Ancora morti sul lavoro a Sud

elmetto

Sergente maggiore Roberto Valente. Nato a Napoli nel 1972
Caporal maggiore Matteo Mureddu. Nato ad Oristano nel 1983
Tenente Andrea Fortunato. Nato a Lagonegro (Potenza) nel 1974
Primo Caporal Maggiore Davide Ricchiuto. Nato nel 1983 a Glarus (Svizzera) originario di Tiggiano, Salento.
Caporale maggiore scelto Massimiliano Randino. Nato a Pagani (Salerno) nel 1977,
Caporal maggiore Gian Domenico Pistonami. Nato ad Orvieto (Terni) nel 1983

41 COMMENTS

  1. Ieri a Ballarò( la trasmissione) c’era un sopravvissuto a Nassiria(in sedia a rotelle), mi spiace di non ricordare il nome, ma l’impressione che mi hanno date le sue parole è stata che, per loro, non è un lavoro, ma una missione. Erano parole inascoltabili per le mie orecchie, ma, mi ha fatto tanta tenerezza.

  2. Quando ho imparato la notizia, mi è venuta il ricordo del racconto di Roberto Saviano.
    Giovani morti, esiliati dal paese, dalla famiglia.
    Morti nell’orrore.

    Grazie a effeffe di avere dato un cognome, un nome, una data che sembra una vita in breve.

  3. Si, puo darsi Carmine, ma le parole del militare sono state chiare, mi pare che abbia detto addirittura “vocazione”, poi se questo non corrisponda al vero, cioè il militare ha mentito, non saprei dirlo.

    .. intendi che e’ una sorta di auto convincimento il suo, non del tutto consapevole?

  4. intendo dire che quasi sempre spesso nella molteplicità dei casi questi giovani si infilano in questo tunnel militare perchè è l’ultima spaiggia per trovare una sistemazione almeno degna uno sbocco e poi vengono incentivati a botta di 6/7mila euro al MESE e vavvo in giro in Kosovo Somalia Serbia Afghanistan Irak
    e sai, il sogno di tornare al paesello aiutare la famiglia magari costruire la casetta dei sogni con gli infissi in allluminio anodizzato magari metterci le tendine
    e invece pesso tornano accolti in un cassa di legno onori bandiere belle parole paralizzati magari eletti come esempio o proprio eletti e allora ecco l’ardore la missione l’umanità
    c

  5. Ieri compivo gli anni, come da tanto.
    Quando ho inteso, si è impressa sulla retina dell’occhio della mente, una sola immagine che non riesco ancora a cancellare.

    Io che non ho figli improvvisamente ‘ho visto’ un figlio: riccioluto, decenne, leggermente girato sul tronco, verso sinistra, a guardare in alto, come se anche lui avesse sentito. Spuntava dalla camicia e dai pantaloni, rientrando nelle scarpe leggere.
    Era cristallizato, inodoro, lucido, madido di giochi, e l’aria intorno baluginava come nei miraggi.

    Ecco quanto ora vi chiedo: se ancora riuscite la lasciare la mano del bambino chiamato Rancore e di sua sorella Violenza, che portate ogni giorno, sfiduciati, al giardino detto “Della mia Libertà”, allora prendete per mano il “bambino di cristallo” e accarezzatene il dolore, finché senta perfino i vostri affanni.

    Se tutto questo può accadere allora propongo di farlo tutti insieme nello stesso giorno (decidete voi quale) e nello stesso istante, magari solo per pochi secondi. Rubate pochi secondi alla pervicacia dei vostri dolori.
    Pochi secondi di ogni nostra vita schierati a difesa dello sgomento di un figlio, un erede, una compagna, per sempre. Per “sapere” non “per non dimenticare”.

