La meravigliosa utilità del filo a piombo
di Francesca Matteoni
Scrivere, oppure far dritti i muri delle case, del luogo che si abita, perché sia uno spazio il più possibile a nostra misura, dare una direzione alle idee sghembe, come un impasto che si solidifica, talvolta si fa pure sasso che si scaglia contro i vetri, apre brecce per respirare. La meravigliosa utilità del filo a piombo di Paolo Nori (Marcos y Marcos, 2011) è un libro di discorsi, scritti e “parlati”, nei luoghi più vari, dal sedile di un treno alla propria casa sommersa nel brusio delle seghe elettriche degli operai al lavoro all’esterno, ad un appartamento romano a cui suonano visitatori imprevisti (un po’ come l’uomo di Porlock per il Coleridge del Kubla Khan, con la differenza che qui il disturbatore diventa parte integrante del processo di scrittura e non causa di smarrimento, perdita dell’ispirazione), alla voce interna dove affiorano le parole, sfogliando e acquistando libri da una bancarella, o cercando il giusto paio di calzoni, “braghe” in cui stare a proprio agio, con tutto il tempo per le molteplici distrazioni/rivelazioni che nutrono il lavoro letterario. Infatti “per scrivere, per fare arte, in generale, più che sapere, è importante dimenticare, più che abbassare la testa a lavorare, è importante alzarla a guardar delle cose che di solito non guardiamo mai, che diam per scontate, e invece appena le guardiamo ci accorgiamo che non sono scontate per niente, perché l’arte, secondo me, il punto da cui viene, e quello che produce, ha veramente a che fare con lo stupore, ha la sua radice, io credo, in quel momento che il mondo ti prende di sorpresa”. Un libro sul come si scrive e sulle vie che si percorrono cercando di raggiungere un nucleo di senso, o semplicemente di rispondere ad una richiesta, preparare una riflessione sugli argomenti più disparati. Così facendo si può scoprire che la strada più sicura per arrivare alla meta non è sempre la più veloce né tanto meno quella dritta, che non prevede deviazioni, interruzioni brusche ed un po’ d’inventiva per aggirare gli ostacoli. Lo scrittore e con lui il lettore si perdono, sembrano dimenticarsi l’oggetto principale, solo per comprendere alla fine che ciò che importava davvero non era il risultato, ma la ricerca, che a volte la bellezza dell’arte non sta nella fruizione diretta di un quadro o di un libro, ma nell’aura, un’atmosfera fortissima e inspiegabile in cui siamo immersi, in comunione con altri, sebbene sconosciuti e distanti, un mistero che nessun esperto può svelare. Che scrivere prevede qualcosa in più del descrivere, un funambolismo con cui si interroga sempre sia la fune su cui si cammina che l’aria smossa dal passo e chi dice poi che sia proprio una fune? E non un sentiero, una stradicciola periferica, un ponte. Allora, con un tono stupito e disincantato, autoironico e lontano dalle grandi verità, Nori discute di frontiere, per esempio, non per spingersi oltre, ma per recuperare, pure attraverso i luoghi nuovi come la Russia prima del muro, la propria infanzia e adolescenza, le piccole vicende significative della propria famiglia che ci fanno essere quello che siamo, perché il più lungo e difficile è sempre un viaggio di ritorno. Che le nostre scelte nascono da qualche parte molto concreta, da un vincolo affettivo che non sappiamo mai quando saremo in grado di dire. O che quello che ci commuove è ciò che ci illude – di essere eterno, sicuro, infrangibile – nel momento in cui si mostra fragile e contingente come tutto il resto. Che non tutto ha un’intenzione e la letteratura ce lo ricorda, la letteratura che “secondo me, ammesso che esista, tra le tante cose, uno dei vantaggi che ha, è il fatto di non essere sottomessa alla dittatura dell’attualità, di non dover per forza parlare delle cose di cui parlano tutti,di poterle ignorare, quelle cose, per occuparsi di cose apparentemente meno interessanti”, ma presenti alla nostra natura umana. O infine, nel bellissimo saggio conclusivo Noi e i governi, dove l’autore dialoga con i russi Charms e Chlebnikov, da lui stesso tradotti, ma anche con Brodskij, Wallace, lo stoico Epitteto e Simone Weil, che la letteratura è quella finestra infranta, quella strana frattura di luce per cui si distingue la nostra parte, la nostra responsabilità da quelle altrui, si saggia il terreno intorno senza troppa fretta di aderire a questo o a quell’altro ideale o partito, si corre il rischio della libertà autentica, dell’anarchia. Di stringersi al pensiero e al dubbio, anche se portano il marchio della minoranza, della sconfitta, perché in fondo ad ogni essere umano non resta che la sua anima, il suo paio di braghe da indossare, meglio che siano comode, che siano sue proprie.
