Caro Paese

di Christian Raimo

Caro Paese,
in questi giorni è facile aver l’impulso di dire le cose in faccia a tutti gli italiani, e così ho deciso anch’io di essere franco, e di scrivere una lettera al mio Paese. Mi sono domandato che titoli avessi per farlo, e poi mi sono risposto che effettivamente se due anni fa venti milioni di votanti avessero scelto me invece di Berlusconi oggi sarei io a guidare il paese… Ma non è successo, per tanti motivi. Il primo è sicuramente che non mi sono candidato. Ed è stato un passo dettato più dal rispetto nei Tuoi confronti che dalla mancanza di coraggio. Volevo capire che progetto politico proporre, caro Paese, e alla fine dopo tanto rimuginare mi sono deciso di chiederlo direttamente a Te. Ho avuto varie idee in questo tempo bulimico e leggero – come si suol dire –, forse anche troppe, e ora le vorrei vagliare con il Tuo aiuto.
Per esempio una delle prime idee che mi è venuta in mente è di costituire un nuovo soggetto politico: l’Ulivo. Si potrebbe chiamare Nuovo Ulivo, per distinguerlo dal vecchio. L’idea mi è venuta guardando una pubblicità dei pannolini Nuovi Pampers. Rispetto ai classici Pampers, assorbono il doppio e costano meno, e la gente li apprezza. Perché non dovrebbe accadere col Nuovo Ulivo?
Se questa idea del Nuovo Ulivo non Ti convince, ne avevo un’altra: un’Alleanza Costituzionale, formata da tutte quelle persone che si riconoscono nei valori costituzionali. Magari la pensano all’opposto sull’acqua pubblica o sui diritti dei migranti, ma sono tutti sono per esempio d’accordo sul fatto che le regioni italiane sono venti, e di questi tempi – mi consentirai – non è poco. Se neanche quest’Alleanza Costituzionale riuscisse a comporsi, si potrebbe dar vita a una coalizione che chiamerei Varia Umanità, utile a scrivere almeno una nuova legge elettorale. Come sai, i pericoli provenienti dallo spazio incombono, e noi esseri umani di qualunque credo e fede politica dovremmo intanto ritrovarci per affrontare un’eventuale invasione aliena che, secondo la famosa profezia dei Maya, dovrebbe cadere proprio a metà della prossima legislatura. Gli alieni, con l’attuale legge elettorale, ci surclasserebbero.
Certo, se anche qualcuna di queste ipotesi fosse concretizzabile, si porrebbe la questione della leadership. Quali nomi metterebbero d’accordo una compagine così composita? Secondo me ci sono figure che, ingoiando fiele, si sono prese le proprie responsabilità ma che non sono ancora stati rivalutate, come era giusto o come è accaduto a quei grandi modernizzatori del nostro tempo, come Craxi o come Gheddafi. Mi gioco quest’azzardo, con il rischio di bruciare questi nomi: Clemente Mastella & Mariotto Segni. Che ne dici? Ti sembra un ticket troppo parlamentare? Ti sembra che occorra trovare personalità nuove direttamente dalla società? Allora eccoti un altro ticket ancora più battagliero, ma che troverebbe sicuramente larghe convergenze: Luciano Moggi & Giancarlo Tulliani.
Eppure, come Tu mi fai notare opportunamente, la rappresentanza è solo una parte del problema. Il punto chiave è l’idea di società che dovremo proporre, quale futuro, quale programma. Non è facile orientarsi in questo Paese fermo che ha bisogno di correre, come si suol dire. Soprattutto in quei giorni (per fortuna rari) in cui sui giornali uno non trova né un’intervista a Bocchino, né una dichiarazione di Casini, né un rutto di Montezemolo. Come capire, senza questi riferimenti limpidi, quale è il tuo bene, caro Paese? Mettiamo il caso dei tre operai licenziati a Melfi. È giusto, mi sono interrogato, prendere le loro parti? È vero che l’ha fatto la Fiom, poi anche Napolitano, poi anche il papa e quindi anche la Cei – ma il dubbio può restare: sarà conveniente esporsi? Sarà, che ne so, un bel gesto simbolico andare ad appoggiare la loro lotta davanti ai cancelli; oppure è meglio aspettare e vedere se anche Granata e Briguglio si schierano con loro, e a quel punto poter finalmente fare una dichiarazione di sostegno?
Ma il mio cuore, caro Paese, non è sempre in balia del disorientamento. In questi giorni per esempio ho sentito Tremonti citare Berlinguer, e mi sono emozionato; specie quando ha detto che la legge sulla sicurezza del lavoro è un lusso. È bello sentire qualcuno che parla direttamente alla Tua pancia, caro Paese. Tu, paese che sei stufo dei privilegi, stufo della casta delle morti bianche. E ho anche sentito Marchionne citare Hegel e Pavese e anche lì mi sono emozionato; specie quando ha fatto capire fra le righe che il nuovo modello sindacale del suo “dopo Cristo” non sarà ispirato a Pomigliano, ma più a Rosarno. Mi sarebbe piaciuto essere in platea a Rimini ad applaudire, e percepire nell’aria che non sarà lontano quel giorno in cui, come noi chiedevamo ai nostri padri cos’era il vaiolo?, i nostri figli ci chiederanno: papà, cos’era il sindacato?
Così, caro Paese, se ci troveremo uniti almeno su una minima piattaforma condivisa, è un nostro obbligo morale organizzare per l’autunno una grande campagna di mobilitazione. Andare direttamente di casa in casa. Nella nostra Italia livida, pervasa delle passioni tristi, che ha smarrito il senso di comunità, la sua anima solidale, il suo senso di decenza, le sue buone abitudini all’igiene dentale prima di coricarsi, e quel gusto tutto patriottico di appaiare i calzini quando si raccolgono dallo stendino. E non è retorica. Occorre andare di casa in casa, per tutto lo Stivale, da Arcore al Colosseo, e perfino in Europa, da Montecarlo al Lussemburgo, per debellare quel fenomeno di criminalità così diffuso, che neanche Roberto Saviano ha il coraggio di denunciare: il vizio di intestare la proprietà degli immobili a gente che non ne sa nulla. Quanti casi devono venire fuori prima che si possa parlare di allarme sociale? È possibile cominciare da qui a cambiare le cose in questa nostra Italia?
È difficile. Ma è possibile. Ed è proprio giunto il momento di suonare il nostro campanello, prima o poi l’infermiera arriverà.
(pubblicato sul manifesto il 31/08/2010)

