Più Carina di Ciliegia

di Andrea Raos

[Ho scritto questa favola tra la notte e la prima mattina di venerdì e sabato scorsi, ascoltando una canzone che ho linkato in fondo al testo. Buon ascolto e buona lettura. a. r.]

Ma come fa a innamorarsi, un porcospino minuscolo?

Che cosa canta, un piccolissimo porcospino, a un mondo che non lo vede perché è troppo piccolo?

Un porcospino, quando è troppo piccolo, non ha amici. Mancano proprio le dimensioni, quelle per cui per esempio, quando due aceri si incontrano passeggiando, possono dirsi “albero, foglia, radice, ramo” e capirsi, e diventare amici. A quel punto si trasmettono la linfa e la clorofilla, e tutto va per il meglio.

Il porcospino più piccolo del mondo, invece, non sa davvero a chi rivolgersi. Gli mancano, nell’ordine:

1. gli amici
2. le torte
3. i libri sui cannibali
4. i cannibali
5. le more e i lamponi
6. l’appassire delle foglie, in autunno, che diventano come di carta, e i frutti degli alberi come la pera che diventa meravigliosa e squisita, e anche di un giallo oro morbido e vellutato che non somiglia a niente altro al mondo. Gli sembra la fiamma vecchia del caminetto, quando si sveglia prima dell’alba perché ha fatto un brutto sogno e va a guardare le ultime braci del fuoco per scordarsi quanto è buio lo spavento. Solo che invece è una pera, ed è dolcissima e buona.

Insomma, gli mancano tutte le cose più belle della vita!

E poi, è davvero troppo piccolo. L’altro giorno, tanto per dire, camminava per andare a scuola e come quasi ogni volta incrocia Carina Ciliegia, quella che gli piace. E cosa le dice? Come si fa a salutare una ciliegia e farla ridere e così diventare amici, quando persino la ciliegia è più grande di te? In confronto a lui, quell’antipatica di Carina Ciliegia sembrava grande come un… come un… sembrava il Grande Candito, ecco! Il monte dove gli altri bambini, quelli abbastanza grandi per usare la slitta, andavano d’inverno a giocare con le slitte a fumocarbone e a fare i pupazzi di neve candita.

Il porcospino microscopico, invece, al Grande Candito non ci si poteva nemmeno avvicinare. Era troppo piccolo e leggero; bastava un tremare di nuvola, un alitare di foglia, e subito rischiava di finire addosso al Masso Vuoto, l’enorme pietra inesistente che costringeva il paese dove abitava a svilupparsi solo verso destra, mai verso sinistra.

Ma di tutto questo, al porcospino nato infinitesimo non è che importasse più di tanto, in fondo. Abbassatevi un po’, provate a guardarlo da vicino, se ci riuscite perché davvero è quasi invisibile, e capirete anche voi, glielo vedrete negli occhietti a puntina di spillo, che gli manca tantissimo, davvero ancora tanto, per avvicinarsi a quell’infinito fiato sospeso. A Carina Ciliegia. Finalmente, Carina Ciliegia!

Ma non c’è niente da fare e adesso è finita, il porcospino è abbastanza stufo di essere solo un puntino nero. Si arrabbia così tanto che decide di tirare fuori gli aculei, così, per strada. Cavolo, è pur sempre un porcospino in fondo! Allora si concentra, diventa appassito e furibondo come la marmellata di castagne. E tira fuori gli aculei e corre a guardarsi nello specchio d’acqua della Pozzanghera Bucata, il laghetto del villaggio. Si fa coraggio, tira il fiatone, si china verso l’acqua per guardarsi, e zac! Delusione… Sembra sempre un puntino nero, solo con un coroncina di puntini neri intorno. Sembra uno di quei carboncini neri con gli occhietti rotondi che ci sono nei film di Miyazaki, sembra (aveva perso il conto di quante volte li aveva visti, i film di Miyazaki. E quelli di Takahata, che gli piacevano ancora di più – e poi soprattutto la storia di Gôshu, il violoncellista! Che peccato che sia morto così giovane, quel regista…). Sembrava proprio come quegli animaletti. Solo più piccolo. Ci resta così male che per la delusione sta per sputare dentro la Pozzanghera Bucata. Ma non lo fa, per fortuna: la Pozzanghera Bucata è  permalosa e già più di una volta ha risputato indietro, a tanti, un bello schizzo della sua terribile Cacca Misteriosa. Permalosa anche lei, molto. Di quelle che non sai mai come va a finire. Perché è Misteriosa.