Questo articolo della Matteoni dovrebbe essere contrassegnato come “Pronto soccorso” ovvero “Niente paura che arrivano i nostri”. Va segnalata la tempestività dell’autrice dopo i giudizi negativi sull’incipit fiacco e inconsistente di questo volume di Marcos y Marcos e dopo la polemica di molti e non di uno contro il servilismo di certi redattori abili a formulare meravigliosi giudizi su una scrittura che a me pare e lo ribadisco senza remore “un nulla agitato da un niente”.
Egregi soccorritori e soccorritrici, qui si indulge in un vizio fatale della nostra società a un passo dal tracollo e il fatto che siate stati così tempestivi e solerti è la prova che proprio non riuscite a controllarlo il vostro vizio, quello di disseminare commenti “fasulli” su testi di autori e di editori amici nella speranza di essere ricambiati (talvolta magari pubblicati). Questo vizio o malcostume è talmente diffuso da contribuire significativamente alla decadenza complessiva delle lettere e del gusto di questo paese. Rilevo da anni che c’è chi legge soltanto come scrive purtroppo e applaude quel che somiglia alla propria mediocrità. Col risultato che la mediocrità va diffondendosi ovunque.
Le nostre editrici pullulano di editor mediocri che scelgono libri mediocri da dare in pasto a lettori mediocri che non vedono l’ora di riflettersi nella propria mediocrità assurta miracolosamente a eccellenza: stampata, impacchettata, distribuita, prezzata, recensita… Tutto questo per la felicità di imprenditori mediocri che vorrebbero essere chiamati intellettuali e che profittano della diffusa mediocrità della società e del gusto…
Il fatto è, come ha scritto Keith Botsford nel manifesto editoriale di The republic of letters che bisognerebbe fare proprio il contrario, cioè non pubblicare libri “chic” per lettori che vorrebbero essere “chic”.
Si prega nazione indiana di moderare gli applausi e di evitare che la tempestività e la solerzia di qualcuno nuocciano fatalmente alla propria credibilità.
Detto questo che “l’anima di un uomo siano un paio di braghe da indossare, (…) comode e sue proprie” non mi pare una gran massima da ricordare, e se era per questo Nori poteva pure risparmiarsi di tirare in ballo Charms, Brodskij, Weil, Epitteto, Chlebnikov e Wallace. Tutta sta gente per una robetta da poco.
Cari soccorritori, ci sono società che per restare umane hanno sopravissuto ai lager e agli stermini di massa, a noi toccherà sopravvire alla mediocrità e chissà a cos’altro.
Per questo non sarò mai grato a case editrici come Marcos y Marcos che “pubblicano libri così!”
Un saluto ai soccorritori e che non si affannino troppo!
Anch’io mi commuovo spesso al pensiero che la letteratura, come ci insegna Paolo Nori, non è sottomessa alla dittatura dell’attualità, e può liberamente occuparsi di cose di cui non parlano tutti, quelle apparentemente meno interessanti. È questo commovente vantaggio del fatto letterario che permette a Paolo Nori di scrivere, liberamente e commoventemente, su un quotidiano che commemora in prima pagina Vittorio Arrigoni col misurato e lieve (nonché, evidentemente, antifoscoliano) invito: LASCIATELO LÀ [qui]. Vengono in mente, a mo’ di ulteriore glossa, queste parole dell’Autore medesimo, che solo pochi giorni prima scriveva – anzi, precisava – sul suo blog: «Quando ho cominciato a pubblicare per Libero, un’idea che avevo, era che i lettori di Libero fossero altrettanto intelligenti dei lettori del manifesto o della Repubblica. È una cosa che penso ancora».