    Sono stato prolisso per affetto, non per tediarvi.

    montecristo

  6. . . . . .Dove sono i generali
    che si fregiarono nelle battaglie
    con cimiteri di croci sul petto,
    dove i figli della guerra
    partiti per un ideale
    per una truffa, per un amore finito male:
    hanno rimandato a casa
    le loro spoglie nelle bandiere
    legate strette perché sembrassero intere
    Dormono, dormono sulla collina
    Dormono, dormono sulla collina……

    non so di cosa ci stupiamo: altre nazioni piangono morti a centinaia, a cominciare da Afghanistan e Irak, la parola guerra si è purtroppo infilata nel vocabolario degli umani in modo indelebile.

  7. NOI…

    (da Nazione Indiana)

    Sergente maggiore Roberto Valente. Nato a Napoli nel 1972.
    Caporal maggiore Matteo Mureddu. Nato ad Oristano nel 1983.
    Tenente Andrea Fortunato. Nato a Lagonegro (Potenza) nel 1974.
    Primo Caporal Maggiore Davide Ricchiuto. Nato n…

  8. giusto sparz
    la parola guerra è diventata ordinaria ,motivo di lavoro,oggetto di convenienza e come premio
    macellazioni di arti
    leucemie da uranio impoverito(ve li ricordate?)
    funerali solenni
    le solite schifosissime chiacchiere dei nostri spaventapasseri
    commissioni d’inchiesta
    voli urgenti in quelle zone tipo viaggio premio da destra a sinistra
    pellegrinaggi e targhe al suono di Fratelli d’italia
    il tutto condito sorvolato da fiumi nuvole di denaro
    perchè la guerra è denaro
    e la vita a volte va a volte viene
    come fosse una giostra
    c.

    @ares convincimento economico morale suggestivo mostruoso
    c.

  9. @ c.. tranquillo, ti seguo benissimo..

    .. si diceva “onori e bandiere” al rientro ..in casse di legno o mutilati..

    ..come giudichi gli onori e le bandiere che gli vengono attribuiti ?.. un ipocrisia?

  10. ordinaria amministrazione

    il dolore resta nelle loro case
    la polvere sulle loro foto sparse impolverate per le case
    sulle lapidi sotto la pioggia
    e negli anniversari che diventeranno riproposti notizia

    intanto adesso dalla sardegna partono in mille proprio oggi
    non ci si ferma mai
    c.

  11. Continuiamo a fare finta di sorprenderci scoprendo che nella guerra di occupazione in Afghanistan – come in tutte le guerre, umanitarie e non – qualche volta muoiono anche i soldati italiani, oltre ai civili e ai militari nemici.
    Con l’escalation in corso in diverse regioni del paese asiatico prepariamoci ad assistere a nuovi e più orribili massacri.
    Se vogliamo farla finita con le morti e i lutti, la strada è una sola: riportare subito a casa i reparti del nostro esercito e dichiarare unilateralmente che l’Italia non è in guerra con nessuno perché la sua Costituzione all’art. 11 glielo impedisce solennemente.

  12. Dovremmo togliere l’ipocrisia, la mia compresa, di chi sa solo parlare. Quegli uomini, che ora giudichiamo, fanno e faranno il lavoro sporco che noi, anime buone, non siamo PIU’ in grado di fare. Dobbiamo solo vestirci di ciò che ci manca, l’umiltà, chinare la testa e ringraziarli.

    Blackjack.

  13. ma dovremmo essere precisi: l’uomo in tv in carrozzella non era un sopravvissuto a nassirya, era uscito vivo da una delle nostre scampagnate africane, la Somalia. Se non sbaglio di quella missione avemmo tracce in qualche foto da settimanale (un uomo di colore nudo mentre soldati italiani lo torturavano con elettrodi sui genitali). certo la responsabilità penale è personale, ma quella morale? e quella di un deputato pdl?