Invece, i fiumi sembravano milioni, in quei giorni. A lui sembravano milioni. I fiumi vanno dappertutto e lo fanno sempre, ogni giorno, tutto il giorno e tutta la notte. Ma come fanno? Davvero non si stancano mai? Questo si chiedeva il porcospino menomeno, menoniente. E lui invece era solo e camminava lungo il Fiume Più Lungo Degli Altri. Che era come restare fermi, perché era talmente lungo che sembrava di non avanzare mai. Ma lì non si era nemmeno accorto che era autunno, e trova una papera pera caduta dal ramo. “Ma guarda,” – pensa lui – “c’è Lapapera Pera! Cosa ci farà qui?”.

E allora Lapapera Pera gli dice: “Senti, ma tu che cammini, non è che puoi fermarti un attimo? Mi fai venire il mal di mare…”

“!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

Il porcospino -ino -ino -ino non ci poteva credere…

“Lapapera Pera, ma come fai a vedermi?!? Tu sei per me montagna, io per te qualcosa come un granellino di qualcosa!”

“Porpino, senti…”

“Ma quale Porpino… Porcospino, mi chiamo! “

“Sì, Pocospino, lo so…”

“Pocospino, Tantospino… Ma adesso ti ascolto, dai, è meglio.”

“Infatti. Allora senti, Spino (non ti chiamerò Porco perché sono gentile). Io ti vedo perché mangi tante pere, sempre. Mangiare tanta frutta fa crescere agli occhi degli altri frutti, lo sai? Mangia tanto ananas, per esempio, e tutti gli ananassi della terra ti diranno ciao quando passi. Mangia tante castagne, e ogni castagnone darà retta alle tue lagne. Mangia molti cachi, e ogni ramo ti farà la ola quando c… No, lasciamo perdere… Ma davvero non lo sapevi?”

“Accidenti! Perché non ci ho pensato prima?”

Insomma, secondo me avete già indovinato. Nelle settimane successive, Pino Porcino mangiò ciliegie a palettate, a bicchieroni blu dell’Ikea, a secchielli di plastica, a formine per i dolci, a carriole da cui aveva fatto alzare suo nonno che ci dormiva, a portamatite vecchi, a scarponi da sci.

Adesso va a scuola ogni giorno, come faceva prima. Lapapera Pera lo incrocia ancora, ogni tanto. Sbaglia sempre il suo nome, ma gli è simpatico lo stesso. Si salutano.

La rima che vada d’accordo con ciliegia non l’ha ancora trovata.

Comunque pensa di essere diventato più grande, o almeno così si sente. Ma in questi giorni c’è nebbia, la nebbia terribile che sale dal fiume di Panna Banana, e non si vede a metà di un quarto di mezzo palmo dal naso. Quindi non sappiamo, lo sapremo solo tra qualche mese, a primavera, se Carina Ciliegia si accorgerà di lui, e cosa succederà allora – o se invece a mangiare tutte quelle ciliegie il porcospino infinitesimo, quello più di tutti noi vicino, per una frazione di millimetro, all’infinito, ci avrà rimediato solo un grandissimo, torrenziale mal di pancia.

18 COMMENTS

  1. Amo tutto della favola di Andrea Raos. Ha una sensibilità poetica per fare scivolare la frontiera tra animalità e umanità. Rinnova la favola giocando sulla fantasia, l’emozione, la dolcezza, l’umorismo. C’è una varietà di registro dentro un ritmo regolare, intremazzato di dialoghi. Andrea Raos è un dei poeti più originali della sua generazione. E’ sempre per me un incontro emozionante leggerlo.

  2. Già… anche Pocospino sa qualcosa che noi non sappiamo e poi ha anche un po’ di allegrezza che piace assai. Soprattutto davanti al mare. :-)Vediamo che combina quando si alza la nebbia.

  3. I libri sui cannibali in effetti sono immancabili. Diventare la cosa che si ama (mangiarla) o almeno attrarne l’attenzione (esserne amati), è forse quello che alla fine ci rende una giusta dimensione e tra tanti nomi storpi, buffi, inadatti o incompleti ce ne regala uno nostro. Andrea la fiaba è proprio bella e anche i pupazzi di neve candita o la Pozzanghera Bucata – che mi ha fatto pensare alle pozzanghere dove non vuole specchiarsi un personaggio della Woolf, guarda te!.