Tu hai dei problemi, Antonio. Fatti curare, la dietrologia è un brutto male. Nazione Indiana ha polemizzato e anche duramente con Nori, non sai di cosa parli.
Io credo che Epitteto e Simone Weil se incontrassero Nori si volterebbero dall’altra parte.
Io credo che l’altra parte se incontrasse Paolo Nori, Epitteto e Simone Weil non ci farebbe neanche caso.
Architetto Biondillo è vero che avete duramente polemizzato, ma sembra che non aspettavate altro che la sua lasciatura di Libero per riabbracciarlo, per cantargli: torna ‘sta casta aspetta a te! Antonio pare anche a moi poco adulativo, però fa riflessioni congrue, si espone assai dolorosamente e parla in modo corretto: se gli si sparano contro le solite accuse di pazzia ci si comporta da stalinisti. Magari domanda a Nori che è parecchio esperto di russità moderne.
L’altra parte a Simon Weil e Epitteto ci farebbe caso, Larry, eccome.
In ogni caso: “sembra che non aspettavate altro che la sua lasciatura di Libero per riabbracciarlo, per cantargli: torna ‘sta casta aspetta a te!” – ma di che parli? Francesca Matteoni s’è letta da sé questo libro e lo ha recensito senza chieder permesso a nessuno, com’è costume da queste parti. Io, per dire, la mia l’ho espressa, e come puoi vedere non è nello stesso senso di Francesca. Dismettere ogni tanto la modalità “paranoid” semplificherebbe le cose, tante volte. Non voglio litigare Larry, credimi. Ma Nazione Indiana funziona così.
Larry, avevo ottenuto da MarcosyMarcos il pezzo di Nori ben prima che lui smettesse la sua collaborazione su Libero. Avendo dell’arretrato l’avevo messo in programmazione in questi giorni, nel retrobottega di NI, due settimane fa. Che lui non ci scrivesse più su quel quotidiano l’ho scoperto nei commenti al mio post.
La tua è dietrologia. Punto.
Pensa che Francesca, dopo che l’avevo pubblicato, mi ha chiesto, in privato se poteva pubblicare la sua recensione (dato che non sapeva che avrei pubblicato l’anteprima), spaventata dal fatto che ci sarebbe stato un commento come quello di Antonio.
“Pubblicalo e fregatene”, le ho detto, “al massimo ci divertiamo a leggere i soliti commenti che parlano di mafietta, camarilla, etc. etc.”
Vorrei rammentare al simpaticissimo Antonio (simpatico, per me, come una ragade anale) che dirmi che pubblico su NI Nori “nella speranza di essere ricambiati (talvolta magari pubblicati)” è demenziale. Un editore ce l’ho già e fa parte del terzo gruppo editoriale italiano. Non faccio la questua in giro.
Finiamola qui, per piacere, oltre cadremmo nel ridicolo.
arrivo ora. Dunque, visto che del libro in sè pare non sia interessante parlare: l’ufficio stampa di Marcos y Marcos mi ha chiesto se avevo voglia di leggere questo libro. Io che fino ad ora non avevo mai letto Nori con attenzione (sfogliato in libreria, qualcosa nel suo blog), ho detto, sì, mandatemelo sono curiosa. L’ho letto. Mi è piaciuto. Nori per me può essere simpatico, antipatico, etc etc, mi sembra che Gianni spieghi bene questo concetto, richiamando l’episodio di Libero in cui Nazione Indiana è stata critica della scelta dell’uomo. Questo per me nulla toglie al libro, allo scrittore. Si può ovviamente dissentire, non apprezzare il libro o la recensione, è legittimo. Mi si può chiedere: ma tu scriveresti per Libero? Risponderei di no, e tuttavia non sarebbe sufficiente per farmi innalzare mura contro coloro, che pur non condividendo il Libero-pensiero, si trovano a scriverci. Stare sempre a cercare motivazioni astruse quando le cose sono molto semplici è una gran fatica e uno spreco di energie che si potrebbero spendere altrimenti. Magari leggendo… Io quando ho letto dei bicchieri infrangibili mi sono sentita toccata. Grazie a Marco (nonostante la differenza di idea) e Gianni per la difesa. Per il soccorso, attività in cui talvolta sì mi diletto, di solito lo rivolgo a gente per cui ho un altro tipo di interesse, non letterario. E con questa concludo.