  14. Io se fossi il presidente della Regione Basilicata, oggi, mi vergognerei.
    Io se fossi Vito De Filippo chiederei scusa alla famiglia di Antonio Fortunato. Perché ho svenduto la sua terra. E con la sua terra la sua vita. Perché con le mie politiche sbagliate, con la mia gestione da pingue feudatario, l’ho costretto a scegliere la vita militare. Perché non ho saputo sfruttare a dovere quel petrolio che zampilla a pochi passi da casa di Antonio, Tramutola. Perché ho buttato i finanziamenti a pioggia elargiti dall’Europa, o meglio, li ho usati per ottenere altri voti, comperare anime e penne, e illudere giovani disoccupati. SE fossi un politicante di bassa lega come Vito De Filippo chiederei scusa a quel bambino che è rimasto senza padre, come tanti altri bambini lucani i cui genitori muoiono lontano da casa, nelle fabbriche, o per strada, nel disperato tentativo di assicurare loro un futuro migliore. Ma per fortuna non sono DE Filippo. Per fortuna, o purtroppo, non sono Lacorazza, né quel vecchione fattone di Colombo che acquistava coca dai basilischi. Sono solo una figlia della Lucania incazzata, che con la sua penna tenta di sfidare, tra mille difficoltà, i signori del potere e a Martin, e a tutti i bambini come lui, tenterà di consegnare un mondo migliore di quello che ci hanno dato i nostri genitori, rassegnati al nero fato del Sud. La storia si può cambiare. E lo si deve fare. Perché non è giusto che pochi debbano pagare per l’errore di molti che restano abbarbicati sulle loro poltrone e domani in fascia tricolore presenzieranno ai funerali di Stato. Ma lo STATO dov’è???

  15. commento con questo bel post di franco arminio su http://www.comunitàprovvisoria.wordpress.com

    MUSTAFA

    di Franco Arminio

    metto qui una poesia scritta molti anni fa per un amico bosniaco che trovò rifugio e morte a bisaccia. la dedico ai sei militari morti a kabul.
    **
    settembre ci ritrova in un piattino
    d’acque scure
    con la prosa povera delle acacie
    il grillo di carbone
    le anime rafferme o addormentate.
    in questi giorni di cui nessuno è lieto
    l’aria è disadorna
    e noi siamo estraniati da ogni ardore.
    né docile, né servo all’agonia
    il pittore di sassi ha un filo di fiato
    per tenere a bada la morte,
    nient’altro.
    la nera stella dei balcani è in frantumi
    e lui deve stirare uno ad uno i suoi respiri
    la sua ultima biancheria.
    la tavola del mondo è inospitale.
    un dio barbaro getta i sassi
    dal cavalcavia.
    Written by Arminio in http://www.comunitàprovvisoria.worpress.com il 17.9.2009

  16. Il “lavoro sporco”, menzionato da Giocatore, rientra in una sociale logica perversa che vuole porre sempre e solo l’attenzione sulla inevitabile esistenza appunto del “lavoro sporco” (purché sia sempre svolto da altri, possibilmente “umili”) e contribuendo così, sottilmente, a far dimenticare che dovrebbe inevitabilmente – e diffusamente – esistere, piuttosto, il “lavoro pulito”.

    Stessa cosa, naturalmente, dicasi per la “Guerra”, sempre “purtroppo inevitabile” (ipocrisia, qui anche opportunamente segnalata) per qualcuno e la “Pace” che deve diventare così, con tutta evidenza, evitabile, molto evitabile, nonché Innominabile. Tabù, insomma, cosicché il campo sia lasciato libero a che nel cervello della maggioranza sia battuta e ribattuta vivamente l’idea (per trasformarla in “nera” convinzione) che vada bene così, ma sì, che la eccezione diventi pure la regola e viceversa, che quella che doveva essere la regola diventi pure l’eccezione, chi se ne frega.

  17. Sono affranta al pensiero che l’ ipocrisia della società e/o le condizioni personali di qualcuno, abbiano indotto quei ragazzi a pensare che la loro scelta fosse giusta e, per quei piccoli orfani. Però chi glielo dice a tutti i piccoli orfani dei caduti sul lavoro (precario o a nero) che la morte del loro padre è meno importante? E’ obbiettivamente così: non lo si può negare, visto che nessuno, di quelli che erano ieri in tv. si mobilita altrettanto per loro.Mi ha addolorato moltissimo l’esibizione del dolore di quel piccolo angelo vicino alla bara di suo padre, mentre i figli dei “vips” hanno diritto ad essere oscurati in viso. Spero che presto si risveglino le coscienze!!!!

