Grano blu, un fumetto di Anke Feuchtenberger. Segno, senso e significato.
Non so quale sia il nume che controlla le deformazioni della mente che ci rendono un tipo di lettore oppure un altro, quale sia il nume che regola il nostro personale Parnaso di ricezione di un’opera. Ma se non volessimo andare a scomodare gli dei arrischiandoci in domande –possibili peccati di Hybris, possiamo metterci a scavare nel territorio terroso della teoria della ricezione, interrogare e trovare reperti che ci rispondano: un’esperienza personale, un fatto di storia, un rito, il mito, l’appartenenza ad una tradizione letteraria, l’individuale capacità di sogno o visione, altrimenti detto: la pesca paradigmatica nel pozzo del sé e la spontanea reazione del nostro cervello che crea immagini rispondendo ad uno stimolo.
Innegabile è la centralità del linguaggio come espressione: di noi stessi, del contorno, della memoria, della previsione. Il linguaggio evoca, a seconda di come noi lo riceviamo. Composti di linguaggio stiamo, su questa terra, evidenti e arcani allo stesso tempo. Cosa sia il linguaggio possiamo chiederlo in giro: ai critici o accademici, alla gente, agli artisti. L’ordine di citazione è voluto. I primi lo guardano dall’alto e lo analizzano, hanno lo sguardo dell’aquila; la gente lo vive, lo utilizza e questo è il rumore del mondo, l’esistenza. Gli ultimi lo muovono, lo introiettano, ne sono “presi”. Questi ultimi sono i vermi, i lombrichi, gli esseri più piccoli, la vita biologica nel punto più vicino alla cellula, al nucleo delle cose, del linguaggio, in questo caso.
Sono le lumache, magari, minuscole, come quelle che compaiono nel bellissimo fumetto Grano blu di Anke Feuchtenberger (Edizioni Canicola, Bologna, 2011). Ed è appunto di questo che io voglio parlare. Una storia, o meglio tre storie intrecciate, che si svolgono in uno spazio ridottissimo: un giardino, un ricordo, forse una visione. I luoghi del fumetto della Feuchtenberger si percorrono in pochi passi ma non si arriva mai a controllarli e misurarli del tutto. Qualcosa sfugge sempre. C’è vita ovunque, brulicante, pericolosa o in pericolo. C’è una lotta fisica e di intenzioni, allucinata. Il mondo di Effe Erre, un uomo non giovane né vecchio, con un passato da alcolista, ruota intorno a poche cose: una vita da asceta a regolare un passato duro. Il desiderio di calma. Milioni di piccole lumache che distruggono il giardino giorno dopo giorno, a rovinare tutto. I piani di narrazione sono ora paralleli, ora si intersecano. Insieme ad Effe Erre la Feuchtenberger ci mette sotto gli occhi ragazzine quasi evanescenti, allieve di uno strano monastero e animali che si chiamano gasteropodi, ossia le lumachine senza guscio che a volte troviamo nell’insalata, legati tra loro dal “grano blu” di cui deliberatamente decido di non dire nulla di più. Lo scenario che ci si apre davanti guardando i disegni è sempre in bilico tra il bello e il mostruoso, il naturale e lo straordinario, l’armonioso e il distorto. E’ proprio il linguaggio di questa bravissima artista tedesca che trasporta il lettore in un territorio multiplo, primordiale ed estremo tanto quanto semplice ed immediato come immediata è la vita organica che allo stesso tempo è misteriosa. Il linguaggio della fumettista Feuchtenberger si compone di disegni (tutti in bianco e nero) e parole ed è nel rapporto tra questi che sta la bellezza dell’opera. Ben lontana dal proporre un procedimento didascalico e descrittivo, narrazioni pedisseque di quel che ci viene proposto nelle immagini, lontana da scelte che releghino il testo nel ruolo di accompagnatore delle immagini o le immagini nel compito di abbellire un testo, finendo per togliere potenza ad entrambi, la Feuchtenberger costruisce una sottile rete di convergenze e divergenze tra i segni, tra parola e disegno, aprendo le porte alla metafora e all’allegoria, trasportandoci nel luogo della ricezione letteraria inteso come il luogo dell’incontro tra il mondo dell’opera in sé e quello del lettore, facendo in modo che tutto si carichi di un senso aumentato e, cosa più importante, cangiante in base al tempo e al soggetto che legge.
Ogni parola produce immagini e su tale parallelismo si fonda la comunicazione. Gli studi di logica del filosofo e matematico tedesco Gottlob Frege ci consegnano la spiegazione nel disegno di un semplice triangolo: su un angolo abbiamo il segno, su un altro il senso, su un altro il significato. Nella coesistenza di queste tre cose sta il linguaggio. Il fumetto di Anke Feuchtenberger è, in questo senso, un perfetto e alto esemplare di linguaggio, che comunica a livelli plurimi, che coraggiosamente raccoglie una storia da terra -nel vero senso della parola- e la rende dicibile, comunicativa, evocativa, sfruttando il passaggio attraverso i canali più ancestrali e meno corrotti o corruttibili dell’immaginazione, proponendo una storia del minuscolo, una storia originale e poetica, che si fissa nella retina (grazie anche al grande formato del libro) a lungo, concedendo al lettore il tempo di persistenza che serve alla riflessione attraverso la quale si chiude il triangolo che, partito dal disegno e passato attraverso l’immagine, approda alla significazione, condivisibile o anche semplicemente personale.
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Due , alcune cose.
GRANO BLU è un racconto che si sviluppa, perfettamente parallelo, su due dimensioni. Le illumina con una luce quadrata, impassibile. Anche se il mondo della seconda dimensione è un’invenzione arcana e suggestiva, che sembra pescata nella memoria mitica e primordiale, direttamente dall’amigdala.
La vita come un seguito di situazioni regolate dai riti per i “gasteropodi” di una società in cui l’individuo non è ancora tale, individuo, appunto. Grano blu è il veleno che innesta un imprevisto processo di accelerazione. La sostanza apre a situazioni di inedita e velenosa comunicazione erotica. Il banchetto iniziatico viene consumato al riparo della balsamica ombra di un’ alcova per due in cui “cantare la bava”. In un mondo di ermafroditi apre la via a un piacere che crea dipendenza immediata, separando l’individuo dal suo corpo collettivo e portandolo all’annientamento. Ma l’appassionato sacrificio di molti innesta un martoriato percorso evolutivo. Martoriato lo è sempre, del resto.
Trattasi di gasteropodi. Di una specie di monastero e di veleno per orti. E c’è anche Van Gogh.
cosa bisognava capire.
eh?