalizzarti o cimentarmi in prove muscolari.
Anche una foto può essere un “effetto di scrittura” (cfr My Dark Places), in quanto “pezzo di realtà” che viene incorporato nel testo. Il punto è che tu non sembri seguire questa strada. L’impressione, la mia, è che tu stia puntando meno sulla potenza del linguaggio che non sulla “forza parresiastica della presenza personale nel linguaggio” (parole tue). Il rischio è di inchiodare tutto ad un soggetto enunciatore, saltando al contempo una riflessione sui rapporti che intercorrono tra l’assunzione di una “posizione” (propedeutica di un impegno) nei confronti di ciò che ci sta davanti, e la strategia di articolazione pronominale del raccontare.
Io non credo che esista qualcosa come una “buona distanza” da assumere nell’elaborazione di un racconto o di un atto di parola (Ecstacia probabilmente non sarà d’accordo con me). Esiste piuttosto una pluralità di punti di vista capace di restituire la problematicità di quanto chiamiamo “reale”, ma – meno banalmente – esiste la possibilità all’interno della singola opera di problematizzare continuamente il proprio punto di vista (di mettersi in scacco, crearsi degli ostacoli).
Tu puoi dire “io vedo…”, ma come problematizzare il fatto che nel dire “vedo”, la posizione (non solo pronominale) da cui lo dici è quella dell’io? Dov’è la riflessione sul proprio statuto discorsivo? Sul racconto testimoniale?
Spero che il nostro disaccordo si mantenga sul piano analitico, e spero anche di leggere presto la tua risposta a Wu Ming 1.
Chiedo scusa a tutti se sono andato OT. Se disturbo smetto.
Baudelaire diceva : non c’è che il giudizio dei pari e le casse dei librai. E gira e rigira non si esce da li. Le casse dei librai sono le classifiche di vendita. Diciamo che le classifiche di vendita possono non piacere, ma in realtà nessuno osa contestarne la legittimità, perché per noi, ormai, il mercato parla con parole di verità, il mercato è la verità. Ma nonostante tutta la legittimità possibile, la verità spesso, pur essendo vera, non è entusiasmante. Da qui una reale insoddisfazione. L’idea di una classifica non di mercato, ma basata sul principio sono i pari a giudicarti – ossia coloro che scrivono come te – ha qualcosa di fondato.
Prima di proseguire nel mio ragionamento, dico subito che secondo la scuola del sospetto, il mio discorso dovrebbe essere preso per buono solo se parlassi davvero male di questa classifica, in quanto il mio ultimo libro di poesia è stato tra i più votati.
Mi auguro pero’ che la scuola del sospetto non sforni solo allievi che pedissequamente ne applicano i principi, ma che sappiano anche stimare la bontà degli argomenti di cui si sospetta.
Partiamo dalla mia motivazione personale ad accertare la proposta di far parte dei grandi lettori. Io in effetti non ho nessun titolo per essere un grande lettore. Carla Benedetti, ad esempio, di cui ho letto le riserve sulla classifica, è un grande lettore anche se non sta in nessuna classifica. Carla Benedetti ha una cattedra universitaria, s’interessa attivamente di letteratura contemporanea, scrivendo libri, e collabora o ha collaborato a settimanali come l’Espresso, su temi e autori d’attualità letteraria. Cosi come lei, ci sono tanti grandi lettori che non per forza partecipano a giurie di premi, o di classifiche, e che comunque per la loro leggitima posizione finiscono per svolgere il ruolo di grandi lettori. Tanto è vero che a queste persone i libri, gli autori, almeno di certo i giovani autori, glieli spediscono. Con relativa rottura di scatole dei grandi lettori, che non possono leggerseli tutti, e che, all’italiana, si guardano bene in molti casi da segnalare anche per semplice cortesia l’avvenuta ricezione di un lavoro.
Io che non ho cattedre universitarie, che non lavoro all’interno dell’editoria, che non ho collaborazioni regolari con quotidiani o settimanali, ho trovato interessante di poter fornire un mio parere di piccolo lettore, trasformato grazie al Dedalus in grande lettore. Per me si tratta di continuare cio’ che ho sempre fatto nelle riviste militanti o meno a cui ho partecipato, e nei blog come NI. Si tratta di difendere degli autori, dei generi, una certa idea di letteratura spesso, nel mio caso, marginalizzata dal mercato. Quest’ultimo punto è decisivo, non a caso sulle coppie di autori che ho votato per i tre generi, un solo autore appartiene a un grande editore, e tutti gli altri appartengono a medi o piccoli editori. (Io ho votato Roversi e Giovenale, in poesia ; Forlani e Mascitelli, in narrativa; Bonini e Broggi, in altre scritture.)
Per concludere, rimanendo sul piano soggettivo, bisogna anche evidenziare subito quali sono gli svantaggi di far parte dei grandi lettori : giudicare gli altri, è un lavoro sempre difficile, tra i lavori più difficili. L’unica speranza che uno ha è che questa classifica sia presa non troppo sul serio ; ma come qualsiasi classifica, insomma. Che sia usata come uno strumento utile, ma mai indispensabile. Ovviamente molti interventi, sopratutto quelli più critici, innalzano subito l’idolo, per poterlo poi abbattere. Giudicare poi a voto trasparente tende immediatamente a provocare rotture di matrimoni e amicizie o a suscitare antipatie del tutto nuove. Insomma è una responsabilità che ci si assume, con più grane che vantaggi.
Veniamo adesso agli inconvenienti « oggettivi » del Dedalus. Riflettendo sulle varie perplessità nate, sopratutto in termini di conflitti d’interesse, il male minore è la trasparenza del voto (se lo pagheranno poi i grandi lettori in termini di rapporti umani, ma è inevitabile.)
Dalla trasparenza del voto, conseguono una serie di fatti positivi : il votare se stessi, che la normale decenza dovrebbe impedire, sarebbe impedito anche agli indecenti, che se no farebbero ben magra figura.
Veniamo adesso alla faccenda davvero più delicata. Bisognerebbe votare per gente con cui non si hanno legami di amicizia ? – parlo dell’unico tipo di conflitto d’interesse in cui potrei incorrere ora – Certo sarebbe bello, ma se lo avessi fatto avrei compromesso la principale ragione per cui ho accettato di votare nel dedalus. Difendere autori, testi, collane, case editrici che vivono ai margini del mercato, ma che letterariamente sono tutt’altro che marginali. Naturalmente, non si tratta di votare secondo il principio di piccolo è bello. In poesia, ad esempio, piccolo è molto spesso truffa, ossia libri a pagamento, senza alcun criterio selettivo serio. Quindi, per me, il punto fondamentale ancora una volta è votare un libro amato, tanto più se di esso si parla poco, è poco visibile, ecc. Ma innanzitutto deve essere amato.
Come risolvere l’inconveniente di trovarsi a votare amici, di cui si conosce e si ama il lavoro? Credo che l’unica sia la scelta dei 100 grandi lettori, in modo tale da raccogliere persone con percorsi e sensibilità letterarie diverse. Ovviamente questo è compito non difficile, ma ultra difficile : valutare i valutatori. E qui gli organizzatori del dedalus si sono presi una grossa responsabilità. Io ho votato senza andarmi a leggere chi erano gli altri votanti, anche adesso mi sono dato una scorsa veloce alla lista. E non posso quindi pronunciarmi sull’effettiva varietà dei votanti, ma credo sia l’unica forma di garanzia.
