Verifica dei poteri 2.0: Giancarlo Alfano
[Giancarlo Alfano risponde alle Cinque domande su critica e militanza letteraria in Internet a proposito di Verifica dei poteri 2.0; qui le risposte precedenti.]
1. Le linee fondamentali di questa ricostruzione ti sembrano plausibili?
Personalmente, sento di dover ringraziare Francesco Guglieri e Michele Sisto per il contributo di storicizzazione che hanno realizzato. Mi permetto di chiedere se non sia necessario fare attenzione anche alle dinamiche geografiche. È vero infatti che il web costituisce uno spazio alternativo a quello che misuriamo coi nostri corpi nella vita quotidiana, tuttavia, e proprio Verifica dei poteri 2.0 lo spiega con chiarezza, si è verificata in brevi anni una certa porosità tra i due spazi. Rispondo, dunque, alla domanda con due tra le tante possibili domande: 1) Esistono, per esempio, delle “cellule” locali di un sito come Nazione indiana? 2) Vi è una ricaduta anche nelle pratiche di socializzazione e di diffusione dei saperi e delle pratiche artistiche?
2. Quando e perché hai pensato che Internet potesse essere un luogo adeguato per “prendere la parola” o pubblicare le tue cose? E poi: è un “luogo come un altro” (ad esempio giornali, riviste, presentazioni o conferenze…) in cui far circolare le tue parole o ha delle caratteristiche tali da spingerti ad adottare delle diverse strategie retoriche, linguistiche, stilistiche?
Non avrei mai pensato di prendere la parola su Internet se non fossi stato invitato a farlo. Mantengo una certa reticenza nei confronti del sistema comunicativo che vi si realizza; ho per esempio già notato, e mi scuso del fatto che qui mi ripeto, che i commenti ai post tendono di solito a essere “reazioni” non “discussioni”. La stessa velocità/facilità di accesso alla parola impedisce, nella grande maggioranza dei casi, il confronto dialogico tra posizioni.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, mi pare che il Web abbia di certo un grande pregio: permette di pubblicare cose di ogni tipo: dal saggio interpretativo tradizionale (lento, argomentato, ricco di esempi) al pamphlet e all’articolo di taglio giornalistico. Nella mia esperienza, su Nazione indiana, quando ho scritto per il sito mi sono posto l’obiettivo di essere chiaro al massimo delle mie possibilità, evitando punte espressive.
3. A tuo giudizio, sempre riguardo alla discussione letteraria, la critica o la militanza, cos’ha Internet di particolare, di specifico e caratterizzante, se ce l’ha, rispetto ad altri mezzi di comunicazione?
Indubitabilmente permette un accesso quasi gratuito (o tendenzialmente tale) a una ricca quantità di informazioni; permette dunque di essere aggiornati rispetto alla produzione letteraria e al dibattito interpretativo che ne segue. Da questo punto di vista, Internet è un importante spazio di socializzazione dei saperi. Vi è però un punto che mi lascia perplesso: che effetto hanno la facilità di accesso e l’ampia disponibilità di informazione sull’attitudine alla ricerca? E quale contributo danno alla costruzione della propria identità? Il mio punto di vista è che la letteratura ha ancora oggi un’importante funzione antropologica: fornisce schemi sentimentali e concettuali che orientano il lettore a organizzare la propria vita. Postare un commento, semmai con un nickname, rischia di essere un modo del tutto estraneo alla letteratura (se non, forse, per il fatto di produrre un bovarismo di ritorno).
4. Ti sembra che la discussione letteraria in rete oggi sia diversa da quella di qualche anno fa? Credi inoltre che la discussione letteraria fuori dalla rete sia stata in qualche modo influenzata da ciò che si è prodotto sul web o è rimasta tutto sommato indifferente?
Non posso dire che cosa sia cambiato perché frequento pochissimo i blog, e da non molto tempo. Devo dire che quando mi capita di scrivere di letteratura dell’oggi tendo a documentarmi anche su Internet, come immagino facciano tutti, ma non mi sembra di essere influenzato dagli stili di comunicazione che vi regnano; né posso dire che cose del genere capitino agli interpreti, critici, giornalisti che leggo. Altro è quel che avete spiegato nel vostro intervento, e cioè che vi è oramai un travaso continuo di questioni, temi, polemiche (ahimè) dalla rete al mondo esterno e vice versa.
5. Nel saggio abbiamo lasciato fuori qualsiasi considerazione su come la rete stia o meno contribuendo a erodere i tradizionali processi di legittimazione letteraria. Pensi, ad esempio, che la possibilità offerta ad ogni lettore di dare diffusione a un proprio giudizio di gusto su un libro (siti come aNobii, le recensioni su Amazon, blog personali ecc.) metta in qualche misura in discussione il ruolo e la funzione del critico, oppure sono due ambiti diversi che non si intersecano (o non dovrebbero essere confusi)?
È una domanda molto impegnativa perché ne va dell’identità del lavoro critico oggi. Se posso provare a rispondere in maniera scorciata direi questo: pubblicare significa rendere pubblico; chi rende pubblico si assume l’onere della pubblicità del proprio pensiero e delle risposte che possono giungere. Il web ha di buono che effettivamente arrivano delle risposte, sicché non ci si sente soli. È bello, ma c’è il rischio di restare abbagliati, come Narciso alla fonte. L’onere significa, inoltre, il rispetto di alcune regole (le regole del gioco che avete più volte richiamato nel vostro saggio). Queste regole, nel web, tendono a saltare, sia perché talvolta chi vi pubblica il proprio pensiero non le conosce, sia perché la sua specifica apertura induce a sottrarvisi. E questo è meno bello, ma forse ci si deve abituare.
Aggiungerei, in coda, due cose.
1) Non so se esiste IL critico; a mio avviso esistono I critici: per quanto siano infatti riconoscibili delle tipologie di scrittura critica, a volte anche ben codificate, tuttavia la personalità stilistica di chi scrive è la dimensione fondamentale del “lavoro critico”.
2) Altro aspetto fondamentale di tale “lavoro” è la disponibilità all’avventura intellettuale, la curiosità della ricerca, la “spaziosità” del proprio sistema di riferimenti. Tutti noi commentiamo il film che abbiamo visto, il romanzo che abbiamo letto, i versi o le note che abbiamo ascoltate. I critici, a mio avviso, inseriscono quelle esperienze estetiche in quel sistema di riferimenti, in modo che il lettore possa rivivere quell’esperienza dentro un campo più ampio, tra risonanze ancora più ricche e articolate.