La gioia dell’essere insieme
[Luigi Di Ruscio mi ha mandato questo frammento ritrovato, pubblicato in Poesie operaie. Da rileggere, in tempi in cui, per ricostruire reti solidali, dovremmo forse tornare a quella virtù esperita da Di Ruscio come collante delle differenze. Dedicato, anche, alla difesa dei diritti fondamentali dei lavoratori attaccati a Pomigliano. m.r.]
di Luigi Di Ruscio
Improvvisamente sul tram quotidiano ho capito che il lato positivo dell’antologia Poesia e Realtà di Giancarlo Majorino è quell’essere insieme, gli atei insieme ai credenti, gli analfabeti con i bene alfabetizzati, quelli della rima e quelli della contro rima, i viscerali con i cerebrali, i nuovissimi con i vecchissimi che muoiono anche a cent’anni, quelli che si sono suicidati e quelli che vivono molto bene, gli ammogliati e gli strozzati, gli avanguardisti e i retroattivi, gli italiani e i sanfedisti, i seri e quelli che irridono anche la croce rossa con tutto il pappalardo, tutti insieme con le “ali illuminate” perché è questo essere insieme la prova dell’epoca, devono riuscire a vivere insieme gli albani con i serbi, i turchi con i curdi, i palestinesi con gli ebrei, devono smettersela di vivere in un massacro continuo, devono imparare ad accettarsi così come sono perché è vero quello che mi diceva nonna analfabeta “siamo tutti figli di madri”, le nostre diversità contano meno di tutto quello che abbiamo in comune, quei cuori del manifesto Benetton saranno di neri o di bianchi però i cuori sono tutti uguali, i nostri cervelli simili. Quell’essere insieme come quando ero in quel reparto io italiano insieme a tutti i norvegesi, quasi la pecora nera tra i biondi e gli azzurrati eppure eravamo insieme e fummo insieme per diecine d’anni continui. Ero insieme a tutti voi con le nostre tutte, con gli ingenui vestiti della domenica, li ricordo uno ad uno ora che sono quasi tutti morti. Però ogni tanto tra la folla sento un urlo, vengo chiamato urlato in tutti i modi con nome e cognome che qui sono indicibili in maniera corretta, uno sopravvissuto a tutte le pesti, a tutte le polveri arsenicali e dei metalli pesanti, metallurgiche a tutte le sudate continue mi chiama, mi abbraccia. Eravamo insieme diversi in tutto ma eravamo insieme nello stesso disprezzo per i padroni, insieme quando abbiamo sabotato e scioperato, insieme nei sotterfugi operai, ridevamo insieme e sudavamo insieme senza neppure accorgerci di questo miracolo, l’essere diversi però fraternamente insieme.
ecco, postalo anche come commento sotto il post di Sergio Bologna.
Eravamo insieme diversi in tutto ma eravamo insieme nello stesso disprezzo per i padroni, insieme quando abbiamo sabotato e scioperato, insieme nei sotterfugi operai, ridevamo insieme e sudavamo insieme senza neppure accorgerci di questo miracolo
sapessimo ora dove siamo e chi siamo.
grazie Marco, mi acquieta l’anima.
nc
“Eravamo insieme diversi in tutto ma eravamo insieme nello stesso disprezzo per i padroni, insieme quando abbiamo sabotato e scioperato, insieme nei sotterfugi operai, ridevamo insieme e sudavamo insieme senza neppure accorgerci di questo miracolo, l’essere diversi però fraternamente insieme”.
Queste parole sono per quelli che hanno magari bisogno di sapere cosa fosse la così detta “classe operaia”, che adesso (in quanto classe) non esiste più.
Per quelli cui va ricordato che la politica si fa insieme, per obbiettivi comuni a partire da bisogni comuni, da una condizione umana e d’esistenza comuni.
“…insieme nello stesso disprezzo per i padroni”. Mi pare che questa affermazione sia in contraddizione con tutta la prima parte del post in cui si inneggia, pare, all’armonia universale, al tutti-insieme-appassionatamente.
Qualcosa non quadra.