Che poi il risultato di tutto questo sistema sia come dice la Benedetti un giudizio grigio, questo è davvero tutto da dimostrare, anche perché il percorso è appena iniziato, e nessuno è dotato di preveggenza.
Rimane invece sorprendete che pochissimo si sia parlato dei libri votati, sia in male che in bene, moltissimo dei nick name e dei grandi lettori.
Ma il perché – caro Andrea Inglese – è semplice. Nessuno ha parlato dei libri votati e tutti si sono buttati sulle questioni di amicizie, voti, nick etc. perché tra queste pagine di Naz Ind a pochissimi interessa il discorso letterario (leggi: pochissimi amano la letteratura, o amano parlarne) e a moltissimi interessa quello di potere. Se si ragiona in esclusivi termini di potere, si ha, pur da emarginati, la stessa mentalità degli uomini di potere. Chi parla continuamente di mafie e mafiette e non parla mai di un libro che ha amato (anche di uno di quelli in classifica, anche di uno di quelli dei grandi lettori), è già un uomo di potere, anche se pubblica sulle fanzine e sui blog e di potere reale non ne ha. Si è molto più avvelenati da queste faccende, che illuminati (o scossi) dalla letteratura. E questa è una cosa tristissima. Perché vuol dire che si vive senza speranza nemmeno di se stessi.
Mi permetto di segnalare il mio intervento sul primo amore, http://www.ilprimoamore.com/testo_1435.html
del quale vi riporto l’occhiello in home page: “La domanda è non solo se la classifica dei libri di qualità ideata da Casadei, Cortellessa e Mazzoni sia imperfetta, ma soprattutto se abbiamo bisogno di dispositivi di sintesi che integrino l’analisi critica.”
Chiedo scusa se alcuni miei commenti qui sono sembrati fuori tema, ma a mio parere è tutto legato: attribuzione di valore, strategie comunicative, pseudonimi, responsabilità individuale, consigli per gli acquisti, “qualità quantità” (è una delle categorie tematice del nostro sito)…
NARRATIVA
1) Minimun Fax
2) Einaudi
3) Einaudi Stile libero
4) Einaudi
5) Einaudi Stile libero
6) Einaudi
@ dimitri
Ti chiedo scusa se il mio intervento suonava sgarbato. Come al solito, dipende dalla telegraficità (dalla sintesi!). Ma davvero non mi pare il caso di discutere qui di Saviano, questo sì sarebbe fuori tema.
Aggiungerei (un tentativo di sciogliere l’interrogativo) una cosa a quanto detto e scritto da Tiziano.
La sintesi è inutile e tautologica se rimanda a qualcosa di altrettanto sintetico o (peggio) di vuoto. E’ il caso degli spot pubblicitari di certe trasmissioni televisive.
Ma se la sintesi rimanda a qualcosa di complesso (un libro) allora ben venga.
Sapete quanti amici in passato ho convinto a comprare “Lolita” dicendo sinteticamente: “leggiti quel romanzo! E’ bellissimissimo”? Poi hanno letto, e ci hanno trovato qualcosa di ben più complesso e ricco della mia sintesi. Ho fatto male alla letteratura in questo modo?
E a proposito di Tiziano, più di una volta ho spinto qualche amico a inoltrarsi nel pastiche di “Groppi d’amore nella scuraglia” dicendo semplicemente: “è fichissimo”.
dimmi, blog delle mie brame,
qual è la più bella del reame?
Be’, dopotutto Carlo, qui sopra, non ha mica tutti i torti.
@ Girolamo De Michele
Ti ringrazio per la risposta. La tua è una posizione molto netta e coerente.
Hai ragione Tiziano, non è questo il post(o) giusto, dunque mi fermo. In realtà non è tanto la discussione su Saviano ad interessarmi, quanto la carica “metadiscorsiva” della tua contesa con Alcor (e con WM1). L’ho trovata interessante perché indice di un atteggiamento critico diverso dal mio.
Tutto qui.
Staremo a vedere nei prossimi mesi. Da questa prima classifica emerge l’editore Sossella, a pubblicare, fra le novità, Alberto Casadei, Roberto Roversi, Carlo Bordini e Andrea Inglese. Una bella conferma per l’operato di Nazione Indiana. L’Einaudi invece resta il punto di riferimento. Almeno nella narrativa. Questo mi sembra che si evinca, scorrendo la Top Ten. Non la scrittura o gli autori. Non ho capito poi la polemica di Scarpa circa il presunto anonimato del nick.
@ Girolamo De Michele
Però, rileggendo meglio il tuo intervento, ci trovo una importante contraddizione:
“A settembre ho incrociato per caso la finale del premio campiello, un’autrice (Eliana Bouchard) mi ha colpito, sono andato a dormire senza aspettare di sapere chi ha vinto, ma ho letto il suo libro e in seguito l’ho incontrata, trovando nella scrittura e nella persona la conferma della buona impressione: cosa mi cambia sapere se è arrivata terza o quarta? “.
Dunque anche tu ti sei avvalso di un dispositivo di sintesi! E ne hai avuto giovamento. Grazie alla semplificazione di un premio, che è una graduatoria (non importa se poi Elena Bouchard abbia vinto o no: era stata comunque indicata fra i cinque finalisti: faceva parte di una classifica, la semplificazione dei giurati di mettere lì 5 finalisti, è analoga e della stessa natura di una classifica), cioè grazie al fatto che una giuria ha scelto cinque libri e i loro cinque autori sono apparsi in tivù durante le riprese della finale, tu sei rimasto colpito da una di loro, ti sei sentito motivato a leggere un libro che non conoscevi. In quel caso, dunque, una classifica (un dispositivo di sintesi: i finalisti di un premio) ti è stato utilissimo per venire a contatto con un libro di valore (“mi ha colpito”, dici).
Più ci rifletto, e più il commento di Girolamo De Michele mi sembra enormemente significativo: persino un allergico alla decimologia, alle graduatorie, alle attribuazioni di valore espresse in forma sintetica, riconosce (assai onestamente) di avere trovato uno di questi dispositivi molto utili, avendogli consentito di conoscere un libro e un’autrice di valore.
@Annichilito M.A.
Scarpa la pensa diversamente da noi e difende le sue ragioni, l’unica cosa davvero sgradevole sono stati i suoi toni arroganti e aggressivi, non mi era né antipatico né simpatico, adesso mi è antipatico, spero che mi passi, mi disturba avere sentimenti negativi, sia pure con uno di cui leggo tre righe in rete.
In compenso la discussione ha preso la direzione che doveva prendere, questo è ok
Il nome Tiziano e il cognome Scarpa non danno alcuna specificità all’individuazione dell’uomo che li porta. Perfettamente anonimato dal ruolo che occupa nella società. Risulta quindi molto più autentica Alcor col suo pseudonimo.
Sì, Alcor, e spero che la discussione continui lungo la direzione intrapresa.
