sul gusto nazionale

di Paolo Morelli

Stavo proprio pensando che un perseguitato che non ha la gentilezza di farlo dimenticare che è perseguitato allora se lo merita di essere perseguitato, almeno un po’, quando è risuccesso.

Chissà come mai, ma ogni volta, proprio ogni volta che tiro fuori di tasca il mio caro e venerabile pacchetto di nazionali senza filtro, ogni volta ma proprio o-gni volta da almeno trent’anni a questa parte c’è sempre ma dico sempre qualcuno che se ne viene fuori con, Nazionali! No?!? Esistono ancora? Ma dove le trovi?

Il rituale arcaico, la cerimonia laica nata sicuro in epoca immemorabile pre-vede che tu rispondi Dal tabaccaio!, poi quello fa la faccia un po’ incredula e un po’ che non gliene frega niente di dove le trovate, perché invece l’importante è che lui risponda, magari facendosi consegnare il pacchetto e rigirandolo fra le mani come fosse un reperto, Ah, le fumavo anch’io!!, con quel bel tono di nostalgia coatta che però agli occhi di un esperto in danze rituali e carboni ardenti non depone proprio niente bene. Ti ricordi che c’era un periodo che non si trovavano… Era perché sta-vano sul paniere del PIL…, intendendo una cosa avvenuta trent’anni fa o giù di lì per l’appunto, mentre appena tolte dal paniere suddetto sono riapparse in ogni ta-baccaio del Regno e le trovi impilate sugli scaffali come le altre, e altrettanto costo-se. Costavano? Quanto costavano? E voi, Ottanta lire, rispondete mentre lui conti-nua a esaminare il pacchetto. Ma anche meno!, vi dice da uomo di mondo e quasi a contraddirvi, Le ho fumate per tanti anni! Le fumava mio padre! ribadirà lui il dirit-to familiare di prelazione, cercando di scostare i ricordi fastidiosi che certo devono sembrargli a questo punto come scacciamosche in mezzo alle volute di fumo.

Difficile che voi non rispondiate Ah si?, mentre lui vi riconsegna il pacchetto come fosse sì un reperto, ma di quelli di un passato poco importante o comunque superato dalle recenti scoperte senza un rimpianto che è uno, con una bibliografia che ormai già riempie due o tre scaffali. Difatti, se il tempo c’è e quindi avete quei frangenti per pensarci un secondo, si tratta di qualcuno che o ha smesso di fumare con grande coraggio, sprezzo del pericolo e volontà invincibile, o che ora si fuma i sigarettini a triplo filtro e non delle torce bestiali come si vede bene che considera le vostre, si vede a occhio nudo e senza fare sforzi che come spesso succede sarebbe-ro controproducenti anche qui, difatti potete tranquillamente far bella figura facen-do il verso di offrirgliene una, tanto si schermisce quasi sicuro. Questo però a pen-sarci bene non è sempre vero, e anzi mi rimangio subito quello che ho detto e ve lo sconsiglio caldamente di offrirle, perché invece una discreta percentuale, qui valu-tabile io credo intorno al trenta per cento l’accetterà di buon grado, se la farà pure accendere la benemerita, si beccherà la botta che secondo lui rappresenta una sem-plice boccata senza aspirarla, come del resto si vede bene dalla nube marrone anco-ra infuocata dai riflessi danteschi, per poi scusarsi subito, già prima della seconda. Lo vedrete allontanarsi, curvo e un po’ angustiato per altri affari inalienabili o in-contri nuovi e improvvisi. Basta che lo seguiate con lo sguardo per non più di due secondi e già l’ha buttata con un rigurgito, come a scordarsi un peccato molto grave e perfino sanzionabile da molto ma molto in alto, che più in alto non si può. La maggioranza non la schiaccerà nemmeno, la buttano via come un anarchico un candelotto di dinamite. Oltretutto, a voler esaminare bene per capirci qualcosa, c’è da temere pure il tizio che ve la chiede lui, Me ne dai una?, ma qua siamo sull’ordine dell’un per cento non di più, perché dopo la prima boccata dovrà per forza far suo-nare i suoi commenti, tipo quelli dal tono delicato Buona però… Ma son più leggere di una volta…
Al che voi che proprio quella mattina avete fatto un fioretto per imparare la pazienza, che esser pazienti al giorno d’oggi serve quasi o forse più del pane e a voi invece è sempre mancata, la magnifica pazienza, gli spiegherete che per disposizioni europee la miscela è cambiata, e sempre per dimensioni europee le hanno pure al-lungate, tanto che non tirano più tanto bene come facevano prima dell’Unione Eu-ropea e bisogna tagliarne un pezzetto prima di accenderle. Ma queste cose ditele come vi pare, senza nemmeno far risaltare la creatività spinta e la visione del futuro di una legislazione europea che si occupa di pareggiare le sigarette, che sarà stata senza ombra di dubbio o la prima o seconda cosa che hanno pensato Altiero Spi-nelli e gli altri quando buttavano giù le bozze del Manifesto, là arrampicati sugli scogli di Ventotene, insieme a quell’altra della durata dei semafori su tutto il territo-rio unionale, tanto lui non vi ascolta perché sta cercando in giro qualcuno che co-nosce al quale deve dire una cosa urgente, o la visione di un fantasma da inseguire, sta elaborando nella capa cioè l’abile e solerte manovra che gli permetterà di allon-tanarsi per non far brutta figura.

