La geologia di Valerio Magrelli
di Franco Buffoni
Vale le perle della dama di Heaney in North lo chignon della nonna ciociara, conservatosi intatto per lunghi decenni nella tomba di famiglia a Pofi. E in una saga famigliare – in apparenza – consiste Geologia di un padre, la nuova proposta narrativa di Valerio Magrelli per Einaudi, che “chiude” – come precisa l’autore nella nota finale – la serie iniziata nel 2003 con Nel condominio di carne, e proseguita con La vicevita e Addio al calcio.
Ad una lettura attenta, tuttavia, Geologia di un padre si rivela essere non solo il libro di narrativa più profondo e complesso del poeta di Nature e venature, ma anche in qualche misura il suo “testamento”. Tra le righe si può cogliere questo semplice pensiero: se io, Valerio, sono così oggi, è perché sono figlio suo. Io, che con il passare degli anni vado sempre più assomigliandogli anche fisicamente, sono sempre di più “lui”, anche perché ho saputo trasmettere a mio figlio, studente di architettura, la dote più grande del nonno ingegnere: quella capacità di disegnare ponti viadotti monumenti e interni con tratto sicuro e sensibile.
Così il romanzo si apre con la riproduzione di una decina di splendidi disegni di Giacinto Magrelli – ma meglio sarebbe dire del “nonno” – a mo’ di prefazione. E Valerio ci conduce alla narrazione vera e propria, dopo averci ammutoliti con la perizia, con l’arte, di Giacinto Magrelli, “L’uomo di Pofi”.
Quindi sono pagine e pagine di ricordi brucianti, di episodi appena schizzati o descritti nei dettagli, aventi come protagonista lui, il giovane ufficiale che ventenne si trova coinvolto negli eventi della II Guerra mondiale, e trentenne – divenuto padre – risulta sempre fuor d’acqua, inadeguato, di fronte alle esigenze della vita quotidiana: ingannato da lestofanti di ogni risma, incapace di organizzare il lavoro altrui, vero personaggio baudelairiano, al quale le ali del grande disegnatore/progettista impediscono di trasformarsi con successo in capocantiere e responsabile dei lavori.
Magrelli, come ogni suo lettore sa bene, sguazza da par suo tra ironia e sarcasmo; qui giunge quasi sempre a centrare il persiflage: gli episodi narrati (ed effettivamente accaduti) gliene danno ben d’onde.
Ma questa è solo l’accattivante apparenza esterna del libro. Che alla fine resta nella memoria come una prepotente storia d’amore: assoluta, totale. Del figlio Valerio verso il padre, ma anche del padre Valerio verso il proprio figlio, con una indimenticabile giornata a Villa Borghese: dove Enea viene capricciosamente conteso tra Anchise e Ascanio, che sembrano – e sono – in lotta e rivali per l’ottenimento di una attenzione totale. Ma Anchise e Ascanio, se lasciati soli, disegnano tranquilli e in piena armonia. A Enea allora il compito di descriverli, e – descrivendoli – di narrarsi.
Qui i primi cinque capitoli.
immenso Magrelli
Valerio Magrelli è un poeta maggiore nel suo amore della lingua e la sua lunga convivenza con la lingua francese. Anche nella forma narrativa esplorando l’autobiografia, la lingua fa del narratore e del lettore, un uomo strano, singolare.
Un uomo gemello di Paul Valéry, sempre nella frazione onirica e cerebrale del mondo.
Provo gioia da leggere un articolo di Franco Buffoni postato da Andrea Raos.
Preciso che letto nella versione francese Nel condominio di carne.
Una lettura empatica e acuta, questa di Franco Buffoni, che conosce bene il tema e l’archetipo del “padre”, al centro di alcune sue opere fondamentali, come “Guerra” e, appunto, “Più luce, padre”.