a contatto con l’aria
di Chiara Valerio
I limiti dell’infinito sono le parole per descriverlo. Titolo variabile di Margherita Morgantin (Quodlibet, 2009) è una raccolta di aforismi in forma di disegno. Aforismi grafici, che stanno lì a lasciarsi guardare e a dire qualcosa del mondo. Frammenti del quotidiano, nostalgici ed evocativi. Spesso struggenti. Uomini che dormono sotto campane gaussiane per proteggersi dalla pioggia, la forza di Coriolis che pare il motore di tutti gli istituti meteorologici e meteoropatici, ma è solo una formula, una donna che vola dalla finestra oltre la quale c’è un cielo stellato e verso un altro essere umano nel letto, quindici quadrati in gradazione di blu che sembrano, così sulla pagina, una parete in vetroresina al contrario, incompleta, inconcludente e fascinosa. Anzi che sembrano il cielo oltre una parete di vetroresina. La radice quadrata di -1 che è un numero immaginario. Ma immaginario di chi?
Nulla è veramente simmetrico, e la prospettiva centrale è tradita dalla materia, come qualsiasi sistema di pensiero lo è nel campo visivo di un racconto del soggetto. Se io dovessi azzardare una ipotesi sul soggetto di questi disegni, a tratti essenziali, neri, che paiono tutti matasse di inchiostro 0.38 e 0.5 che si dipanano per finire nella forma aleatoria ma definitiva di una esperienza condivisibile, forse addirittura condivisa, direi le titubanze. Le esitazioni. Uomini piccoli e approssimativi, intenti e distratti, interpuntati da una scienza ferma e formale, logica e canonica, che spiega il mondo senza interpretarlo. Laica e quindi santa. Il filo di questo libro (di fili), che è nero come i disegni sui fogli bianchi, intreccia forse l’incertezza e la curiosità, o l’improvviso baluginare di una sorpresa. Ma piccola, innocua, pure inutile forse. Perché a tenere in mano Titolo variabile non ci si sente in viaggio, ma in giro, a passeggio, tra una faccenda e un’altra, tra tanto daffare che c’illude, negli squarci di luoghi urbanissimi e di una umanità che è comune perché è raccontata con particolari così astratti che possono echeggiare in tutti quelli che tengono sempre gli occhi aperti sul mondo. Uomini o alberi, mani o corolle, donne o fantasmi.
Morgantin tratteggia esperienze che non sono più del soggetto, ma nemmeno sono ancora oggettive, e in questo livello intermedio, in questo limbo tra impressione e definizione, serra la vita. Questa ricerca inizia dall’esame dei confini, o claustrofobia. Se io fossi stata claustrofoba, o quando lo sarò, questo libro forse sarà una cura. Confini immaginati e cancellati per eludere paure autentiche. Di essere soli, di essere in troppi, di essere inadeguati, di essere confusi, di camminare su un muricciolo, che in realtà è un filo, che in realtà è un confine tra sé e l’altro da sé. Io lo so perché tanto di stelle nell’aria tranquilla, ma non so quali sono le forme che prende l’amore a contatto con l’aria. Gli abbracci, o i baci, le insofferenze. E prima di leggere l’amore a contatto con l’aria, in questo libro sbilenco e commovente, dove le parole sono a margine, io non avevo pensato che l’amore deve stare per forza a contatto con l’aria. Che l’amore è come un suono e senz’aria non esiste. Le parole di Margherita Morgantin sono acute come pennini 0.1 e sono segni grafici come linee, punti, riquadri o fili spinati che adornano i muri. Come certe ghirlande di Crivelli le Madonne.
Ma vedendo le chiose in parole e quelle in forma di disegno che lascia nelle pagine di questo taccuino, mi sento emozionata e bambina come davanti a una cosa nuova. Giocattolo o paesaggio. Provo a disimparare la lingua. Disintossicazione dalle forze coercitive della percezione, dei movimenti, dei significati simbolici legati alle forme e ai sentimenti. Titolo variabile non è un libro di pensieri, titolo variabile è un libro d’occhi. Guardatelo.
M. Morgantin, Titolo variabile, Quodlibet (2009), pp. 173, € 16,00.
che possibilità per i momenti difficili, e l’aria fatta di lucciole che ancora si cercano. Oggi lo uso come meraviglia che ridà una brezza a un’anima pesante
cara Chi, bella recensione come sempre le tue. Sono stato attirato da quelle gaussiane e da quelle forze di Coriolis che ben sappiamo. La tua descrizione è così caleidoscopica che non riesco a immaginarmi cosa ci possa essere scritto nel libro. È questo che volevi, mi sa.
sparz!
in realtà dopo tante parole mie c’è sempre la tua in chiusura che è sintetica. questo libre è un caleidoscopio. e dietro ogni caleidoscopio, che pure pare frattale, c’è sempre una incredibile geometria. e questo.
@ lucia,
che bella la brezza di oggi nè?
chi
«Uomini piccoli e approssimativi, intenti e distratti, interpuntati da una scienza ferma e formale, logica e canonica, che spiega il mondo senza interpretarlo. Laica e quindi santa. Il filo di questo libro (di fili), che è nero come i disegni sui fogli bianchi, intreccia forse l’incertezza e la curiosità, o l’improvviso baluginare di una sorpresa. Ma piccola, innocua, pure inutile forse».
«Morgantin tratteggia esperienze che non sono più del soggetto, ma nemmeno sono ancora oggettive, e in questo livello intermedio, in questo limbo tra impressione e definizione, serra la vita».
Un crinale laico, antiautoritario, pudico e però pieno di umana curiosità in cui non sembra si voglia più incamminare nessuno… o forse non si sa più come farlo…
Bella recensione!
Ev
ehi evelina,
merci pour :-)
chi