Lunedì in Alba


25 Aprile Reloaded 1

E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l’importante: che ne restasse sempre uno. Scattò il capo e acuì lo sguardo come a vedere più lontano e più profondo, la brama della città e la repugnanza delle colline l’afferrarono insieme e insieme lo squassarono, ma era come radicato per i piedi alle colline. – I’ll go on to the end. I’ll never give up. ( Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny, p. 392)

NOTE
  1. Per il 25 aprile di due anni fa furono cancellate le armi nel cartellone ufficiale della Regione Liguria (governata allora dal centrosinistra). Semiautomatica e bomba a mano sparirono nel nulla. Spararono nel nulla i liberatori? effeffe🡅

5 COMMENTS

  1. M’addumanno si … ‘o tiempo e tutto chello ca è stato, o è passato accussì, comme si niente fosse. comme ‘na scaramuccia di due giovanotti, innamorati dell’Italia e del Nero, della Libertà e la Giustizia.

    * * *

    Ti guardo silenzioso, appena tre giorni fa un giovane compagno è stato mazziato ‘a nu gruppo ‘e fascisti, fino a pocco tempo fa, topi e lota di fogna, di una storica famigerata sezione fascista. Li sdoganò l’attuale capo bastone che non contento con la melassa delle sue televisioni che da allora azzera la memoria di un ammalato già sotto cintinua narcosi.

    A tastare gli scogli, tra le acque agitate, e a scendere in profondità, direi di no. In superficie l’onta è grande. Contagiosa. E, del potere, immobile.

    Ma tutto volge al grigio e poi al nero, eppure quanti democratici a discutere di democrazia. Pare proprio che il tempo, il tempo sia trascorso senza che abbia tratto le dovute conclusioni. Oggi son altre le cose da guardare e di cui occuparsi per continuare a far finta di vivere.

    E aspettammo, in montagna e persino in città e nelle periferie, che i campi dell’inferno e perchè no del paradiso a buon mercato, fiorissero per starnutire e per sentirci vivi davvero e i baci e le strette del cuore accerchiato e fatto prigioniero e però mai domo di giustizia e libertà e anche di pane e lavoro nelle strade sgombre e libere dai detriti delle catastrofi e delle bombe di ieri e di oggi e le speranze contro i licenziamenti nella lotta a vivere sangue che mai è stato soppreso invano e con la fame derisa e sbeffeggiata a domani le mani strette lo stomaco preso a calci e a morsi a ridere dei nostri vestiti troppo stretti o larghi noi partigiani mai per un giorno.

    molti di noi sono stati passati per le armi dai nazisti in associazione politica e criminale con i fascisti di allora e di sempre affratellati da stimmate di odio per le masse del pianeta buone per farne saponette e olio per ungere le ruote dello sfruttamento del sistema capitalistico liberista in tutte le salse e della tradizione post moderna e domani per dopo domani azzerando i diritti sulle montagne gli spari l’ultimo bacio al sole all’aria al vento all’amore alla fratellanza d’p partigiano Jhonny.

    simmo vivi e simmo muorte;
    ‘o calascione ‘nton’a canzone:
    brigante se nasce e se more

    senza cchiù addummannà
    ‘a grazzia ‘o Re a a Riggina,
    cu ‘a benerezione d’o Papa Re.

    ai love you muntagne chin’e neve
    sorella maggiore d’e partigiani.
    cumbatti ‘o straniero, ‘o fascismo
    e ‘o leghismo egoista e razzista.

  2. Una sera di settembre l’Agnese tornando a casa dal lavoro col mucchio di panni bagnati sulla carriola, incontrò un soldato giù nella piana. Era un soldato giovane, piccolo e stracciato. Aveva le scarpe rotte, e si vedevano le dita dei piedi, sporche, color del fango. Guardandolo, l’Agnese si sentì stanca. Si fermò, abbassò le stanghe. La carriola era pesante. Ma il soldato aveva gli occhi chiari e lieti, e le fece il saluto militare. Disse: “La guerra è finita. Io vado a casa. Sono tanti giorni che cammino”. L’Agnese si slegò il fazzoletto sotto il mento, ne rovesciò le punte sulla testa, si sventolò con la mano. Guardò il viso del soldato e sorrise, un sorriso rozzo e inatteso sulla sua faccia bruciata dall’aria. “Allegro militare, la guerra è finita! E’ finita!” Voleva chiedergli se avesse la mamma e se era contento di essere sulla via di casa. Ma dalla sua bocca non uscì una parola: solo quel sorriso muto, fra gli occhi poveri e stanchi.

    Renata Viganò – L’Agnese va a morire.

  3. E’ passato ‘o tiempo d’o ’45 a mmò.
    Quanti rrose so’ nnate e ppo’ appassite,
    perdenno petali e culore.

    e forse ‘o core.
    quanno ‘na rosa perde ‘o core,
    crideme, ce sta sulamente ‘a murì.

    Pe’ nun parlà d’a luna chiena.
    Stasera, forse pe’ na nuvola ‘e passaggio
    nun me parla e nun luce ll’argiento.

    te mise ncapa ‘e me fa piglià collera, tu rosa
    vrucculosa, ca me dista a mano quanno abbascio
    Margellina tuccaie ‘o cielo cu e mmane cu ‘e vase ‘e Carmela.

    Quannu tiempo è passato?
    o vvì, comme si crudele, pecchè
    me nfizz’e dete dint’o custato?