L’idea mi piace molto. La speranza è che una classifica di gusto e qualità, piuttosto che di vendite, possa aiutare e orientare qualche lettore…personalmente, per quello che può interessarvi, vedrei sul podio della poesia: 1 ROVERSI 2 INGLESE 3 GRISONI (Di Roversi, bello sapere che Sossella in persona sia riuscito a tirarlo fuori dal suo romitaggio… anche se, mi auguravo di trovare nel bel volume pure ‘L’italia sepolta sotto la neve’, opera immensa e ‘definitiva’ apparsa alla macchia in varie plaquettes edite da, se ricordo bene, Pendragon, Pironti e, l’ultima sezione, a puntate su ‘Il filorosso’ di Cosenza…,Inglese è sicuramente tra i migliori in campo, almeno tra quelli della mia generazione, infine è bello pensare che nelle classifiche di vendita ci sia pure la marginalissima Franca Grisoni, autrice neodialettale tra le più intense… Sarebbe poi bello che, accanto al gioco delle classifiche, i grandi quotidiani (mi riferisco principalmente a Repubblica, Corriere della sera…ma è una storia ormai vecchia come il Cucco…)) affiancassero pure serie recensioni a libri di poesia (scusate, ma narrativa e saggistica godono di più ampia visibilità). Francamente, tra i peggiori libri, sicuramente l’ultimo di Viviani.
Il punto, forse, sta in ciò che non ho capito: tutti i 100 grandi lettori hanno letto tutti i libri usciti nei mesi considerati e poi ciascuno ha votato secondo le proprie preferenze, o ciascun lettore ha proposto il libro o i libri che aveva già letto per conto suo, ossia che aveva già acquistato o ricevuto, ignorandone altri? In questo secondo caso, non è che i libri più votati sono stati quelli più reperibili sul mercato, quindi più visibili? E ancora, se così fosse, non era meglio dotare i 100 lettori di una base comune di libri su cui esprimersi?
@ Alcor
Grazie Alcor. Non ho paura di risultare simpatico o antipatico. Ci metto il mio nome e cognome, dunque so che corro il rischio di danneggiare la mia figura pubblica assumendo certi stili discorsivi (poco fa ho ricevuto una gentilissima mail: “nella discussione su NI stai dando un’impressione di forte nervosismo. Magari non è così e sei sereno come non mai, ma non è quello il punto. E’ l’impressione che stai dando. Esclamativi, maiuscole, risposte che suonano piccate.”). Non importa: difendo le mie idee anche a costo di risultare antipatico e nervoso. Pazienza.
Sono disgustato, ma non sorpreso, dal livore e dalla piccineria di molti dei commenti qui e altrove.
Io le guide (turistiche, su ristoranti, alberghi, vini, ecc.), quando mi trovo in luoghi/situazioni che non conosco e in cui non ho amici di cui fidarmi, le uso – e spesso vedo che mi è “andata bene” proprio perché le ho usate.
Ma come non credo che il Gambero Rosso possa essere una fonte d’informazione particolarmente utile a ristoratori di livello (se non per curiosità – forse), così non credo che questa classifica possa essere particolarmente utile ai lettori di NI e consimili. Spero però che possa servire a qualcosa e fornire qualche occasione di buona lettura ai lettori del Corriere (e consimili).
Detto questo, detesto i media e la virtualità della rete: se qualcuno ha da dirmi qualcosa la/lo invito a venire a dirmelo di persona: mi chiamo Damiano Abeni, abito in via Labicana 58, Scala A, 4° piano, interno 15 – a Roma.
VI PREGO, NON mandate libri a questo indirizzo: i pochi che mi interessano li compro – spesso a metà prezzo e prima dell’uscita ufficiale in posti dove sono stati venduti da quelli a cui li avevate mandati.
[PS: ho dato sei punti ciascuno a Desiati, Grisoni, Cassini]
mi sembrano ragionevoli alcune delle osservazioni costruttive (numero dei lettori, loro rappresentatività, periodo scelto, categorizzazione). su questo merita dibattere.
trovo il resto del dibattito (mafia, mafietta, amichetti e salottini) un po’ deprimente nonché grottescamente simile al paese in cui viviamo (chissà perché…).
vogliamo tenere presente che questa iniziativa – con i suoi limiti ecc ecc – serve sopratutto a SEGNALARE a eventuali lettori e perché no anche lettori professionali editori ecc oggetti che sfuggono al mainstream editoriale-giornalistico e – sperabilmente – ad avviare una discussione su di essi.
tra le idee bizzarre espresse ho trovato particolarmente lunare quella di lorenzo carlucci (che per il resto, pur esprimendo una posizione esteticamente e politicamente reazionaria che mi pare coerente anche con la sua poesia, mostra di aver compreso lo spirito dell’iniziativa) su parola plurale…
quoto:
[carlucci]: nell’accademia italiana non esiste una comunità scientifica per la poesia. (anche per questo “parola plurale”, a firma di ultratrentenni appena appena avviati alla carriera universitaria – ricercatori, professori a contratto, professori straordinari, etc. – aveva i connotati dell’autolegittimazione; strictly accademica). studiare la poesia contemporanea è accademicamente un suicidio, più o meno.
ora, a parte che, pur non essendo io un grande amante del principio di non contraddizione, lo vedo qui forse soverchiamente stuprato… ma parola plurale autolegittimazione accademica? certo la vita è strana e si sente in giro di tutto, ma questa è ben nuova. ma lo sa carlucci che cosa ci fanno nell’accademia con parola plurale? con quale sovrana e per altro del tutto prevedibile indifferenza è stata accolta in quell’ambiente? l’ultima cosa che avevamo in testa con pp era l’università. volevamo – quello sì, e siamo solo in parte riusciti – offrire un canone alternativo e attento ai margini, e avviare una discussione polifonica su di esso.
se queste classifiche daranno un contributo nella direzione del primo punto, e funzioneranno magari da volano per il secondo, potranno, credo – nella loro imperfezione e ovvia perfettibilità -, essere una lucetta (solo una lucetta, per carità) nella palude.
OT
Se la discussione è incrinata a più riprese dalle uscite più o meno livorose sulle “mafiette” ecc. è forse perché l’operazione stessa, come anche i luoghi in cui essa è dibattuta e commentata, NI compresa, è profondamente calata nella realtà, nel costume e nei vizi del “paese” in cui si svolge, anzi ne è una manifestazione autentica, se non esemplare. In questo senso, gli organizzatori e i partecipanti dovrebbero avere forse innanzitutto la decenza, anzi lo stile di non difendersi da tali “accuse” e tanto meno affermare una poco credibile “purezza” d’intenti, ammettendo piuttosto il vizio clientelare tra i rischi fisiologici e inevitabili dell’iniziativa. Solo a questo punto, forse, tutti o quasi, anche molti invidiosi e/o esclusi risentiti, saranno disposti ad ammetterne l’utilità rispetto a quella comunità di lettori più o meno forti cui la classifica, come mi par di capire, è destinata.
Ma sintesi fa rima con gerarchia?
Non è che una generazione di esclusi da circuiti e reti di relazione e di potere sta cercando forme e strumenti per acquistare visibilità?
Replicare la forma della classifica e quella del premio ha senso in un momento in cui la rete rimette tutto questo in discussione?
Tutto per finire sulle pagine di giornali che sono sulla strada dell’estinzione come dinosauri?
gentile paolo zublena,
non vedo la contraddizione nel dire che parola plurale è stata – anche! – una forma di autolegittimazione da parte di un gruppo di critici accademici quasi tutti ai primissimi passi della carriera accademica, e ultratrentenni, con il fatto che nell’accademia italiana non esiste una comunità scientifica per la poesia. me la spieghi lei. io lo trovo coerente. che l’operazione fosse “strictly accademica” è evidente, data la provenienza dei curatori. che vi fosse un elemento di autolegittimazione è evidente, data la provenienza e la collocazione dei curatori nella gerarchia accademica (l’espressione è reazionaria? la disturba? ma lei non lavora all’università?). ma non c’è niente di male nell’autolegittimazione. è anzi necessaria – ho cercato di dirlo anche sopra – in assenza di una comunità già strutturata.