Ero stato assente dal web qualche giorno e non avevo nemmeno notato la pubblicazione dell’incipit di Nori. La cosa mi sconcerta. Credo che se uno come Nori ci fa i pipponi sulla letteratura e l’inattualità e i dialoghi con i maestri, (e magari saranno pure belle pagine) quantomeno si dovrebbe mettere in relazione il testo con il fuoritesto, visto che da una parte si tira in ballo simone weil e dall’altro si scrive su giornali come quello citato appena sotto, e li si loda pure. Notare quantomeno la discrasia tra un testo così “inattuale” e la ferocissima attualità del suo autore, così strabico da non vergognarsi di scrivere su un giornale che tocca gli abissi dell’inumano. Visto che l’inattualità, Nietzsche insegna è ben altra cosa.
Calmatevi, le mie erano solo miserabili battutelle. D’altra parte avevo scritto ” sembra “… Vi invitavo magari a non inviperirvi per qualsiasi atteggiamento non leccatorio, come fate secondo me troppo spesso, mostrando un grado di suscettibilità che confina con la poca serenità di coscienza: se foste più sereni forse provereste a dialogare con chiunque, Antonio compreso (o ve ne impippereste). D’altra parte ci tenevate così tanto alla responsabilità… potreste anche essere abbastanza responsabili da rendervi conto che questa improvvisa attenzione verso Nori potrebbe dai maligni essere messa in relazione con la sua improvvisa e tardiva scoperta della relativa illiberalità di Libero – che invece bastava informarsi su chi lo dirige – e può risultare a qualcuno eticamente indigesta. Diceva quel gran provocatore di Brecht: ” lo spirito difensivo è la prova della vostra colpa “. Lasciamo perdere Simone Weil, appartiene ad universi davvero inattuali. Comunque sono contento che adesso anche ad alcuni di voi di NI garba la scrittura di Paolo Nori, un anno fa sembrava che garbasse solo a me (moderatamente).
Larry,
Hai ragione. Ma sai, a furia di sentirselo dire dopo un po’ uno perde la pazienza. Tutto qui. La scrittura di Nori, comunque, non ha mai smesso di “garbarci”, neppure un anno fa (vatti a rileggere la polemica, se hai tempo e voglia).
Secondo me Nori garba molto a sinistra perchè esibisce un concetto di letteratura inconsistente e ameboide come la medesima. Si può rinunciare alla rivoluzione ma all’auto rispecchiamento mai.
Alla signora del 118. Ma a chi la racconta? Nella mia polemica precedente un punto caldo, per così dire, era quello delle braghe e lei ha concluso la sua respirazione bocca a bocca proprio parlando di calzoni. Una coincidenza che non mi pare proprio accidentale. Del resto, dalle parole del suo mentore, si capisce benissimo che era a conoscenza dell’antefatto. Lo eravate entrambi ma vi comportate come due verginelle innocenti, là dove è tutt’altro ciò che appare.
Come lei dice, ha scritto la recensione dopo che Marcos y Marcos le ha chiesto se voleva leggersi il libro. Cioè lei, grande estimatrice di Nori, non ha letto il libro per averlo comprato, ma l’ha fatto consigliata dall’ufficio stampa dell’editrice. La recensione è poi venuta da sé, spontanea e naturale, per l’irresistibile prosa di Nori, il suo ritmo incalzante, il tono da insuperabile affabulatore che dialoga con Charms e Weil e con sforzo gargantuesco fa comprendere a tutti noi, ma a lei per prima che ne è evidentemente estasiata (e come si fa a non capirla), che “l’anima di un uomo sono un paio di braghe da indossare, (…) comode e sue proprie”. Mi complimento davvero con lei, per la raffinata esegesi del testo, il suo stile da intellettuale indipendente, esempio di lucidità e passione, per il suo eroismo. Ma signora del 118, ma chi vuol prendere in giro? Chi volete raggirare lei e il suo amico?