  18. @Blackjack.. guarda che qui non mi pare che si stia criticando “quegli uomini”, si stà solo biasimando un sistema che manda al macello i propri figli e poi li commemora.

    Certo è che le celebrazioni alle quali abbiamo assistito, riempiono di emozione, ma è un’emozione malata, provata da malati, da folli. Non è un’emozione ipocrita, è un emozione patologica che rientra nello schema patologico della malattia, è solo un sintomo della malattia, un effetto collaterale di auto assoluzione. Siamo da curare, tutti, anche quelli che si accontentano di pubblicare questo post.

  19. non capisco perchè in italia si possa tranquillamente correre il rischio di accettare uno o più morti di lavoro al giorno ( dimenticandosi delle loro famiglie ), a beneficio dello sviluppo e del benessere del nostro paese e poi stupirsi, sbalorditi, perchè i soldati in guerra muoiono. L italiano ha sempre avuto una percezione della guerra diversa da quella di tutti i popoli del mondo, evidentemente. E presumibilmente anche del lavoro.

    ma giocatore, perchè tu e tutti quelli che la pensano come te vi trovate sempre in italia a parlare di una guerra che si sta combattendo a migliaia di km dalle vostre tiepide case? Ma perchè non partite voi volontari , anzichè aspettare che ci vada il buon meridionale sempre disoccupato e disperato?

    l esercito se proprio deve esistere impieghiamolo per curare prima il terrorismo che abbiamo a casa. In campania, in sicilia, ecc…ecc… ce lo dovete mandare l esercito.

  20. Questa analogia tra guerra e lavoro proprio non riesco ad accettarla.. non vedo punti in comune, che non siano dettagli.

    Un esempio su tutti: il lavoratore si alza per andare a lavorare, il soldato è sempre in querra, anche quando dorme.

    Due esempi su tutti: il soldato a fine mese viene pagato, se sopravvive; il lavoratore anche se sopravvive potrebbe non essere pagato.

    Tre esempi su tutti: il soldato sa che andrà ad uccidere, e probabilmente sarà ucciso, sa che vi sarà una sottrazione; il lavoratore si recherà al lavoro per lavorare, per costruire, creare qualcosa, per addizionare.

    Se vogliamo la morte di un lavoratore avviene per negligenza, per il non rispetto delle regole, tutte cose che si possono prevenire ed esigere, il soldato sa che non vi sono regole per portare a casa la pellaccia.

    .. è un grado di follia differente.. notevolmente differente..

    Si, poi si potrebbe analizzare a fondo la qualità del lavoro di questi tempi, e si scoprirebbe che lavorareal giorno d’oggi è altrettanto folle che fare la guerra; ma questo è un altro discorso che non so se sono ingrado di sviscerare attraverso la scrittura.

    @no/made.. l’esercito per i terrorismi italiani non serve a niente, basterebbe la presenza di uno stato non corrotto e non corruttibile.

  21. Secondo me dobbiamo smetterla di commemorare la morte dei soldati..

    .. anzi bisognerebbe infangarne il ruolo, far diventare quella professione una professione della quale vergognarsi.

    ..li dobbiamo salvare i nostri figli..

    ..è meglio morire di fame che avere un figlio soldato, è questo il pensiero che tutte le madri e i padri devono avere.

    .. è inutile piangere sulle loro tombe, se prima non abbiamo fatto nulla per trattenerli, se non ci siamo aggrappati alle loro gambe, perchè non varcassero luscio di casa per uscirne ed andare a fare la guerra.

  22. Ad Ares: Semplice e lapidaria la tua definizione della guerra, come madre e come persona pacifica la condivido in pieno. Grazie, finalmente non mi sono sentita la piccola Alice che crede nelle favole.

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Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017