[sa quando m’è venuto in mente questo aspetto di autolegittimazione di parola plurale? quando alla prima presentazione a roma cortellessa raccontò un aneddoto sulla genesi dell’opera, i.e. che l’idea originale era di pierluigi pellini (normalista anche lui, e che ritrovo anche qui sopra tra i Grandi Lettori), il quale aveva poi rinunciato a parteciparvi. se non sbaglio, pellini era già allora, professore associato.]
trovo poi assai divertente che lei venga ad esprimere un parere (negativo) sulla mia poesia (cosa c’entra chissà) “esteticamente e politicamente reazionaria” per la prima volta qui perché si è in qualche modo sentito offeso da un mio giudizio su parola plurale (cosa c’entra chissà), mentre non le è parso opportuno farlo dopo aver letto i miei libri, cosa che evidentemente ha fatto, e di cui mi compiaccio (credevo di no, dato che quando ne ho inviato uno in lettura alla sua attenzione non ho ricevuto risposta alcuna né un ringraziamento in ossequio alle più elementari leggi della buona educazione. forse lei è troppo progressista per queste cose).
ad ogni modo, se pur dalla mia prospettiva esteticamente e politicamente reazionaria sono riuscito a capire “lo spirito dell’iniziativa”, ben venga: vuol dire che è proprio un’iniziativa fica.
saluti,
lorenzo carlucci
Se Piperno, Scarpa, Trevi, Zucconi etc. ti sembrano esclusi, temo tu sia pazzo. Ma scusa, si tratta di persone (bene o male non mi interessa) che hanno o stanno dedicando l’intera vita ai libri e alla cultura, a fare libri e film o a parlarne sui giornali o a insegnare letteratura nelle scuole e nelle università. Non si chiama gerarchia, si chiamano addetti ai lavori, che (si presume) sono la categoria più qualificata per un contesto del genere.
Così come a Cannes o a Venezia si chiamano a giudicare registi, critici, produttori, tecnici, scrittori, filosofi. Cioè persone che hanno un nome e un cognome e hanno dedicato la vita a questo. Non mi sembra poco.
Chi dovrebbero chiamare, scusa? Uno che si firma Rigoni e – a parte un commento in un blog – non si sa che cazzo abbia mai fatto in vita propria a parte farsi venire un fegato così? Il “fegato così” è un buon argomento ospedaliero, ma non credo legittimi ad altro.
Che paese, che letterati!
Meno male che anche al peggior letterato può capitare di scrivere un buon libro.
A me solo di questo preme.
E mi va bene se mi vengono segnalati da 100 lettori anche se fossero tutti amici tra loro e professionalmente legati.
Non è che la loro eventuale reciproca amicizia mi rende magicamente stupida (parto dalla supposizione di vizio clientelare di harzie), se mi offrono un punto di vista, lo prenderò in considerazione.
SE un difetto posso trovare – dico SE perché come ho detto mi pare un’ottima iniziativa che riequilibria le classifiche basate solo sulle copie vendute dei giornali maggiori – è che a parte Frungillo, che non conosco, tutti gli altri li conosco (li conosco perché ho letto almeno un libro di ognuno di loro) e perciò in questa mandata non ho fatto altre scoperte interessanti.
Ma questo potrebbe anche voler dire che gli editor delle case editrici non sono poi così ciechi e che i libri dopotutto circolano.
Sono anche consapevole che mentre qui si stuzzica e si punzecchia una società letteraria che va dal lettore all’accademico al blogger, ognuno contro l’altro ridicolmente armati, da qualche parte, nel silenzio, lontano da ogni contatto, conoscenza, amicizia, c’è qualcuno che sta scrivendo un libro meraviglioso che prima o poi leggeremo.
Spero almeno che sarà così.
Se l’abitudine a segnalare libri di qualità si radicherà, cosa che mi auguro, ci sarà più spazio anche per questo libro futuro, voglio sperare.
@ Alcor
Condivido il tuo auspicio sul libro meraviglioso scritto da qualche parte, nel silenzio. Ma quando questo libro verrà pubblicato, come faremo a far capire con un mezzo efficace e onesto al maggior numero di persone possibile che questo libro esiste e vale la pena di essere letto? Noi curiosi e appassionati lettori sapremo come informarci e non farci scappare l’eventuale esistenza di un libro simile, ma come fare a dirlo a chi non legge recensioni, non frequenta siti letterari e legge solo i premi Strega e i bestseller? Mi pare che il punto sia questo.
E’ sempre stato questo il punto, non è un problema nuovo, chi negli anni ’50 leggeva solo bestseller continua (se non è morto) a leggere ancora bestseller. Solo Pasolini veniva letto anche dalle massaie, per lo “scandalo”.
O Joyce, preso in mano perché era diventato un caso novecentesco.
Di Proust solo le fanciulle in fiore.
Per il resto Le piogge di Ranchipur e Pratolini, fidati di un opaco nick, opaco ma carico di anni e buona memoria.
Ma anche se è così, anche se i numeri non potranno mai competere, una inziativa come questa è già qualcosa, porta un po’ di ossigeno, apre qualche recinto e fa fare qualche passo avanti. E se verrà ben gestita riverbererà anche nella zona grigia dei lettori passivi.
@Alcor
Sono completamente d’accordo con te.
bene, almeno un terreno comune lo abbiamo trovato.
@ Alcor
Ti sono un po’ meno antipatico, adesso ? :-)
:-)
Si è parlato poco dei libri, fin qua, è vero: forse perché non c’è granché da dire, perlomeno rispetto a questi primi risultati. Serpeggia un comprensibile scetticismo (diciamolo in eufemismo) di fronte alla classifica, specie della narrativa, e del resto la qualità dei libri italiani pubblicati, e di conseguenza votati, negli ultimi mesi è indubitabilmente scarsa, tant’è che fra noi “grandi lettori” (faccio ammenda per aver capito male, che si dovesse traghettare tutti insieme la selezione verso la premiazione del Dedalus, in ragione del cui malinteso avevo parlato di “giurati”) dopo un giro non ufficiale di pareri e consultazioni, permaneva comunque una grande indecisione e un certo imbarazzo (io ho votato Pincio, ma non col massimo dei voti, riservandomi di esprimere punteggio pieno di fronte al nuovo Gadda, che in questi mesi non ho visto).
Pur avendo aderito all’iniziativa e volendo continuare a sostenerla come meritoria, mi sono sentita di esprimere pubblicamente qualche riserva. Me ne scuso se non l’ho fatto preventivamente con i responsabili dell’iniziativa, ma ne è mancato il tempo, e poi comunque questa mi pare una buona occasione. Lo spirito e la necessità dell’intera operazione, in cui, ribadisco, credo fermamente, spero si possano valutare più sulla lunga durata, e non solo in base alle prime reazioni più o meno prevedibilmente scomposte di giornali e blog. Sarei comunque per ascoltare le critiche, che, come sempre, sono più necessarie del plauso incondizionato e dei reciproci omaggi: ad esempio sull’opportunità di consultarsi prima sui libri da votare, arrivando a una sorta di pre-selezione, anche in modo meno estemporaneo di quanto non lo si sia fatto finora. Ma non so, forse è la classifica stessa, lo strumento di questa pre-consultazione complessiva che condurrà al premio (ho capito, stavolta?).