Bion-Dio, lei vorrei proprio ignorarla, come ho sempre fatto finora, come ho ignorato e ignorerò i suoi testi pubblicati dal “terzo gruppo editoriale italiano”. Spero che questo non le faccia credere di essere un grande scrittore, uno di cui si dovranno ricordare le indimenticabili pagine, altrimenti dovremo pensare che Rodefer, per dirne uno a caso, è un poeta da niente paragonato con lei e la sua inestimabile prosa. Ma no. La sua faccia da bullo da terzo gruppo editoriale, la sua parlata da gran cafone, i suoi modi da fascista parlano da soli.
Ho ignorato i suoi commenti precedenti e avrei volentieri ignorato anche questi, semplicemente perché io e lei apparteniamo a universi morali contrapposti. Del resto non ho mai fatto il suo nome, interessandomi l’aspetto generale della cosa. Che lei mi dia del folle, mi fa sorridere e mi lusinga, perché marca ancor più chiaramente la distanza che ci separa. “Mandaci i folli” ha scritto un grandissimo poeta.
Signor bullo da terzo gruppo editoriale italiano, ma lei con Nori non ci faceva i Bookbrothers? Non c’era stata una fratellanza fra voi? Ché in questo caso si tratterebbe proprio di fellatio riuscita.
Un’ultima cosa Nori per me l’incipit del libro di nori pubblicato su NI è pessimo scrittore, è l’incipit di uno scrittore da niente. Questo è un giudizio su Nori scrittore, non è un giudizio su nori che ha scritto per libero.
Festina lente, cari soccorritori. Più dignità per Nazione Indiana. Un caro saluto ai cercatori di versi veri, di parole che interrompano il tempo della mediocrità diffusa in cui siamo invischiati.
ma, scusate, non ci può essere un libro bello e basta? O dobbiamo sempre cercare le streghe in ogni rigo di piccola e grande letteratura che commentiamo? A me il libro di Nori è piaciuto. Perchè, non avendolo mai ascoltato dal vivo, ho avuto la possibilità di leggere alcuni suoi interventi, che ho trovato a volte divertenti, a volte commoventi, poche volte banali. Punto.
Antonio,
in una discussione storpiare nomi o dare nomignoli “è” da fascisti.
Rodefer, ti faccio notare, l’abbiamo pubblicato noi di NI in Italia.
Io Nori l’avrò visto una volta sola in tutta la mia vita, per 5 minuti circa.
Io di certo non sono un grande scrittore, ma tu sei paranoico.
Concludo cafoneggiando, con un rutto clamoroso.
Nori ha detrattori convinti, ci sono quelli stile comintern da quando ha pubblicato sul giornale più schifoso, becero e fascistoide italico, ci sono quelli che poco amano fin dalla prima ora l’apparentemente svagato ironico, molto emiliano romagnolo, e piacevole divagar dicendo, sotto cui c’è un ferreo impianto culturale, ci sono quelli che l’amano ma un po’ si sono stancati del refrain di anacoluti e congiuntivi volutamente bucati e che in quest’ultimo libro avvertono un po di stanchezza e di manierismo ripetitivo, poi ci sono gli estimatori sfegatati a prescindere.
Che il giro delle recensioni sia fatto di uffici stampa delle case editrici e vari piccoli e grandi opportunismi e scambi di favori, non è una novità.
E’ la regola tranne in rarissimi casi.
Questa recensione, piuttosto, per la genericità dell’esegesi critica, per il suo un po’ infantile rifarsi a esperienze personali e scolatiche più che al contesto letterario dello scrittore, restituisce molto poco dell’oggetto di cui tratta. E’ un “mi piace” che non coprirei di troppe dietrologie.