  4. A me i due aceri stanno antipatici.
    Bella forza nascere aceri. Provate voi a nascere porcospini, dico io.

  5. Grazie. Una cosa non mia, in aggiunta la voglio dire:

    Metà idea e metà frutto
    metà rischio metà fame
    metà intero metà tutto
    metà morte metà pane

    Metà effigie e metà spazio
    metà corpo e metà ombra
    metà morbo metà strazio
    metà asciutto metà fiume

    Metà pesce e metà testa
    metà sasso e metà lume
    metà mano metà leva
    metà corre metà resta

    Metà troppo metà poco
    metà vita metà cosa
    metà gesto metà scopo
    metà fuoco metà rosa

    Metà piombo metà voce
    metà riso metà vento
    metà statua metà sasso
    metà calma metà accento

    (Emilio Villa, “Luogo e impulso”, in E ma dopo, 1950)

  6. Mah, certo il ragazzo è bravo ma la vita sentimentale è altra cosa. Esistono le pulsioni che vanno e vengono e quando non vanno c’èun problema… magari uno si tutela ma l’amore è anche legato alla capacità di rischiare quindi se il porco-spino alla fine non rischia magari è negato, incapace di amare…boh. Si potrebbe pure fare un analisi freudiana, questo porcospino, così s’innamora e non scrive più perchè appunto ama. Che dite voi?

  7. Esposito, c’è la battuta famosa di Celine che dice (circa) “o si fa letteratura o si inculano le mosche”. Tu addirittura psicanalizzi i porcospini, fa’ un po’ tu. Grazie, comunque. Ciao.

  8. Un porcospino amo un altro porcospino. Fanno carezze molto dolci sulla pancia. Perché il porcospino è un animale tenero e timido. Animale sensibile dove proteggersi, no?

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Andrea Raos
Andrea Raos
andrea raos ha pubblicato discendere il fiume calmo, nel quinto quaderno italiano (milano, crocetti, 1996, a c. di franco buffoni), aspettami, dice. poesie 1992-2002 (roma, pieraldo, 2003), luna velata (marsiglia, cipM – les comptoirs de la nouvelle b.s., 2003), le api migratori (salerno, oèdipus – collana liquid, 2007), AAVV, prosa in prosa (firenze, le lettere, 2009), AAVV, la fisica delle cose. dieci riscritture da lucrezio (roma, giulio perrone editore, 2010), i cani dello chott el-jerid (milano, arcipelago, 2010) e le avventure dell'allegro leprotto e altre storie inospitali (osimo - an, arcipelago itaca, 2017). è presente nel volume àkusma. forme della poesia contemporanea (metauro, 2000). ha curato le antologie chijô no utagoe – il coro temporaneo (tokyo, shichôsha, 2001) e contemporary italian poetry (freeverse editions, 2013). con andrea inglese ha curato le antologie azioni poetiche. nouveaux poètes italiens, in «action poétique», (sett. 2004) e le macchine liriche. sei poeti francesi della contemporaneità, in «nuovi argomenti» (ott.-dic. 2005). sue poesie sono apparse in traduzione francese sulle riviste «le cahier du réfuge» (2002), «if» (2003), «action poétique» (2005), «exit» (2005) e "nioques" (2015); altre, in traduzioni inglese, in "the new review of literature" (vol. 5 no. 2 / spring 2008), "aufgabe" (no. 7, 2008), poetry international, free verse e la rubrica "in translation" della rivista "brooklyn rail". in volume ha tradotto joe ross, strati (con marco giovenale, la camera verde, 2007), ryoko sekiguchi, apparizione (la camera verde, 2009), giuliano mesa (con eric suchere, action poetique, 2010), stephen rodefer, dormendo con la luce accesa (nazione indiana / murene, 2010) e charles reznikoff, olocausto (benway series, 2014). in rivista ha tradotto, tra gli altri, yoshioka minoru, gherasim luca, liliane giraudon, valere novarina, danielle collobert, nanni balestrini, kathleen fraser, robert lax, peter gizzi, bob perelman, antoine volodine, franco fortini e murasaki shikibu.