Poi, lo dicevo già nel commento di ieri, a parer mio bisogna comunque rileggersi, a questo punto, “Il Parini ovvero della gloria”, dalle ”Operette morali”, per venirne a capo. Ad esempio in questo passaggio trovo il senso di quanto andiamo dibattendo espresso molto più sinteticamente e chiaramente di quanto non riesca a fare io, interrogandomi sul perché certi libri e non altri, certi lettori e proprio quelli:
“vedi dunque a quanta incertezza è sottoposta la verità e la rettitudine dei giudizi, anche delle persone idonee, circa gli scritti e gl’ingegni altrui, tolta pure di mezzo qualunque malignità o favore. La quale incertezza è tale, che l’uomo discorda grandemente da se medesimo nell’estimazione di opere di valore uguale, ed anche di un’opera stessa, in diverse età della vita, in diversi casi, e fino in diverse ore del giorno”. Per non parlare del passaggio su come “i primi lettori di ciascun’opera egregia, e i contemporanei di chi la scrisse, posto che ella ottenga poi fama nella posterità, sono quelli che in leggerla godono meno di tutti gli altri: il che risulta in grandissimo pregiudizio degli scrittori”.
Ci riflettiamo?
(Quanto alla sterile polemica antiaccademica, dove si dovrebbero trovare, secondo Lorenzo, i critici, al circo equestre?)
@ carlucci
la contraddizione è autoevidente in quello che lei ha scritto, e non merita soffermarcisi ancora.
ripeto ancora una volta che ci interessava legittimare i poeti, non noi stessi (all’accademia, poi, con parola plurale!: che bizzarra idea)…
quella su pellini è una mera illazione, anche sgradevole verso di lui.
come molto sgradevole è il commento alla mia osservazione sulla sua poesia.
dunque. temo che ci sia qualcosa che non funziona.
capisco che per lei sia fastidioso che un critico esprima un’opinione su un suo testo. se continua a pubblicare libri, sarà bene che ci si abitui.
io ho scritto – e lo ripeto – che trovo la sua poesia reazionaria. non ho espresso un giudizio di valore, ma un giudizio politico.
tra l’altro, se le interessa, considero la comunità assoluta un libro meritevole. del resto è per la mia segnalazione che è entrato tra i finalisti del premio valeri. lo avevo dunque letto, guardi un po’.
detto questo, trovo quel libro – come la poesia di Damiani con la quale mi sembra in continuità – politicamente reazionario, che è un’altra cosa.
(per favore, mi risparmi l’invito al rispetto delle norme della buona educazione. se io dovessi soddisfare il narcisismo di tutti quelli che mi inviano libri, farei di mestiere l’ammortizzatore sociale. faccio quel che posso. se riesco rispondo, e comunque guardo sempre con attenzione quel che mi arriva, della cui spedizione sono implicitamente grato. chi ha un minimo di rispetto per il mio lavoro lo sa e mi vuole bene lo stesso)
per quel che mi riguarda la discussione tra noi termina qui, perché non voglio sottrarre spazio al main topic che è ben più interessante, almeno a livello potenziale
un saluto
paolo zublena
“Quando questo libro verrà pubblicato, come faremo a far capire con un mezzo efficace e onesto al maggior numero di persone possibile che questo libro esiste e vale la pena di essere letto?”
quando voglio sapere com’è veramente un film, per esempio, mi vado a leggere i commenti degli utenti su imdb. Bisogna perderci un po’ di tempo, e leggerne parecchi, diciamo 100. Ma di solito funziona.
spero che qualcuno abbia sentito la canizza a fahrenheit. Che forza.
nAdA
@ nickanonimodaantologia
Perfetto, ma con il tuo esempio dimostri di far parte di quei lettori appassionati e curiosi che sanno da sé come informarsi. Citi il mio commento, che però più avanti diceva “ma come fare a dirlo a chi non legge recensioni, non frequenta siti letterari e legge solo i premi Strega e i bestseller?”. Non ho ideato questa classifica, non faccio parte dell’organizzatore, non so quel è lo scopo ideale al quale miravano nell’avviare questa iniziativa, ma personalmente penso che sarebbe una bella cosa riuscire a dare consigli di lettura a chi non ha la dimestichezza che hai tu nell’informarti da solo.
refuso: organizzatore => organizzazione
ma per Grandi Lettori io intendo lettori forti, curiosi e intraprendenti. Questo era il succo. Sostituire una conventicola con un’altra che porta la cultura alle masse, non mi sembra ‘sta trovata alternativa. Ma che davéro.
nAdA
p.s.’Conventicola: ristretto gruppo di persone aventi fini comuni’ (Caterina va in città, di Paolo Virzì)
[…] https://www.nazioneindiana.com/2009/04/09/classifiche-pordenonelegge-stephen-dedalus-aprile-2009/ […]
gentile paolo zublena,
per favore, non mi faccia passare per scemo. a me non dà fastidio che un critico esprima un giudizio su un mio testo. stimo molto il giudizio dei critici di professione, credo nella formazione accademica (non vedo come ecstacia ivy qui sopra possa pure accusarmi di polemica antiaccademica se ha letto i miei interventi!). e proprio per questo guardi un po’ mando in lettura i miei libri anche ai critici.
mi sembrava solo buffo che lei mi comunicasse un suo parere sulla mia poesia proprio adesso e qui per la prima volta, che non c’entra niente, e cursoriamente. se per lei è normale, non so che dirle. sarei certo felice di avere un suo giudizio più articolato sul mio libro, ma se lei non ha tempo, che ci posso fare? lo so, lo so, tutti noi scribacchini le mandiamo i nostri libri aspettando che lei soddisfi il nostro narcisismo con una email che dica: “ricevuto, grazie”.
lei non vuole togliere spazio alla discussione sull’oggetto del thread, e ha ragione. ma che devo fare se dal mio lungo commento – sull’oggetto del thread – lei è andato a pescare proprio il passaggio che parlava d’altro, indicando una contraddizione che continuo a non vedere e che lei non mi vuole spiegare? su pellini poi, nessuna “illazione”: ho soltanto riportato un racconto di cortellessa fatto in pubblico, accanto a un fatto di pubblico dominio.
guardi che l’autolegittimazione non è un delitto eh. non vedo perché l’ha preso come un insulto. in assenza di una comunità scientifica l’autolegittimazione è necessaria, glielo ripeto. perché le dà tanto fastidio? io conosco almeno un corso universitario in cui parola plurale è usato come testo di riferimento, ne sarà lieto spero. lei dice che con parola plurale volevate formare un “canone alternativo”. ma come fate a formare un canone alternativo se non avete legittimità? o mi vuol rispondere che ave(va)te legittimità ma non legittimità accademica? non capisco.
saluti,
lorenzo carlucci
@ nickanonimodaantologia
Ribadisco che quello di riuscire a informare sull’esistenza di libri di valore le persone che non leggono recensioni ecc. è un mio auspicio, non so se sia anche quello degli ideatori e coordinatori di questa classifica, né degli altri 99 lettori che votano. Quindi non so nemmeno se si possa parlare di fini comuni, e dunque di conventicola. Può darsi che molti abbiano semplicemente piacere di far sapere che hanno apprezzato certe letture, senza alcun intento di “portare la cultura alle masse”. Io stesso non conoscevo l’esistenza di tutti i libri che sono stati votati nella classifica completa e, lo confesso a mio disdoro, non sapevo nemmeno che Gabriele Frasca avesse pubblicato di recente un libro di narrativa. Quindi questa classifica è utile anche a me, e il suo scopo potrebbe essere dunque anche quello di informare lettori appassionati ma un po’ distratti come me (quindi: fine non comune; quindi, non conventicola). Aggiungo una riflessione più generale: si rimproverano sempre gli intellettuali di non fare nulla per comunicare con semplicità alla “gente comune”. Bene, questa è un’iniziativa che cerca di comunicare con semplicità. Può darsi che invece sia un’intollerabile semplificazione, e leggo con grande interesse e rispetto chi la pensa così e mi espone i suoi argomenti.
italiani. in tanti (massa) si sono lasciati addomesticare a non leggere. e se più frequentati delle biblioteche risultano palestre sexy shop e ifast food mettano dei distributori di libri nelle palestre nei sexy shop e nei fast food (la letteratura va oltre le formalità, no?)
altro che far sudare cento lettori.. certo esemplare è la loro generosità nel dedicarsi al pubblico non colto
un saluto
paola
“…. fine non comune; quindi, non conventicola”
scusi, ma il quarto in classifica è un suo omonimo?
nAdA
Orpo!