Consiglio la lettura di questo magnifico saggio di Michele Sisto, (che ho appena scoperto in coda all’altro post sulla Magnifica invenzione…)
così, forse, chi ignora la scrittura di Nori, si fa un’idea un po’ più precisa.
http://puntocritico.eu/?p=1898
@Arsenio. Credo che lei abbia colto il punto essenziale della recensione della Matteoni: un “mi piace” piuttosto generico. Francesca non mi pare che si sia sperticata in modo così veemente dicendo che Nori è un genio o chissà cos’altro; l’unico punto che definisce “bellissimo” è il saggio a fine testo (del resto la matteoni ci mette la faccia: se questo saggio secondo noi fa schifo la prossima volta che vediamo una recensione della Matteoni la saltiamo a piè pari, no?).
Giusto per finire, le marchette sono pagate più delle recensioni.
Madonnina bona, che livore!
E’ proprio vero che la letteratura fa male…
ma che schifo ‘sto antonio … non è la letteratura che fa male ma la rete che da licenza di sputo e vomito a persone come antonio … del resto siccome amiamo la Rete Libera, siamo costretti a sopportare anche i vomiti gratuiti dei vari antonio.
geo
Perché, che schifo Antonio? A me fa scompisciare.
Una tale incazzatura tocca vertici di surreale icasticità.
Qui c’è dietro un mondo, signore e signori.
Qui ci sono aspirazioni frustrate, visioni ulteriori di mondi irraggiungibili, qui c’è l’Italia nuova che insorge! perdio! insorge contro… contro… Biondillo.
che stress (per me lettrice, non oso immaginare come mi sentirei se fossi nella redazione di NI).
che ansia.
Leggendo la polemica sull’ultimo libro di Paolo Nori e sulle relative recensioni, rimango esterrefatta. Personalmente, Paolo Nori mi piace. Ha scritto cose molto belle, come “Noi la farem vendetta” e “I malcontenti”. Ha un suo linguaggio, un suo stile. L’ho conosciuto di persona e mi è sembrato simpatico. Possiamo approvare o meno che abbia scritto recensioni su Libero, ma questo non ci obbliga ad assumere posizioni talebane contro di lui e contro chi lo apprezza. Si può anche pensare che il suo stile così originale ultimamente sia diventato un po’ “di maniera”, ma non mi sembra che questo autorizzi tanto livore… quanto al signor Antonio, non so chi sia, ma… potrebbe darsi una calmata!
Mirfet, tu l’hai detto. Ti si potrebbero fare mille esempi. L’ultimo in ordine di tempo per quantoi riguarda: uno scrittore mi chiede una quarta di copertina, io non la faccio perchè quel che leggi non mi piace (quanto sarebbe stato più comodo farla no?), e lo scrittore, dopo avermi lanciato insulti in varie parti del web, compare nel thread sotto a un mio testo, dicendo che quel testo era molto brutto. Cose così.
Refusi: * per quanto mi riguarda
* leggo
Marisa, nessun talebanismo: nessuno sta dicendo di bruciare i libri di Nori, nè di non parlarne, nè di dire che sono brutti. Non è questo il punto. Si tratta invece di contestualizzare il senso di quella scrittura, di quel libro (tanto più non essendo un romanzo) entro una pratica sociale – ogni libro non essendo una monade conchiusa – o quantomeno di chiedersi qual’è l’idea di letteratura ivi contenuta.
@ Rovelli
Ma è molto semplice, basterebbe leggersi il discorso “Noi e i governi” per capire Nori e la sua idea di letteratura e l’importanza di prendersi la libertà di essere liberi (fuori da ogni schema ideologico precostituito e da antitetismi da ultras).
Massimo, la tua battuta è impagabile: “qui c’è l’Italia nuova che insorge! perdio! insorge contro… contro… Biondillo.”
Se mai ti conoscerò nella vita vera ti devo un caffè per la risata. Grazie.
tramutoli, “la libertà di essere liberi” non è altro che un vacuo e insensato gioco di parole, che peraltro starebbe bene in bocca a Berlusconi.
ammazza rovelli, ecco, per l’appunto, ti volevo chiedere il permesso di esercitare il calembour senza sottopormi ai tribunali del popolo. Comunque, magari, vattelo a leggere Noi e i governi. Vedrai che dà un subitaneo effetto di benessere. E lì Nori non usa neanche il suo humour, ma una certa passione etica e civile che dovrebbe piacerti. Comunque, faccio un saltino indietro, che davanti vedo del filo spinato e delle torrette con mitragliatrici a difendere l’ultima fortezza all’ossessione di Lui, che manco lo voglio nominare. Ecco di questo proprio parla quel discorso, della libertà di fottersene di Lui e di fare il proprio dovere, comunque. Che nessuno ce lo potrà impedire.