Alcuni però c’è da dire, per essere precisi come è necessario in questi casi e difatti si tratta di non più dello 0,6 per cento, forse perché in quel momento più sta-tici o con minor spirito d’iniziativa, se la fumano tutta di fretta davanti a voi, in quattordici massimo quindici secondi l’hanno già finita, e se da quel momento in poi noterete in loro una specie di livore inconfessabile, un intorcinamento nei vostri riguardi senza ragione, beh allora pensateci un altro secondo e avrete la soluzione.

Il copione è fisso, le improvvisazioni pochissime, tipo certi che hanno il co-raggio di approfondire Mio padre fumava quelle verdi…, tanto che vi toccherà ri-spondere che quelle sono le Esportazioni senza filtro, e lui che mica molla però, Ah già, quelle con sopra il veliero… Poi c’erano quelle altre, come si chiamavano? E voi, le Alfa… No, quelle altre… Le Sax, direte voi che ormai da anni studiate da mo-naco anzi da santo, con preferenza per quelli orientali che sono, almeno a quanto dicono, meno biliosi e gastritici e soprattutto parlano poco o niente, abilità che ser-virebbe un po’ a tutti.
Ah, si, quelle con il sassofono sul pacchetto… Badate che la sequenza è sem-pre questa, senza variazioni, se voi dite per prime le Sax loro vi dicono di no quelle altre intendendo le Alfa, se dite le Alfa allora sono le Sax di tutto punto, tutto deve rispondere a una specie di rituale io credo, di stampo bizantino forse vista la scarsa prospettiva, o si vede che è la più logica la sequenza o si adatta meglio all’evoluzione della specie e tutti, dai vermi ai pesci del mare ne risentirebbero se di punto in bianco si cambiasse e ci si mettessero di mezzo per esempio le Stop, altri-menti io non me lo spiego perché da trent’anni almeno a questa parte se voi dite Alfa sono le Sax e viceversa, trent’anni perché prima ero fuori dal giro, fumavo le Gauloises. Qualcuno di costoro potrà concludere l’incontro, del quale non resterà traccia negli annali ma certo nell’animo umano o almeno nel vostro, con l’altra mezza domanda Ma ora non esistono più né le Sax né le Alfa…, anche se si vedreb-be pure dal satellite quanto gliene importa. Oppure qualcuno vi potrà chiedere quanto costano adesso, e al vostro Tre euro e novanta sarà costretto a rispondere Ma no!?!, facendo la faccia uguale uguale a quella di un primitivo, una specie di bo-roro amazzonico che ha esaurito le scorte, uscito dalla foresta ha di fronte l’ingrata savana a perdita d’occhio.
Certe volte che sono debole d’umore mi sembra che mi rivengano sotto gli stessi, anche due o tre volte con le stesse domande. Invece è probabile che diminui-scano, per forza di cose è tutta gente di una certa età. Devono morire tutti, io cre-do, prima che la cosa finisca.
Ma poi ci sono quelli che superano la logica di slancio, diciamo così. Una volta ero con la mia fidanzata sulla spiaggia, quand’eccoti che si avvicina un drogato penzolante con la testa che pareva mozzata durante una guerra santa, nemmeno tanto recente, e pure lì il rituale prevede la richiesta di denari alla quale voi rispon-dete Nein, in tedesco che viene meglio, allora lui ripiega su una sigaretta, con indice e medio. Ora, nel momento stesso in cui, con bonomia tutta italica invece tirerete fuori il pacchetto, ecco che lui fa la faccia come se gli aveste offerto un lavoro di gran prestigio, e se ne esce con un E che mi vuoi ammazzà!?! stupito e impaurito, quasi tenero direi, come un tonno che esce vivo dalla scatoletta.