5 COMMENTS

  1. Il dramma sarebbe se suonando il campanello l’infermiera non arrivasse affatto o, come spesso succede negli ospedali italiani se, una volta arrivata con grande ritardo, ci trattasse pure male perché l’abbiamo disturbata.

  2. Non bisognerebbe scordarsi dell’altro lato della medaglia: se protestassimo contro il pessimo comportamento dell’infermiera avremmo tutti i sindacati contro.

  3. Un articolo dai toni umoristico-parodistici che, secondo me, ha tutti i requisiti per essere derubricato sotto la categoria: “Stretta attualità”.

  4. io lo dico da molti anni ma l’unica soluzione è unire tutti le star del paese superando le divisioni. in pratica berlusconi che comunque è il numero uno dovrebbe convolgere nella sua scuderia tutti i migliori del paese facendo un nuovo governo tipo dream tim. e quindi per esempio io coinvocherei saviani per la giustizia (criminalità), daria bignardi e benigni alla cultura, ventola per le opportunità gay ecc. e poi metterei nei posti chiavi anche persone eccezionali come jovanotti o sofri per esempio alla direzione dei giornali o di sanremo. chiaramente a sofri darei un quotidiano e a jovanotti sanremo a meno che non vuole occuparsi di un nuovo progetto umanitario. grazie e scusate

  5. certo christian, se tu avessi avuto un prestigio politico con tanti cittadini che guardassero a te come il nuovo premio Nobel dell’umorismo potresti veramente mandare al paese una lettera chiedendo i tuoi meritati 20 milioni di voti.

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Marco Rovelli nasce nel 1969 a Massa. Scrive e canta. Come scrittore, dopo il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, ha pubblicato Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Suoi racconti e reportage sono apparsi su diverse riviste, tra cui Nuovi Argomenti. Collabora con il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Fa parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli. Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash, dal 2001 al 2006 fa parte (come cantante e autore di canzoni) dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio, gruppo che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista. Nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca, Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti. In campo teatrale, dal libro Servi Marco Rovelli ha tratto, nel 2009, un omonimo "racconto teatrale e musicale" che lo ha visto in scena insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Nel 2011 ha scritto un nuovo racconto teatrale e musicale, Homo Migrans, diretto ancora da Renato Sarti: in scena, insieme a Rovelli, Moni Ovadia, Mohamed Ba, il maestro di fisarmonica cromatica rom serbo Jovica Jovic e Camilla Barone.