Otto poesie
di Stefano Raimondi
Da “Per restare fedeli” (Transeuropa-Nuova poetica, 2013)
[4 marzo 2003]
Hai ragione tu:
bisogna onorare la gioia.
E allora stammi vicino, così
fino alla penombra, al buco rosso
del passaggio colato via, per terra
vicino al mare. Tra poco saranno
le sirene a darci corde, tappi di cera
paura. Da una città all’altra si inizierà
a morire per caso. L’acqua la prenderemo
finché ci basta, finché la sete la riconosceremo
ancora, dagli occhi e dalle labbra, nei baci.
–
[19 marzo 2003]
La guerra e l’abbandono stanno facendo opere.
Quali riconoscere?
Si tengono lontani i bambini dai confini:
fanno paura ai sogni, alle trincee bruciate
ai sì. Ci sono vicende umane che partono
da qui, storie che sanno cosa prevedere.
Fanno trincee i bambini: le fanno con gli stracci
e le tengono, le lavano come ci fossero
solo madri da coprire.
–
[26 marzo 2003]
Ci sono giorni dove correre è
l’unico modo per salvarsi
altri dove è l’immobilità
e l’aria spessa del rifugio
a farci stare fermi con gli occhi
dentro a un cuore puntato
dalle sirene, per la notte.
Poche cose vicino dicono
l’angolo dove ci si siede ad aspettare
lo stesso che potrebbe non farci
vedere più da nessuno.
Si tengono a galla i topi:
uno sull’altro passano da qui.
Vedessi, amore, come sono fieri.
Hanno la tragedia negli occhi: quella
delle fogne perlustrate durante i matrimoni
che saziano le macchine e i futuri.
«Siediti qui» mi dice un bambino
«i miei giochi li ho tolti ieri dal cesto.
La mamma mi dice che presto
finirà tutto.»
Non ho saputo nulla dopo lo scoppio
dopo che mi ha lasciato con la sua trottola
che gli girava ancora tra le mani.
–
Lo spettacolo più raccapricciante lo riservano le corsie
dei piani superiori.
Si dissanguano le luci tolte
dalle lampade, dalle cucine,
dai vetri tramortiti per ricordare
la calma, il conto, gli anniversari
le date livellate dai compleanni.
Sono queste le trasparenti discariche
che frantumano carezze e angeli: facce
sbalordite e insonni, scalmanate e piante.
Le bacinelle d’acqua vibrano
come placente piene, come
un baccano d’ossa che pregano
che vogliono cordoglio.
–
Un vecchio con un braccio fasciato tossisce insistentemente […].
Stiamo vicino come in un mattatoio.
L’amore lo facciamo da qui dove
i sessi sono esposti sugli uncini.
Ogni massacro ha la sua pulizia.
–
I continui bombardamenti tengono la maggior parte della gente
chiusa in casa. Uscire è sempre un rischio anche se nemmeno il
tetto di casa è più sicuro.
[4 aprile 2003]
È il mattino che fa incoscienti e sani.
C’è una dolcezza sotto questo tetto
che non sa dell’abbandono, neppure
tra la spellatura, i disastri.
Si sentono i rumori, fuori
che circondano, che continuano a cadere
e il nostro buio vicino continua a costruire.
Chi abiterà per primo la stanza, tu o io?
È la paura e la grazia di una tenda
– spostata vicino alle macerie, vicino
a chi cerca qualcosa, qualcuno con le mani
tagliate, bendate – a scavare.
–
Non si riesce a seppellirli tutti, i morti stivati dentro camion
frigo. I saccheggiatori non risparmiano gli ospedali, le case e
i musei. Rapine, linciaggi.
Pensavamo di essere unici, indivisibili
e per sempre. Invece siamo qui trascinati
portati a braccia, schiaffeggiati.
Non ti riconosco più amore.
Non ho paragoni da farti vedere, né ricordi
uncinati di bene da sollevare a bandiera.
Siamo preziosi per poco respiro, per poco
fiato risparmiato piano.
Mi hai lasciato nell’antro del buio
per non accompagnarmi più. Fino a qui
sapevamo il nostro nome intero.
–
Tutto verrà riconosciuto per amore
o per quello strano respiro sporto
fino alla fine del nulla impigliato
nelle trincee, tenuto in serbo
per non morire
fortunatamente si può uscire
dalla palude del post-lirico
mi piacciono molto.
I miei in bocca al lupo a Stefano
Davvero interessanti, acquisterò sicuramente l’antologia.
bravo. Colgo l’occasione QUESTA E’ L’UNIONE SOVIETICA, fenomeno di costume, collettivo di scrittori emiliani pugliesi liguri e spagnoli. Dateci un’occhiata che c’avete l’occhio! vamoS! EL PERRO
http://postnarrativa.org/2013/01/22/el-perro-autoriquestaelunionesovietica/
Quest’idiozia della palude del post-lirico continua. Domanda: cosa sono queste, se non splendide liriche? E quanto è ampia la definizione di lirico?