Immaginavi tu forse . . . ?

Natura: «Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l’intenzione a tutt’altro che alla felicità degli uomini o all’infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n’avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei.»

[Da: Giacomo Leopardi, Operette Morali, Dialogo della natura e di un islandese, a.s.]

1 COMMENT

  1. Non c’è crudeltà in quello che si scrive, non malintenzione, né malafede. Ci può stare l’eccesso di zelo, il plagio della realtà, la non originalità, ma l’autore non prova astio nei confronti dei suoi personaggi, non ha mai cattive intenzioni. Perchè allora la natura dovrebbe?
    Ritornerei volentieri ai miei appunti di scuola, se riuscissi a trovarli, ma ci troverei più me stesso che Leopardi, temo. Oggi potrei citare U.G. Krishnamurti, che a suo tempo non avevo mai sentito e che mi sembra sarebbe piaciuto al Giacomo cosmicamente pessimista. Me li immagino discutere a lungo e trovarsi alla fine d’accordo.

    Islandese: “[…]Ora domando: t’ho io forse pregato di pormi in questo universo? o mi vi sono intromesso violentemente, e contro tua voglia? Ma se di tua volontà, e senza mia saputa, e in maniera che io non poteva sconsentirlo né ripugnarlo, tu stessa, colle tue mani, mi vi hai collocato; non è egli dunque ufficio tuo, se non tenermi lieto e contento in questo tuo regno, almeno vietare che io non vi sia tribolato e straziato, e che l’abitarvi non mi noccia?”

    U.G.: “Nature does not use anything as a model. It is only interested in perfecting the species. It is trying to create perfect species and not perfect beings. We are not created for any grander purpose than the ants that are there or the flies that are hovering around us or the mosquitoes that are sucking our blood. We are no more purposeful or meaningful than any other thing on this planet.”

    Islandese: “Cotesto medesimo odo ragionare a tutti i filosofi. Ma poiché quel che è distrutto, patisce; e quel che distrugge, non gode, e a poco andare è distrutto medesimamente; dimmi quello che nessun filosofo mi sa dire: a chi piace o a chi giova cotesta vita infelicissima dell’universo, conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono?”

    U.G.: “In nature there is no death or destruction at all. What occurs is the reshuffling of atoms. If there is a need or necessity to maintain the balance of ‘energy’ in this universe, death occurs.”

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato anche due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia, pubblicato presso Mimesis. Ha curato anche il carteggio tra W. Pauli e Carl Gustav Jung, pubblicato da Moretti & Vitali nel 2016. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.