Io non giudico nessuno, tramutoli. Considero l’indegnità etica che ho davanti. Fare il proprio dovere? Tu chiami dovere l’indegno gesto etico di scrivere su Libero e esser parte del discorso ideologico che su quelle pagine abominevoli viene articolato, fino a quel LASCIATELO LA’ rivolto ad Arrigoni, l’abominio dello schifo dell’epoca presente, della perdita di umanità, quel lasciatelo agli avvoltoi, quello sì il tribunale di Creonte, il suo decreto verso Polinice che deve restare insepolto. Tu chiami dovere tutto questo Tramutoli? Tu dici che uno che mette la sua faccia su tutto questo è uno che ha passione etica e civile Tramutoli? Bravo.
rovelli mi pare che non c’entra proprio un beneamato. Si può scrivere una bellissima poesia anche sui muri di uno schifosissimo cesso pubblico, no? Ma non faresti meglio a non leggerlo? Fai come me, che il tempo è poco. Lascia perdere i giornali e soprattutto alcuni giornali, che alle otto di mattina son già carta straccia. Resta poi la tua giornata da vivere, senza appunto i cori degli ultras. Comunque un bravo anche a te che devi ancora capire il senso profondo di certi nonsense che sono alla base dei giochi (vacui se uno è seriosissimo come te) di parole.
antonio caro, visto che è così attento ai dettagli la voglio rassicurare, stavo scrivendo con l’iphone e le parole si completano da sole, come prova appunto l’abbondanza di refusi. stia bene, con i suoi beati
Probabilmente è finita l’ora d’aria e c’è da tornare in reparto.
tramutoli, no. ma su questo abbiamo già scritto fino allo sfinimento mesi e mesi fa, e non ha senso tornare a ripetere le stesse cose – che solo, adesso, sono ancora peggiori.
non sono seriosissimo, tramutoli, ma quando si tratta di cose come quelle di cui ho scritto sopra allora sì che lo divento, anzi m’infurio seriosissimamente. e mi spiace per lei se non lo fa.
ecco rovè,
“mi spiace per lei se non lo fa”
dammi pure del lui, (che son maschietto).
ciao
Non ho interesse nei suoi genitali, tram
maronna siete tutti nervosetti vedo :-)))))
antonio sembra essersi calmato dopo l’ora d’aria e ora si azzuffano, dandosi del lei, gli altri
Marco non paragonare, per favore, “la libertà di essere liberi” con berlusconi … per lui è sempre e comunque Libera volpe in libero pollaio, per il simpatico tramutoli no, anzi anche un pulcino deve essere libero di andare nella tana del lupo a vedere l’effetto che fa e non per questo essere sbranato, dal lupo (il che sarebbe anche normale) e pure dal resto del pollaio … suvvia non essere eccessivo e poi Nori non ci scrive più su libero ed è lo stesso di ieri e dell’altro ieri ma una cosa l’ha imparata … che sui giornali ai collaboratori (apparentemente liberi) la vera violenza la fanno nei titoli, ma ….. mica solo a Libero.
penso che questo libro di Nori,
ma non per questa ragione chiedo a marcos y marcos di pubblicarmi
o sostenga l’idea di scrivere su libero e/o il giornale e similari,
debba essere letto almeno per la ragione che permette di ripensare
alla scrittura quando questa è fatta d’amore verso la libertà di pensiero;
nel senso che, senza dubbio, il retroterra, o retroterreno, o nulla, come dicono certi e aggiungeranno sicuramente certi altri di Paolo Nori,
sia appunto il legame stesso tra la battaglia della letteratura completamente libera del passato
e quella nuova-attuale che non necessariamente deve ripetere l’impegno che s’insegue pur nel disincanto con la parola stessa Impegno.
b!