Se qualcuno è arrivato fino a qui, starà pensando che chi parla è uno che ne ha di strada da fare per diventare santo e per ora è un bilioso senza pietà e senza speranze, un fissato insomma vi sta raccontando cose insignificanti per qualche suo tornaconto personale. Allora io vi dico che tempo fa sono entrato per la prima vol-ta in una libreria di usato che si chiama I Fratelli Tanner, ed è tenuta da due amici. Uno fuma le Ms, ma l’altro invece, come noterete subito dal pacchetto poggiato con cura sulla scrivania, è della vostra stessa e medesima religione, e da tempo al-trettanto immemorabile. Uscendo fuori sul marciapiede per fare due chiacchere tra correligionari che si ritrovano all’estero o in cattività, e darci dentro con le fauste celebrazioni, scoprirete che conosce e si lagna di tutto preciso sputato il rituale di cui parlavo prima, punti e contrappunti, domande e risposte, uguale spiccicato, si lagna e si addolora e non sa più che fare, mi dice, si è rassegnato, una volta si ribel-lava, ha provato col mutismo a costo di far brutta figura, ha provato con le cattive maniere, con uno degli indomabili domandatori ci ha perfino litigato.

Non essendo voi quasi sicuro dei fumatori di nazionali non potete immagi-nare la dolcezza squisita con la quale ci siamo abbracciati, correligionari ma di più, tutto l’affetto che per lunghi anni cercavamo nella religione ora circolava liberamen-te, torno torno a noi sul marciapiede, oramai amici e anzi fratelli vita natural duran-te. Con lui abbiamo concluso che il metodo migliore, il più sincero e anzi sentita-mente religioso e laico insieme, è rispondere come si deve, battuta dopo battuta, e pure abbiamo concluso che sta a terra senza dubbio il regno dei cieli. E inoltre ne abbiamo concluso che non tutto si capisce nella vita che facciamo, anzi, è meglio per l’avvenire umano che un bel po’ di cose restino avvolte nel fumo, e più si infit-tisce e meglio è.

Però a lui la storia del drogato gli è successa a Bologna.

[questo racconto è stato pubblicato su Animal(s) 12 (maggio 2010)]

4 COMMENTS

  1. A volte nel niente c’è quasi tutto.
    Comunque in letteratura la cosa che fa la differenza è proprio il “ben scritto”. No?
    (presumo caro Fantechi che per te, Gonciarov, poteva pure risparmiarsi di scrivere Olomov).
    Ciao

Comments are closed.

articoli correlati

Il ginkgo di Tienanmen

di Romano A. Fiocchi Da sedici anni ((test nota)) me ne sto buono buono sul davanzale di una finestra in...

Il buon vicinato

di Simone Delos Traslocare è un po’ morire. L’ho fatto sei volte. Ovunque andassimo, mia madre rimaneva stanziale per un...

La polacca

di Mirfet Piccolo Le piaceva farlo così, senza guardarlo: con la gamba sottile abbracciava la coscia di lui e con...

Il dottor Willi

di Michele Mari Sono il padre dell'uomo con il mare dentro e, sebbene abbia fatto di tutto per evitarlo, sto...

Quello che c’è sotto

di Andrea Dei Castaldi È strano dirlo, per me che sono nato a pochi chilometri da qui, ma non ho mai passato...

Paesino

di Maddalena Fingerle Anche se ci sono cresciuto, questo non è il mio mondo. Mia madre è uguale a mia...