Fidarsi mai, giusto?
Alternative:
-Sostituire i 100 con 100 massaie che non abbiano mai scritto un libro, non abbiano amici e parenti e scrittori e promettano di non scriverne mai. Impedire loro ovviamente ogni rapporto col mondo costruendo un recinto di filo spinato, tagliando i telefoni e buttando via i cellulari, niente banda larga, of course, solo tv.
-Impegnare i 100 a non scrivere libri e a non frequentare chi li scrive, li pubblica, li recensisce (magari anche chi li legge), anche per loro filo spinato, torrette, no cell, no banda, al massimo segnali di fumo
– la terza, la mia preferita, ipotizzare che i 100 siano onesti, o almeno altrettanto onesti di chi sospetta pastette e contare sul fatto che se dieci vorranno premiare un amico che ha scritto un buon libro gli altri 90 vorranno premiarne altri 9 dello stesso tipo.
Credevo che fossimo usciti dal clima asfittico degli anni ’50 in cui ogni prete ti chiedeva se avessi commesso atti impuri. Solo un paese con un trilione di leggi severissime e mai rispettate non riesce a sopportare una cosa in chiaro. Gli fa ansia, e si ritira nel territorio noto del sospetto, dove si trova a casa, aspettando che tutto torni in scuro, per sentirsi al riparo.
E tutto questo non per il Nobel, no, per una classifica, spero che vi facciano almeno beati
in effetti neppure io ho una grande simpatia per le classifiche (e in parte condivido i dubbi che solleva de michele). mi rendo conto però che possono essere un buon mezzo di promozione alla lettura. a riguardo, per esempio, mi vengono in mente le classifiche, fatte dai lettori, che propongono i siti di certe biblioteche.
a questo proposito, appunto, mi chiedevo se non sarebbe ancora più efficace, come promozione alla lettura e ad una lettura meno “ovvia” (di virgolette, sia chiaro, ne metterei almeno un’altra dozzina di paia ;-), collegare la proposta di questa classifica ad una presenza dei libri selezionati nelle biblioteche pubbliche, magari iniziando proprio da pordenone e poi, eventualmente, una volta avviato il progetto, tentando di proporlo anche altrove.
Ringrazio i numerosi commenti che (finalmente) sono entrati nel metodo delle scelte, ancorche’, mi pare, non ancora nel loro merito. Tranne Extasia Ivy che sostiene di aver votato con scarsa convinzione per la narrativa perche’ all’orizzonte non e’ ancora spuntato il nuovo Gadda (mi sa che ci sara’ da aspettare non poco, allora). La esorterei allora ad astenersi, nella categoria che per lei non ha offerto in sei mesi libri degni della sua attenzione. Sono diversi i votanti che hanno espresso preferenze in due o anche in una sola categoria, quella che sentono piu’ vicina alle loro competenze (e alle loro passioni).
Continuo anch’io sul metodo, come si vede, rinviando a una tastiera meno ostica di questa teutonica che mi ospita piu’ analitici commenti. Argomento numero 1) mafie e conventicole. Mi spiace contraddire l’auctoritas, evocata da qualcuno, del per me indigeribile Virzi’, ma nell’accezione vulgata “conventicola” non ha un’accezione denotativa bensi’ critica se non insultante. Ha gia’ fatto notare Alcor come “conventicola”, gia’ per il suffisso diminutivo, mal si attagli a una comunita’ di cento lettori. Qualcuno (Extasia sempre, mi pare) ha eccepito che ci poteva essere Tizio al posto di Caio, e che quandoque bonus Sempronio dormitat. Ma capovolgiamo il ragionamento. Anziche’ guardare chi manca, vediamo chi c’e’. Qualcuno ha notato la quantita’ di lettori Forti, anzi Ottimi, che per la prima volta hanno raggiunto coi propri “consigli” (sia pure in questa forma assai mediata) il pubblico del Corriere della Sera? E’ una vita che sostengo che i migliori scrittori della mia generazione, che sarebbero ottimi intellettuali in tutto degni della generazione sempre rimpianta dei nati negli anni Venti, sono esclusi dai media generalisti dall’insipienza dei medesimi nonche’ dalla propria spesso malriposta reclusiveness. Ci stupiamo se le pagine culturali dei quotidiani sono la fetenzia che il piu’ delle volte sono? Ma e’ perche’ gli Scrittori Intellettuali chiamati a dire la loro sul Mondo oggi si chamano Paolo Giordano, non Gabriele Frasca! Erano forse i primi nelle classifiche delle vendite, gli scrittori che dicevano la loro negli anni Settanta? L’egemonia culturale conquistata dal pensiero unico delle classifiche di vendita, negli ultimi vent’anni, pensate che non abbia avuto conseguenze tanto sui giornali che sui libri che si pubblicano?
Ma no, la cosa terribile e’ che lo scrittore votante vota lo scrittore votato. E perche’ non dovrebbe farlo? Se pensa che sia davvero un ottimo libro, e lo vuole far sapere ad altri, dovrebbe censurarsi per questo? Il caso vuole che fra i cento Lettori forti vi siano anche decine di Scrittori forti. Dobbiamo escludere i loro libri? Assolutamente no. Abbiamo escluso i libri scritti da noi segretari e coordinatori del gruppo dei lettori (ci e’ costato numerosi voti, se proprio c’e’ la spasmodica curiosita’ di saperlo), questa mi pareva una condizione necessaria ed e’ stata adottata.