Nunzio Festa
Georgia, scusa ma non c’era il bisogno di un paciere, era già finito tutto… Il riferimento alla frase era da intendersi nel contesto in ogni caso, e non mi pare vi sia alcunchè di eccessivo nel ribadire con nettezza quel che Girolamo qui ha enunciato per primo
Tramutoli tra sordi
I rossi e i Nori
Vuota Antonio, Vuota Antonio!
Anni di filo a piombo
Georgrafia dei territori occupati
Tra dire e fare, Marisa
io Lexo tanti libri
Fort Festa
Arsenio, lu pan!
Sistemi Binaghi
Fab for
Larry, Davidson
Giro l’amo ed abbocca
I conti non tornano (in contumacia)
leggèro il libro ché lo dice Francesca
:-)
effeffe
ps
se Libero mi fotte un titolo questa volta chiamerò il mio avvocato
perchè come diceva il maestro dei maestri Squallor
quann n’omm rest sul è pecchè l’ha avut ngul
bene. Alcuni commenti (due di Antonio) sono in moderazione. Credo che abbia già dato il meglio di sè nei due che lascio e lo sappiamo tutti il nostro tempo sulla terra è limitato. Anche il nostro tempo nei blog segue questa regola prima o poi.
Fate veramente spettacolo.
Menti così acute e colte incapaci di mantenere un contegno nella discussione, incapaci di rispettare i contenuti del post, incapaci di rimanere sull’argomento e incapaci di aprire una discussione sulla lettura.
Qualcosa di produttivo, nooo? Si può parlare ancora di un confronto intellettuale, semplicemente civile? Tipo un fruttoso scambio di opinioni sul testo recensito dall’autrice del post, a vantaggio di chi ha letto lo scrittore Nori e di chi, come me, non lo ha mai letto ma ha letto qui le lunghe polemiche su l’uomo Nori che scrive su Libero?
Evidentemente no. Come al solito, il clip offerto è un corpo a corpo a base di colpi di fioretto, di spada e di ascia.
“Lo scrittore e con lui il lettore si perdono, sembrano dimenticarsi l’oggetto principale”
Appunto.
E’ (quasi) sempre un grande ed inutile piacere leggervi.
Sembrate un videogioco.
plessus, ti prego, dai… “fate”, “sembrate”… tu invece ne sei al di fuori, vero? No, anzi, al di sopra… nel momento che scrivi un commento di questo tenore fai parte del videogioco pure tu, mettitelo in capa. ;-)
Francesca,
il post è tuo e giustamente lo gestisci come vuoi, ma gli insulti a me rivolti non mi pesano. Per me li puoi tranquillamente lasciare, a futura memoria, quando gli alieni ci studieranno per capire perché ci siamo estinti.
@plessus
mi pare di essere stato sul tema, avendo letto e apprezzato il testo.
Rimando di nuovo al bel saggio di Sisto, qui:
http://puntocritico.eu/?p=1898
e direi, per chi non l’ha mai sentito, (che Nori, almeno una volta bisogna sentirlo leggere per introiettare la sua voce, una cosa che poi arricchisce la lettura personale dei suoi testi), su you tube c’è un sacco di materiale.
ciao
Gianni pesano a me. E, come scrivevo, rispetto le leggi di natura sulla durata delle cose. Un po’ come Lorenzo De’ Medici: chi vuol essere lieto sia:/ di doman non c’è certezza.
P.s.: ringrazio gli intervenuti che hanno provato a star sul tema e grazie a Giancarlo per il link.
Dicevo un tempo di non capire l’umorismo degli architetti, ma mi devo ricredere. Del resto, mi pare doveroso rivalutare lo spirito dadaista di una umanità che si estingue a seguito degli insulti ricevuti da Gianni Biondillo.
Eccheppalle con Libero… anch’io ho scritto su Libero e allora?
Solo che non mi hanno risposto.
@ Biondillo
Gianni, noi ci conosciamo, o meglio, ci conobbimo, in altri tempi e altri luoghi, tipo il secolo scorso. E ci fecimo insieme anche parecchie risate… almeno, io di sicuro me le feci, insiema ad altri scombiccherati sempre del secolo scorso.
Carramba che sorpresa!