    ‘e giuvane ‘nnammurate d’aiere e
    chilli ‘nnammurate e mò, ca cercano
    n’avvenire.

    * * *

    No al 25 Aprile giorno della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo come un rito di facciata. No all’autocelebrazione dei governanti padronali.

    No! No! No!

    Perchè ci sono pochi giovani o i soliti comunisti e scarsa partecipazione di massa quando si tratta sia del 25 Aprile sia per le manifestazione antifasciste?

    E’ una domanda che bisogna porsi sempre, specie quando un comunista viene ammazzato dai fascisti e il parlamento è svuotato del suo significato più alto e le decisioni si prendono nelle ville del rais di Milano
    o nei ristoranti romani tra ministri e sindacalisti prezzolati in carriera.

    L’antifascismo non riguardo solo i centro sociali o gli antifascisti di vecchia data e di provata “fede”. L’antifascismo è scontro quotidiano di idee e di comportamenti.

    L’antifascismo è filosofia.
    L’antifascismo, oso dire, è poesia.
    La poesia e i poeti non possono che essere antifascisti. anche quando ci si dichiara poeti e basta. La poesia nel suo nucleo intimo e comportamentale è antifascista.

    Il fascismo è violenza.
    L’antifascismo è vastità.
    L’antifascismo è visone del mondo. Economica. Culturale. E politica.

    La memoria è sempre più annacquata. E anche il centrosinistra contribuisce ad affeviolirne il valore universale. Eppure negli anni dell’ultima guerra mondiale, milioni di persone soffrirono e si disperarono e morirono a centinaia di migliaia lottando contro la fame e la miseria e contro la violenza di nazisti e fascisti, mazzieri prezzolati.

    Quando l’antifascismo diventa rituale e autocelebrativo è la morte. Quando l’antifascismo è slegato dalle lotte interno al potere diventa rito stanco e ripetitivo. Quando l’antifascismo è slegato dalla vita quotidiana e lavorativa di operai, lavoratori, pensionanti, precari, disoccupati e le giovani donne delle nuove generazioni, da sentimento vivo e di libertà,
    si destina a essiccarsi come la pianta senza radici e senz’acqua.

    Quando muore il sentimento della cultura antifascista, il terreno di coltura è pronto per la nascita e la crescita di Berlusuconi, dei suoi ministri, del suo elettorato, il berlusconismo, il popolino dei Scilipoti, i tengo famiglia, i miei figli e la mia famiglia anche da divorziati o con amante, vengono prima di tutti/tutto, il ritorno del fascismo strisciante e in pompa magna e lo stesso centrosinistra come l’altra faccia della stessa medaglia del rais di Milano.

    PS:In questi giorni Berlusconi e i suoi sodali non fanno altro che paventare lo spettro dei comuinisti. Bene, anzi male, nel senso di una minima corretta onesta “informazione di tipo anglosassone” basa sulle regole delle cinque W.

    E’ dalle ultime elezioni politiche che nel parlamento e nel senato non siede nessun raggruppamento o partito che espressamente si rifà al simbolo con falce e martello.

    e allora, cosa sbandiera quel miserabile figuro mai sazio di terra di camposanto? ho sempre sentito dire dai suoi stessi elettori che vivono di appalti e sottoappalti e nei casermoni delle periferie e nei bassi dei centri storici, che lui, Berslusconi, tiene tanti di quei soldi che non ha bisogno di mettersi in politica per farne altri di soldi.

    come si spiega che lui e tutte le sue società di soldi ne sta facendo ancora più di prima, mentre i pensionanti, gli operai e la totalità dei lavoratori, per non citare i disoccupati storici e i giovani in cerca di prima occupazione, perdono sempre più soldi e non fanno che stringere la cinghia.

    l’antifascismo è alla base. quando a livello economico e di lavoro, i padrone e il governo, contraggono il salario e aumentano la fatica, ricattando gli occupati con la vasta massa dei sisoccupati, questo è il terreno di coltura del fascismo. Schiavo lavora. Stai muto. Sguardo a terra. E se vuoi guadagnare dieci eruo in più al mese fai la spia. raccontaci come si comportano i tuoi colleghi e … cosa dicono.

    il paternalismo del governo e dei padroni porta al paternalismo del fascismo, del manganello, del carcere e della repressione delle idee.

    avete letto bene: non mi riferisco al periodo della guerra e del tardo fascismo, che poi sarebbe crollato in virtù della resistenza partigiana e di popolo, che andava dall’URSS e a macchia di leopardo in Europa, fino alle rive africane della Sicilia clerico-fascista o mafiosa fino alla strage di Portelle delle Ginestre con il placet della nazione più libera al mondo, gli Stai Uniti.

    Smaschere i fascisti e i capitalisti vuol dire lottare per non essere trattati come schiavi da soma e lottare contro un salario di fame e tra non molto contro i contratti a carattere individuale.

    il terreno privilegiato da costoro insieme a cisl, uil e una parte di cgil è la frantumazione del fronte di lotta. insomma, non più contratti collettvi, ma addirittura contratti firmati a seconda del sindacato a cui si è iscritti.

    questo è ricattare. questo è da camorristi. tutto ciò è contro i diritti dei lavoratori o l’anticamera del fascismo, col patrocinio dell’attuale governo.

    arrivati a questo punto saremo carne non solo da macello di guerra interna e di esportazione, ma da polpette nelle mani di questi campioni capitalisti e ultra liberisti della democrazia.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017