Argomento numero 2) “Sai che novita’”. C’e’ chi dice che non abbiamo proposto valori nuovi. Che, addirittura, ci sono tanti libri di Einaudi in classifica. Gia’, devo dire che ha sorpreso anche me. Ma quali? A parte Del Giudice, ne’ Scarpa ne’ Trevisan ne’ Pincio credo siano frequentatori abituali di classifiche. E sono tre ottimi autori, senz’altro fra i nostri migliori, che abbiamo avuto la fortuna abbiano pubblicato una loro opera di narrativa negli scorsi sei mesi. Frasca, poi. Dice Scarpa che neppure sapeva avesse pubblicato un romanzo. Lo sta pubblicando, in effetti; l’editore Sossella, sempre ansioso di sperimentare nuove forme di comunicazione, lo sta facendo uscire a puntate (sinora ne abbiamo lette due parti sulle cinque previste) spedendolo ad abbonati sottoscrittori che si sono tassati per avere questo privilegio (personalmente e’ il primo libro di Frasca che acquisto coi miei soldi…). Ma “chi l’ha visto?”. Chi e’ informato di questa forma non convenzionale di pubblicazione? Scarpa, per es., no. E Scarpa e’ un lettore forte. Io sapevo bene che, a dispetto dell’entusiasmo di autore ed editore, questa forma di pubblicazione era a forte rischio di visibilita’ (per usare un eufemismo). Dunque, se questo strumento avra’ ottenuto almeno l’esito di informare, al riguardo, su un’opera importante di uno dei nostri autori maggiori, sara’ valso la pena averci perso tanto tempo ed energie. Lo stesso dicasi per Franca Grisoni o per Andrea Inglese (a parte che qui su Nazione indiana, ovviamente). Quale dei lettori del Corriere aveva mai letto questi nomi (o anche quello di Benedetti, se e’ per questo ; Mondadori ci punta molto, e a ragione; ma il prestigio di un poeta si forma in molto piu’ tempo di quello di un narratore e Benedetti non e’ ancora noto quanto merita)? Forse la classifica che ha riservato meno sorprese e’ quella della saggistica, che peraltro e’ anche quella piu’ frammentata. Ha ragione chi dice che difficilmente questa comunita’ sara’ in grado di riconoscere i valori dei migliori autori scientifici. Si tratta infatti di una classifica di letteratura: laddove, certo, si abbia di “letteratura” una concezione un po’ piu’ larga di quella conosciuta alle classifiche di vendita (solo romanzi, e solo romanzi di un certo “genere”).
Insomma, come ogni strumento anche questo ha dei limiti (e’ evidente, per es., che non tutti i Cento leggono gli stessi libri; peraltro possono andare a leggere i libri consigliati dagli altri, se scorrono le classifiche complete, e per lo piu’ sono libri ancora votabili il mese prossimo). Ma vorrei che si discutesse anche, almeno un po’, delle potenzialita’ che ha lasciato intravedere.
Grazie a tutti.
@ Tiziano Scarpa
Vediamo di capirci. Sto facendo zapping, vedo delle scrittrici intervistate, e una mi colpisce. Imparo poi che è un premio, non sto a vedere come va a finire, non è il punteggio di “Louise” che mi fa accendere una lampadina: è ciò che sta dicendo l’autrice mentre ne parla. Il resto (recensione su Carmilla, telefonata all’autrice, laboratorio di lettura con gli studenti, organizzazione di un incontro nel mio liceo) segue non dalla classifica del premio Campiello, ma dalla lettura del libro, che si interseca con la mia passione per l’Olanda del “secolo d’oro” e la comune (mia e dell’autrice) conoscenza dei libri di Simon Schama. Non credo che leggere “5. Bouchard, Louise= pt. 16” avrebbe messo in moto tutto ciò.
@ Girolamo
Si’, ma come ho gia’ fatto notare, quell’autrice si trovava li’, in quella trasmissione, in quanto selezionata nella cinquina di finalisti di un premio letterario. E un premio letterario non e’ forse un dispositivo analogo a quello di una classifica? Non e’ altrettanto semplificatorio? Ma grazie a quella semplificazione (prima ancora della conta dei voti, dico) tu hai potuto essere informato dell’esistenza di un libro di valore. Mi sono spiegato meglio?
@ Girolamo
La cosiddetta giuria tecnica del Campiello ha scelto i cinque finalisti. Li ha pre-votati, ritagliando cinque libri nella produzione narrativa italiana di quell’anno. E’ un dispositivo di sintesi: ti proponiamo 5 finalisti perché l’abbiamo deciso noi che siamo la giuria, ti devi fidare della nostra competenza e onestà. Grazie a quel dispositivo di sintesi, E. Bouchard ha avuto la possibilità di esprimersi in televisione e di parlare del suo libro. Ma affinché questo accadesse, c’è stato bisogno di un dispositivo di sintesi critica: “ecco i 5 finalisti”. Secondo me tu, nel dire che non eri interessato al dispositivo di sintesi ulteriore (i voti della giuria cosiddetta popolare, e la classifica finale del Campiello) metti in oblio quell’altro dispositivo di sintesi che lo precedeva, la scelta della giuria cosiddetta tecnica, che ha selezionato i 5. Ripongo dunque la domanda che secondo me è centrale: abbiamo bisogno o no di dispositivi di sintesi, oltre a quelli di analisi (le recensioni, i saggi, i commenti articolati)? Da quanto racconti tu, nel caso del Campiello, quel dispositivo di sintesi ti è stato utile, perché ti ha permesso di venire a contatto con un’autrice, e nello stesso tempo ha permesso a lei di parlare analiticamente del suo libro in tivù.
Per quel che conta, dichiaro anche io i miei voti (e mi sembra in effetti poco trasparente che alcuni giurati abbiano espresso la volontà di non palesare i propri).
FLAVIO SORIGA, L’amore a Londra e in altri luoghi, Bompiani 3
PEPPE FIORE, Cagnanza e padronanza, Gaffi 3
Poesia
GABRIELLA SICA, Le lacrime delle cose, Moretti & Vitali 6
Altre scritture
VALERIO MAGRELLI, La vicevita, Laterza 3
ANTONIO PASCALE, Scienza e sentimento, Einaudi 3
alcor scrivi:
“…recinto di filo spinato, torrette, clima asfittico degli anni ’50, territorio noto del sospetto. (…) spero che vi facciano almeno beati.”
Caspita. Non mi sembrava questo il tono delle obiezioni sollevate, in particolare delle mie. Qualsiasi iniziativa promozionale è più che benvenuta e legittima, e se è utile a qualcuno (autore o lettore) tanto meglio. Magari non dovremo più sorbirci i salottini letterari baricco-magris o arbasino-augias sulle pagine culturali dei maggiori quotidiani.
Io preferisco attingere ai commenti degli utenti, scrittori e no, tipo quelli di comunità come aNobii per i libri o imdb per il cinema. Ma ognuno sceglie come vuole. Più opzioni ci sono meglio è.
Mi dà un po’ fastidio il discorso della ‘gente comune da informare (elevare)’ e la retorica dello ‘spirito di servizio’ di certe iniziative. Ma è una cosa personale. Fin da piccoli, a scuola, ci viene insegnato ad affidarci a chi ne sa più di noi, soprattutto a scuola. Conosciamo meglio che cosa hanno scritto Tizio e Caio sulla Divina Commedia, che non la Divina Commedia. Questo crea un atteggiamento psicologico di sudditanza, che non aiuta scelte indipedenti. Nessuno ci insegna – a scuola, per esempio – a coltivare uno spirito critico e a fidarci di noi, prima che dei 100 Grandi Intellettuali.
Tempo fa ho letto un tema di una mia nipote sui Promessi Sposi. Era pieno di osservazioni personali e brillanti, anche buffe, che non sono bastate a guadagnargli (al tema) la sufficienza.
ops.
‘a scuola’ compare 3 volte in due righe. Si capisce che non rileggo.
@ nickanonimodaantologia
Forse non sei al corrente di un particolare, che a questo punto va messo in evidenza. Qualche tempo fa mi ha telefonato Andrea Cortellessa, descrivendomi l’iniziativa e chiedendomi di partecipare. Poi ho ricevuto un paio di mail dal segretario che mi ricordava il regolamento e mi invitava a votare per tempo. Così ho fatto. Ho scelto i libri che ritengo migliori fra quelli pubblicati negli ultimi sei mesi, come da regolamento. La lista dei 100 votanti l’ho appresa due giorni fa, quando è stata resa pubblica (su questo sito, in questo post). Ho votato “al buio”, senza sapere chi fossero gli altri 99. Se anche per loro è andata così come è andata per me, abbiamo votato tutti “al buio”, senza sapere chi fossero gli altri 99. Ha senso in questa situazione parlare di “fini comuni” da conventicola?
