ebook: se i critici si fanno da parte
La mia impressione è che i critici militanti abbiano paura.
Si rendono conto che la scrittura sta uscendo dal libro, sta agguantando altri media, altre griglie di relazione interna ed esterna all’oggetto libro e – sostanzialmente – loro, i critici, queste nuove modalità del raccontare non le sanno gestire. Non le conoscono, le confondono. E allora si tengono a debita distanza.Nel momento in cui la critica ufficiale si disinteressa dei libri digitali, o peggio ancora li stigmatizza, chi parla dei miei ebook? Chi prende il posto della critica dei contenuti?
Due figure parlano degli ebook oggi in rete: i lettori (Dio li benedica) e coloro che sono più interessati al contenitore che al contenuto: alla forma dell’ebook, alla sua distribuzione, al suo ruolo di prodotto di mercato.
Fabrizio Venerandi, Quintadicopertina editore.
Del disinteresse della critica per le pubblicazioni digitali ho parlato a lungo con Fabrizio a Mesagne: credo nasca in parte dal disagio informatico (xhtml e programmazione, alfabetizzazione di base) e soprattutto dall’assenza di esperienza letteraria non tradizionale: giochi, sceneggiatura, narrativa non lineare, per fare alcuni esempi.
Leggi l’articolo originale, dove Fabrizio Venerandi non risparmia le stoccate ai nuovi editori digitali.
Ho sempre avuto una paura sacrosanta dell’e-book. non mi apparteneva, per me il libro era cartaceo, quello che trovavo nei filari delle biblioteche. Ora mi si dice che la diffusione di un testo è molto più agevole. Non so. È un po’ come la funzione referenziale del linguaggio: se ci si basa sui contenuti, la forma, e il feticismo dell’oggetto libro, si dimenticano. In fondo l’importante è sempre leggere. In qualsiasi forma. E i critici si adegueranno.
Credo che ne abbiano paura anche molti scrittori. Una paura che non si esprime sempre col rifiuto, beninteso, ma più spesso con l’idealizzazione del libro. Che produce, da una parte, sia un eccesso di sacralità (“ah, il libro! il profumo della carta, toccare le pagine, bla-bla”), sia, dall’altra, un eccesso di utilitarismo. Fatto salvo “il contenuto” del libro – dicono – che differenza fa? Diffondetelo un po’ come volete. E visto che è “la stessa cosa”, perché darsi tanto da fare a leggere, scrivere o (men che meno) recensire un ebook piuttosto che un cartaceo? E tanto più l’ebook sembra appartenere al mondo della “comunicazione” o del “commercio” del libro, tanta meno aura ne sarà generata, riducendo consistentemente i benefici di status di chi opera nel letterario.
Certo, così si perdono occasioni importanti: ripensare la testualità, ripensare i generi, ripensare la rete di relazioni e collaborazioni attraverso cui i testi diventano libri, e così via. Forse è solo una questione di tempo (anche se io non credo che nuove generazioni di scrittori possano nascere senza che pre-esista il campo di riflessioni e tentativi necessario al salto creativo), o forse è proprio giunto il tempo di avviare un sano dibattito critico (senza paranoie sulla morte del libro e prima di rimanere inesorabilmente impaludati nel masscult).
Credo che Fabrizio Venerandi abbia centrato in pieno il problema. La paura degli ebook da parte di (alcuni) critici/editori/scrittori nasce soprattutto dal disagio informatico e, di conseguenza, dall’imbarazzo nel ritrovarsi sguarniti di fronte alle aumentate (nel senso di “augmented”) facoltà del medium digitale.
Tuttavia, lo stesso Venerandi mi sembra un critico/editore/scrittore “digitale” molto in gamba: segno, evidentemente, che le cose stanno cambiando. Lentamente, ma stanno cambiando…
pensieri poco maturi su questo post:
Seguo sempre con molta attenzione Venerandi. IMHO il digital divide o disagio informatico è sì un problema, ma è anche quello più semplice da risolvere (l’alfabetizzazione non è una cosa impossibile).
Per l’editoria digitale in Italia (sia nuovi editori, sia editori tradizionali che sbarcano sul nuovo mezzo) vedo ahimè il solito e ben più grave problema riguardo all’aumento dell’offerta in condizioni di stallo perdurante e comatoso della domanda.
all’estero mi sembra ci sia più vitalità: http://byliner.com, esperimenti di self publishing da parte di autori importanti e non sia in Usa sia in Spagna: ma tutto ciò è vitale perché c’è un numero sufficiente di lettori.
Quanto alla sperimentazione e non linearità: chissà cosa farebbe Cortazar se potesse mettere Rayuela su ebook… ;-) Però, anche qui, sono un po’ pessimista: negli ebook veri e propri (epub, kindle, pdf) ad oggi mi sembra non solo che la sperimentazione narrativa non sia quasi consentita dalla gabbia dell’inchiostro e dei formati digitali, ma che anche la lettura abbia qualche limite in più rispetto alla carta nella libertà di “circolare”, compulsare, maneggiare il testo (ma certo non dimentico la possibilità che dà il reader di uscire dal testo, tradurlo, portarlo simultaneamente nel contesto del web, confrontarlo e condividerlo sui SN). Tornando alla sperimentazione narrativa: forse qualche possibilità in più potrebbe esserci nelle app vere e proprie, nei “libroidi” (Bartezzaghi) su apple e android, ma lì c’è una soglia tecnologica (ed economica) che pochi scrittori saprebbero e potrebbero superare. Ci vorrebbe un collettivo di tecnici e di scrittori…
@davideorecchio Cortazar (ma anche dfw) saprebbero come divertirsi. Se qualche indiano vuole vedere una nostra proposta, tutt’altro che ingenua o sperimentale, di narrazione ipertestuale per ebook, spenda l’importante cifra di quattro euro e rotti e provi a ‘immergersi’ nel “romanzo” (?) di Mauro Mazzetti: http://www.quintadicopertina.com/index.php?option=com_content&view=article&catid=55%3Acuore-a-la-coque&id=136%3Acuore-a-la-coque&Itemid=54
Chi non si fida può anche dare una occhiata all’anteprima su Bookliners: http://www.bookliners.com/_front/it/Cuore-à-la-coque_570.html
Un saluto
f.
Preso, grazie
Poi, se hai voglia, fammi sapere che ne pensi. Un saluto.