13 storie inospitali
[oggi pomeriggio alle 15.30, alla Festa di Nazione Indiana faremo un Viaggio attorno ai libri di Arno Schmidt e Hans Henny Jahnn con Domenico Pinto e Francesca Matteoni. Letture di Camilla Barone, Lucia Mazzoncini e Agnese Donati. Qui di seguito una mia breve recensione del libro di Jahnn. G.B.]
di Gianni Biondillo
Hans Henny Jahnn, 13 storie inospitali, Lavieri edizioni, traduzione di Elisa Perotti, 189 pagine
Hans Henny Jahnn è autore poco conosciuto anche nella sua stessa patria. Scrittura anomala la sua, fuori dal canone codificato della letteratura del Novecento in lingua tedesca, eppure autore di altissima qualità, tranquillamente accostabile ai più famosi monumenti letterari della prima metà del secolo. Solo che Jahnn è uno scrittore inospitale, come le storie che racconta. Anche per questo trovo l’idea di tradurlo, da parte di Lavieri, un atto di autentico coraggio che merita l’attenzione dei lettori.
Le 13 storie inospitali forse vi daranno filo da torcere, percorrerete, dentro le sue pagine, immaginari malati, racconti di perversioni, pulsioni incestuose, passioni meccaniche, farete fatica, anche. Perché il mondo immaginifico di Jahnn sembra difficile da definire. Di conseguenza leggendolo è come attraversare una foresta di simboli senza avere a disposizione neppure una bussola. Tutto è vergine, leggendolo, tutto sembra accadere per la prima volta. Jahnn rende esotico il paesaggio norvegese così come quello persiano. Misterioso, oscuro, inspiegabile.
La sua è una mistica senza dio, tutta calata nei corpi. È una scrittura senza vergogna, oscena senza essere mai volgare. Perché il controllo sulla lingua (e la traduzione è davvero impressionante) e sulla sintassi è conturbante. Lingua che spesso deraglia, delira, si perde nelle visioni, con dialoghi così improbabili, così scritti, da essere veri proprio per la loro irrealtà. Veri, cioè, perché coerenti con la realtà della scrittura. Folli, schiavi, marinai, cannibali, gemelli, cavalli, organi meccanici: questo ed altro incontrerà il lettore, raccontati con una scrittura incollocabile, mitica, fuori dal tempo e dalle mode. Chiedo, insomma, di gettarsi nell’abisso, conscio che ogni tanto, per il bene di tutti, occorre dare spazio alla bibliodiversità, per il bene stesso della letteratura, troppo spesso legata, e non da oggi, a un ciclo economico-editoriale sterile e infecondo.
[pubblicato su Cooperazione n° 11, del 15 marzo 2011]
uno di quei libri che si possono consigliare senza esitazione.