@nickanonimo, mi sono lasciata trasportare dalle richieste più meno esplicite di angelica purezza che ho visto manifestarsi qui, offuscando la questione se sia o meno opportuno che una iniziativa sia pure perfettibile venga accusata di mafiosità, mentre nessuno protesta perché nelle classifiche dei giornali c’è solo quel che c’è.
Non è che puoi scaricare la responsabilità di quello che è diventata la scuola (ma poi, a parte qualche eccezione, è la scuola che ci ha insegnato e spinto a leggere?) sulle spalle di questi 100 lettori.
La domanda che ti faccio io è un’altra, ti va bene di avere una panoramica di letture non commerciali alla quale poter far ricorso quando hai voglia di leggere fuori dalla strada maestra dell’industria editoriale?
A me è andata diversamente, Tiz: Cortellessa mi ha telefonato dicendomi quali libri votare, poi io gli ho dato il mio codice iban e lui mi ha fatto il bonifico di 10.000 euro, come da accordi.
a me il bonifico, per sparlare dell’iniziativa, me l’ha fatto Cordelli.
alcor, credevo di avere risposto.
Bene questa iniziativa se può essere utile a qualcuno (autore, critico o lettore), senza violare la legge. Se qualcun’altro è diffidente per motivi xy, però, spero che sia legittimo e tollerabile, e che non scateni uno scontro di civiltà. Siamo tutti cristiani e occidentali qui.
Ma quale angelica purezza.
Il nostro paese / grazie al vostro livore / rimarrà un cortese, accidioso / teatrino dell’orrore
Che cazzo c’è di strano, dico io. Mascheroni, dici? un altro imbecille come tanti, che per la nostra cultura non ha mai fatto un cazzo.
Chi non fa un cazzo, si limita a sputare veleno.
Chi fa, fa. E prima o poi questo fare gli verrà riconosciuto.
Tanto per capire che non si sta discutendo in maniera sensata…
Eccola, ad esempio, la conventicola del National Book Awards.
On March 16, 1950, publishers, editors, writers, and critics gathered at the Waldorf-Astoria Hotel in New York City to celebrate the first annual National Book Awards, an award given to writers by writers. The American Book Publisher’s Council, The Book Manufacturers’ Institute, and The American Booksellers’ Association jointly sponsored the Awards, bringing together the American literary community for the first time to honor the year’s best work in fiction, nonfiction, and poetry. As the Boston Herald reported the following day, “literary history was indeed in the making
[…] un articolo di Paolo di Stefano sul Corriere, un tosto rimprovero di Cordelli sempre sullo stesso giornale, e sul Rifo una scorribanda del […]
sì, abbiamo votato tutti al buio, senza sapere chi fossero gli altri giurati
Questo, Scarpa, Di Paolo, Sebaste, significa che vi dissociate da questa iniziativa? Che uscirete dal gruppo dei 500 Grandi Lettori?
[…] questa classifica non è ancora un dispositivo perfetto, come hanno fatto notare Carla Benedetti e altri commentatori. Ma pone una questione importante, e la pone fattivamente, non teoricamente: è necessario o no […]
Mi ha scritto oggi la segreteria delle Classifiche Dedalus-Pordenonelegge che la lista dei 100 votanti è stata effettivamente inviata a tutti i Cento medesimi, il 6 marzo. Nel mio caso è stata mandata a un vecchio indirizzo di posta elettronica che non uso più, e che genera una risposta automatica, con il mio indirizzo mail attivo. Per ammissione della stessa segreteria, la lista però non mi è stata rimandata alla mail giusta (per carità, organizzare queste cose è complesso, capisco possa verificarsi un passaggio a vuoto), quindi io la lista non l’ho mai ricevuta. Ne deduco che io (insieme a Beppe Sebaste e Paolo Di Paolo) sono uno dei pochi che ha votato senza sapere chi fossero gli altri 99.
@ nonvoglioapparire
Non mi dissocio affatto. Mi sembra un’iniziativa utile. Dico solo come sono andate le cose, perché la verità è sempre salutare.
Quindi il bonifico di 10.000 euro non t’è ancora arrivato, Tiz?
;-)))
Azz, si vede che l’hanno versato sul mio vecchio conto della Serenissima Banca Dogale. Controllo.
Sono del tutto d’accordo con Scarpa sulla necessità, o meglio sull’utilità, di “dispositivi di sintesi”, anche per regioni dai confini nebulosi come quelle che riguardano la “qualità”. Poi, tutte le classifiche posso essere lette o non lette, qualcuno può trovarci degli spunti interessanti, altri motivi di polemica (ogni volta che appare una classifica “qualitativa” c’è sempre chi dice: “perché questo sì e quello no?”), altri possono legittimamente ignorarle o considerarle fuorvianti. Ma insomma, a me l’iniziativa pare interessante e utile e il fatto che se ne parli così tanto, almeno da queste parti ma non solo, lo conferma.
Per quanto riguarda la correttezza e la trasparenza io sono un garantista e un anti-complottista convinto. Devo vedere le mani nella marmellata per gridare al ladro. Finora (mi riferisco in particolare a quello che ha scritto Carla Benedetti su “Il primo amore”) ho letto solo perplessità, che non mi hanno affatto convinto, sulla presenza nella “giuria” dei 100 di persone che lavorano nell’editoria, ma questo secondo me non è affatto un limite. Io, per esempio, non alcun contatto con quel mondo, ma ho diversi amici che scrivono, perciò potrei comunque essere parziale nelle mie scelte. Anzi, direi che un conflitto d’interessi palese talvolta porta a una maggiore autocensura rispetto a uno nascosto (a parte Berlusconi, s’intende).
@ Tiziano
per come la metti, è un dispositivo di sintesi anche la recensione di Gianni Biondillo su NI, dal momento che lui sceglie un tot di libri da leggere, alcuni gli piacciono, e tra questi ne seleziona un numero ancora più piccolo su cui scrivere. Dispositivo di sintesi per dispositivo di sintesi, mi tengo la recensione: a una classifica non posso telefonare per invitarla a mangiare la salama da sugo, a GB sì :-)
forse per distrazione, non so, ma in effetti io la lista non l’ho vista. in ogni caso, non poter votare Magrelli perché Magrelli è in giuria è come – l’ha detto Cortellessa – se “agli Academy Awards i registi si autoescludessero al momento di votare il premio al miglior regista, che sara’ con ogni probabilita’ uno di loro”. Resto dell’idea che la dichiarazione palese del proprio voto resti, per molte ragioni, cosa buona e giusta. ognuno si prende la responsabilità di votare chi vuole, amico, nemico, giurato, ma dev’essere messo di fronte (almeno) all’ipotesi di dover spiegare pubblicamente perché
@ Girolamo
Veramente no, la differenza fra una recensione articolata e la irrelata cinquina di finalisti di un premio mi sembra evidente, e la contraddizione in cui sei caduto (peraltro molto onestamente: sei stato tu a fare quell’esempio, che non ti era nemmeno stato richiesto) rimane a mio parere non composta dalle tue seguenti spiegazioni. Ma direi che ci siamo spiegati vicendevolmente a sufficienza e ti ringrazio di avermi più volte risposto.