Supernova di Fabiano Alborghetti

di Francesca Matteoni

“L’implosione di una supernova è caratterizzata da un’emissione luminosa tale che può uguagliare per un periodo di tempo limitato la luminosità della galassia che la ospita.” Dice così la nota di chiusura di questo densissimo libro di poesia di Fabiano Alborghetti, uscito nella collana di plaquette “I nuovi gioielli” per l’edizioni L’Arcolaio di Gianfranco Fabbri. Lo stato di supernova è lo stato della fine in cui si sprigiona l’energia più forte, si rivelano le cose ultime, su cui le parole si affaticano, perdono la loro carica interpretativa per farsi strumento di osservazione. Cosa ultima, luce stellare alla deriva estrema, sono in questo caso la malattia improvvisa di una persona cara ed il percorso che ne segue, oscillando ugualmente tra il nulla e la ripresa della vita. Il dolore, e ancora di più direi l’apparire della sostanziale fragilità dell’umano, producono una lingua secca, concentrata in scatti fotografici, immagini rapide che non chiedono conforto o spiegazione, ma di essere attestate ed accolte in quanto tali. La natura stessa della malattia, un ictus, è fulminea e transitoria: il trauma dell’astante è la presa di coscienza brusca che niente sarà più come prima, che la lentezza non è il processo di scomparsa o guarigione, ma la sospensione degli eventi in cui norma e sconvolgimento si ribaltano l’uno nell’altro. Proprio come gli occhi dei cervi accecati dai fari nella poesia di apertura, il presente è la sorpresa di qualcosa che c’è dove potrebbe tranquillamente non esserci: uno scarto impercettibile segna il passaggio tra il corpo vivo, memore di sé, e il corpo sorpreso dalla sua cancellazione. Se nei suoi lavori precedenti Fabiano ha indagato, mettendosi in gioco come essere umano prima che come poeta, l’invisibilità degli altri (L’opposta riva, opera corale sulle lingue dei migranti clandestini), e la quotidianità della violenza a livello familiare, una violenza difficilmente estraniabile e bollabile come altro da noi (Registro dei fragili), qui fa un passo ulteriore nell’’intimità degli affetti. Scopre in questi testi esatti, niente affatto inclini all’autocompiacimento nella sofferenza o al pietismo, che il paesaggio della nostra esperienza è legato inevitabilmente alla memoria di coloro che la intessono, che siamo responsabili di coloro che ci vedono, tanto più preziosi quanto precari. Il loro venir meno è il nostro.

***

Il panico esplode, irradia
ti ferma: congelata sei ferma
in ascolto della paura

gli occhi fissi come i cervi
di notte, colpiti dai fari.
L’immagine è chiara:

ma il cervo accecato non vede
aspetta qualcosa che non accade.
E’ cieco, interrotto

resiste alla fuga o aspetta il momento migliore.

***

Il sonno pieno dentro il farmaco
perché il farmaco sostiene, protegge, cura.
Esplosioni, lampi: è tutto lontano ora

anche l’ombra nera che ti mangia il fiato
il battito mancato quando tutto torna indietro:
il farmaco l’hai preso come fosse una preghiera.

Il tuo altrove
è un respiro d’incoscienza. Notte piena.
Dono, anche. Il tuo essere serena

contrastando la deriva.

9 COMMENTS

  1. Belle e intense, queste istantanee che *il cervo accecato* scatta di sè, e dalla vita: comprime e poi libera, con una sapienza che è passata dal dare forma al dolore e più nitore. Bravo Fabiano, e gentile Francesca!

    Maria Pia Quintavalla

  2. libro unitario, forte e urgente. letto volentieri e con un senso di vicinanza. stanno uscendo dei bei libri di poesia, mi sento oltre a questo di consigliare anche ‘finìo de zogar’ di andrea longega per il ponte del sale, appena uscito. grazie a francesca.

  3. Sono felice di aver pubblicato questo autentico gioiello di Fabiano.
    Detto con il cuore in mano.
    Gianfranco

  4. E’ un piccolo-grande libro, di quelli che dicono ciò che devono, niente di più e niente di meno.
    E trovo molto interessante l’idea di questa collana a livello di plaquettes, se Gianfranco intende continuarla.

    Francesco T.

    • Senz’altro intendo andare avanti con “I nuovi gioielli”, caro Francesco.
      Gianfranco

  5. Una scultura l’immagine del cervo: uno scacco tra l’immobilità e la tentazione di un movimento,la paura.
    Nitido ed essenziale il linguaggio anche un po’ meno discorsivo delle raccolte precedenti.
    grazie per averlo proposto
    Complimenti
    Un saluto
    Margherita Rimi

  6. Grazie a tutti voi per la lettura e l’empatia e un grande grazie a Francesca Matteoni che ha permesso che questi testi fossero qui presenti grazie alla sua eccezionale lettura e commento.

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francesca matteoni
francesca matteonihttp://orso-polare.blogspot.com
Curo laboratori di poesia e fiabe per varie fasce d’età, insegno storia delle religioni e della magia presso alcune università americane di Firenze, conduco laboratori intuitivi sui tarocchi. Ho pubblicato questi libri di poesia: Artico (Crocetti 2005), Higgiugiuk la lappone nel X Quaderno Italiano di Poesia (Marcos y Marcos 2010), Tam Lin e altre poesie (Transeuropa 2010), Appunti dal parco (Vydia, 2012); Nel sonno. Una caduta, un processo, un viaggio per mare (Zona, 2014); Acquabuia (Aragno 2014). Dal sito Fiabe sono nati questi due progetti da me curati: Di là dal bosco (Le voci della luna, 2012) e ‘Sorgenti che sanno’. Acque, specchi, incantesimi (La Biblioteca dei Libri Perduti, 2016), libri ispirati al fiabesco con contributi di vari autori. Sono presente nell’antologia di poesia-terapia: Scacciapensieri (Millegru, 2015) e in Ninniamo ((Millegru 2017). Ho all’attivo pubblicazioni accademiche tra cui il libro Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell’Inghilterra moderna (Aras 2014). Tutti gli altri (Tunué 2014) è il mio primo romanzo. Insieme ad Azzurra D’Agostino ho curato l’antologia Un ponte gettato sul mare. Un’esperienza di poesia nei centri psichiatrici, nata da un lavoro svolto nell’oristanese fra il dicembre 2015 e il settembre 2016. Abito in un borgo delle colline pistoiesi.